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CILA e SCIA. Poteri dell'amministrazione e aspettative del privato

a cura di Federico Smerchinich • feb 11, 2024

La semplificazione e la liberalizzazione amministrativa hanno comportato l’introduzione di strumenti per rendere più snelli i procedimenti amministrativi, consentendo ai privati di ottenere il soddisfacimento dei propri interessi legittimi pretensivi con il semplice decorso del tempo o senza che l’Amministrazione si attivi esplicitamente.

Questi strumenti hanno trovato il loro campo di elezione principale nell’ambito dell’edilizia, dove il legislatore richiede al privato di fornire, già in sede di avvio del procedimento, tutto il "materiale" necessario per consentire la formazione del titolo edilizio indipendentemente dall’attività provvedimentale dell’Amministrazione.

Tuttavia, non è sempre facile utilizzare strumenti come la CILA o la SCIA, visti gli orientamenti giurisprudenziali ondivaghi in materia e la poca certezza riguardo alle possibilità e alle tempistiche con cui l’Amministrazione può esercitare poteri repressivi, inibitori o solo sanzionatori.

Di recente, la II Sezione del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria (Catanzaro), con la sentenza n. 1602 del 2023 ha affrontato alcuni importanti aspetti della materia, con l’obiettivo di portarvi chiarezza, e soffermandosi sui profili che ancora risultano oscuri nella normativa di settore, per fornire infine una soluzione che parrebbe coerente con l’intenzione del legislatore.

Tutto nasce quando un condominio presenta al Comune una comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) per l’esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria di efficientamento energetico, nell’ambito del cosiddetto superbonus; la comunicazione viene peraltro dichiarata inefficace dall’ente locale, dato che alcune delle unità abitative interessate dalla CILA sarebbero state prive del titolo edilizio. Successivamente, in sede di autotutela, il Comune riesamina la pratica e conferma la sua precedente determinazione, mostrando così di trattare la CILA come una qualsiasi istanza di avvio del procedimento, sulla quale effettuare un controllo puntuale e correlativo di legittimità.

Il condominio decide così di adire il TAR competente, impugnando il provvedimento di diniego, e sostenendo che la presentazione della CILA non richiederebbe alcuna fase di controllo da parte dell’Amministrazione, con la conseguenza che il Comune non disporrebbe di alcun potere inibitorio nei confronti della comunicazione asseverata. 

Dopo che già in sede cautelare il TAR aveva anticipato il proprio orientamento favorevole alla tesi del privato, secondo cui l’Amministrazione non avrebbe alcun potere inibitorio o repressivo, salvo i casi di edificazione abusiva a cui segue una sanzione, il Giudice di prime cure accoglie il ricorso anche nel merito, cimentandosi in una interessante ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali in materia, che meritano di essere citati per le conseguenze che in concreto possono avere sulle aspettative degli interessati.

Secondo la prima posizione ermeneutica, l’attività assoggettata a CILA non solo è libera, come la SCIA, ma non è nemmeno sottoposta a un controllo sistematico da parte dell’Amministrazione, la quale deve solo accertare se l’intervento richiesto sia di modesto impatto sul territorio. Quindi, per semplificare, mentre a fronte della SCIA il Comune ha un potere repressivo, inibitorio, conformativo o di autotutela rispetto alla richiesta fatta con la SCIA stessa, come previsto espressamente dall’art. 19 l. n. 241/1990, e nei limiti anche temporali ivi previsti, nel caso di CILA l’Amministrazione può soltanto sanzionare, una volta accertato l’abuso. 

In altri termini, alla luce di questo orientamento, l’Amministrazione non potrebbe incidere sulla CILA, annullandola o inibendola, ma solamente sull’eventuale abuso conseguente alla comunicazione del privato, sanzionandolo. In quest’ottica, diversamente dalla SCIA, l’Amministrazione potrebbe sempre intervenire per sanzionare l’abuso e reprimerlo, senza limiti di tempo.

Secondo un diverso orientamento, la CILA è uno strumento di semplificazione regolato da leggi di settore, ma non dalla legge sul procedimento amministrativo generale. Secondo l’intento legislativo, lo scopo della CILA sarebbe quello di responsabilizzare il privato nel fornire una pratica completa in tutti i suoi elementi ed esente da abusi, con il solo placet del tecnico asseverante. Quindi, il privato risulterebbe in prima persona garante della comunicazione asseverata che presenta. 

Per questa posizione giurisprudenziale, la CILA avrebbe il difetto di non prevedere un momento di controllo amministrativo, a seguito del quale il provvedimento stesso si stabilizza e trova legittimazione. In altre parole, in questa prospettiva, la CILA avrebbe l'unico effetto di "attirare l’attenzione dell’Amministrazione", esponendo il privato a sanzioni soltanto qualora l’intervento sfoci in un abuso. Sanzioni peraltro precluse allorquando invece, con riferimento alla SCIA, l’Amministrazione non abbia esercitato i poteri repressivi ed inibitori entro i termini di cui all’art. 19 l. n. 241/1990. 

