Blog Layout

Autonomia dell’ordinamento sportivo e sistema di tutela dei diritti e degli interessi legittimi

gen 18, 2021

Un fronte di possibile criticità in ordine al rispetto del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale pare ravvisabile nel “nuovo” ordinamento della giustizia sportiva, in quanto l’art. 2, comma 1 del d.l. n. 220 del 2003, convertito, con modificazioni, nella L. n. 280 del 2003, stabilisce che sono “riservati all'ordinamento sportivo” la disciplina delle questioni aventi ad oggetto “l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive” e “i comportamenti  rilevanti  sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive”.

Secondo l’interpretazione ampiamente maggioritaria di questa norma - interpretazione che d’altra parte riceve la sua conferma pacifica ed esplicita dalla disposizione di cui al successivo art. 3 (“Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata  agli  organi  di  giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è disciplinata dal codice del processo amministrativo”) -, la giurisdizione statuale non sussiste affatto, in caso di inosservanza di norme sul corretto svolgimento delle attività sportive e di sanzioni disciplinari sportive. Competenti a conoscere di tali questioni, a prescindere dalla posizione soggettiva sottostante, sono soltanto gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo.

Un’interpretazione così netta, peraltro, per quanto letterale della norma, non può trovare accoglimento nel nostro sistema costituzionale. Posto che è da escludere che in tali casi non vengano mai in rilievo diritti soggettivi e/o interessi legittimi, gli stessi dovrebbero sempre potere ricevere adeguata tutela dinanzi al Giudice ordinario o agli organi di Giustizia amministrativa (artt. 24, 103 e 113 Cost.), pena la surrettizia introduzione di un nuovo, inammissibile, Giudice speciale.

E così, la Corte costituzionale, sollecitata in due occasioni a dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 2, comma 1 del d.l. n. 203 del 2003, ha chiarito che la normativa contestata, nell’interpretazione offerta dal diritto vivente e fatta propria dalla Corte, mantiene intatta la possibilità, per chi ritenga di essere stato leso nei suoi diritti o interessi legittimi da atti di irrogazione di sanzioni disciplinari (o dalla mancata applicazione delle norme regolamentari e/o organizzative delle articolazioni dell'ordinamento sportivo nazionale), di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno, e che questa forma di tutela per equivalente, per quanto diversa rispetto a quella di annullamento in via generale assegnata al giudice amministrativo, risulta in ogni caso idonea, nella fattispecie, a corrispondere al vincolo costituzionale di necessaria protezione giurisdizionale dell’interesse legittimo (oltre che di eventuali diritti soggettivi patrimoniali connessi).

Secondo la Corte, infatti, la scelta legislativa che ha stabilito la “riserva di giurisdizione”, è frutto del non irragionevole bilanciamento operato dal legislatore fra il principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale e le esigenze di salvaguardia dell’autonomia dell’ordinamento sportivo – che trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 Cost. – «bilanciamento che lo ha indotto [...] ad escludere la possibilità dell’intervento giurisdizionale maggiormente incidente» su tale autonomia, mantenendo invece ferma la tutela per equivalente.

La Corte delinea così, per il sistema dell’organizzazione sportiva, in quanto tale e nelle sue diverse articolazioni organizzative e funzionali, uno spazio di tutela costituzionale all’interno delle previsioni che riconoscono e garantiscono i diritti dell’individuo, non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali in cui si esprime la sua personalità (art. 2 Cost.), e che assicurano il diritto di associarsi liberamente per fini che non sono vietati al singolo dalla legge penale (art. 18). Con la conseguenza che eventuali collegamenti con l’ordinamento statale, allorché i due ordinamenti entrino reciprocamente in contatto per intervento del legislatore statale, devono essere disciplinati tenendo conto dell’autonomia di quello sportivo e delle previsioni costituzionali in cui essa trova radice.

D’altra parte, la regolamentazione statale del sistema sportivo deve mantenersi nei limiti di quanto risulta necessario al bilanciamento dell’autonomia del suo ordinamento con il rispetto delle altre garanzie costituzionali che possono venire in rilievo, fra le quali vi sono – in tema di giustizia “sportiva” – il diritto di difesa e il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale presidiati dagli artt. 24, 103 e 113 Cost..

All’obiezione non peregrina del TAR Lazio (ordinanza n. 10171 del 2017) secondo cui il punto di equilibrio rinvenuto nell’interpretazione dell’art. 2, comma 1 del d.l. n. n. 203 del 2003 sacrifica integralmente la forma di tutela tipica del Giudice amministrativo (caducazione del provvedimento disciplinare), e che tale forma di tutela sarebbe anche l’unica effettiva, a fronte della qualificazione delle decisioni disciplinari sportive come provvedimenti amministrativi (espressione dei poteri pubblici attribuiti alle federazioni sportive nazionali e al CONI), la Corte ha risposto asserendo che la previsione di una «diversificata modalità di tutela giurisdizionale» dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi limitata al risarcimento del danno per equivalente non trova ostacolo nell’art. 113 Cost., poiché questo non è diretto ad assicurare in ogni caso e incondizionatamente una tutela giurisdizionale illimitata e invariabile contro l’atto amministrativo, spettando invece al legislatore ordinario un certo spazio di valutazione nel regolarne modi ed efficacia, sempre che il suo intervento sia improntato a ragionevolezza e adeguatezza.

Inoltre, le suddette limitazioni alla tutela giurisdizionale non sono neanche ignote al sistema normativo, se solo si considera il disposto dell’art. 2058 del codice civile, richiamato dall’art. 30 del codice del processo amministrativo, e all’utilizzo della tecnica di tutela dell’esclusione della tutela costitutiva di annullamento e della limitazione della protezione giurisdizionale al risarcimento per equivalente in numerosi e delicati comparti, tra i quali l’ambito lavoristico.

Parola “fine” sulla questione? Non è detto.

Nella stessa sentenza in cui la Corte costituzionale “legittima” il sistema di “riserva temperata” a favore degli organi di giustizia sportiva, il Giudice delle leggi, non potendo negare radicalmente la possibilità di tutela cautelare, dà un piccolo suggerimento a chi ne abbia interesse: “L’esigenza di protezione provvisoria delle pretese fatte valere in giudizio, ricadente essa stessa nell’ambito di operatività delle garanzie offerte dagli artt. 24, 103 e 113 Cost., può trovare invero una risposta nei caratteri di atipicità e ampiezza delle misure cautelari a disposizione di tale giudice – che in base all’art. 55 cod. proc. amm. può adottare le «misure cautelari […] che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso» – e nella possibilità che in questo ambito vengano disposte anche ingiunzioni a pagare somme in via provvisoria”.

A buon intenditore, poche parole.


Share by: