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Urbanistica e appalti (1/2024)

Carmine Spadavecchia • apr 18, 2024

in tema di concessioni balneari:

- Giannangelo Marchegiani, Le vicissitudini delle concessioni balneari e la precarietà della loro situazione (Urban. e appalti 1/2024, 5-18)


in tema di illeciti professionali (codice appalti e obblighi dichiarativi):

- Fausto Gaspari, Cosa resterà dell’art. 80? Prime riflessioni attorno alla tassatività dei gravi illeciti professionali di cui all’art. 98 del D.Lgs. n. 36/2023 (Urban. e appalti 1/2024, 19-33) 


in tema di partenariato pubblico-privato:

- Silvia Fasano, Partenariato sociale, cessione di immobili in cambio di opere, servizi globali e contraente generale (Urban. e appalti 1/2024, 35-48)


in tema di ottemperanza (all’ordine di demolizione):

- Ad. plen. 11.10.23 n. 16, pres. Maruotti, est. Tarantino (Urban. e appalti 1/2024, 49 T):

La mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente illecito - avente anche rilevanza penale - commesso con la realizzazione delle opere abusive. 

La mancata ottemperanza - anche da parte del nudo proprietario – all’ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, DPR 380/2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo DPR o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza. 

L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, DPR 380/2001, ha natura dichiarativa e comporta - in base alle regole dell’obbligo propter rem - l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva). 

L’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato. 

La sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4-bis, DPR 380/2001 non può essere irrogata nei confronti di chi - prima dell’entrata in vigore della L 16/del 2014 - abbia già fatto decorrere inutilmente il termine di 90 giorni e sia risultato inottemperante all’ordine di demolizione, pur se l’inottemperanza sia stata accertata dopo la sua entrata in vigore.

- (commento di) Calogero Commandatore, Il sistema sanzionatorio dell’illecito edilizio all’esame dell’Adunanza plenaria (Urban. e appalti 1/2024, 61-69). Il sistema di repressione e reazione agli abusi edilizi delineato dalla Plenaria; le sue persistenti criticità, anche alla luce del principio di proporzionalità; i nodi irrisolti dalla Plenaria.


in tema di contratti pubblici (organismo di diritto pubblico - Casinò di Venezia):

- Cons. Stato V 26.9.23 n. 8542, pres. Sabatino, est. Rovelli (Urban. e appalti 1/2024, 71 T): Tre sono le condizioni perché possa parlarsi di “organismo di diritto pubblico” ai fini dell’applicazione della normativa sui contratti pubblici: deve trattarsi di un soggetto dotato di personalità giuridica; sottoposto ad influenza pubblica dominante; istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale. Si tratta di una tipologia di amministrazione fondata su parametri oggettivi, ossia sulla tipologia delle attività esercitate e sulla natura delle stesse. I requisiti in questione non sono tra loro alternativi, ma devono essere posseduti cumulativamente e sono valutati dal giudice caso per caso. 

- (commento di) Alessandro Ricci Marini, La nozione di organismo di diritto pubblico, fra giurisprudenza e nuovo Codice dei Contratti Pubblici (Urban. e appalti 1/2024, 77-86) 


sulla rinuncia al procedimento amministrativo:

- Cons. Stato VII, pres. Chieppa, est. Francola (Urban. e appalti 1/2024, 87 T):

Sebbene gli interessi legittimi, in quanto ontologicamente collegati all’esercizio del potere pubblico, costituiscano posizioni tendenzialmente indisponibili, è ammissibile la rinuncia ad uno specifico atto che costituisca estrinsecazione ed esercizio dell’interesse legittimo, come l’istanza di avvio di un procedimento amministrativo, in quanto la rinuncia ad una delle molteplici facoltà riconosciute al titolare di un interesse legittimo non costituisce rinuncia all’interesse legittimo stesso. 

Mentre la rinuncia al diritto autorizzato non consente più all’interessato l’esercizio di quella specifica attività, neanche qualora intendesse chiedere in futuro una nuova autorizzazione, poiché l’effetto dismissivo conseguente coinvolge il diritto stesso considerato nella sua interezza, la rinuncia all’autorizzazione non implica anche la rinuncia al diritto autorizzato, essendo soltanto limitata al provvedimento amministrativo, per cui l’interessato conserva la facoltà di richiedere in futuro una nuova autorizzazione per l’esercizio del suo diritto. 

