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L’assetto pluralistico delle giurisdizioni

gen 18, 2021

A differenza di quanto ordinariamente previsto dall’art. 360 c.p.c. e dal comma 7 dell’art. 111 della Costituzione (secondo cui è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge), l’art. 111, comma 8 della Costituzione prevede che contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Si tratta di una delimitazione soggettiva di quei “giudici speciali” le cui decisioni in grado d'appello o in unico grado, già secondo il codice civile (approvato precedentemente all’introduzione della Carta costituzionale), non potevano essere impugnate con ricorso per cassazione se non per motivi inerenti alla giurisdizione del giudice stesso che le aveva emesse.

A sua volta, il codice del processo amministrativo, all’art. 110, ha previsto che la Corte di cassazione non possa sindacare le sentenze del giudice amministrativo per violazione della legge processuale o sostanziale, ma per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Tuttavia, accanto ad un orientamento consolidato e per così dire maggioritario, secondo cui il sindacato esercitato dalla Corte di Cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, e art. 110 c.p.a., è consentito soltanto ove si richieda l’accertamento dell’eventuale “sconfinamento” del Consiglio di Stato dai limiti esterni della propria giurisdizione, per il riscontro di vizi che riguardano l’essenza della funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, si è progressivamente affiancato un orientamento per così dire minoritario, secondo cui rientrerebbero nel controllo sulla giurisdizione anche le ipotesi in cui il giudice amministrativo o quello contabile rifiutino, se del caso tramite un’interpretazione  abnorme delle norme di riferimento, una particolare forma di tutela astrattamente prevista dalla legge, ovvero adottino una interpretazione di una norma processuale o addirittura sostanziale che impedisca la piena conoscibilità della domanda, e cioè l’esame del merito della questione.

Si è inserita di recente, in questo filone, l’ordinanza delle Sezioni Unite n. 19598 del 2020, che ha chiesto alla Corte di Giustizia, a mezzo rinvio pregiudiziale:

-    se è compatibile con il diritto europeo l’orientamento giurisprudenziale, avallato anche dalla Corte costituzionale, secondo cui non rientra nel “difetto di potere giurisdizionale” – e quindi non è sindacabile dalla Cassazione stessa – l’applicazione da parte del Consiglio di Stato di prassi interpretative elaborate in sede nazionale in contrasto con sentenze della Corte di giustizia, in settori disciplinati dal diritto dell'Unione europea;

-    se è compatibile con il diritto europeo l’omissione immotivata di effettuare il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, in assenza delle condizioni, di stretta interpretazione (da essa tassativamente indicate) che esonerano il giudice nazionale dal suddetto obbligo.

L’intento della Corte di Cassazione è dunque quello di evitare, tramite la disapplicazione parziale di una norma di rango costituzionale, una possibile usurpazione della competenza esclusiva della Corte di giustizia nella corretta e vincolante interpretazione del diritto comunitario, in modo da non favorire il consolidamento dell'eventuale contrasto interpretativo tra il diritto applicato dal giudice nazionale e il diritto dell'Unione, così consentendo, contestualmente, tramite l’uniforme applicazione del diritto unionale, la effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive derivanti da tale diritto.

Un’approfondita analisi della questione e delle sue implicazioni è stata effettuata dal dott. Pier Luigi Tomaiuoli, con nota pubblicata sul periodico telematico “Consulta Online”, Fasc. III 2020, che si riporta di seguito, con il consenso dell’autore:

⬇️Consulta online


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