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RESPONSABILITA’ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E AFFIDAMENTO SUSCITATO NEL DESTINATARIO DI UN PROVVEDIMENTO AMPLIATIVO ILLEGITTIMAMENTE ADOTTATO E POI ANNULLATO

dic 30, 2021

QUANTO aLl’ammissibilità dell’eccezione di difetto di giurisdizione proposta in appello dal ricorrente soccombente in primo grado, va confermato l’orientamento secondo cui essa è inammissibile, come affermato in modo ormai incontrastato sia dalla giurisprudenza amministrativa, che dalla Corte di Cassazione, per un duplice motivo.

da un lato, vi E'abuso del processo e  violazione del dovere di cooperazione per la ragionevole durata del processo sancita dall’art. 2, comma 2, cod. proc. amm., tratta dall’ondivago e strumentale comportamento del ricorrente consistente nel contestare in appello la giurisdizione da lui stesso adita dopo l’esito sfavorevole del giudizio di primo grado, e dunque secundum eventum litis; DALL'ALTRO, VI E' difetto del requisito della soccombenza in primo grado sulla questione di giurisdizione, implicitamente risolta a favore dello stesso ricorrente, CON CONSEGUENTE assenza di un interesse ad appellare il capo autonomo di decisione concernente la questione pregiudiziale.

qUANTO POI ALLA SUSSISTENZA DELLA giurisdizione amministrativa IN CASO DI LESIONE DELL'AFFIDAMENTO, LA STESSA va affermata quando l’affidamento abbia ad oggetto la stabilità del rapporto amministrativo, costituito sulla base di un atto di esercizio di un potere pubblico, e a fortiori quando questo atto afferisca ad una materia di giurisdizione esclusiva. La giurisdizione è devoluta al giudice amministrativo perché la “fiducia” su cui riposava la relazione giuridica tra amministrazione e privato, asseritamente lesa, si riferisce non già ad un comportamento privato o materiale - a un “mero comportamento” - ma al potere pubblico, nell’esercizio del quale l’amministrazione è tenuta ad osservare le regole speciali che connotano il suo agire autoritativo e al quale si contrappongono situazioni soggettive del privato aventi la consistenza di interesse legittimo.

NEL MERITO, NEI RAPPORTI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO, INERENTI ALL’ESERCIZIO DEL PUBBLICO POTERE, E’ CONFIGURABILE UN AFFIDAMENTO DEL PRIVATO SUL LEGITTIMO ESERCIZIO DI TALE POTERE E SULL’OPERATO DELL’AMMINISTRAZIONE CONFORME AI PRINCIPI DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE, FONTE PER QUEST’ULTIMA DI RESPONSABILITA’ NON SOLO PER COMPORTAMENTI CONTRARI AI CANONI DI ORIGINE CIVILISTICA RICHIaMATI, MA ANCHE PER IL CASO DI PROVVEDIMENTO FAVOREVOLE ANNULLATO SU RICORSO DI TERZI.

L’AFFIDAMENTO TUTELABILE IN VIA RISARCITORIA DEVE ESSERE INCOLPEVOLE, E FONDARSI SU UNA SITUAZIONE DI APPARENZA COSTITUITA DALL’AMMINISTRAZIONE CON IL PROVVEDIMENTO, O CON IL SUO COMPORTaMENTO CORRELATO AL PUBBLICO PROVATO, IN CUI IL PRIVATO ABBIA SENZA COLPA CONFIDATO.

NEL CASO DI PROVVEDIMENTO POI ANNULLATO, IL SOGGETTO BENEFICIARIO DEVE DUNQUE VANTARE UNA FONDATA ASPETTATIVA ALLA CONSERVAZIONE DEL BENE DELLA VITA OTTENUTO CON IL PROVVEDIMENTO STESSO, LA FRUSTRAZIONE DELLA QUALE PUO’ QUINDI ESSERE CONSIDeRATA MERITEVOLE DI TUTELA PER EQUIVALENTE IN BASE ALL’ORDINAMENTO GIURIDICO.

LA TUTELA RISARCITORIA NON INTERVIENE QUINDI A COMPENSARE IL BENE DELLA VITA PERSO A CAUSA DELL’ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO FAVOREVOLE, CHE COMUNQUE SI E’ ACCERTATO NON SPETTANTE NEL GIUDIZIO DI ANNULLAMENTO, MA A RISTORARE IL CONVINCIMENTO RAGIONEVOLE CHE ESSO SPETTASSE.

IN QUESTA PROSPETTIVA, IL GRADO DELLA COLPA DELL’AMMINISTRAZIONE, E DUNQUE LA MISURA IN CUI L’OPERATO DI QUESTA E’ RIMPROVERABILE, RILEVA SOTTO IL PROFILO DELLA RICONOSCIBILITA’ DEI VIZI DI LEGITTIMITA’ DA CUI POTREBBE ESSERE AFFETTO IL PROVVEDIMENTO, NEL SENSO CHE PIU’ RENDE MANIFESTA L’ILLEGITTIMITA’ DEL PROVVEDIMENTO FAVOREVOLE AL SUO DESTINATARIO, E PIU’ CONSENTE DI RITENERE CHE EGLI NE POTESSE PERTANTO ESSERE CONSAPEVOLE.

IN ALTRI TERMINI, IL RAGIONEVOLE CONVINCIMENTO SULLA LEGITTIMITA’ DEL PROVVEDIMENTO FAVOREVOLE POI ANNULLATO - SULLA CUI BASE PUo' FONDARSI LA RESPONSABILITA’ DELL’AMMINISTRAZIONE PER LESIONE DELL’AFFIDAMENTO - E’ ESCLUSO SIA NEL CASO DI ILLEGITTIMITA’ EVIDENTE CHE NEL CASO IN CUI IL DESTINATARIO DI TALE PROVVEDIMENTO ABBIA CONOSCENZA DELL’IMPUGNAZIONE DI TERZI CONTRO IL PROVVEDIMENTO STESSO (Adunanze Plenarie n. 19 e 20 del 2021)


Le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro concernente invece la responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte. Oltre che distinti, i profili in questione sono autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi.

L’affidamento è un principio generale dell’azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività.

Pur sorto nei rapporti di diritto civile, con lo scopo di tutelare la buona fede ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, da altri creata (e di cui sono applicazioni concrete, tra le altre, la “regola possesso vale titolo” ex art. 1153 cod. civ., l’acquisto dall’erede apparente di cui all’art. 534 cod. civ., il pagamento al creditore apparente ex art. 1189 cod. civ. e l’acquisto di diritto di diritti dal titolare apparente ex artt. 1415 e 1416 cod. civ.), l’affidamento è ormai considerato canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero quelli che si instaurano nell’esercizio del potere pubblico, sia nel corso del procedimento amministrativo sia dopo che sia stato emanato il provvedimento conclusivo.

A conferma della descritta evoluzione si pone l’art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale dispone che: «(i) rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede». La disposizione ora richiamata ha positivizzato una regola di carattere generale dell’agire pubblicistico dell’amministrazione, che trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.) e che porta a compimento la concezione secondo cui il procedimento amministrativo - forma tipica di esercizio della funzione amministrativa - è il luogo di composizione del conflitto tra l’interesse pubblico primario e gli altri interessi, pubblici e privati, coinvolti nell’esercizio del primo. Per il migliore esercizio della discrezionalità amministrativa il procedimento necessita pertanto dell’apporto dei soggetti a vario titolo interessati, nelle forme previste dalla legge sul procedimento del 7 agosto 1990, n. 241. Concepito in questi termini, il dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede ha quindi portata bilaterale, perché sorge nell’ambito di una relazione che, sebbene asimmetrica, è nondimeno partecipata ed in ragione di ciò esso si rivolge all’amministrazione e ai soggetti che a vario titolo intervengono nel procedimento.

L’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito dell’attività della pubblica amministrazione trova però un sicuro limite quando il beneficiario del provvedimento favorevole assume la qualità di controinteressato nel giudizio intrapreso da terzi per l’annullamento di tale provvedimento.

In tal caso, il beneficiario/controinteressato è posto nelle condizioni di conoscere la possibile illegittimità del provvedimento a sé favorevole, per giunta entro il ristretto arco temporale dato dal termine di decadenza entro cui, ai sensi dell’art. 29 cod. proc. amm., l’azione deve essere proposta, e di difenderlo. La situazione che viene così a crearsi induce per un verso ad escludere un affidamento incolpevole, dal momento che l’annullamento dell’atto per effetto dell’accoglimento del ricorso diviene un’evenienza non imprevedibile, di cui il destinatario non può non tenere conto ed addirittura da questo avversata allorché deve resistere all’altrui ricorso; per altro verso porta ad ipotizzare un affidamento tutelabile prima della notifica dell’atto introduttivo del giudizio.

Non costituisce, inoltre, elemento costitutivo dell’affidamento il fattore temporale, che in astratto è configurabile già al momento in cui è presentata l’istanza per il rilascio del provvedimento favorevole. Il tempo trascorso dalla sua emanazione costituisce semmai fattore che fonda l’interesse oppositivo all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio e che, peraltro, con le recenti modifiche all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, da originaria regola di comportamento dell’amministrazione, espressa con carattere generale dal principio di ragionevolezza del tempo in cui viene esercitato il potere di autotutela, è stato incorporato nell’ambito delle regole di validità dell’atto, attraverso la previsione di un termine massimo, ora fissato in dodici mesi.


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