Blog Layout

Blocco delle procedure esecutive immobiliari: illegittima la seconda proroga

a cura di Paolo Nasini • giu 24, 2021

Emergenza covid ed esecuzione sull'abitazione principale del debitore: il bilanciamento dei diritti secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 128 del 22 giugno 2021)


1. Il contesto normativo di riferimento.

La disciplina degli istituti processuali speciali che hanno trovato applicazione durante la fase iniziale dell’emergenza pandemica da Covid-19, nei giudizi civili come in quelli penali, è stata dettata, in prima battuta, dall’art. 83, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. in l. 24 aprile 2020, n. 27 [1].

La più importante misura adottata durante tale prima fase dal legislatore, per evitare la presenza di più persone nello stesso luogo fisico, è stata il rinvio generalizzato delle udienze, dapprima dal 9 marzo al 15 aprile 2020 [2] e, quindi, sino all’11 maggio 2020 [3].

Si è trattato di un rinvio ex lege delle udienze, di carattere generale, trasversale, con alcune puntuali e tipizzate eccezioni.

Parallelamente, l’art. 83, comma 2, d.l. n. 18 del 2020, come convertito, ha sancito la sospensione, per il medesimo periodo indicato, del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto nei procedimenti civili e penali.

Successivamente, nel periodo ricompreso tra l’11 maggio e il 30 giugno 2020, è stato affidato ai capi degli uffici giudiziari il compito di adottare le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, ritenute più idonee ad affrontare i rischi derivanti dal contagio, contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria ed evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone.

Quindi, con l’art. 221, d.l. 19 maggio 2020, n. 34 [4], convertito con modificazioni in l. 17 luglio 2020, n. 77, il legislatore ha introdotto una serie di disposizioni volte alla ripresa delle attività processuali, pur con modalità compatibili con il permanere dell’emergenza epidemiologica [5].  

Un ulteriore adattamento degli istituti processuali si è avuto con l’art. 23, d.l. n. 137 del 2020, come convertito, con la previsione, in particolare, dell’udienza a porte chiuse e della cosiddetta camera di consiglio telematica.

Le procedure esecutive non hanno formato oggetto di uno specifico e ampio intervento normativo, ma rientravano nell’ambito di applicazione “generale” delle suddette norme, ferma la necessità di “adattamento” in considerazione dei peculiari adempimenti che caratterizzano tali procedure, soprattutto con riguardo alle espropriazioni immobiliari, implicanti non di rado contatti ravvicinati tra persone.

A tal fine, quindi, si è assistito all’esercizio, da parte dei giudici dell’esecuzione, dei poteri direttivi di cui all’art. 484 c.p.c. [6], che si è spesso concretizzato nella emanazione di direttive operative di carattere generale [7].

Le procedure esecutive, quindi, nella prima fase dell’emergenza pandemica, nel vigore delle disposizioni dettate dall’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, hanno visto un sostanziale arresto delle attività non urgenti.

Nella seconda fase, ricompresa tra l’11 maggio e il 30 giugno 2020, dall’esame delle circolari degli uffici giudiziari si evince che nelle procedure esecutive sono state svolte le sole attività urgenti e di norma sono state differite le vendite forzate.

Tale situazione si è rivelata essere, in parte, anche effetto della precedente sospensione generalizzata delle attività, che non aveva consentito di porre in essere, entro i termini previsti dall’art. 490 c.p.c., i necessari adempimenti pubblicitari.

Poiché la mancanza di una specifica disciplina normativa ritagliata sulle esigenze puntuali delle procedure esecutive ha comunque dato origine ad alcune divergenze interpretative nelle indicazioni fornite dagli uffici giudiziari, il Consiglio superiore della magistratura, con la delibera plenaria adottata in data 4 giugno 2020 [8], ha sottolineato l’opportunità che, nel secondo periodo dell’emergenza, si adottassero le misure organizzative necessarie a far sì che fossero immesse nel circuito economico le somme liquide già realizzate e venisse, al contempo, garantita un’efficace ripresa dell’attività liquidatoria, ove consentito dalla normativa, con modalità che tutelassero in ogni caso gli interessi convergenti del debitore e dei creditori al corretto realizzo dei valori dei beni, ad esempio mediante l’adozione di modalità di vendite telematiche pure, sincrone o asincrone, anche per le procedure per le quali si era inizialmente previsto diversamente.

