Guida al diritto (39/2025)

Carmine Spadavecchia • 29 ottobre 2025

in tema di professione forense:

- Franceso Greco*, Congresso forense, un laboratorio per un’avvocatura più moderna (Guida al diritto 39/2025, 10-11, editoriale). A margine del XXXVI Congresso nazionale forense, tenutosi al Lingotto (Torino) dal 16 al 18 ottobre 2025: titolo dell’Assise “L’Avvocato nel futuro. Pensare da Legale, agire in Digitale” [*presidente del Consiglio Nazionale Forense]


sulla
riforma della giustizia:

Disegno di legge costituzionale – Atto Senato n. 1353-B, Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare

- testo del d.d.l. (testo costituzionale vigente e modifiche a fronte) (Guida al diritto 39/2025, 12-15)

- commento di Giuseppe Finocchiaro, Una riforma imperfetta che darà vita a un sistema complesso e inefficiente (Guida al diritto 39/2025, 16-24) 



in materia di energia (impianti fotovoltaici):

- Cons. Stato IV 21.7.25 n. 6434, pres. Carbone, est. Santise (Guida al diritto 39/2025, 84 T): Nell'ambito del procedimento volto al rilascio del titolo abilitativo per la realizzazione degli impianti fotovoltaici l'Amministrazione regionale deve valutare tutte le circostanze del caso concreto e bilanciare gli opposti interessi. In tale operazione, il chiaro favor che il legislatore ha espresso per il raggiungimento di obiettivi di crescita sostenibile non può legittimare interessi tiranni o superiori in grado di prevalere automaticamente sugli altri interessi meritevoli di tutela. Sotto altro versante, la sede procedimentale non può prestarsi a diventare strumento per l'introduzione di limiti astratti alla possibilità di realizzare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili recependo delibere regionali che superano i limiti di potestà legislativa e regolamentare consentiti dall'art. 117, terzo comma, Cost. 

- (commento di) Giulia Pernice, Obiettivo di una crescita sostenibile sempre nel segno del bilanciamento (Guida al diritto 39/2025, 88-93) 


in tema di appalti (applicabilità del principio di equivalenza anche alla “fornitura di punta”): 

- Cass. SSUU 1.10.25 n. 26469 (Guida al diritto 39/2025, 53-54): Statuire che la fornitura di punta richiesta dalla lex specialis non dovesse essere identica a quella oggetto dell’appalto bensì analoga, “eseguita con buon esito e formalmente accettata e pagata dalla committenza e di importo, al netto di IVA, non inferiore al 30% dell’importo a base di gara”, non realizza alcuno sconfinamento nella sfera del merito o alcuna invasione nella sfera di attribuzioni riservata alla PA, configurabile solo quando l’indagine svolta ecceda i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato. Parimenti inammissibile è la tesi dello sforamento ai danni del potere legislativo. Lo sconfinamento si configura quando il giudice speciale applichi una norma da lui stesso creata, in tal modo esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, non già in relazione all’attività di interpretazione - sia pure estensiva o analogica - di una disposizione di legge, posto che eventuali errori ermeneutici, anche se, sempre in astratta ipotesi, comportanti uno stravolgimento radicale del senso della norma, non investono la sussistenza o i limiti esterni del potere giurisdizionale, ma soltanto la legittimità del suo esercizio. L’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione. Per l’effetto, non si è davanti a una violazione dei limiti esterni della giurisdizione tutte le volte in cui il giudice speciale od ordinario individui una regula iuris facendo uso dei poteri di rinvenimento della norma applicabile attraverso la consueta attività di interpretazione anche analogica del quadro delle norme. (Nella specie, il giudice amministrativo “non ha affatto introdotto nell’ordinamento norme che prima non vi erano, ma, muovendo dal dato normativo esistente e da un orientamento interpretativo puntualmente richiamato ed esaminato, ha proceduto ad una normale operazione di ermeneutica normativa: tale essendo quella mediante la quale il giudicante estrae la voluntas legis, oltre che dal dato letterale delle singole disposizioni, anche dalla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela”). 



in tema di prove d’esame (garanzia di anonimato e “firma indiretta”):

- TAR Firenze 2^, 23.9.25 n. 1498, pres. Cacciari, rel. Papi (Guida al diritto 39/2025, 56): Ove una prova d’esame venga annullata per violazione dell’anonimato, la legittimità del provvedimento di annullamento va valutata non in base a un criterio soggettivo, ossia verificando se il candidato avesse o meno la volontà di farsi riconoscere, ma in termini oggettivi: ciò che conta è la possibilità, anche solo astratta, che l’elaborato possa essere associato al suo autore in virtù della sua particolare struttura o contenuto. [Nella specie, il candidato aveva inserito riferimenti a un tribunale specifico (intestazione dell’atto di citazione dinanzi al Tribunale di Firenze, individuazione in Firenze della residenza delle parti) e aveva fatto riferimento a una norma non prevista dalla traccia (impossibilità di eseguire la notifica via pec). La commissione d’esame ha ritenuto tali aggiunte potenzialmente idonee a compromettere l’anonimato, poiché suscettibili di distinguere l’elaborato dagli altri. Di qui l’annullamento della prova scritta. Il candidato ha impugnato la decisione, sostenendo che quei riferimenti erano frutto di una sua elaborazione tecnica, legittima, e certo non finalizzati in alcun modo a rendere riconoscibile il compito. Il Tar ha respinto il ricorso, con una motivazione improntata a una rigida logica di tutela preventiva e assoluta dell’imparzialità, fondata sull’esigenza di garantire condizioni paritarie a tutti i partecipanti alle prove].



sull’assegno di divorzio:

- Cass. 1^, 30.9.25 n. 26392 (Guida al diritto 39/2025, 53): L’assegno di divorzio va determinato alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto. Ciò non significa che per il riconoscimento dell’assegno debba essere necessariamente accertata la sua funzione perequativo-compensativa, essendo sufficiente, in quanto espressione del principio costituzionale di solidarietà, la funzione assistenziale. Sicché l’assegno di divorzio può essere giustificato anche solo da esigenze strettamente assistenziali, ravvisabili laddove il coniuge più debole non abbia i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa o non possa procurarseli per ragioni oggettive. 


sui danni da emotrasfusioni:

- Cass. 3^, 23.8.25 n. 23745 (Guida al diritto 39/2025, 58 T): L'evento morte sopravvenuta in derivazione causale dalla trasfusione ematica costituisce non un semplice aggravamento della patologia contratta, ma un evento a sé stante, dal quale decorre il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno richiesto dal congiunto iure proprio ex art. 2947 c.c., comma terzo, e pertanto se la morte si verifica dopo l'entrata in vigore della legge n. 251/2005, al risarcimento del danno si applica il termine di prescrizione abbreviato sessennale per il reato di omicidio colposo

 - (commento di) Eugenio Sacchettini, Disco rosso per la pretesa risarcitoria estinta in seguito alla nuova legge (Guida al diritto 39/2025, 62-66). L’art. 252 disp. att. del c.c. è espressione di un principio generale applicabile a qualunque ipotesi di ius superveniens che abbrevi un termine di prescrizione.



in tema di indennizzo per reati di violenza:

- Corte giust. Ue 5^, 2.10.25, causa C-284/24, su rinvio pregiudiziale della High Court dell’Irlanda (Guida al diritto 39/2025, 96 solo massima): L'art. 12, par. 2, della direttiva 2004/80 osta a un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti che, per principio, escluda, per quanto riguarda il danno morale, qualsiasi indennizzo per il dolore e la sofferenza patiti da tali vittime. Nonostante la necessità di garantire la sostenibilità finanziaria dei sistemi nazionali di indennizzo, di modo che gli Stati membri non devono necessariamente prevedere un ristoro completo del danno materiale e morale subito da tali vittime, un indennizzo equo e adeguato, ai sensi di tale disposizione, richiede, in sede di determinazione di un siffatto indennizzo, di tener conto della gravità delle conseguenze, in capo alle vittime, dei reati perpetrati, nonché del risarcimento che tali vittime possono ottenere a titolo della responsabilità da fatto illecito dell'autore del reato. 

