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Esempio IX - Controversia in materia ambientale

giu 25, 2021

SI CONSIGLIA DI PROVARE A SVOLGERE LA MOTIVAZIONE E IL DISPOSITIVO IN AUTONOMIA PRIMA DI ESAMINARE LA SOLUZIONE OFFERTA


TRACCIA

La società ALFA impugna dinanzi al competente Tribunale amministrativo regionale, chiedendone l’annullamento, il provvedimento con cui il Ministero della Transizione ecologica (ex Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) le ha imposto alcune “condizioni ambientali”, in fase di accertamento della rispondenza tra progetto definitivo e progetto esecutivo dei lavori di potenziamento di una strada provinciale.

Tale provvedimento è stato adottato in conformità al parere della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS - anch'esso impugnato -, ed ha imposto, nello specifico, senza rilevare sostanziali difformità tra progetto definitivo e progetto esecutivo dell’opera, nuove prescrizioni di esecuzione delle opere di viabilità, al fine di salvaguardare l’ambiente circostante.

I lavori di potenziamento della strada provinciale, a loro volta, erano stati previsti nell’ambito di un accordo di programma stipulato nel 2011 tra la Regione, la Città Metropolitana e il Comune territorialmente competenti, con adesione della società ricorrente, e approvati, con riferimento al progetto definitivo presentato dalla ricorrente stessa, con delibera CIPE del 2014, previa positiva valutazione di impatto ambientale.

Con un unico, articolato motivo, la società ALFA deduce l’illegittimità degli atti impugnati per violazione dell’art. 185 del d.lgs. n. 163 del 2006, norma ritenuta ratione temporis applicabile al caso di specie, sostenendo che la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS avrebbe dovuto astenersi dall’imporre nuove prescrizioni volte alla tutela dell’ambiente, rispetto a quelle già in precedenza prescritte e ottemperate, una volta appurato che non vi erano state, nel passaggio tra progetto definitivo e progetto esecutivo, modifiche del progetto comportanti significative variazioni dell’impatto ambientale.

Si costituiscono in giudizio il Ministero della transizione ecologica, che chiede il rigetto del ricorso, la Regione ZETA e il Comune BETA, competenti per territorio e partecipi dell’accordo di programma de quo, che chiedono invece l’accoglimento del ricorso.

Si costituisce in giudizio altresì, in un lasso temporale successivo ai sessanta giorni dalla conoscenza del provvedimento del Ministero impugnato, il Comune X, il quale, pur non essendo stato in precedenza parte dell’accordo di programma, propone ricorso incidentale, notificato alle parti necessarie ex art. 170 c.p.c., chiedendo a sua volta l’annullamento del provvedimento ministeriale e del presupposto parere, sia perché assunti senza il suo coinvolgimento - quale ente esponenziale il cui territorio sarebbe stato inciso da una parte dei lavori -, sia perché proprio la mancata partecipazione del Comune interessato avrebbe impedito che fossero sottoposti alla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA e VAS ulteriori profili ambientali e viabilistici da considerare.

Nel merito, sia il Ministero resistente che il Comune X hanno fatto rilevare:

1. che la disciplina applicabile al caso di specie non sarebbe quella di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto tale disposizione normativa era da ritenersi abrogata dopo l’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti;

2. che la Commissione Tecnica di Verifica e il Ministero competente avrebbero potuto e dovuto rivalutare, senza alcun limite, anche in sede di esame del progetto esecutivo, e anche se tale progetto fosse stato, come nel caso di specie, coerente con il progetto definitivo, l’impatto ambientale delle opere approvate, imponendo di conseguenza tutte le ulteriori prescrizioni ritenute via via opportune.

Il Ministero ha inoltre chiesto l'estromissione dal processo, per difetto di legittimazione passiva, della Regione ZETA e del Comune BETA.

A sua volta, la società ricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso incidentale proposto dal Comune X, per irritualità dello strumento processuale utilizzato e mancata impugnazione dei precedenti atti (accordo di programma e delibera CIPE), che non avevano considerato quale parte necessaria del progetto tale Comune.

Qualche giorno prima della udienza di trattazione della causa, il Ministero convenuto ha dato atto, depositando la relativa documentazione nel fascicolo processuale, di avere attivato e concluso nelle more un procedimento di riesame, su istanza del Comune X, che ha chiesto contestualmente di “essere parte del procedimento ai sensi dell’art. 9, legge n. 241/1990”.