Dopo il 30 giugno 2020, vi è stata una ripresa delle attività giudiziarie anche nelle procedure esecutive, sia pure nel rispetto delle generali prescrizioni normative sul distanziamento sociale e sulla mobilità delle persone.

D’altronde, nell’ambito della valanga di norme d’emergenza che ha contraddistinto (e continua purtroppo a contraddistinguere) l’”era covid-19”, il legislatore ha però emanato, già a partire proprio dal d.l. n. 18 del 2020, come convertito [9],  l’art. 54-ter.

La norma, ai sensi della quale «[a]l fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore», è stata introdotta, in sede di conversione del predetto decreto dall’Allegato alla legge di conversione n. 27 del 2020, nell’ambito della prima fase della legislazione emergenziale sui processi, anche civili ed esecutivi, dovuta al diffondersi della pandemia da Covid-19.

La durata della sospensione era stata originariamente limitata a sei mesi, sicché gli effetti della stessa avrebbero dovuto cessare dopo il 30 ottobre 2020. Tuttavia, l’art. 4, d.l. n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni, in l. 18 dicembre 2020, n. 176, ne ha prorogato gli effetti sino al 31 dicembre 2020, e l’art. 13, co. 14, d.l. n. 183 del 2020, convertito, con modificazioni, in l. 26 febbraio 2021, n. 21, ne ha ulteriormente prorogato l’applicazione sino al 30 giugno 2021.

Rispetto alle disposizioni dettate per il processo civile dall’art. 83, d.l. n. 18 del 2020, la disposizione che precede si distingue per aver contemplato una sospensione generalizzata delle attività di alcune procedure esecutive immobiliari (quelle aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore) e non solo dei termini per il compimento degli atti processuali.

Il legislatore ha “costruito” la norma escludendo qualunque potere di valutazione discrezionale da parte del giudice dell’esecuzione, collegando la sospensione alla sola circostanza “oggettiva” che il bene pignorato costituisca l’abitazione principale del debitore, ossia il luogo dove dimora abitualmente, coincidente in genere con la residenza anagrafica, e non necessariamente, a dispetto della rubrica dello stesso art. 54-ter, con la «prima casa».

Quindi, la condizione necessaria e sufficiente dell’arresto temporaneo del procedimento esecutivo consisteva nella sola circostanza, che il giudice dell’esecuzione era tenuto a verificare, che il suo oggetto fosse l’abitazione principale del debitore esecutato.

La disciplina in esame – che null’altro richiede – non fornisce una definizione di «abitazione principale», la quale però può rinvenirsi nella normativa tributaria e segnatamente nell’art. 10, comma 3-bis, d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 [10], in forza della quale «[p]er abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente».

La sospensione investe tutti gli atti della procedura, compresa l’emanazione del decreto di trasferimento del bene espropriato contenente l’ordine di rilascio ai sensi dell’art. 586, co. 2, c.p.c..

Sempre nell’ambito del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, peraltro, il legislatore ha previsto un’altra disposizione “specifica” in materia esecutiva, l’art. 103, co. 6, la quale, originariamente, prevedeva che l’«esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 1° settembre 2020».

Il legislatore, con l’art. 17 bis, d.l. n. 34 del 2020, come convertito [11], ha precisato che, «[a]l comma 6 dell’articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole: “1° settembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2020”».

La modifica, inerendo specificamente (per come indicato in rubrica) la sola proroga della sospensione dell’esecuzione degli sfratti, sembrerebbe aver accolto l’opzione interpretativa più restrittiva relativamente all’art. 103, co. 6 citato, nel senso, in particolare, di escludere i titoli per il rilascio degli immobili pignorati pronunciati, come il decreto di trasferimento, nel corso dell’esecuzione forzata.

Il legislatore, d’altronde, intervenendo nuovamente sulla norma in questione, ne ha modificato la portata con l’art. 13, co. 13, d.l. n. 183 del 2020, come convertito, stabilendo che la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, prevista dall’art. 103, co. 6, d.l. n. 18 del 2020, come convertito, è prorogata sino al 30 giugno 2021, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze nonché a quelli conseguenti all’adozione, ai sensi dell’art. 586, co. 2, c.p.c., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari [12].

