Blog Layout

Giurisdizione domestica e Consiglio nazionale forense

giu 26, 2021

Il CNF (Consiglio nazionale forense) è un organo che ha giurisdizionale speciale in determinate materie (come la tenuta degli albi) ed esercita un potere dello Stato. Le pronunce, infatti, sono emesse “in nome del popolo italiano”.

Tale giurisdizione speciale è attualmente esistente, nonostante la sesta disposizione transitoria della Costituzione avesse imposto, entro 5 anni dalla sua entrata in vigore, la revisione di tutti gli organi di giurisdizione speciale. L’eccezione di incostituzionalità, più volte sollevata, è stata respinta, sull’assunto, tra le altre argomentazioni, che sussistano le garanzie per il corretto esercizio della funzione giurisdizionale stante l’indipendenza dei giudici e imparzialità dei giudizi.

Secondo giurisprudenza consolidata, le norme che disciplinano la nomina dei suoi componenti ed il procedimento che si svolge davanti ad esso, assicurano il corretto esercizio della funzione giurisdizionale con riguardo alla garanzia del diritto di difesa, all'indipendenza del giudice ed all'imparzialità dei giudizi.

Da un lato, la nomina dei componenti è elettiva, dall’altro, il procedimento seguito per arrivare alla decisione avviene nel rispetto delle comuni regole processuali e con l'intervento del P.M..

Né rileva la circostanza che al CNF spettino anche funzioni amministrative, in quanto si dice non è la mera coesistenza delle due funzioni a menomare l'indipendenza del giudice, bensì il fatto che le funzioni amministrative siano affidate all'organo giurisdizionale in una posizione gerarchicamente sottordinata, essendo in tale ipotesi immanente il rischio che il potere dell'organo superiore indirettamente si estenda anche alle funzioni giurisdizionali: l'indipendenza del giudice consiste infatti nella autonoma potestà decisionale, non condizionata da interferenze dirette ovvero indirette di qualsiasi provenienza.

Recentemente, si è riproposta la questione della legittimità costituzionale dell’art. 21 del d.lgs. 23 novembre 1944, n. 382, art. 21, nella parte in cui, al fine di garantire, quanto meno nelle specifiche materie dell'accesso e dell'espulsione dall'esercizio della professione, l'imparzialità del giudice, non prevede che la composizione del Consiglio nazionale forense, in funzione di organo giudicante, sia integrata da membri non appartenenti alla categoria dell'Avvocatura.

La questione è nata a seguito del contenzioso che ha visto il Consiglio nazionale forense respingere il ricorso di un avvocato contro la decisione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di appartenenza, che aveva ordinato la sua cancellazione dall'albo degli Avvocati in ragione della accertata sussistenza della causa di incompatibilità tra l'iscrizione all'Albo e il rapporto di impiego pubblico part-time.

Oltre a enunciare nuovamente principi già in precedenza espressi sulle garanzie di indipendenza assicurate come Giudice speciale dal CNF, la Corte di Cassazione ha dovuto confrontarsi anche con la compatibilità della composizione dell’organo con una serie di principi di salvaguardia stabiliti dalla Corte di giustizia UE.

In primo luogo, viene in rilievo il diritto ad un equo processo, quale deriva, in particolare, dall'art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e che costituisce un diritto fondamentale anche per l'Unione europea.

Tale diritto comporta necessariamente l'accesso da parte di chiunque ad un giudice indipendente e imparziale. Pertanto, l'esistenza di garanzie in materia di composizione dell'organo giurisdizionale rappresenta la pietra angolare del diritto all'equo processo, il cui rispetto il giudice comunitario deve verificare in particolare qualora ne venga lamentata una violazione, e la contestazione su tale punto non appaia a prima vista manifestamente priva di serietà. 

A tale riguardo, la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE ha sostenuto che il fatto che alcuni giudici chiamati a conoscere una prima volta di una vicenda, siedano poi in un altro collegio chiamato a conoscere nuovamente della stessa vicenda, non può essere considerato di per sé incompatibile con i requisiti imposti dal diritto ad un equo processo, se non vi è totale coincidenza soggettiva tra i due collegi, o se si tratta di due controversie formalmente distinte, anche se tra di loro connesse.

In particolare, secondo la Corte, il dovere di imparzialità riveste due aspetti: in primo luogo, è indispensabile che il tribunale sia imparziale sotto il profilo soggettivo, cioè che nessuno dei suoi membri manifesti opinioni preconcette o pregiudizi personali, dovendosi presumere l'imparzialità personale fino a prova contraria; in secondo luogo, il tribunale deve essere imparziale sotto il profilo oggettivo, nel senso di dovere offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio.

