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Esempio IV - Controversia in materia urbanistica

apr 27, 2021

* SI CONSIGLIA DI PROVARE A SVOLGERE LA MOTIVAZIONE E IL DISPOSITIVO IN AUTONOMIA PRIMA DI ESAMINARE LA SOLUZIONE OFFERTA


TRACCIA

Zeta S.p.A., una società proprietaria di un comparto immobiliare nel Comune X, ha sottoscritto una convenzione per l’attuazione di un Piano di recupero, approvato preliminarmente dal Consiglio comunale. 

In base alla convenzione, la società si impegnava a:

- cedere le aree a standard; 

- realizzare le opere di urbanizzazione primaria;

- corrispondere il contributo di urbanizzazione secondaria, con la specificazione che il 50% di tale contributo (€ 300.000,00) era stato versato prima della sottoscrizione della stessa convenzione all’Amministrazione comunale; 

- realizzare, sulle aree oggetto di cessione gratuita, i c.d. standard qualitativi aggiuntivi consistenti nella costruzione di un nuovo Centro sportivo comunale e in un’opera di valorizzazione ambientale.

La Società prestava polizze fidejussorie assicurative a garanzia dell’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria.

A fronte della crisi del settore immobiliare, la Società non richiedeva i titoli edilizi, per cui chiedeva la risoluzione della convenzione, da attuare attraverso un accordo ex art 11 della L. 241/90.

Non essendo stato raggiunto un accordo tra le parti, la Società dichiarava di rinunciare alla realizzazione del Piano e chiedeva, quale conseguenza della rinuncia, la restituzione della somma versata anticipatamente a titolo di quota parte degli oneri di urbanizzazione secondaria.

L’Amministrazione respingeva la richiesta, prendendo atto che la Società aveva rinunciato ad addivenire ad un accordo di risoluzione consensuale e aveva unilateralmente deciso di precludervi definitivamente e irreversibilmente ogni possibilità di una qualsiasi soluzione stragiudiziale per comporre ed evitare l’insorgenda controversia. Imputando alla società Zeta l’inadempimento alle obbligazioni convenzionali, l’Amministrazione negava la restituzione della somma a suo tempo incamerata ed assumeva, anzi, di avere diritto al risarcimento del danno subito, secondo le voci e l’entità ivi indicate.

La società proponeva ricorso chiedendo l’annullamento della nota del Comune e l’accertamento del diritto alla restituzione dell’importo di € 300.000,00 quale quota parte (50%) degli oneri di urbanizzazione secondaria relativi all’intervento edilizio del Piano di Recupero, e la condanna del Comune a corrispondere la predetta somma, da maggiorarsi con gli interessi legali dalla data di proposizione della domanda fino al saldo effettivo.

La società Zeta ha articolato i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione dell’art. 16 del DPR 380/2001 e dei principi in materia di contributo di costruzione e degli artt. 2033 e 2041 del codice civile. La società ricorrente richiama i principi giurisprudenziali in materia: il contributo in esame è un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del concessionario a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione e in proporzione all’insieme dei benefici che le nuove costruzioni inducono nel contesto urbano, senza alcun vincolo di scopo in relazione alla zona interessata dalla trasformazione urbanistica e indipendentemente dalla concreta utilità che il concessionario può conseguire dal titolo edificatorio e dall’ammontare delle spese effettivamente occorrenti per la realizzazione delle opere stesse. Si tratta di una obbligazione reale, di carattere ambulatorio passivo, connessa al rilascio del titolo edilizio. Pertanto, a fronte della rinuncia al titolo, sia per intervenuta decadenza del titolo edilizio, sia per fatti, giuridici o materiali, che rendano in tutto o in parte non più realizzabile l’assentito programma edilizio, sorge l’obbligo dell’Amministrazione concedente di restituire, a domanda, e in assenza di una benché minima trasformazione del territorio, le somme precedentemente corrisposte. In caso contrario, vi sarebbe un indebito arricchimento da parte dell’Amministrazione.

2) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 per carenza di motivazione. Eccesso di potere sotto i profili dello sviamento di potere, dell'erroneità e del travisamento dei fatti, della contraddittorietà e dell'aggravamento del procedimento.