L’art. 103, co. 6, si applica, quindi, anche all’ordine di rilascio contenuto nel decreto di trasferimento del bene espropriato.

Ne consegue che l’art. 54 ter, d.l. n. 18 del 2020 finisce con l’assicurare un plus di protezione al debitore esecutato, quando oggetto della procedura è la sua abitazione principale; una protezione ulteriore che copre tutti gli atti della procedura esecutiva e che si aggiunge, sovrapponendosi, a quella, più generale, concernente la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili anche ad uso non abitativo.


2. Il caso

Con una prima ordinanza, n. 40/21 del 13 gennaio 2021, il Giudice dell’esecuzione immobiliare presso il Tribunale ordinario di Barcellona Pozzo di Gotto ha sollevato questioni di legittimità costituzionale della suddetta norma, per contrarietà agli artt. 3, co. 2, 24, co. 1, 47, co. 2, 111 co. 2, e 117, co. 1, Cost. – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 par. 1, e 1, co. 1, Prot. addiz CEDU [13]

Avanti al G.E. del Tribunale siciliano, infatti, si era posto il problema, a fronte della richiesta di rinnovo della delega alle operazioni di vendita da parte del professionista delegato alla vendita (scaduta in data 4 gennaio 2021 e conferita il 2 maggio 2016) della, medio tempore intervenuta proroga dell’efficacia, ad opera dell’art. 13, co. 14, d.l. n. 183 del 2020, conv. in l. n. 21 del 2021, dell’art. 54-ter.

La sospensione, in altre parole, secondo il giudice dell’esecuzione impediva il rinnovo della delega trattandosi di un atto esecutivo finalizzato alla liquidazione del bene.

Secondo il Tribunale quindi, l’art 54 ter si sarebbe posto in contrasto:

- con l’art. 24, co. 1, Cost., in quanto il diritto del creditore di soddisfarsi in sede esecutiva è parte essenziale della tutela giurisdizionale e la sospensione non potrebbe essere giustificata dall’esigenza di tutelare altri beni di rango costituzionale, come il risparmio e la salute individuale o collettiva, laddove la suddetta norma si correla alla mera destinazione del bene pignorato ad abitazione principale del debitore, circostanza neutra rispetto alla capacità reddituale dello stesso;

- con gli artt. 3, co. 2, e 47, co. 2, Cost., per non avere il legislatore ponderato adeguatamente né i contrapposti interessi dei creditori (anche di quelli «occasionali» e non solo di quelli «istituzionali») e dei debitori esecutati, né l’incidenza negativa che una progressiva stabilizzazione della misura di sospensione di cui all’art. 54-ter, prorogata sino al 30 giugno 2021, potrebbe avere sulla collettività, per l’idoneità a determinare un sensibile aumento dei tassi di interesse sui mutui a causa dell’incertezza dei creditori «istituzionali» sulle possibilità di recupero coattivo delle somme erogate; 

- con l’art. 111, co. 2, Cost., con particolare riferimento al principio di ragionevole durata del processo, l’art. 54 ter determinando un arresto della procedura esecutiva per un periodo di tempo significativo, non giustificata dall’esigenza di consentire al debitore di ripianare la propria posizione, né dalla crisi economica determinata dall’emergenza sanitaria, non avendo previsto la possibilità per l’autorità giudiziaria di vagliare la relativa incidenza sulla situazione dell’esecutato;

- con l’art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 6, par. 1, CEDU e all’art. 1, co. 1, Prot. addiz. CEDU, in quanto, per effetto delle proroghe disposte, la norma inciderebbe negativamente sulla ragionevole durata del processo, e potrebbe, inoltre, incidere sulla tutela che l’art. 1, co. 1, Prot. addiz. CEDU, garantisce ai diritti su beni [14].

Parallelamente, anche il Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale ordinario di Rovigo, con ordinanza del 18 gennaio 2021 ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, co. 1, d.l. n. 137 del 2020, e 13, co. 14, d.l. n. 183 del 2020, nella parte in cui hanno esteso il termine di efficacia dell’art. 54-ter in questione, per asserita violazione degli artt. 3, 24, 41, 42, co. 3, 47, 111 e 117, co. 1, Cost. – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 CEDU e 16 CDFUE [15].