- (commento di) Marina Castellaneta, Danno morale alle vittime di violenza, illegittimo vietare indennizzi per ragioni legate ai conti pubblici (Guida al diritto 39/2025, 96-98)


in materia disciplinare (avvocati):

- Cass. SSUU 1.10.25 n. 26473: (Guida al diritto 39/2025, 54): Va respinto il ricorso contro la decisione del Cnf che ha ritenuto corretta, ampiamente motivandone le ragioni, la decisione di primo grado sull’entità della sanzione (sospensione di un anno e sei mesi) irrogata a un legale per la falsificazione della procura alle liti, in considerazione della piena consapevolezza e della gravità della condotta, idonea a ripercuotersi inevitabilmente sulla dignità, l’onorabilità e la rispettabilità della professione, sminuendo la credibilità dell’intera categoria. 


sul mandato di arresto europeo:

- Corte giust. Ue, Grande sezione, 4.9.25, causa 305/22, su rinvio pregiudiziale della Corte d’appello di Bucarest (Guida al diritto 39/2025, 25 T, sotto il titolo: “Mae, no allo stop dello Stato membro con la presa in carico dell’esecuzione della pena): 1. L'art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, e gli artt. 4, 22 e 25 della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea, devono essere interpretati nel senso che: da un lato, il rifiuto dell'autorità giudiziaria dell'esecuzione, fondato sul motivo di non esecuzione facoltativa previsto all'art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, di consegnare una persona oggetto di un mandato d'arresto europeo emesso ai fini dell'esecuzione di una pena privativa della libertà personale, presuppone che tale autorità giudiziaria rispetti le condizioni e la procedura previste dalla decisione quadro 2008/909 per quanto riguarda il riconoscimento della sentenza di condanna a tale pena e la presa in carico dell'esecuzione di detta pena, e dall'altro lato, lo Stato di emissione conserva il diritto di eseguire la stessa pena, e quindi di mantenere il mandato d'arresto europeo, in circostanze in cui, senza aver rispettato le condizioni e la procedura previste dalla decisione quadro 2008/909 quanto al riconoscimento di tale sentenza e a tale presa in carico, l'autorità giudiziaria dell'esecuzione abbia rifiutato, sulla base di tale motivo, l'esecuzione di detto mandato d'arresto europeo. 2. L'art. 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 va interpretato nel senso che: non costituisce una «sentenza definitiva per gli stessi fatti», ai sensi di tale disposizione, una decisione con la quale l'autorità giudiziaria dell'esecuzione ha rifiutato, sulla base dell'art. 4, punto 6, di tale decisione quadro, di consegnare una persona oggetto di un mandato d'arresto europeo emesso ai fini dell'esecuzione di una pena privativa della libertà personale, ha riconosciuto la sentenza di condanna a tale pena e ha disposto l'esecuzione di detta pena nello Stato di esecuzione. 

- (commento di) Carmelo Minnella, La rieducazione del condannato cede il passo alle esigenze punitive (Guida al diritto 39/2025, 33-39)

- Cass. pen. 6^, 12.9.25 n. 30618 (Guida al diritto 39/2025, 40 T, sotto il titolo: “Doppia lettura della Suprema corte per i casi prima e dopo la decisione Ue”): Nel caso in cui il mandato di arresto europeo sia emesso al fine dell'esecuzione di una pena detentiva, la Corte di appello, per effetto della sentenza della Grande Sezione della Corte di Giustizia del 4.9.25, C305/22, è tenuta ad acquisire il consenso dello Stato di emissione, con la relativa trasmissione della sentenza di condanna e del certificato ai sensi degli artt. 4 e 5 della Decisione Quadro 2008/909/GAI, prima di rifiutare la consegna e di prendere in carico l'esecuzione della pena ai sensi dell'art. 18-bis, comma 2, L 22.4.2005 n. 69, essendo, invece, tenuta a disporre la consegna nel caso di dissenso dello Stato di emissione. Qualora, prima della sentenza della Grande Sezione della Corte di Giustizia del 4.9.25, C305/22, sia già iniziata l'esecuzione della pena in Italia e la Corte di appello non abbia richiesto il consenso dello Stato di emissione, procedendo unilateralmente al riconoscimento e all'esecuzione della sentenza di condanna, lo Stato di emissione, ai sensi degli artt. 13 e 22 della Decisione Quadro 2008/909/GAI, non può procedere all'esecuzione della pena irrogata. 

- (commento di) Carmelo Minnella, Per i mandati pregressi non opposti resta il rebus sul possibile veto (Guida al diritto 39/2025, 49-51)


 


c.s.


 


Il linguaggio è potere: se privi un popolo della partecipazione al linguaggio, mantenendolo illetterato, sarà molto più facile controllarlo [Percival Everett, scrittore USA (1956), premio Pulitzer 2025 con "James", riscrittura di Huckelberry Finn, di Mark Twain, dal punto di vista dello schiavo Jim]