Così come è ammissibile la rinuncia ad un’autorizzazione già rilasciata, in quanto provvedimento ampliativo della sfera giuridica dell’interessato, deve simmetricamente ritenersi possibile rinunciare anche ad un procedimento intrapreso su istanza di parte per il rilascio di un’autorizzazione richiesta ma ancora non concessa, rientrando nella facoltà dell’istante rinunciarvi con un atto espresso prima che l’Amministrazione si sia pronunciata sulla stessa. 

Nei procedimenti ad istanza di parte, la rinuncia all’istanza costituisce un’ipotesi di manifesta improcedibilità della domanda, che obbliga l’A. a concludere il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata ai sensi dell’art. 2, comma 1, secondo periodo, L 241/1990. 

La decadenza di cui all’art. 75, comma 1, DPR. 445/2000 è un caso precipuo d’autotutela doverosa, senza che tale norma, per la cui applicazione si prescinde dalla condizione soggettiva del dichiarante, lasci alcun margine di discrezionalità all’A. procedente. 

Posto che la reiterazione di un’istanza procedimentale incontra il limite del precedente diniego non impugnato nei termini, il rigetto dell’istanza originaria legittima l’A. a non intraprendere alcuna attività istruttoria sulla seconda istanza solo se identica alla prima, mentre laddove essa presenti un quid novi l’A. è tenuta a riesaminare la domanda pronunciandosi all’esito di una nuova e rinnovata istruttoria procedimentale. 

Allorché la rinuncia ad un procedimento in corso sia propedeutica ad evitare l’applicazione del divieto di concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni previste per un periodo di due anni, stabilito dall’art. 75, comma 1-bis, DPR 445/2000, la futura riproposizione dell’istanza è inammissibile, costituendo condotta integrante un abuso procedimentale, violativa, come tale, dei principi di collaborazione, legalmente tipizzati. 

L’art. 75, comma 1-bis, DPR 445/2000, è applicabile soltanto in ordine ai procedimenti intrapresi o pendenti alla data della sua entrata in vigore e non anche ai procedimenti amministrativi antecedentemente definiti, non essendone possibile un’applicazione retroattiva.

- (commento di) Roberto Musone, La rinunciabilità al procedimento amministrativo ad istanza di parte e i limiti alla reiterabilità dell’istanza (Urban. e appalti 1/2024, 94-112). La rinunciabilità all’interesse legittimo (elaborazione dottrinale e giurisprudenziale) e alle singole facoltà dell’interesse legittimo.


in tema di accesso:

- Cons. Stato III 3.5.23 n. 4465, pres. Ungari, est. D’Angelo (Urban. e appalti 1/2024, 113 T):

1. Ferma restando la particolare natura degli atti posti a base dell’istruttoria relativa alle interdittive antimafia e la loro tendenziale segretezza, l’inibizione all’accesso non può essere fondata solo sul generico richiamo a norme di legge. Il diniego avrebbe dovuto fondarsi su una specifica motivazione in ordine alla prevalenza delle esigenze di sicurezza pubblica derivanti dalle attività e dalle acquisizioni istruttorie poste in essere dall’Amministrazione. 

2. In relazione agli atti istruttori “a monte” dell’interdittiva antimafia, l’accesso va effettivamente escluso per tutte le parti della documentazione in possesso dell’A. coperte da segreto istruttorio, in quanto afferente a indagini preliminari o procedimenti penali in corso, oppure se e nella misura in cui coinvolga, a qualunque titolo, terzi soggetti interessati dalle informative di polizia di sicurezza, ovvero, ancora, ove possano essere addotti specifici motivi ostativi riconducibili ad imprescindibili esigenze di tutela di accertamenti in corso di svolgimento di polizia di sicurezza e di contrasto alla delinquenza organizzata. 

3. Il diniego di accesso fondato sull’interesse alla riservatezza ovvero su ragioni di segretezza deve essere congruamente motivato per potersi ritenere prevalente sul diritto alla difesa del richiedente, riconosciuto in sede giurisdizionale o procedimentale dai principi costituzionali (artt. 24, 97,111 e 113 Cost.), nonché dalle disposizioni della Cedu (art. 6) e dalla Cdfue (art. 47), diritto che comunque deve essere garantito. 