Avanti al Giudice rodigino la questione dell’applicabilità dell’art. 54 ter è sorta in quanto, nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare incardinata nell’anno 2019, il creditore procedente aveva chiesto, all’udienza del 15 gennaio 2021, l’autorizzazione alla vendita del cespite pignorato, il quale, però, secondo quanto riscontrato dal custode, era l’abitazione principale del debitore, con conseguente impossibilità di proseguire le operazioni di vendita prima del termine di cessazione della sospensione ex lege.

Secondo il Giudice a quo, le disposizioni di proroga censurate avrebbero inciso sulla libertà di iniziativa economica privata, che potrebbe essere compromessa dal ritardo nel recupero giudiziale del credito, senza che sussistessero ragioni per tale differimento di tutela, non potendosi ravvisare le stesse nell’esigenza, determinata dall’emergenza COVID-19, di tutelare la parte colpita dalla crisi economica, in quanto le procedure sospese, a partire dalla data del 30 aprile 2020, riguardavano debitori inadempienti prima di tale momento; inoltre, non sarebbe veunta in gioco nemmeno la necessità di garantire la salute pubblica, sia perché ad essere state sospese sono solo le procedure immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore sia, comunque, per la possibilità di fronteggiare le relative esigenze con misure di protezione e distanziamento sociale.

Secondo il Tribunale, quindi, l’unico scopo delle previsioni censurate, estraneo all’emergenza epidemiologica, sarebbe stato la tutela delle esigenze abitative dei soggetti ritenuti economicamente più deboli, obiettivo, d’altronde, che il legislatore dovrebbe perseguire mediante politiche strutturali di sostegno del diritto all’abitazione, senza “scaricare” tale onere sui cittadini.

Si sarebbe posto, poi, un possibile contrasto delle disposizioni censurate con l’art. 42, co. 3, Cost., poiché l’effetto della prevista sospensione, impedendo al creditore di diventare proprietario del bene oggetto della procedura esecutiva mediante la proposizione dell’istanza di assegnazione, sarebbe stato assimilabile ad una forma di espropriazione o, comunque, una “misura ablativa reale”  non fondata su un interesse pubblico preminente e priva di ogni forma di indennizzo.

La proroga, poi, avrebbe contrastato con l’art. 47 Cost., in quanto la sospensione, rendendo più difficile il recupero dei crediti, inciderebbe sulle condizioni di accesso della generalità dei cittadini al credito bancario, rendendole più rigorose.

Infine, secondo il giudice rimettente, le norme censurate si sarebbero poste in contrasto con il combinato disposto degli artt. 24, 111 e 117, co. 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, par. 1, CEDU, in quanto le stesse avrebbero comportato una limitazione del diritto di azione del creditore non giustificata né dalla crisi economica, né dall’esigenza di tutela della salute, bensì finalizzata a una “indiscriminata politica di favore” del diritto di determinati soggetti all’abitazione, laddove tale diritto, anche nell’ottica della solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., deve essere realizzato attraverso interventi di sostegno in favore dei soggetti che versino in particolari condizioni di disagio economico.

La Corte costituzionale, nel precisare il thema decidendum complessivamente sottoposto dalle ordinanze di rimessione al Giudice delle leggi, ha sottolineato come la norma in concreto sottoposta a censure vada identificata, ratione temporis, e alla luce delle difese delle parti, nell’art. 13, comma 14, d.l. n. 183 del 2020, come convertito, che ha disposto la (seconda) proroga della sospensione delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato, dal 1° gennaio al 30 giugno 2021: in tal senso, pur iscrivendosi le questioni di legittimità costituzionale in un contesto normativo più ampio [16], lo scrutinio della Corte si è incentrato sulla predetta disposizione.


3. La decisione della Corte Costituzionale.

Il Giudice delle leggi ha dichiarato, quindi, l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 14, d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, in l. 26 febbraio 2021, n. 21.

In particolare, la Corte ha ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 3, co. 1, e 24, commi 1 e 2, Cost., con assorbimento delle altre censure.

L’art. 24, co 1, Cost., infatti, garantisce a tutti di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, e tale garanzia comprende anche la fase c.d. esecutiva, attraverso la quale è possibile rendere effettiva e, quindi, attuare, anche materialmente, quanto accertato e statuito dal giudice con il provvedimento giudiziale cognitorio [17].

