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Giurisprudenza italiana (4/2023)

Carmine Spadavecchia • mag 29, 2023

in tema di accesso:

- Ad. plen. 24.1.23 n. 4, pres. Maruotti, rel. Lopilato (Giurispr. it. 4/2023, 769-770): L’ordinanza che esamina l’istanza di accesso proposta nel corso del processo di primo grado, ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a., è appellabile dinanzi al Consiglio di Stato, avendo non soltanto valenza istruttoria, ma anche contenuto lato sensu decisorio.


in tema di beni culturali:

- Ad. plen. 13.2.23 n. 5, pres. Maruotti, est. Rotondano (Giurispr. it. 4/2023, 768-769): La tutela del patrimonio culturale immateriale (Convenzione Unesco del 17 ottobre 2003), con particolare riguardo ai beni che costituiscono espressione di identità culturale collettiva (DLg 42/2004, art. 7-bis), può avere ad oggetto anche particolari destinazioni d’uso di un determinato bene (e non soltanto il bene in quanto tale), anche se tale possibilità può essere ammessa solo al ricorrere di alcune motivate condizioni, al fine di non ampliare in modo sostanzialmente indefinito l’ambito della tutela. (Fattispecie relativa all’attività di ristorazione all’insegna “Il Vero Alfredo”, esercitata sin dal 1950 all’interno del complesso immobiliare sito in Roma, nella Piazza Augusto Imperatore, incluso nell’ampia opera di sistemazione urbanistica della piazza realizzata tra il 1937 e il 1942 su progetto dell’architetto Vittorio Morpurgo)

In argomento vengono enunciati i seguenti principi di diritto: ai sensi degli artt. 7-bis, 10, comma 3, lettera d), 18, comma 1, 20, comma 1, 21, comma 4, e 29, comma 2, del Codice n. 42 del 2004, il “vincolo di destinazione d’uso del bene culturale” può essere imposto (a) quando il provvedimento risulti funzionale alla conservazione dell’integrità materiale della cosa o dei suoi caratteri storici o artistici, sulla base di una adeguata motivazione da cui risulti l’esigenza di prevenire situazioni di rischio per la conservazione dell’integrità materiale del bene culturale o del valore immateriale nello stesso incorporato; (b) a tutela di beni che sono espressione di identità culturale collettiva, non solo per disporne la conservazione sotto il profilo materiale, ma anche per consentire che perduri nel tempo la condivisione e la trasmissione della manifestazione culturale immateriale, di cui la cosa contribuisce a costituire la testimonianza. (Dopo aver enunciato tali principi l’Ad. plen. non ritiene la causa matura per la decisione e restituisce pertanto gli atti alla Sezione rimettente)


sulla correzione di errore materiale (nel giudizio amministrativo):

- Ad. plen. 13.1.23 n. 1 (decr. collegiale), pres. est. Maruotti, (Giurispr. it. 4/2023, 770-771): Nel processo amministrativo il procedimento di correzione di errore materiale è privo di connotati stricto sensu giurisdizionali e si può pertanto ammettere che venga avviato d’ufficio anche in assenza di una domanda di parte in tal senso. 


sulla natura giuridica dell’Anas:

- Cass. SSUU 13.1.23 n. 976 (Giurispr. it. 4/2023, 757-8): La trasformazione di Anas in società per azioni non ne ha intaccata la natura di ente pubblico, restando irrilevante che la totalità delle azioni sia conferita a FS, con conseguente giurisdizione della Corte dei conti nei confronti di un funzionario Anas in una controversia risarcitoria per danno erariale sotto il profilo del danno all’immagine.


sul danno da animali:

- Cass. 3^ 8.2.23 n. 3745 (Giurispr. it. 4/2023, 751-2): Per i danni arrecati dalla fauna selvatica a persone e cose è responsabile la Regione, ai sensi della L 11.2.1992 n. 157, anche in caso di funzioni amministrative delegate alle Province, a meno che la delega non attribuisca alle Province un’autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentire loro di svolgere l’attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni.

- Cass. 3^, 8.2.23 n. 3737 (Giurispr. it. 4/2023, 752-3): La responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi grava esclusivamente sull’ente cui le singole leggi regionali, attuative della L 14.8.91 n. 281 (legge quadro nazionale), attribuiscono il compito di cattura e custodia degli stessi.


in tema di risarcimento del danno:

- TAR Bari 2^, 5.1.23 n. 32, pres. Tricarico, est. Allegretta (Giurispr. it. 4/2023, 902 s.m.): La parte che intende agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni in virtù di una lesione scaturita da un provvedimento della PA ritenuto illegittimo, deve attenersi al principio di buona fede e ricorrere all’ordinaria diligenza. La mancata impugnazione del provvedimento che si ritiene illegittimo e da cui viene desunto il danno subito, incide non già sull’ammissibilità della domanda risarcitoria, quanto piuttosto sulla valutazione della fondatezza nel merito dell’invocato risarcimento. 

