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Documentazione fiscale, inutilizzabilità e obbligo di leale collaborazione con il Fisco

Alma Chiettini • nov 25, 2023

Cass. Civile, Sez. V, 10 novembre 2023, n. 31345


I poteri dell’Amministrazione fiscale e i doveri del contribuente in sede di verifiche sono disciplinati dall’art. 32, commi quarto e quinto, del d.P.R. n. 600 del 1973, ove è previsto che: “le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. Le cause di inutilizzabilità previste dal quarto comma non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”.

Sullo stesso tema ulteriore specifiche previsioni sono contenute per le imposte sui redditi nell’art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973, e per l’IVA negli artt. 51 e 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, dove è codificato che “i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto d’esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione”.

Questa disciplina sulla “inutilizzabilità della documentazione non esibita tempestivamente dal contribuente” presuppone, dunque:

- ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, che i documenti siano richiesti con l’invio di apposita comunicazione o questionario; 

- ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972, che vi sia stata un’ispezione, attività di esame e di controllo svolta dai verificatori in sede di accesso presso il contribuente o in luoghi a questi collegati.

Con la sentenza qui segnalata la Corte di legittimità ha bene riassunto i limiti entro i quali può essere applicata la sanzione della inutilizzabilità in giudizio della documentazione prodotta dal contribuente.

Anzitutto, viene ricordato che da tempo la Corte precisa: 

- per il primo caso - richiesta di documenti dall’Amministrazione finanziaria al contribuente mediante questionario - che il mancato invio dei documenti richiesti nei termini assegnati “equivale a rifiuto, con conseguente inutilizzabilità degli stessi in sede amministrativa e contenziosa, salvo che il contribuente non dichiari, all’atto della sua produzione con il ricorso, che l’inadempimento era avvenuto per causa a lui non imputabile, della cui prova è, comunque, onerato”; 

- per il secondo caso - accessi, ispezioni o verifiche - “che la mancata esibizione di quanto richiesto ne preclude la valutazione a favore del contribuente solo ove si traduca in un sostanziale rifiuto di rendere disponibile la documentazione, incombendo la prova dei relativi presupposti di fatto sull’Amministrazione finanziaria”, chiamata dunque a dimostrare l’elemento essenziale della condotta che origina la preclusione, ossia l’intenzionalità di non consentire l’esame di quella specifica documentazione.

Resta ferma, in entrambe le ipotesi, la necessità che “l’Amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale indicazione di quanto richiesto, accompagnata dall’espresso avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza”; occorre, in diverse parole, una richiesta circostanziata sul cosa si chiede (con elenchi precisi di documenti) e sulle conseguenze della mancata produzione (Cass. civ., sez. V, 14.6.2021, n. 16757).

Pertanto, la preclusione alla possibilità di utilizzare successivamente, in sede sia procedurale che processuale, documentazione non esibita tempestivamente durante l’istruttoria fiscale, opera solamente:

- in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione;

- in presenza dell’avvertimento sulle conseguenze della mancata ottemperanza.

Solo in questi termini è sanzionabile la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco che giustifica la deroga al diritto di difesa sancito dall’art. 24 e al principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione (Cass. civ., sez. V, 26.5.2023, n. 14707; id., sez. V, 8.9.2023, n. 26201). E l’inutilizzabilità di documenti espressamente richiesti dall’Ufficio opera anche in assenza di eccezione dell’Amministrazione finanziaria, trattandosi di preclusione processuale rilevabile d’ufficio (Cass. civ., sez. V, 8.9.2023, n. 26201)

Ne consegue che, se l’Amministrazione ha adempiuto correttamente ai suoi obblighi informativi, specificando esattamente i documenti di cui chiede l’esibizione e le conseguenze nel caso di omessa osservanza alla richiesta, la sanzione della inutilizzabilità opera “laddove vi sia stata da parte del contribuente una dichiarazione mendace e dolosa e, cioè, diretta a impedire l’ispezione documentale in violazione dei principi di lealtà e correttezza”, mentre il contribuente può sempre contrastare efficacemente i risultati dell’accertamento con la produzione in giudizio dei documenti che non era stato in grado di esibire in precedenza per causa a lui non imputabile (forza maggiore, caso fortuito, fatto del terzo).

In particolare, in quest’ultima fattispecie, ovvero quando i documenti provengono da un soggetto terzo, la cui condotta non è pretendibile nei tempi fissati dall’amministrazione finanziaria, non è imputabile al contribuente la relativa preclusione e, quindi, la successiva inutilizzabilità dei documenti, tranne l’ipotesi in cui il terzo sia un ausiliare del contribuente, ex art. 1228 c.c. (Cass. civ., sez. V, 10.2.2021, n. 3254).

Dall’applicazione di detti principi è conseguita la dichiarazione di erroneità della pronuncia del giudice di merito che aveva dichiarato tardiva la documentazione presentata da un contribuente in data successiva alla presentazione del ricorso introduttivo del giudizio: il giudice non aveva verificato né le modalità con le quali la documentazione fiscale gli era stata richiesta (se vi era stato l’invio di apposita comunicazione o questionario oppure un accesso presso la società) né se il contribuente era stato messo a conoscenza in termini puntuali sia della documentazione da esibire sia delle conseguenze di un eventuale rifiuto.

Ciò, perché le “modalità” con le quale la documentazione fiscale viene richiesta rilevano, sussistendo “una diversa ripartizione dell’onere della prova”:

- dopo l’invio di una comunicazione o di un questionario, è il contribuente a essere onerato della prova che l’inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile;

- in sede di accesso presso la sede del contribuente, è l’Amministrazione finanziaria a essere onerata della prova della sussistenza dei presupposti sostanziali che rendono illegittimo il rifiuto.



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