La società lamenta anche il difetto di motivazione, in quanto l’Amministrazione, per giustificare la decisione di non restituire le somme, richiama fatti del tutto estranei, accusandola di una condotta inadeguata, al solo fine di prospettare una richiesta di risarcimento. La condotta dell’Amministrazione rivela anche un grave sviamento di potere, dal momento che alla richiesta della ricorrente l’Amministrazione risponde in modo elusivo, prospettando azioni di risarcimento del danno, addebitandole la responsabilità di non aver risolto in modo consensuale la convenzione.

Si è costituito in giudizio il Comune X facendo presente che la Società non avrebbe impugnato le note successive con le quali il Comune stesso ha contestato l’inadempimento degli obblighi assunti con la sottoscrizione della convenzione, quantificando le diverse voci di danno e riservandosi di agire a tutela dei propri interessi.

Ha quindi sollevato l’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, non essendo stati impugnati gli atti successivi. Nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso.



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Il candidato/la candidata rediga la sentenza nella parte in diritto e nel dispositivo. Il ricorso va risolto seguendo l’ordine logico di trattazione in tutti i profili di rito, anche sollevabili d’ufficio dal giudice adito, e nel merito, pure se uno dei profili in rito fosse assorbente.


MOTIVAZIONE E DISPOSITIVO


DIRITTO


1) Il presente giudizio ha quale petitum l’accertamento del diritto alla restituzione dell'importo di € 300.000,00, somma corrisposta dalla Società ricorrente al Comune quale quota parte (50%) degli oneri di urbanizzazione secondaria relativi agli interventi edilizi poi oggetto di rinuncia, oltre ad interessi legali dal giorno della domanda al saldo.

1.1 La controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a.), avendo ad oggetto un atto della pubblica amministrazione in materia urbanistica ed edilizia, e concerne, nello specifico, l'accertamento dell'esistenza di posizioni giuridiche soggettive di credito-debito, traenti origine direttamente da fonti normative. Ne consegue che la relativa domanda non soltanto non soggiace al regime di decadenza proprio del giudizio di annullamento, attesa la natura privatistica e paritetica degli atti con cui la p.a. determina il contributo di costruzione, ma può essere proposta, entro il termine di prescrizione ordinaria, indipendentemente e a prescindere dall'impugnazione di eventuali provvedimenti adottati dall'amministrazione.

Il Collegio ritiene di evidenziare fin d’ora che è invece del tutto estraneo alla controversia ogni profilo di responsabilità della ricorrente per inadempimento degli obblighi convenzionali, ovvero ogni pretesa risarcitoria dell’Amministrazione comunale, che non ha tal fine proposto domanda riconvenzionale ex art. 42 c.p.a.

1.2 La difesa comunale ha sollevato l’eccezione di improcedibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto non sarebbero state impugnate le note successive, con le quali sono stati contestati, tra gli altri, gli inadempimenti relativi alla realizzazione del campo in erba sintetica e del campo polivalente coperto, con prospettazione dei danni subiti.

L’eccezione non è fondata.

La ricorrente chiede la restituzione di una somma non dovuta, non avendo realizzato gli interventi edilizi che ne costituirebbero esclusivo titolo. 

Con le note non impugnate, al contrario, l’Amministrazione fa valere un credito di natura risarcitoria, asseritamente maturato per l’inadempimento degli obblighi posti nella convenzione.

Come si è detto, però, la pretesa risarcitoria non è stata fatta valere con domanda riconvenzionale ex art. 42 c.p.a., né la stessa – per le ragioni che saranno successivamente indicate – può assumere rilievo indiretto nella forma della c.d. “eccezione riconvenzionale”. Da tali note, quindi, si può prescindere, indipendentemente poi dal fatto che le stesse non appaiono rivestire carattere provvedimentale, e sembrano piuttosto da ricondurre alla categoria degli atti di tipo paritetico.

2) Nel merito, il ricorso è fondato.

2.1 L’art. 16 del DPR 380/2001 (“Contributo per il rilascio del permesso di costruire”) stabilisce che il rilascio del titolo è subordinato alla corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione.