Altro corollario indispensabile dell’effettività della tutela giurisdizionale dinanzi ad un giudice imparziale è che l’organo chiamato a decidere i ricorsi contro decisioni amministrative (come è la decisione di diniego dell’iscrizione ad un albo o di cancellazione dallo stesso) deve corrispondere alla nozione di giudice come definita dal diritto comunitario.

Tale nozione è stata definita mediante enunciazione di una serie di requisiti che l’organo in questione deve presentare, quali la sua origine legale, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche, nonché l’indipendenza e, appunto, l’imparzialità.

La nozione di indipendenza, intrinseca alla funzione giurisdizionale, implica innanzi tutto che l’organo interessato si trovi in posizione di terzietà rispetto all’autorità che ha adottato la decisione oggetto del ricorso e presenta inoltre due aspetti, il primo, avente carattere esterno, che presuppone che l’organo sia tutelato da pressioni o da interventi dall’esterno idonei a mettere a repentaglio l’indipendenza di giudizio dei suoi membri per quanto riguarda le controversie loro sottoposte (e che può essere salvaguardato tramite talune garanzie idonee a tutelare la persona che svolge la funzione giurisdizionale, come, ad esempio, l’inamovibilità); il secondo, avente carattere interno, che si ricollega alla nozione di imparzialità e riguarda l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi concernenti l’oggetto di quest’ultima, tramite il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica.

Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità implicano l’esistenza di disposizioni, relative, in particolare, alla composizione dell’organo e alla nomina, durata delle funzioni, cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità del detto organo rispetto a elementi esterni ed alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti.

Nel caso di decisione di diniego dell’iscrizione di un avvocato europeo ad un albo nazionale diverso da quello della nazionalità di provenienza, ad esempio, la Corte di Giustizia UE ha evidenziato che è illegittima la composizione di un organo giudicante formata dalla esclusiva presenza di avvocati della nazionalità di destinazione, in quanto vi è motivo fondato di temere che, a seconda dei casi, la totalità o la maggior parte dei membri di tale organo abbiano un comune interesse contrario a quello del richiedente, ossia di confermare una decisione che esclude dal mercato un concorrente che ha acquisito la sua qualifica professionale in un altro Stato membro, con possibile venir meno dell’equidistanza dagli interessi in causa.

Né i timori suscitati da tale composizione dell’organo giudicante possono essere fugati dalla possibilità di esperire un ricorso in cassazione, qualora la competenza dell’ultimo giudice da adire sia limitata alle questioni di diritto, per cui lo stesso non dispone di una piena giurisdizione.

La Corte di Cassazione ha peraltro ribadito il consolidato orientamento sulla piena legittimità della giurisdizione esercitata dal CNF, rilevando, innanzitutto, che nel caso di ricorso di un Avvocato avente la stessa nazionalità rispetto ai suoi Colleghi che decidono sulla sua iscrizione o permanenza di iscrizione all’albo, non vengono in rilievo questioni di terzietà in assoluto dell’organo giudicante, non sussistendo neppure la possibilità astratta di una discriminazione connessa alla diversa nazionalità di ricorrente e organo giudicante, che sola potrebbe innestare un meccanismo di difesa “corporativa” dei propri interessi da parte dell’organo giudicante stesso.

Quanto poi all’esigenza che il diritto ad un equo processo comporti necessariamente l'accesso da parte di chiunque ad un giudice indipendente ed imparziale, sia sotto il profilo soggettivo (nel senso cioè che nessuno dei membri dell'organo giudicante manifesti opinioni preconcette o pregiudizi personali) sia sotto quello oggettivo (essendo il giudice tenuto ad offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio), la Corte ha osservato che la giurisdizione professionale è conosciuta anche dagli ordinamenti di altri Stati e che la Corte Europea dei diritti dell'uomo, chiamata ad esaminare il medesimo problema (rispetto all'art. 6, par. 1, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), ha riconosciuto, con riguardo ad alcune decisioni del Consiglio nazionale dei medici belgi, la sussistenza del requisito dell'indipendenza degli organi della giurisdizione professionale, sottolineando che i membri dei collegi professionali partecipano al giudizio non già come rappresentanti dell'ordine professionale, e quindi in una posizione incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale, bensì a titolo personale e perciò in una posizione di "terzietà", analogamente a tutte le magistrature.



Share by: