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Disegno elusivo e prova dell'indebito vantaggio tributario

aggiornamento a cura di Alma Chiettini, Giudice tributario • apr 24, 2021

Cassazione Civile, Sez. V, 2 aprile 2021, n. 9135

Abuso del diritto – IVA tributo armonizzato – All’Amministrazione finanziaria la prova del disegno elusivo e dell’irragionevole applicazione degli schemi negoziali classici secondo una normale logica di mercato – Al contribuente la prova delle giustificazioni economiche poste a base delle operazioni diverse dal mero risparmio tributario.


Con la pronuncia in epigrafe - corredata da numerose citazioni giurisprudenziali - la Corte di legittimità ha ricordato che l’abuso del diritto, o elusione (art. 10 bis della l. n. 212 del 2000), trova il suo fondamento normativo nell’ordinamento unionale e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo la quale per la configurazione di una pratica abusiva è necessario:

- un “elemento oggettivo”, che si manifesta in un insieme di circostanze da cui risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa, l’obiettivo perseguito dalla legge non è stato raggiunto;

- un “elemento soggettivo”, da cui risulti che lo scopo essenziale delle operazioni controverse è il conseguimento di un vantaggio indebito, anche indirettamente non voluto dal sistema tributario, non vietato peraltro da una disposizione espressa, mediante la creazione artificiosa delle condizioni richieste per il suo ottenimento. 

Dal combinato disposto di entrambi gli elementi deve emergere che il risultato raggiunto dal contribuente è contrario alle disposizioni tributarie e che lo scopo essenzialmente perseguito è ottenere un (indebito) vantaggio fiscale, che è dunque sempre “illecito” quando rappresenta l’essenza (la parte preponderante, se non essenziale comunque prevalente) dell’oggetto del contratto o degli accordi nel loro complesso.

In quest’ottica, l’elemento integrante l’indebito vantaggio fiscale, per contrarietà allo scopo perseguito dalle norme tributarie eluse, si deve ricercare nella “causa concreta dell’operazione negoziale sottesa al meccanismo giuridico contorto diretto ad aggirare la normativa tributaria per raggiungere lo scopo essenziale del risparmio d’imposta, che in altro modo non sarebbe possibile conseguire”. E la necessità di apprezzare l’operazione nella sua “essenza”, al fine di privilegiarne l’intrinseca natura e gli effetti giuridici rispetto al titolo e alla forma apparente, comporta che gli stessi concetti privatistici di autonomia negoziale finiscono per regredire, di fronte alle esigenze antielusive, a semplici elementi della fattispecie tributaria.

Quanto al riparto dell’onere probatorio, incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale. È invece a carico del contribuente l’onere di dedurre e provare le giustificazioni economiche poste a base dell’operazione, diverse dal mero risparmio tributario.

Nella vicenda oggetto di giudizio (acquisto di macchinari, contratto rescisso con emissione di note di credito che avevano dimezzato il debito IVA, successivi contratti di leasing per gli stessi macchinari con altri soggetti subentrati al contratto di compravendita), l’amministrazione aveva ritenuto che i comportamenti delle società, tra loro in rapporto di controllo, fossero caratterizzati da un improprio utilizzo della strumentazione fiscale. Ma il Giudice di legittimità ha valutato che l’effettiva ragione imprenditoriale perseguita (anche manipolando i meccanismi fiscali ma con connotazione non prevalente) fu la fornitura di macchinari dalla società costruttrice a quella utilizzatrice mediante ricorso a un finanziamento, con l’intervento delle società di leasing, con i minori oneri possibili.



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