Nel caso in esame, il 50% del contributo di urbanizzazione secondaria è stato versato il giorno antecedente alla sottoscrizione della convenzione.

2.2 Sulla questione della restituzione del contributo ex art. 16 del DPR 380/2001 va fatta una premessa.

Per costante giurisprudenza, sia la quota per costo di costruzione - che ha natura essenzialmente paratributaria ed è rapportata alle caratteristiche ed alla tipologia delle costruzioni afferendo alla mera attività costruttiva in sé valutata -, sia la quota per oneri di urbanizzazione - che compensa l'aggravio del carico urbanistico della zona indotto dalla nuova costruzione -, sono correlate, pur sotto profili differenti, all'oggetto della costruzione. Nel caso in cui il privato rinunci o non utilizzi il permesso di costruire, ovvero quando sia intervenuta la decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla Pubblica Amministrazione, anche ai sensi dell'art. 2033, o comunque dell'art. 2041 c.c., l'obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione e, conseguentemente, il diritto del privato a pretenderne la restituzione. Il contributo concessorio, infatti, è strettamente connesso all'attività di trasformazione del territorio e, quindi, ove tale circostanza non si verifichi, il relativo pagamento risulta privo della causa dell'originaria obbligazione di dare, cosicché l'importo versato va restituito.

Ciò posto, nel caso poi specifico in cui sia preventivamente intervenuta la stipulazione di una convenzione urbanistica, si registrano due orientamenti.

Secondo il primo, la convenzione non costituisce autonoma fonte dell’obbligo di versamento del contributo di costruzione, trovando quest’ultimo la propria fonte direttamente nella legge, la quale, come detto, lo pone in stretta correlazione all’attività di trasformazione del territorio, in assenza della quale esso non è comunque dovuto. La convenzione svolgerebbe dunque il ruolo, non già di fonte dell’obbligo, ma di fonte di regolazione dello stesso per quanto concerne il quantum e il quomodo; sicché, come anticipato, una volta escluso che la trasformazione del territorio possa attuarsi, il pagamento del contributo di costruzione diviene privo di causa, quantunque esso sia previsto e disciplinato da una convenzione urbanistica.

Un diverso orientamento giurisprudenziale, invece, ritiene che il principio per cui l’obbligo di contribuzione è indissolubilmente correlato all’effettivo esercizio dello ius aedificandi non possa valere rispetto ai casi in cui la partecipazione agli oneri di urbanizzazione costituisce oggetto di un’obbligazione non già imposta ex lege, ma assunta contrattualmente nell’ambito di un rapporto di natura pubblicistica correlato alla pianificazione territoriale. Gli impegni assunti in sede convenzionale – al contrario di quanto si verifica in caso rilascio del singolo titolo edilizio, in cui gli oneri di urbanizzazione e di costruzione a carico del destinatario sono collegati alla specifica trasformazione del territorio oggetto del titolo, con la conseguenza che ove, in tutto o in parte, l’edificazione non ha luogo, può venire in essere un pagamento indebito fonte di un obbligo restitutorio – non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni assunti. La causa della convenzione urbanistica, e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare, quindi, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione. Questa tesi, dunque, individua la convenzione come la fonte degli oneri correlati alle opere di urbanizzazione, con la conseguenza che, una volta sottoscritta la convenzione, l’obbligazione di versamento degli oneri concessori è legata alla sorte complessiva o parziale delle prestazioni previste nell’accordo, perdendo quel nesso di indissolubilità con l’effettiva trasformazione del territorio.

2.3 Chiariti tali aspetti di portata preliminare, deve procedersi ad evidenziare alcuni profili peculiari della vicenda in esame.

Come già detto, la Società ricorrente ha versato la somma corrispondente al 50% del contributo di urbanizzazione secondaria prima della sottoscrizione della convenzione. Tuttavia, la Società non ha mai chiesto il rilascio dei titoli edilizi; anzi, ha rinunciato all’esecuzione degli interventi oggetto del Piano di Recupero e a presentare la domanda di rilascio dei relativi titoli edilizi.