Tale procedimento di riesame è stato definito con l’adozione di un altro decreto, a seguito di rinnovata valutazione da parte della Commissione Via-Vas, che ha sostituito il decreto impugnato e ha così statuito, con riferimento alle questioni di rilievo per il presente giudizio:

- la richiesta di modifica del tracciato della strada da realizzare, avanzata dal Comune X con memoria ex art. 9 L. 241/90, non è pertinente rispetto al procedimento in esame e potrà essere valutata solo nell’ambito di una procedura di Variante del progetto esaminato;

- è verificata positivamente l’ottemperanza alle prescrizioni contenute nella delibera CIPE del 2014 di approvazione del progetto definitivo, nel rispetto delle condizioni ambientali ivi indicate, senza ulteriori prescrizioni afferenti al progetto esecutivo, salve le necessarie verifiche da effettuare in sede di concreta attuazione dei lavori.

Il Ministero ha dunque eccepito in udienza la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso principale, o comunque la cessata materia del contendere.


**********


Il candidato/la candidata rediga la sentenza nella parte in diritto e nel dispositivo. Il ricorso principale va risolto seguendo l’ordine logico di trattazione in tutti i profili di rito, anche sollevabili d’ufficio dal giudice adito, e nel merito, pure se uno dei profili in rito fosse assorbente.


MOTIVAZIONE E DISPOSITIVO


DIRITTO


1.Preliminarmente, il Collegio rileva che il nuovo decreto adottato dal Ministero resistente risulta avere determinato la cessazione della materia del contendere, o comunque una sopravvenuta carenza di interesse da parte della società ricorrente (principale), con riferimento ai profili fondamentali di interesse coltivati nel presente giudizio.

Al di là delle valutazioni di merito del provvedimento sopravvenuto, è infatti innegabile che la sua adozione implica il superamento degli ostacoli in precedenza rappresentati dall’imposizione di modifiche strutturali alle opere del progetto definitivo e dalla subordinazione della prosecuzione dell’attuazione del progetto alla realizzazione di tali opere.

2. Dovendo in ogni caso scendere nel merito delle singole censure proposte, occorre innanzitutto esaminare l’ammissibilità del ricorso incidentale proposto dal Comune X.

L’art. 42 c.p.a. menziona, tra i soggetti legittimati alla proposizione di tale ricorso, soltanto l’amministrazione resistente e i soggetti tecnicamente qualificabili come controinteressati.

Sotto questo primo profilo, peraltro, il Comune X non risulta interessato alla conservazione degli effetti dei provvedimenti impugnati in via principale.

Invero, l’impugnazione proposta da tale Comune mira a contestare circostanze ed elementi distinti contenuti nei provvedimenti impugnati in via principale, al fine non già di conservare una situazione giuridica di vantaggio ma, al contrario, per conseguire un’ulteriore e diversa utilità, consistente nella rivalutazione dei contenuti di un accordo di programma a cui non aveva partecipato.

La posizione del Comune X nel presente giudizio non è dunque quella di controinteressato, ma di soggetto che ha un interesse di fatto coinvolto dal provvedimento impugnato (interesse di fatto costituito dalla circostanza che alcune opere del progetto definitivo dovrebbero essere eseguite nel suo territorio) e un interesse legittimo di tipo partecipativo diretto ad ottenere la modificazione del provvedimento stesso.

Tale interesse non è peraltro qualificabile come un interesse contrario a quello della ricorrente principale, o comunque connesso alla necessità di conservazione del provvedimento impugnato, anche perché quest’ultimo atto non ha di per sé effetti favorevoli per il Comune X, come testimoniato dallo stesso ricorso incidentale presentato dal Comune in questione, che è nella sostanza volto a stigmatizzare il suo mancato coinvolgimento nelle valutazioni ministeriali, in relazione a delle presunte criticità ambientali e viabilistiche delle soluzioni approvate.

E’ dunque inammissibile il ricorso incidentale proposto dal Comune X, in quanto lo strumento processuale utilizzato non è fondato sui necessari presupposti di legge, né è possibile considerare tale ricorso incidentale alla stregua di un ricorso principale (quale invece avrebbe dovuto essere), perché notificato alle parti necessarie ex art. 170 c.p.c. e non ex art. 41 c.p.a., come invece avrebbe dovuto avvenire, per un’introduzione rituale del giudizio.

Sotto altro, concorrente profilo, è rilevabile anche un’assenza di legittimazione (o comunque una carenza di interesse per inoppugnabilità dei precedenti atti prodromici al procedimento ministeriale) ad ottenere la caducazione di un atto che non ha coinvolto né aveva l’obbligo di coinvolgere il ricorrente incidentale, in quanto avente ad oggetto valutazioni di impatto ambientale relative all’esecuzione di un accordo di programma di cui l’amministrazione locale in discorso, a torto o a ragione, non aveva fatto parte.

Era al limite ed eventualmente tale accordo di programma (e gli atti ad esso presupposti e conseguenti, quali la delibera di promozione dell’accordo stesso e la delibera CIPE di approvazione del progetto definitivo dell’opera) che avrebbero dovuto essere tempestivamente censurati dal Comune X, e non la successiva sequenza sub-procedimentale innestatasi a livello ministeriale sul legittimo presupposto di dovere coinvolgere una cerchia di soggetti ben definiti, tra cui era stato appunto escluso proprio il Comune X.