- (commento di) Daniele Perrucca, Buona fede e diligenza nel giudizio risarcitorio per lesione di interessi legittimi (Giurispr. it. 4/2023, 902-905) 

- TAR Umbria, 3.1.23 n. 3, pres. Potenza, est. Grauso (Giurispr. it. 4/2023, 905 s.m.): Deve essere accolta l’istanza di risarcimento del danno, avanzata nei confronti del Comune dal proprietario di un immobile sede di attività produttiva, se la domanda risarcitoria risulta adeguatamente motivata circa: (i) il permesso di costruire che l’Ente locale ha rilasciato in favore di un terzo, per la realizzazione di un immobile destinato ad attività produttiva concorrenziale con quella della parte danneggiata su un fondo ad esso confinante; (ii) il permesso di costruire e la successiva variante al PRG, approvata dall’Ente territoriale, definitivamente annullati in quanto illegittimi, per violazione delle norme urbanistiche che disciplinano l’area in oggetto. La PA è, difatti, pur sempre tenuta a svolgere la propria attività amministrativa evitando un pregiudizio per l’interesse legittimo dei privati, i quali potrebbero risultare danneggiati dal sorgere di un’attività economica concorrente a ridosso della propria. 

- (nota di) Domenico Filosa, La vicenda alla base della vertenza e l’attività amministrativa della p.a. (Giurispr. it. 4/2023, 906-909)


in. tema di privacy (diritto all’oblio):

- Cass. 1^, 24.11.22 n. 34658 (Giurispr. it. 4/2023, 827 T): In tema di trattamento dei dati personali, la tutela spettante all’interessato, strettamente connessa ai diritti alla riservatezza e all’identità personale e preordinata a garantirne la dignità personale dell’individuo, ai sensi del- l’art. 3., 1° comma e dell’art. 2 Cost., che si esprime nel cosiddetto “diritto all’oblio, consente, in conformità al diritto dell’Unione Europea, alle autorità italiane, ossia al Garante per la protezione dei dati personali e al giudice, di ordinare al gestore di un motore di ricerca di effettuare una deindicizzazione su tutte le versioni, anche extraEuropee, del suddetto motore, previo bilanciamento tra il diritto della persona interessata alla tutela della sua vita privata e alla protezione dei suoi dati personali e il diritto alla libertà d’informazione, da operarsi secondo gli standard di protezione dell’ordinamento italiano. 

- (commento di) Marcello Stella, Caching provider e tutela inibitoria: la Cassazione ammette la deindicizzazione globale (Giurispr. it. 4/2023, 828-833)


sulla comunione legale tra coniugi:

- Cass. 3^, 19.1.23 n. 1647 (Giurispr. it. 4/2023, 755-7): Al coniuge comproprietario del debitore esecutato non va notificato alcun avviso ex art. 599 c.p.c. La comunione legale tra coniugi, infatti, è una comunione senza quote. Ciò comporta che se un bene caduto in comunione viene espropriato in conseguenza dell’inadempimento di obbligazioni di uno solo dei coniugi, l’espropriazione ha ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà o per una quota, e da ciò consegue l’inapplicabilità della disciplina sull’espropriazione dei beni indivisi, e quindi dell’art. 599 c.p.c. La comunione legale, in tali ipotesi, si scioglierà solo all’atto della vendita ed il coniuge non debitore avrà diritto alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso 


in tema di responsabilità precontrattuale:

- Cass. 2^, 14.2.22 n. 4715 (Giurispr. it. 4/2023, 818 T): La regola posta dall’art. 1337 c.c., avente valore di clausola generale, non rappresenta un insieme chiuso di ipotesi sanzionatorie rigidamente predeterminate, piuttosto uno strumento flessibile per sanzionare comportamenti scorretti anche in presenza di un contratto valido ma svantaggioso, concluso a causa di una condotta sleale non dolosa, tuttavia non conforme a buona fede. Dacché la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede assume rilievo non solo in sede di rottura ingiustificata delle trattative o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per una delle parti. In tal caso, il risarcimento non è commisurato all’interesse negativo, bensì al minor vantaggio o al maggior aggravio economico rispetto alle condizioni diverse a cui sarebbe stato stipulato il contratto, senza l’interferenza del comportamento scorretto. 