2.4 Il Collegio ritiene che anche nel caso in esame la convenzione urbanistica non costituisca autonoma fonte dell’obbligo di versamento del contributo di costruzione. L’obbligo trova la propria fonte direttamente nella legge la quale, come detto, lo pone in stretta correlazione all’attività di trasformazione del territorio, in assenza della quale esso non è comunque dovuto. La convenzione svolge dunque il ruolo, non già di fonte dell’obbligo, ma di fonte di regolazione dello stesso per quanto concerne il quantum ed il quomodo.

Nel caso in esame vanno poi evidenziati alcuni aspetti particolari.

Non è stato attuato alcun intervento di trasformazione del territorio, tant’è che non sono mai neppure stati richiesti i titoli edilizi per realizzare gli immobili residenziali, per cui non vi è stato alcun aggravio del carico urbanistico della zona.

Le opere di urbanizzazione indicate nella convenzione sono correlate alla realizzazione delle costruzioni private previste e che avrebbero dovuto essere oggetto di permessi di costruire. Anche alla luce di quanto regolato in sede negoziale tra le parti, il pagamento del contributo di costruzione trova titolo nell’effettiva trasformazione del territorio, per cui, in assenza di un intervento edilizio, diviene privo di causa.

2.5 Il rigetto della domanda di restituzione della somma di € 300.000,00 è quindi illegittimo.

Né vi si oppone la pretesa della controparte ad un ristoro risarcitorio conseguente al presunto inadempimento di obblighi convenzionali da parte della ricorrente.

E’ pur vero che la giurisprudenza civile ha da tempo elaborato, accanto alla domanda riconvenzionale, la c.d. “eccezione riconvenzionale”, con cui il convenuto avanza richieste che, pur rimanendo nell’ambito della difesa, ampliano il tema della controversia, senza tuttavia tendere ad altro fine che non sia quello della reiezione della domanda, opponendo al diritto fatto valere dall’attore un diritto idoneo a paralizzarlo. Come si è detto, però, una volta venuta meno la causa – di fonte legale – del versamento del contributo di urbanizzazione secondaria, le altre prestazioni negoziali eventualmente rimaste inadempiute si rivelano svincolate da quel rapporto di corrispettività che solo potrebbe assurgere a situazione giuridica idonea a privare di efficacia il diritto fatto valere in giudizio. In realtà, le questioni sollevate dall’Amministrazione comunale restano sottratte alla cognizione del giudice adito – perché estranee al thema decidendum –, sicché non è questa la sede per accertare, neppure in via incidentale, quali inadempimenti alle obbligazioni convenzionali possano essere imputati alla ricorrente, e se dunque sia fondata la pretesa risarcitoria prospettata dall’Amministrazione; rileva il solo fatto oggettivo del mancato rilascio dei titoli edilizi correlati agli oneri concessori versati dalla ricorrente, indipendentemente dalla sorte della convenzione urbanistica e delle relative prestazioni negoziali.

3) Il ricorso va quindi accolto, con conseguente condanna del Comune a restituire alla società ricorrente la somma di € 300.000,00. Trattandosi di azione di ripetizione di indebito, su quanto indebitamente riscosso dal Comune spettano gli interessi legali dalla data della domanda presentata all’Amministrazione, così come richiesto dalla società ricorrente; e, in effetti, è stato chiarito dalla giurisprudenza che, ai fini del decorso degli interessi in ipotesi di ripetizione di indebito oggettivo, il termine “domanda” di cui all’art. 2033 c.c. non va inteso come riferito esclusivamente alla domanda giudiziale, ma comprende anche gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora, ai sensi dell’art. 1219 c.c..

Le spese di giudizio possono essere compensate in considerazione della peculiarità della questione e della presenza di orientamenti non univoci.



P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per ____ (Sezione _____), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, condanna il Comune convenuto alla restituzione della somma non dovuta, oltre a interessi legali nella misura illustrata in motivazione, entro 120 giorni dalla data di comunicazione della presente pronuncia.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in _____ nella camera di consiglio del giorno _______ con l'intervento dei magistrati:



SPIEGAZIONE

La spiegazione sarà resa disponibile su specifica richiesta inoltrata alla mail  info@primogrado.com


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