In tal senso, la tutela esecutiva è strumento processuale indispensabile e costituzionalmente necessario [18] per la menzionata garanzia di effettività [19] dell’accesso giurisdizionale, consentendo al creditore di soddisfare la propria pretesa in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore [20].

Pertanto, ricorda la Corte, il legislatore certamente può esercitare una discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, ma con il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della disciplina [21], limite da ritenersi valicato «ogniqualvolta emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire» [22].

Viene, pertanto, sottolineata dal Giudice delle leggi la necessità che, in linea di principio, una compressione del diritto ad agire in giudizio, anche in via esecutiva, sia prevista solo in termini e in relazione ad eventi eccezionali, quindi, temporanei, perché un intervento legislativo che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore può ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale [23].

Nessun diritto può considerarsi, a ben vedere, privo di limiti, specie laddove, venendo in gioco altri diritti meritevoli di tutela, come quello fondamentale all’abitazione, si renda necessario valutare un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto, considerando la proporzionalità dei mezzi scelti in relazione alle esigenze obiettive da soddisfare e alle finalità perseguite [24].

In tal senso, la possibilità per il legislatore di procrastinare la soddisfazione del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche in sede esecutiva può essere ammessa laddove trovi giustificazione in un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, in relazione anche alle specifiche modalità con le quali il bilanciamento viene posto in essere.

Il diritto all’abitazione, in particolare, costituisce «diritto sociale» [25] e «rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione» [26], rientrando – pur in mancanza di espressa previsione normativa - nel catalogo dei diritti inviolabili [27], l’abitazione dovendosi considerare «bene di primaria importanza» [28].

D’altronde, secondo la Corte, anche nell’ipotesi in cui sia in discussione il diritto all’abitazione del debitore esecutato, la sospensione delle procedure esecutive può essere contemplata dal legislatore solo a fronte di circostanze eccezionali e per un periodo di tempo limitato, e non già con una serie di proroghe, che superino un ragionevole limite di tollerabilità [29].

Il dovere di solidarietà sociale, nella sua dimensione orizzontale, infatti, può anche portare, in circostanze particolari, al temporaneo sacrificio di alcuni – i creditori procedenti in executivis – a beneficio di altri maggiormente esposti, selezionati inizialmente sulla base di un criterio a maglie larghe: tutti i debitori esecutati che dimorano nell’abitazione principale posseduta a titolo di proprietà o altro diritto reale.

È necessario, allora, verificare se la proroga della sospensione delle esecuzioni - avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato -, reiterata dal legislatore, sia giustificata da un ragionevole e proporzionato giudizio di bilanciamento.

La Corte Costituzionale ha valorizzato, in un’ottica diacronica, il diverso modo di atteggiarsi del giudizio di bilanciamento in considerazione del tempo e del mutamento delle circostanze socio-sanitarie ed economiche:

- nel primo periodo dell’emergenza pandemica [30] il legislatore, con l’introduzione dell’art. 54 ter, d.l. n. 18 del 2020, ha voluto evitare che tanto l’esecuzione del rilascio degli immobili quanto le procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale potessero costituire causa di aggravamento delle difficoltà economiche e fonte di preoccupazioni ulteriori per i debitori esecutati [31], limitando, comunque, l’efficacia temporale di tale misura;

- la disposizione, d’altro canto, da un lato, è stata inserita, come detto, in un quadro “sospensivo” di carattere generale inerente l’intero processo civile, accanto ad altra previsione puntuale inerente il processo esecutivo [32], dall’altro lato è rimasta inalterata nelle successive proroghe, le quali, avendone esteso gli effetti sino al 30 giugno 2021, hanno portato il periodo di compressione del diritto di difesa a quattordici mesi, di cui l’ultimo semestre è ascrivibile alla disposizione censurata avanti alla Corte delle Leggi;

- in particolare, in occasione delle due proroghe, il bilanciamento (tra il diritto del creditore procedente alla tutela giurisdizionale nella forma esecutiva e l’eccezionale protezione, giustificata dall’emergenza pandemica, del debitore esecutato, per garantirgli la disponibilità dell'abitazione principale), sotteso alla misura in esame, è rimasto invariato nei termini inizialmente valutati dal legislatore, che ha introdotto il blocco di tali esecuzioni;