- (commento di= Roberto Cippitani, La sicurezza come motivo di esclusione dal diritto di accesso ai documenti amministrativi (Urban. e appalti 1/2024, 114-123) 


in materia edilizia (doppia conformità e sanatoria giurisprudenziale impropria):

- Cass. pen. 3^, 31.10.23 n. 43823 (Urban. e appalti 1/2024, 141-3): Essendo illegittimi i provvedimenti di sanatoria “atipica” che prescindono dal requisito della doppia conformità, il giudice penale non può attribuire ad essi alcun effetto, non soltanto con riguardo all’estinzione del reato urbanistico, ma pure rispetto alla non irrogazione dell’ordine di demolizione dell’opera abusiva previsto dall’art. 31, comma 9, T.U.E., ovvero alla revoca dello stesso qualora il provvedimento amministrativo contra legem sia stato eventualmente emanato dopo il passaggio in giudicato della sentenza. 


in materia edilizia (ordine di demolizione – principio di proporzionalità):

- Cass. pen. 4^, 7.11.23 n. 44653 (Urban. e appalti 1/2024, 136): Se è ben vero che il giudice, nel dare attuazione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona, è tenuto a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Cedu, è tuttavia altrettanto indubbio che i fatti addotti a sostegno del rispetto del principio di proporzionalità - che non possono dipendere dall’inerzia o dalla volontà del destinatario - devono essere allegati (e accertati) in modo rigoroso, dovendosene far carico (quantomeno sul piano dell’allegazione) chi intende avvalersene per paralizzare il ripristino di un ordine violato, né il tempo trascorso dalla sentenza di condanna può legittimare alcun affidamento nell’inerzia dei pubblici poteri. 


in materia edilizia (edilizia libera):

- Cass. pen. 3^, 17.10.23 n. 42243 (Urban. e appalti 1/2024, 137-8): In tema di reati edilizi, non rientra nella categoria degli interventi di edilizia libera, di cui all’art. 6, comma 1, lett. e-quinquies), DPR 6.6.2001 n. 380, l’installazione di barriere in cemento del tipo “new jersey”, non avendo le stesse natura di elementi di arredo, sicché tale condotta, se posta in essere in assenza del permesso di costruire, integra la contravvenzione di cui all’art. 44 DPR cit., in quanto comporta una stabile alterazione dell’assetto urbanistico dell’area di riferimento. 

- Cass. pen. 3^, 17.10.23 n. 42238 (Urban. e appalti 1/2024, 138-9): La gettata di cemento eseguita in area sottoposta a vincolo paesaggistico non può esser qualificata come intervento di edilizia libera, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e-ter), DPR 380/2001 (opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati) laddove l’opera non presenti carattere contingente, temporaneo e movibile, ma - per struttura ed estensione - modifichi visibilmente l’assetto urbanistico del territorio. 


sull’intervento in giudizio (chiamata in garanzia nel processo amministrativo):

-TRGA Trento 3.10.23 n. 147 (ord), pres. Rocco, est. Polidori (Urban. e appalti 1/2024, 125 T): Nel processo amministrativo, quantomeno laddove si tratti di controversie che abbiano a oggetto diritti soggettivi rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, l’istanza di autorizzazione dell’Amministrazione intimata a chiamare in causa il terzo garante è disciplinata, per effetto del rinvio esterno di cui all’art. 39, comma 1, c.p.a., dagli artt. 106, 167 e 269 c.p.c., con la conseguenza che l’istanza stessa dev’essere depositata entro un termine decadenziale coincidente con quello di sessanta giorni previsto dall’art. 46 c.p.a. per la costituzione delle parti intimate, in quanto le esigenze di garanzia del contraddittorio impongono di anticipare il più possibile la sua corretta e integrale costituzione, ai fini di tutela non solo della controparte, ma anche dello stesso chiamato. 

- (commento di) Alessandra Dapas e Luigi Viola, Difficoltà (ed equivoci) dei trapianti giuridici: il caso della chiamata in garanzia nel processo amministrativo (Urban. e appalti 1/2024, 128-135) 




c.s.


 


L'uomo è un animale sociale (Aristotele). Quello che litiga sui social, spargendo odio puro, assoluto, disinteressato, inutile, contagioso, è un animale e basta (Luigi Mascheroni)


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