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RESPONSABILITA’ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E AFFIDAMENTO, NEL CASO DI AGGIUDICAZIONE REVOCATA A SEGUITO DI UNA PRONUNCIA GIUDIZIALE

dic 30, 2021

NEL SETTORE DELLE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO DI CONTRATTI PUBBLICI LA RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE DELL’AMMINISTRAZIONE, DERIVANTE DALLA VIOLAZIONE IMPUTABILE A SUA COLPA DEI CANONI GENERALI DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE, POSTULA CHE IL CONCORRENTE ABBIA MATURATO UN RAGIONEVOLE AFFIDAMENTO NELLA STIPULA DEL CONTRATTO, DA VALUTARE IN RELAZIONE AL GRADO DI SVILUPPO DELLA PROCEDURA, E CHE QUESTO AFFIDAMENTO NON SIA A SUA VOLTA INFICIATO DA COLPA (Adunanza plenaria n. 21 del 2021)


Nei rapporti di diritto civile, affinché un affidamento sia legittimo occorre che esso sia fondato su un livello di definizione delle trattative tale per cui la conclusione del contratto, di cui sono già stati fissati gli elementi essenziali, può essere considerato come uno sbocco prevedibile, e rispetto al quale il recesso dalle trattative, in linea di principio libero, risulti invece ingiustificato sul piano oggettivo e integrante una condotta contraria al dovere di buona fede ex art. 1337 cod. civ.

Analogamente, per diffusa opinione nella giurisprudenza amministrativa (da ultimo: Cons. Stato, II, 20 novembre 2020, n. 7237), l’affidamento è legittimo quando sia stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva, cui non abbia poi fatto seguito la stipula del contratto, ed ancorché ciò sia avvenuto nel legittimo esercizio dei poteri della stazione appaltante. L’aggiudicazione è dunque considerato il punto di emersione dell’affidamento ragionevole, tutelabile pertanto con il rimedio della responsabilità precontrattuale. Il recesso ingiustificato assume i connotati provvedimentali tipici della revoca o dell’annullamento d’ufficio della gara, che interviene a vanificare l’aspettativa dell’aggiudicatario alla stipula del contratto e che, pur legittimo, non vale quindi ad esonerare l’amministrazione da responsabilità per avere inutilmente condotto una procedura di gara fino all’atto conclusivo ed avere così ingenerato e fatto maturare il convincimento della sua positiva conclusione con la stipula del contratto d’appalto.

In senso parzialmente diverso si è espressa la Cassazione civile. Con sentenza in data 3 luglio 2014, n. 15260 (Sezione I) la Suprema Corte ha affermato che l’affidamento del concorrente ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico è tutelabile «indipendentemente da un affidamento specifico alla conclusione del contratto»; la stazione appaltante è quindi responsabile sul piano precontrattuale «a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante».

L’apparente contrasto rispetto agli approdi della giurisprudenza amministrativa deve tuttavia essere ridimensionato, avuto riguardo al fatto che il caso deciso dalla Cassazione riguardava il concorrente primo classificato in una procedura di gara poi annullata in sede giurisdizionale amministrativa su ricorso di un altro concorrente. La stessa giurisprudenza amministrativa non si è del resto arroccata su rigidi apriorismi, ma con criterio elastico – che questa Adunanza plenaria ritiene condivisibile – ha negato rilievo dirimente all’intervenuta aggiudicazione definitiva, laddove ha in particolare affermato che la verifica di un affidamento ragionevole sulla conclusione positiva della procedura di gara va svolta in concreto, in ragione del fatto che «il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dell’affidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale» (Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831).

Nella medesima prospettiva di un accertamento in concreto degli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale si è del resto espressa la stessa Adunanza plenaria nella sentenza 4 maggio 2018, n. 5, secondo cui la responsabilità precontrattuale può insorgere «anche prima dell’aggiudicazione e possa derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai più volte richiamati doveri di correttezza e buona fede». Più in generale, l’Adunanza plenaria ha precisato che la tutela civilistica della responsabilità precontrattuale, pur nel quadro del principio generale dell’autonomia negoziale delle parti, ivi compresa l’amministrazione, opera nel senso di assicurare la serietà delle trattative finalizzate alla conclusione del contratto, per cui essa costituisce il punto di equilibrio «tra la libertà contrattuale della stazione appaltante e la discrezionalità nell’esercizio delle sue prerogative pubblicistiche da una parte, rispetto del limite della correttezza e della buona fede, dall’altro», tenuto conto che ciascun contraente assume «un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto» e che dunque non può confidare sempre sulla positiva conclusione delle trattative, ma solo quando queste abbiano raggiunto un grado di sviluppo tale da rendere ragionevolmente prevedibile la stipula del contratto.

Individuato un primo requisito dell’affidamento tutelabile nella sua ragionevolezza e nel correlato carattere ingiustificato del recesso, il secondo consiste nel carattere colposo della condotta dell’amministrazione, nel senso che la violazione del dovere di correttezza e buona fede deve esserle imputabile quanto meno a colpa, secondo le regole generali valevoli in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ..



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