- (commento di) Valerio Cintio, Responsabilità precontrattuale da contratto valido (Giurispr. it. 4/2023, 821-826) 


in tema di lavoro (whistle-blowing):

cfr. Cedu, Grande camera, 14.2.23, ric. 21884/2018, Halet c/ Lussemburgo (Giurispr. it. 4/2023, 775-7, annotata da Matteo Nurcis): Whistleblowerpuò essere definito come un “informatore”, ossia un individuo che, contravvenendo alle regole che sarebbe tenuto a rispettare, divulga informazioni riservate ma di pubblico interesse, che mai diversamente giungerebbero a conoscenza del pubblico. Nella giurisprudenza della Cedu, normalmente rientrano in tale concetto le informazioni che denuncino pratiche illegali ovvero pratiche che, ancorché legali, siano considerabili riprovevoli. Nella fattispecie, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con l’art. 10 della Convenzione (diritto alla libertà di espressione) di una condanna penale emessa in Lussemburgo nei confronti del sig. Halet, un whistle-blower che, divulgando informazioni di pubblico interesse, aveva violato l’obbligo del segreto professionale cui sarebbe stato tenuto in virtù del rapporto di lavoro che lo legava alla parte offesa. Con un revirement giurisprudenziale, la Cedu ha ribaltato la precedente giurisprudenza (che aveva negato al sig. Halet a tutela prevista per i whistle-blower, sul rilievo che le informazioni da lui divulgate non erano state utili ai fini del dibattito pubblico in corso, in quanto non avevano apportato informazioni essenziali, nuove e precedentemente sconosciute) e ha accolto il ricorso ribadendo i criteri (già definiti nella sentenza 12.2.2008 della Grande Camera, Guja c/ Moldavia) sulla base dei quali il whistle-blowing va ritenuto meritevole di tutela. 


in tema di spese processuali:

- Cass. SSU 31.10.22 n. 32061 (Giurispr. it. 4/2023, 833 T): In tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, 2o comma, c.p.c. 

- (commento di) Francesco Trifone, Spese giudiziali, petitum eccessivo e soccombenza reciproca (Giurispr. it. 4/2023, 837-843)


in procedura civile (domanda di condanna generica)

- Cass SU 12.10.22 n. 29862 (Giurispr. it. 4/2023, 843 T):

La vittima di un fatto illecito può proporre una domanda limitata ab origine all’accertamento del solo an debeatur, con riserva di accertamento del quantum in un separato giudizio. 

La condanna provvisionale di cui all’art. 278 c.p.c., può essere pronunciata. - su istanza di parte - anche nel giudizio introdotto da una domanda limitata all’accertamento del solo an debeatur.

Il giudice civile, adito in sede di rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p., con una domanda di condanna generica, può condannare il responsabile al pagamento di una provvisionale, ai sensi dell’art. 278 c.p.c. 

Ai fini dell’accoglimento della domanda di condanna generica al risarcimento del danno è sufficiente che l’attore dimostri la colpa e il nesso causale; mentre è sufficiente che l’esistenza del danno appaia anche solo probabile. 

Ai fini dell’ammissibilità della domanda [autonoma, n.d.r.] di condanna generica al risarcimento del danno non è necessario che l’attore indichi le prove di cui intende avvalersi per dimostrare il quantum debeatur. 

- (commento di) Michele Vanzetti, Le Sezioni Unite ribadiscono l’ammissibilità della domanda autonoma di condanna generica (Giurispr. it. 4/2023, 845-848)


sulla riforma Cartabia (penale):

Francesco Palazzo e Lucia Risicato (a cura di), Riforma Cartabia: profili di diritto penale sostanziale (Giurispr. it. 4/2023, 941-976)

- Introduzione, Lucia Risicato (941)

- Le pene sostitutive, Nicola Pisani (942)

- Pena pecuniaria e “riforma Cartabia”. Un primo passo nel segno dell’effettività, Luciana Goisis (950)

- Gli effetti trasformativi della disciplina organica in materia di giustizia riparativa, Grazia Mannozzi (955) 

- I nuovi confini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, Giuseppina Panebianco (963)

- L’ampliamento della procedibilità a querela tra deflazione e garanzie, Teresa Travaglia Cicirello (968) 

- La nuova causa estintiva delle contravvenzioni alimentari, Magdalena Cogo (972)

- Riforma “Cartabia” e sospensione del procedimento...alla prova degli Uepe, Francesca Moro (975)


 

c.s.


 

L'urgenza di salvare l'umanità è sempre il dito dietro cui si nasconde l'urgenza di dominare l'umanità (Henry Louis Mencken, giornalista e saggista USA, Baltimora, 1880-1956)

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