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Spigolature 16. Legame tra forza e diritto e autolimitazione della forza

Sergio Conti • set 25, 2023

Proseguo con alcune, del tutto rapsodiche, segnalazioni sul tema del rapporto tra diritto e forza.

Innanzitutto lo scritto “Diritto e forza. Da Rousseau a Kant” di Maria Borrello, pubblicato su Nuovi studi politici 2005 rinvenibile (ma con accesso riservato) all'indirizzo https://iris.unito.it/handle/2318/2755?mode=complete


Nella scheda di presentazione si legge:

La questione della legge suscita, da sempre, riflessioni estremamente diverse fra loro, sebbene tutte sembrano condividere un irrinunciabile riferimento al concetto di forza. L’imprescindibilità di un tale riferimento assume un ruolo centrale per la comprensione della complessa relazione che le riflessioni di Rousseau e Kant. La legge, che in Rousseau costituiva la forma più propria della libertà, si pone invece nella prospettiva kantiana, come uno strumento orientato alla libertà, vale a dire in tensione con la libertà. Si delinea pertanto, nella costruzione kantiana, un’articolazione, un movimento, che da un piano empirico conduce, o meglio deve condurre, a un piano ideale e tale passaggio impone la presupposizione di una relazione specifica tra il concetto di libertà e il concetto di forza; mettere in evidenza questo aspetto è determinante ai fini della nostra indagine: riconoscendo, infatti, la natura postulatoria della forza nell’individuazione del concetto di diritto, Kant iscrive la sua intera riflessione entro una prospettiva che non esclude, anzi ammette come imprescindibile, l’impossibilità ontologica di separare diritto e forza; ma questa stessa relazione, nella riflessione roussoiana, è, all’opposto, assunta in termini problematici ed è anzi propriamente a partire dall’impossibilità di un legame tra forza e diritto che il concetto di libertà è da Rousseau elaborato. Il contributo di questi due filosofici fornisce allora gli strumenti teoretici per affrontare la questione dell’arbitrio, e della possibilità per il diritto di riuscire a determinarsi senza coincidere con esso.


Del rapporto fra forza e diritto in von Jhering tratta poi la tesi di dottorato in Filosofia - presso l'Università La Sapienza - del dr. Daniele Cavarra, intitolata “Genesi dello stato e problema del diritto nella filosofia di Nietzsche (1875-1887)” (testo rinvenibile all'indirizzo

https://123dok.org/document/1y99edyg-genesi-stato-problema-diritto-filosofia-nietzsche.html )

Il Capitolo 7 è intitolato “Rudolph von Jhering: una lettura dell’estate 1879” e, al par. 2, si sofferma su “Il rapporto tra forza e diritto in Jhering”.


L'Autore osserva:

“... Jhering considera la ricompensa (der Lohn) la molla fondamentale che regola il meccanismo dei traffici commerciali e che, quindi, presiede allo sviluppo della intera civiltà, almeno considerata nella sfera della società civile. Quest’ultima è descritta come il luogo dove i differenti egoismi si incontrano e stabiliscono la giusta proporzione tra prestazione e controprestazione economica, cioè trovano il punto di equilibrio tra i loro interessi egoistici contrapposti (Gleichgewicht). Ora, proprio nel capitolo VII – quello appunto dedicato alla ricompensa – il giurista faceva una notazione molto importante quando sosteneva che l’impulso alla retribuzione (Vergeltung) è «un’idea generale che pervade tutto il mondo umano». In base a tale assunto generale, quando Jhering, nella seconda parte del primo volume della sua opera, abbandona l’analisi della società civile e inizia a ricostruire la storia evolutiva del diritto a partire dalle sue prime manifestazioni, il binario ermeneutico che utilizza è ancora quello: il concetto di ricompensa, sebbene declinato in altro modo. Ed è a questo radicale livello dell’analisi che si presenta il problema del rapporto tra forza e diritto. Infatti, secondo Jhering, il diritto nasce dalla forza (Gewalt). Ma ciò non è da intendersi in senso irrazionalistico come se il diritto fosse una pura e semplice dominazione del forte sul debole. Esso infatti, anche agli albori, si basa sull’autolimitazione del potente in virtù di un calcolo economico e utilitario. “...


“...ogni ordinamento giuridico della storia ha conseguito lo scopo del mantenimento della società attraverso l’elemento normativo e coercitivo ma ha interpretato e ha ‘riempito’ la norma di contenuti anche molto diversi rispetto ad altri ordinamenti giuridici. Ma questo per Jhering non costituisce un problema, poiché la dimensione del diritto non fa parte della conoscenza teoretica ma di quella pratica. Jhering illustra così questo punto essenziale della sua teoria e del rapporto tra diritto e verità scientifica: «Il risultato sarebbe veramente sconsolante, se il compimento del diritto consistesse nella realizzazione di una verità assoluta. Partendo da questa premessa, è giocoforza ammettere che il diritto è condannato ad errare in eterno. Ogni epoca, modificando il diritto esistente, verrebbe a condannare l’epoca precedente, la quale credeva che le proprie norme avessero raggiunto la verità assoluta; e, d’altra parte, anche quest’ultima epoca verrebbe ben presto accusata del medesimo errore.”...


 ...


“Il primo momento della storia evolutiva del diritto è quindi identificato da Jhering con l’autolimitazione della forza da parte di chi, potente, si limita in vista di un calcolo economico. In tale situazione, la forza domina il diritto. Un ribaltamento completo del rapporto si ha solamente alla fine del processo evolutivo quando nello Stato «il diritto ha trovato quel che cercava, cioè la supremazia sulla forza». Ma affinché il rapporto tra forza e diritto venga ribaltato, in modo tale che sia il secondo elemento a dominare sul primo e non viceversa, deve darsi tutta la lunghissima storia del diritto la quale passa attraverso la costituzione della società, della società pubblica e, infine, dello Stato. La prima tappa che succede alla autolimitazione della forza nel singolo individuo è dunque segnata, per Jhering, dal costituirsi della società (Gesellschaft), intesa quale forma giuridica di organizzazione. Alla base della Gesellschaft vi è ancora l’egoismo; essa è la forma attraverso la quale l’elemento dell’interesse egoistico non scompare, ma viene traslato sul piano comunitario: al contrasto tra due interessi in lotta viene sostituito il contrasto tra interesse comune e interesse individuale. Ulteriore sviluppo del diritto è il passaggio dalla società alla società pubblica, momento nel quale gli interessi privatistici che ancora sussistevano nella Gesellschaft vengono superati insieme al principio della esclusività che è proprio di tale forma organizzativa. Con la società pubblica – cioè con la forma giuridica che ibrida il principio privatistico della società (principio di esclusività) e quello pubblicistico dell’associazione (costitutivamente inclusiva) – ecco che avviene il passaggio dalla forma privatistica di organizzazione (la società) a quella pubblicistica cioè lo Stato. In quest’ultimo, si dispiega finalmente lo scopo che ha sempre teleologicamente guidato lo sviluppo del diritto: la supremazia sulla forza.





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