- con l’evolversi della situazione emergenziale, però, il legislatore ha previsto – quanto al settore della giustizia – misure più mirate che, sempre finalizzate a contenere il rischio di contagio secondo un criterio di precauzione, assicurassero in parallelo la ripresa dell’attività giudiziaria, così “dando il via” alla seconda fase, connotata dall’assegnazione ai capi degli uffici giudiziari della facoltà di adottare misure organizzative, comprensive della adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, nonché del loro possibile rinvio a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, peraltro con alcune eccezioni tipizzate;

- la terza fase (dapprima fino al 31 ottobre 2020), introdotta dall’art. 221 del d.l. n. 34 del 2020 [33], come convertito, si è caratterizzata, come detto, per avere il legislatore adottato una serie di prescrizioni e cautele per la generale ripresa.

La Corte, quindi, ha sottolineato che a questo progressivo adattamento delle misure emergenziali dettate per i giudizi civili, comprensivi delle procedure esecutive, non è rimasta estranea neppure la prevista sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, fattispecie distinta rispetto alla sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale.

L’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, ha peraltro ulteriormente prorogato la sospensione fino al 30 giugno 2021, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze, oltre che ai provvedimenti di rilascio contenuti nei decreti di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari [34], e la Corte ha evidenziato che, a fronte di una disciplina processuale affinatasi progressivamente – sia quella generale della giustizia civile comprensiva delle procedure esecutive, sia quella molto specifica del rilascio coattivo degli immobili – la prevista sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale è invece rimasta invariata nei suoi presupposti fino alla seconda proroga, oggetto delle censure in esame.

È mancato, cioè, un aggiustamento dell’iniziale bilanciamento, sia quanto alla possibile selezione degli atti della procedura esecutiva da sospendere, sia soprattutto quanto alla perimetrazione dei beneficiari del blocco.

L’individuazione di questi ultimi in termini ampi – perché fatta con riferimento alla mera circostanza che il debitore esecutato dimorasse nell’abitazione principale e che questa fosse assoggettata ad esecuzione forzata – poteva giustificarsi inizialmente per rendere più agevole, rapida e immediatamente efficace la misura di protezione, ma con l'andare avanti del tempo sono emerse l’irragionevolezza e la sproporzione di un bilanciamento calibrato su tutti, indistintamente, i debitori esecutati.

Il protrarsi del sacrificio richiesto ai creditori procedenti in executivis, che di per sé non costituiscono una categoria privilegiata e immune dai danni causati dall’emergenza epidemiologica, avrebbe dovuto essere, tuttavia, dimensionato rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori esecutati, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi quali quelli previsti, tra gli altri, in materia di riscossione esattoriale [35].

Invece, nella proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale, di cui alla disposizione censurata, nessun criterio selettivo è stato previsto a giustificazione dell’ulteriore protrarsi della paralisi dell’azione esecutiva.

Il legislatore, cioè, ha prorogato una misura generalizzata e di extrema ratio, quale quella della sospensione delle predette espropriazioni immobiliari, mentre avrebbe dovuto specificare i presupposti soggettivi e oggettivi della misura, anche eventualmente demandando al vaglio dello stesso giudice dell’esecuzione il contemperamento in concreto degli interessi in gioco.

Ne deriva, secondo la Corte, una irragionevole sproporzione conseguente al mancato aggiustamento del bilanciamento sotteso alla misura in esame, resa ancor più evidente dal fatto che il diritto del debitore a conservare la disponibilità dell’abitazione è stato comunque tutelato dalla già ricordata proroga della sospensione dei provvedimenti di rilascio di immobili di cui all’art. 103, co. 6, d.l. n. 18 del 2020, nella formulazione modificata dall’art. 13, co. 13, d.l. n. 183 del 2020, come convertito, applicabile anche al decreto di trasferimento del bene espropriato.

Pertanto, secondo la Corte, il bilanciamento sotteso alla temporanea sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale è divenuto, nel tempo, irragionevole e sproporzionato, inficiando la tenuta costituzionale della seconda proroga (dal 1° gennaio al 30 giugno 2021), prevista dell’art. 13, co. 14, d.l. n. 183 del 2020, come convertito.

Il Giudice delle leggi, peraltro, ha rammentato al legislatore la possibilità, ove l’evolversi dell’emergenza epidemiologica lo richieda, di adottare le misure più idonee per realizzare un diverso bilanciamento, ragionevole e proporzionato, contemperando il diritto all’abitazione del debitore esecutato e la tutela giurisdizionale in executivis dei creditori procedenti.


4. L’ordinanza n. 12 del 2021 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 12/21, pubblicata il 18 giugno 2021, ha rinviato la trattazione della controversia ad una udienza da fissarsi da parte del Presidente del Consiglio di Stato in data successiva al deposito della decisione della Corte costituzionale sopra annotata.

L’Adunanza plenaria, infatti, è stata adita, con ordinanza 21 aprile 2021 n. 3211, dalla Quinta sezione del Consiglio di Stato, la quale ha chiesto al Supremo consesso amministrativo di pronunciarsi sulla compatibilità dei principi affermati nella sentenza Cons. Stato, Ad. plen. 5 agosto 2020 n. 15 con i principi dettati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in special modo quelli enunciati nella sentenza 24 settembre 2013 n. 43870/04 De Luca c. Italia, dove vengono valutati i limiti alla compressione del diritto al rispetto dei propri beni nonché a quello di accesso ad un tribunale (art. 1 del protocollo 1 e art. 6, par. 1, della Convenzione CEDU).

Il rinvio della trattazione della causa, quindi, si è giustificato, a parere dell’Adunanza Plenaria, in quanto:

- i principi contenuti nella detta sentenza - unitamente a quella coeva, CEDU 24 settembre 2013 n. 43892/04 Pennino c. Italia – sono stati individuati quale ‘norma interposta’ nell’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale n. 40 del 2021, del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, sopra ricordata, sollevata con riguardo a disciplina diversa, ma parimenti concernente limitazioni all’esecuzione forzata, tramite la sospensione di ogni procedura esecutiva immobiliare avente a oggetto l'abitazione principale del debitore;

- le valutazioni sull’impatto ordinamentale delle citate sentenze CEDU, operate nella detta ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, risulterebbero in gran parte analoghe a quelle fatte proprie dall’ordinanza n. 3211 del 2021 della Quinta sezione.

Orbene, la Corte Costituzionale non si è pronunciata con riguardo alle specifiche questioni di incostituzionalità vertenti sugli aspetti di diritto internazionale sopra ricordati, assorbite in considerazione dell’incostituzionalità delle proroghe dell’art. 54 ter in violazione degli artt. 3 e 24 Cost, di modo che le problematiche rimesse all’esame dell’Adunanza plenaria dovranno essere adesso autonomamente valutate, considerato, altresì, che oggetto del relativo giudizio amministrativo è una normativa differente da quella dichiarata incostituzionale dal Giudice delle leggi.


[1] Recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

[2] Art. 83, comma 1, d.l. n. 18 del 2020.

[3] Ai sensi dell’art. 36, co. 1, d.l. 8 aprile 2020 n. 23, recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”, conv. con modif., in l. 5 giugno 2020, n. 40.

[4] Recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. L’art. 1, co. 3, lett. a) e b), n. 7), d.l. 7 ottobre 2020, n. 125, recante «Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, per il differimento di consultazioni elettorali per l’anno 2020 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020, e disposizioni urgenti in materia di riscossione esattoriale», conv. con modif. in l. 27 novembre 2020, n. 159, ha poi prorogato questa disciplina fino al 31 dicembre 2020.

[5] Il legislatore ha adottato una serie di prescrizioni e cautele per la generale ripresa, quali l’obbligatorietà del deposito degli atti introduttivi con modalità telematiche, la cosiddetta cartolarizzazione dell’udienza e la possibilità che l’udienza civile si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza.

[6] Ai sensi del quale <<L'espropriazione è diretta da un giudice. La nomina del giudice dell'esecuzione è fatta dal presidente del tribunale, su presentazione a cura del cancelliere del fascicolo entro due giorni dalla sua formazione. Si applicano al giudice dell'esecuzione le disposizioni degli artt. 174 e 175>>.

[7] Soprattutto nei confronti degli ausiliari.