Sotto ulteriore, concorrente profilo, anche a volere considerare il Comune de quo quale soggetto controinteressato, il suo interesse non sorge, come visto, in dipendenza della domanda svolta in via principale, bensì in dipendenza del provvedimento impugnato, essendo stati impugnati profili di tale atto ulteriori e differenti rispetto a quelli contestati dalla ricorrente principale.

Anche sotto questo aspetto, dunque, lo strumento processuale utilizzato è insanabilmente difforme rispetto a quello (ricorso in via autonoma) di cui avrebbe dovuto avvalersi il Comune interessato, e risulta comunque proposto oltre il termine di 60 giorni dalla conoscenza dell’atto impugnato.

Il ricorso incidentale è dunque complessivamente inammissibile, per le ragioni appena evidenziate.

3. Venendo all’esame di merito del ricorso principale, lo stesso deve ritenersi fondato.

Invero, risulta determinante la circostanza secondo cui nessuna modifica sostanziale è stata introdotta nel progetto esecutivo, rispetto a quello definitivo, e che, in ogni caso, la Commissione non ha riscontrato alcuna variazione significativa dell’impatto ambientale. La verifica di attuazione, quindi, avrebbe dovuto concludersi senza le nuove prescrizioni contestate in sede odierna, fatte salve quelle eventualmente già imposte dal CIPE in sede di approvazione del progetto definitivo, così come specificate dalla Commissione stessa nel suo parere; al contrario, l’amministrazione procedente, in chiara violazione dell’art. 185 del d.lgs. n. 163 del 2006 (norma ratione temporis applicabile, in base al chiaro disposto di cui all’art. 216, comma 1-bis del d.lgs. n. 50 del 2016), ha imposto di variare il progetto definitivo approvato dal CIPE (posto che è pacifico che quello esecutivo si limita a riprodurre, nella sostanza, quanto già approvato in precedenza) sopprimendo alcuni interventi e prevedendo nuove prescrizioni di esecuzione delle opere di viabilità non considerate nello studio di impatto ambientale e non previste nel progetto definitivo.

Nello specifico, la società ricorrente ha trasmesso al Ministero resistente il progetto esecutivo dei lavori di interesse, ai fini della verifica di attuazione prevista dal combinato disposto di cui ai commi 6 e 7 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Secondo una lettura congiunta di tali norme, “prima dell’inizio dei lavori, è comunicata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio la relativa data ed è trasmesso allo stesso Ministero il progetto esecutivo composto dai documenti previsti dagli articoli 19 e seguenti dell'allegato tecnico recato dall'allegato XXI, ivi compresa l'attestazione di cui all'articolo 20, comma 4”.

La suddetta comunicazione è finalizzata alla verifica, da parte della Commissione speciale VIA e VAS, dell’esistenza di eventuali “violazioni degli impegni presi ovvero modifiche del progetto che comportino significative variazioni dell'impatto ambientale”.

Qualora tali condizioni ricorrano, “la commissione riferisce al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il quale ordina al soggetto gestore di adeguare l'opera”.

Orbene, risulta dagli atti che l’organo tecnico di cui si avvale il Ministero ha omesso di segnalare quali siano “le modifiche del progetto che comportino significative variazioni dell’impatto ambientale”, ma si è diffuso ad imporre nuove prescrizioni di esecuzione delle opere di viabilità, al fine di salvaguardare l’ambiente circostante.

Il potere esercitato non è dunque conforme alla specifica procedura attivata – pur essendo in linea di principio coerente con le attribuzioni ministeriali in materia ambientale – e l'atto in conseguenza adottato deve dunque ritenersi viziato per violazione di legge.

L’illegittimità rilevata del parere della Commissione - che, dunque, e in sintesi, riguarda tutti gli obblighi ulteriori che sono stati imposti, rispetto a quelli connessi al mero rispetto delle eventuali precedenti prescrizioni CIPE – ha determinato, in via conseguenziale, anche l’illegittimità in parte qua del decreto ministeriale impugnato.

4. In definitiva, ferma restando l’inammissibilità del ricorso incidentale, il ricorso principale deve essere accolto, nella misura in cui non si è verificata una cessata materia del contendere, o comunque una sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.

4.1. Le spese del giudizio devono essere peraltro compensate tra tutte le parti costituite in giudizio, in considerazione della peculiarità e novità della questione esaminata.



P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per ____ (Sezione _____), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso incidentale, come in epigrafe proposti:

dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale;

dichiara in parte cessata la materia del contendere, o comunque l’improcedibilità del ricorso principale, accogliendolo per il resto, nei sensi e con gli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in ______ nella camera di consiglio del giorno _______ con l'intervento dei magistrati:



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