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Crediti di imposta inesistenti e crediti di imposta non spettanti

Alma Chiettini • dic 15, 2023

Cass. Civile, Sez. Unite, 11 dicembre 2023, n. 34452


Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, finalmente, dopo un persistente contrasto interno alla Sezione tributaria, si sono pronunciate sulla vexata quaestio della corretta distinzione tra crediti d’imposta non spettanti e crediti d’imposta inesistenti.

In questa rubrica già si è dato conto della sentenza della V sezione n. 34445 del 2021, la quale affermava che aveva “senso logico-giuridico” la distinzione - in passato però disconosciuta - tra “credito non spettante e/o non utilizzabile” e “credito inesistente”. Successivamente, tuttavia, tale nuovo orientamento era stato disatteso con la pronuncia n. 25436 del 2022 ma poi condiviso dalla pronuncia n. 5243 del 2023. E ora l’articolata sentenza qui segnalata ha argomentatamente approvato “il nuovo approccio ermeneutico”.

La Corte di legittimità ha verificato l’oggetto differente e i caratteri distintivi delle due fattispecie ed è giunta ad affermare che la distinzione, “recepita positivamente”, si ricava non solo dal dato letterale delle norme ma anche dai criteri di coerenza e di razionalità del sistema nonché dalle finalità obiettive perseguite dal legislatore.

A) - La nozione di credito d’imposta inesistente è contenuta nell’art. 27, commi da 16 a 20, del d.l. n. 185 del 2008 e, a seguito della modifica operata con il d.lgs. n. 158 del 2015, nell’art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 471 del 1997, il quale “ha solo confermato e precisato quanto già desumibiledall’art. 27, comma 16, del d.l. n. 185 del 2008” puntualizzando che “il credito è inesistente quando manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e tale inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli c.d. automatizzati”, con la specificazione che “l’uso della congiunzione «e» rivela la necessaria contitolarità dei due requisiti - quello strutturale interno correlato al singolo credito e quello strutturale esterno di portata generale - per la costruzione della nozione e l’applicazione del regime più severo, che resta circoscritto alle fattispecie di maggiore gravità e offensività”; il credito va dunque considerato inesistente, e per l’accertamento della condotta di indebita compensazione si applica il termine lungo di otto anni (di cui all’art. 27, comma 16, del d.l. n. 185 del 2008), quando:

--- le attività e i presupposti fondanti non sono mai venuti in essere; qui la sentenza enuclea alcune ipotesi, fra le quali le più radicali riguardano il caso in cui la fattispecie che fonda il credito d’imposta non sia mai venuta a esistenza e i casi di crediti generati da operazioni soggettivamente od oggettivamente inesistenti;

--- sono assenti le condizioni essenziali, formali o sostanziali, previste dal legislatore; qui la sentenza presenta un utile elenco esemplificativo dei parametri strutturali, di carattere generale, che portano a ritenere inesistente un credito di imposta, ossia individua gli elementi idonei ad assumere natura costitutiva (talvolta l’istanza del contribuente, oppure la previsione di obblighi di facere e/o di non facere, oppure l’indicazione di termini finali e di condizioni risolutive) e, per converso, anche gli elementi con carattere meramente accessorio (quali l’inosservanza di meri adempimenti procedurali o la previsione di soglie o limiti di valore) i quali non incidono sulla “non inesistenza” del credito;

--- quanto alla condizione del mancato riscontro formale, essa ha valore oggettivo: non assume rilievo che, materialmente, l’inesistenza del credito sia stata rilevata a seguito di accertamento sostanziale ma solo che, in sede di controllo formale, non era possibile riscontrarne la mancanza, ancorché, in concreto, tale verifica non sia stata operata.

Da questa ricostruzione dell’istituto deriva che se sussiste il primo requisito (mancanza del presupposto costitutivo) ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda non crediti inesistenti ma crediti non spettanti.

B) - La nozione di crediti d’imposta non spettanti (che assume, pertanto, “rilevanza residuale”) è considerata dall’art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 471 del 1997, che punisce l’utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta in misura superiore a quella spettante, o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti; inoltre, in assenza di uno dei due requisiti citati al comma 5 dello stesso art. 13 e sopra menzionati (il presupposto costitutivo «e» l’oggettivo riscontro con controlli c.d. automatizzati) il credito non può qualificarsi come inesistente. Per il suo accertamento vale l’ordinario termine stabilito dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973.

Tale distinzione influisce sul regime sanzionatorio applicabile: l’indebita compensazione di crediti non spettanti è soggetta alla sanzione del 30% dei crediti stessi, a fronte della sanzione dal 100% al 200% (e del 200% per l’art. 17, comma 18, del d.l. n. 185 del 2008) prevista in caso di crediti inesistenti.

In conclusione le Sezioni Unite hanno formulato il seguente principio di diritto:

«in tema di compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente, è applicabile la sanzione di cui all’art. 27, comma 18, d.l. n. 185 del 2008, vigente ratione temporis, ovvero, se più favorevole, quella prevista dall’art. 13, comma 5, d.lgs. n. 471 del 1997 quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza - alla luce anche dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. n. 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015 – allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973 e all’art. 54-bis d.P.R. n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano le sanzioni previste dall’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997 ovvero dall’art. 13, comma 4, d.lgs. n. 471 del 1997 come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015 qualora ratione temporis applicabile».


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