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Deposito probatorio di scrittura privata nel processo e imposta di registro

Alma Chiettini • giu 15, 2023

Cass. Civile, Sezioni Unite, 16 marzo 2023, n. 7682


Il deposito di un documento - scrittura privata non autenticata - a fini probatori in un procedimento contenzioso non costituisce un «caso d’uso» in relazione all’applicazione dell’imposta di registro di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 131 del 1986 (testo unico sull’imposta di registro)”.

Questo il principio di diritto affermato dalla pronuncia qui segnalata.

E' stato in particolare rilevato che: 

- l’art. 5 del testo unico sull’imposta di registro prevede che “sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti indicati nella parte prima della tariffa e in caso d’uso quelli indicati nella parte seconda. Le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative a operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”;

- il successivo art. 6 stabilisce che “si ha caso d’uso quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento”.

Di conseguenza, la Corte ha osservato che si concretizza il “caso d’uso” quando il deposito dell’atto avviene “presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrative”, e quando non è oggetto di un obbligo. L’attività di deposito “deve dunque costituire frutto di una valutazione discrezionale della parte che la compie”.

Infatti, il termine “deposita” non è impiegato quale modalità di consegna dell’atto bensì per indicare un effetto sostanziale e cioè l’acquisizione dell’atto medesimo a fini giuridici e operativi (cfr., Cass. civ., sez. V, 12.11.2014, n. 24107). Ne deriva che una scrittura privata che documenta l’esistenza di un prestito, depositata quale supporto probatorio in un’azione civile, non è soggetta a registrazione perché non rientra nel “caso d’uso” disciplinato dal citato art. 6.

Tale interpretazione non solo è conforme al tenore letterale della norma ma è anche “in linea con la necessità di assicurare che la tutela del diritto di difesa, garantita dall’art. 24 della Costituzione, possa dispiegarsi pienamente senza che possa risultare ostacolata dall’imposizione fiscale derivante dall’applicazione dell’imposta di registro sul deposito dell’atto funzionale al conseguimento per l’interessato di fini giuridici ed operativi”.

Con la stessa sentenza, la Corte ha enucleato un altro principio di diritto: “la scrittura privata non autenticata di «ricognizione di debito» che, come tale, abbia carattere meramente ricognitivo di situazione debitoria certa, non avendo per oggetto prestazione a contenuto patrimoniale, è soggetta a imposta di registro in misura fissa solo in caso d’uso”.

La Corte ha così colto l’occasione per precisare che la ricognizione di debito non costituisce un’autonoma fonte di obbligazione ma determina “un’astrazione meramente processuale della causa debendi, comportante una semplice relevatio ab onere probandi, per la quale il destinatario della ricognizione di debito è dispensato dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale”. La ricognizione di debito ha dunque natura meramente dichiarativa e, come tale, non apportando alcuna modificazione né rispetto alla sfera patrimoniale del debitore che la sottoscrive né a quella del creditore che la riceve, limitandosi a confermare un’obbligazione già esistente (l’obbligazione riferita al rapporto fondamentale sta a monte), deve attribuirsi a essa “natura di mera dichiarazione di scienza” agevolativa per il creditore sul piano dell’onere della prova.

Ne discende che ai fini dell’imposta di registro si deve applicare “l’art. 4, Parte II della Tariffa, che assoggetta, in caso d’uso, le scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale a imposta fissa (attualmente nell’importo di euro 200,00)”.



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