[8] «L’organizzazione del settore delle procedure esecutive e concorsuali nella “fase 2” dell’emergenza COVID-19»: il CSM ha rimarcato la peculiarità del settore delle esecuzioni civili in quanto indubbiamente nevralgico per la funzionalità del sistema sotto il profilo della circolazione delle risorse economiche.

[9] Più precisamente in forza dell’Allegato alla legge 24 aprile 2020, n. 27, di conversione.

[10] Recante il c.d. Testo unico delle imposte sui redditi, in tema di oneri deducibili dal reddito complessivo.

[11] Recante «Proroga della sospensione dell’esecuzione degli sfratti di immobili ad uso abitativo e non abitativo».

[12] Più recentemente l’art. 40-quater del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021, n. 69, ha stabilito che la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è prorogata: a) fino al 30 settembre 2021 per quelli adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; b) fino al 31 dicembre 2021 per quelli adottati dal 1°ottobre 2020 al 30 giugno 2021.

[13] Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.

[14] I quali comprenderebbero qualsiasi entità materiale o immateriale economicamente valutabile, inclusi i diritti di credito derivanti da una decisione giudiziaria.

[15] Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.

[16] Quello descritto al par. 1 che precede.

[17] In tal senso, Corte Cost., 6 dicembre 2002, n. 522.

[18] Corte Cost., 8 settembre 1995, n.419.

[19] Corte Cost. 5 dicembre 2018, n. 225; id., 11 novembre 2011 n. 304.

[20] Ex plurimis, Corte Cost. n. 225 del 2018, cit.; id., n. 335 del 2004, cit.; id., n. 522 del 2002, cit.

[21] ex plurimis, Corte Cost., 3 marzo 2016, n. 44; id., 23 gennaio 2013, n. 10; id., 20 giugno 2008, n. 221.

[22] Corte Cost., n. 225 del 2018 cit.; negli stessi termini, id., 5 maggio 2021, n. 87; id., n. 44 del 2016, cit; id., n. 335 del 2004, cit.; id., 13 dicembre 2019, n. 271 (con la quale la Corte ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, co. 2-bis, All. 1 c.p.a., sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal TAR Puglia; nonché dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale della medesima norma, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 103, 113 e 117, co. 1, Cost., - quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU- dal sempre dal TAR Puglia).

[23] Corte Cost., 12 luglio 2013, n. 186.

[24] Ex plurimis, Corte Cost., 14 ottobre 2020, n. 212; id., 30 aprile 2015, n. 71 (in materia di provvedimento ex art. 42 bis, d.p.r. n. 327 del 2001); id., 20 gennaio 2011, n. 17 del 2011; id., n. 221 del 2008, cit..

[25] Corte Cost., 24 maggio 2018  n. 106.

[26] Corte Cost., 9 marzo 2020, n. 44.

[27] Corte Cost., 27 giugno 2013, n. 161; id. 25 febbraio 2011, n. 61.

[28] Corte Cost., 24 aprile 2020, n. 79; id., 20 luglio 2018, n. 166.

[29] Ex multis, Corte Cost., 28 maggio 2004, n. 155; id.,07 ottobre 2003, n. 310.

[30] Durante il quale si è avuto, di fatto, l’arresto della “macchina economica” del Paese, numerose attività essendo state del tutto interrotte, con conseguente difficoltà di ampi strati della popolazione.

[31] Ove esposti al rischio di perdere la disponibilità dell’abitazione principale.

[32] Come più sopra ricordato, da un lato, la sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore (art. 54-ter), e, dall’altro lato, quella dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili in genere (art. 103, comma 6).

[33] Prorogata da art. 1, co.3, lett. a) e b), n. 7), d.l. 7 ottobre 2020, n. 125, conv. in l. 27 novembre 2020, n. 159; con l’art. 23, d.l. n. 137 del 2020, come convertito, poi, è stata prevista l’udienza a porte chiuse a la c.d. camera di consiglio telematica.

[34] L’art. 40-quater, d.l. 22 marzo 2021, n. 41, ha prorogato la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo: a) fino al 30 settembre 2021 per quelli adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; b) fino al 31 dicembre 2021 per quelli adottati dal 1°ottobre 2020 al 30 giugno 2021.

[35] Art. 76, co. 1, lett. a, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, ai sensi del quale l'agente della riscossione non dà corso all'espropriazione <<se l'unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente>>. 




Share by: