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Spigolature 11. Il Giusrealismo

Sergio Conti • apr 19, 2023

Secondo la definizione che ne dà l'”enciclopedia Treccani online” (https://www.treccani.it/enciclopedia/giusrealismo/ ), il giusrealismo è una “Corrente di pensiero che riunisce varie concezioni del diritto (giurisprudenza degli interessi, giurisprudenza sociologica, giusliberismo, teoria del rapporto giuridico, istituzionalismo, realismo giuridico americano e scandinavo), accomunate dal fatto di attribuire rilevanza all’effettiva operatività del diritto nella società e alla sua concreta applicazione da parte dei giudici nei tribunali. Tali teorie si contrappongono al formalismo giuridico e al legalismo giuspositivista, nonché al cognitivismo etico del giusnaturalismo, inteso come possibilità di fondazione oggettiva dei valori e, in particolare, della giustizia”.

Segnalo lo scritto del prof. Riccardo Guastini “Il realismo giuridico ridefinito" pubblicato nel 2013 sulla rivista Revus ( rinvenibile all'indirizzo: https://journals.openedition.org/revus/2400 ).

 
L'articolo così esordisce: “Si può caratterizzare il realismo giuridico – o almeno una forma di realismo giuridico – come la congiunzione di tre tesi fra loro strettamente connesse: una tesi ontologica, una tesi metodologica, e una tesi epistemologica (le chiamo così in mancanza di meglio, anche se il nome non sempre è appropriato). (...) La tesi ontologica verte sul diritto: risponde alla domanda “Che tipo di entità è il diritto?”. La tesi metodologica ha ad oggetto l’interpretazione: risponde alla domanda “Che tipo di attività è l’attività interpretativa?”.

A queste tre tesi se ne può forse aggiungere una quarta, accessoria: una tesi semantica (...)

La tesi epistemologica, infine, ha ad oggetto la conoscenza (la “scienza”) del diritto: risponde alla domanda “In che consiste la conoscenza scientifica del diritto?”.

Parrebbe naturale cominciare con la tesi ontologica, ma vi sono buone ragioni (appariranno chiare in seguito) per posporla, e cominciare invece con quella metodologica, giacché la tesi realista in materia di interpretazione condiziona tutte le rimanenti.


Lo scritto analizza attentamente ciò che caratterizza il realismo giuridico, pervenendo a una originale ridefinizione di tale corrente filosofica.

Nel rinviare di necessità alla lettura integrale dell'articolo, ne evidenzio qui di seguito alcuni passaggi, per espongono punti nevralgici della tesi propugnata dal prof. Guastini e che sono evidentemente capaci di suscitare profonde riflessioni (favorevoli o contrarie naturalmente, a seconda del tipo di impostazione seguita al riguardo dal lettore) sul senso e il significato del diritto.


...Il realismo metodologico è, molto semplicemente, una teoria scettica dell’interpretazione: l’interpretazione – ossia l’attribuzione di significato ai testi normativi – è attività non cognitiva, ma “decisoria”. Per dirla con Kelsen: è atto di volontà, non di conoscenza...

...ogni testo normativo ammette interpretazioni – in astratto e/o in concreto – sincronicamente confliggenti e/o diacronicamente mutevoli. Ne segue che molte (forse non tutte, ma molte) controversie e, più in generale, molte (forse non tutte, ma molte) “questioni di diritto”, ammettono soluzioni diverse in competizione...

...Accanto all’interpretazione propriamente detta, e con questa inestricabilmente connessa, gli operatori giuridici fanno opera di “costruzione giuridica”. Con questa espressione mi riferisco ad un insieme, peraltro indeterminato, di operazioni intellettuali, tra le quali spiccano le seguenti:

la creazione di lacune normative e, ancor più, assiologiche;

la creazione di gerarchie assiologiche tra norme;

la concretizzazione di principi;

il bilanciamento tra principi confliggenti;

la creazione e (talvolta) la soluzione di antinomie; e sopra ogni altra la elaborazione di norme inespresse, che si pretendono implicite nell’ordinamento (sebbene normalmente non siano affatto implicate in senso stretto, ossia in senso logico, da altre norme)...

… La creazione di una lacuna assiologica prelude alla costruzione di una norma inespressa atta a colmarla. La concretizzazione di principi consiste in una peculiare forma di elaborazione di norme inespresse...

...È propria del realismo una ontologia empiristica del diritto: il diritto è non già un insieme di entità astratte (quali norme, valori, obblighi, diritti, o alcunché del genere), bensì un insieme di fatti, di fatti sociali di un certo tipo...

...Diremo dunque che il diritto è non propriamente l’insieme dei testi normativi, ma piuttosto l’insieme dei significati – ossia delle norme – che si ricavano dai testi normativi, per via di interpretazione, nonché – come ormai sappiamo – per via di costruzione giuridica. In questo senso, i testi normativi non sono propriamente “diritto”: sono più modestamente “fonti del diritto”...

...È importante insistere che normalmente l’orientamento dominante è il prodotto non (solo) della giurisprudenza (in senso ampio) – come pensano taluni realisti ingenui – ma (anche e forse soprattutto) della dottrina. I giuristi sempre contribuiscono alla creazione del diritto vigente (il “diritto” in questo terzo senso della parola).

È altresì importante insistere – dal momento che non è per nulla ovvio – che una gran parte del diritto vigente è costituita da norme formulate extra ordinem non già dalle autorità normative, ma dai giudici e (forse: soprattutto) dai giuristi teorici. Norme, qualcuno potrebbe dire, “formalmente invalide”, dal momento che i giuristi e (in molti ordinamenti giuridici) i giudici non sono affatto autorizzati a creare norme. Norme invalide dunque, ma, malgrado ciò, norme di fatto vigenti: applicate in passato e prevedibilmente applicabili in futuro...

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