Così ragionando, pertanto, solo nel caso della CILA il privato rischierebbe di essere esposto senza limiti di tempo ad un eventuale potere amministrativo sanzionatorio, ma siccome tale comunicazione condividerebbe con la SCIA "l'intima natura giuridica”, l'orientamento giurisprudenziale in discorso assimila anche normativamente i due regimi, tanto da ritenere applicabili alla comunicazione asseverata gli stessi limiti di tempo e di motivazione di cui all’art. 19 l. n. 241/1990 in materia di SCIA.

Il TAR, nel caso di specie, si distanzia da quest’ultima posizione ermeneutica e conferma la tesi seguita in sede cautelare, aderendo al primo dei due orientamenti rappresentati, secondo cui non vi sarebbe alcun potere di controllo sistematico da parte dell’Amministrazione, ma solo un eventuale potere sanzionatorio a posteriori limitato ai casi di accertamento dell’abuso, senza alcun limite temporale.

Secondo il TAR, bisogna cercare le ragioni di tale interpretazione nella scelta del legislatore nel 2016 di prevedere un nuovo regime di interventi edilizi, accanto a quelli già noti della SCIA. Assimilare CILA e SCIA quanto a regime giuridico svilirebbe la differenziazione voluta dal legislatore che, in quel momento storico, voleva creare uno strumento ulteriore e diverso rispetto alla SCIA.

Inoltre, la CILA, a differenza della SCIA, richiede un quid pluris, cioè una asseverazione da parte di un tecnico che attesta, sotto la propria responsabilità, la conformità dei lavori richiesti. Proprio questo maggiore onere richiesto al privato dovrebbe, secondo il TAR, trovare una giustificazione nell’assenza in capo all’Amministrazione di un potere sistematico di controllo della CILA.

Orbene, il legislatore ha previsto, per il caso di accertamenti non conformi che fanno specifico riferimento alla CILA ancorata al c.d. Superbonus (art. 119 del d.l. n. 34/2020), una serie di sanzioni, pecuniarie e finanche penali, in capo ai soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli. Lo scopo sarebbe quello di sostituire il controllo amministrativo a valle, assicurando l’asseverazione a monte. Tanto più che, nel caso di specie, una asseverazione non conforme farebbe venire meno anche i privilegi fiscali derivanti dal superbonus. 

Dunque, secondo il TAR, il legislatore ha previsto in questo specifico caso poteri repressivi a posteriori sulle attività non conformi attuate, ma non poteri inibitori sulla CILA, dal momento che "nessun cenno viene fatto al potere inibitorio dell’intervento edilizio, né a un possibile intervento in autotutela dell’amministrazione".

Secondo il TAR calabrese, dunque, il Comune non avrebbe potuto inibire la CILA presentata dal condominio, avendo rispetto a tale comunicazione soltanto un potere repressivo sugli eventuali abusi edilizi.

L’annullamento degli atti impugnati consegue ad una motivazione che si distingue per la chiarezza con cui, in poche pagine, il Collegio giudicante riesce a ricostruire la materia, dando atto dei diversi orientamenti giurisprudenziali esistenti al momento della decisione.

La soluzione scelta dal giudice è basata su un percorso logico condivisibile, laddove distingue CILA e SCIA sulla base delle intenzioni legislative e della differente costruzione delle due discipline.

Bisogna, infatti, considerare che, nell’ultimo periodo normativo, il legislatore stia sempre più responsabilizzando il privato nella fase di avvio del procedimento, al fine di alleggerire l’attività amministrativa ed evitare una eccessiva burocratizzazione, che sfocerebbe nello svolgere due volte una stessa attività: una prima volta da parte del privato, una seconda da parte dell’Amministrazione.

Proprio per questo motivo, come rilevato dal TAR, il legislatore richiede al privato di dotarsi di tecnici in grado di asseverare la comunicazione di inizio lavori, e quindi di dare un rilevante contributo con valenza accertativa alla pratica amministrativa, di modo da ridurre gli oneri a carico dell’Amministrazione. Sarebbe, infatti, un controsenso, rafforzare gli oneri a carico del privato in fase di avvio del procedimento, se, poi, all’Amministrazione sarebbe comunque richiesto di svolgere ulteriori controlli prima della formazione del titolo edilizio.

Una scelta a favore dell’asseverazione che è condivisa anche da altre materie, come ad esempio quella dell’affidamento delle concessioni, dove è richiesta la presentazione di piani industriali e piani economico-finanziari asseverati da tecnici e società specializzate. Ciò, per dotare di maggiori garanzie le proposte presentate all’Amministrazione.

Di conseguenza, è coerente con il modello amministrativo e normativo che si sta affermando ammettere il controllo amministrativo con funzione inibitoria e repressiva laddove l’attività del privato sia libera, ovvero non supportata da asseverazioni, ma limitare il potere dell’Amministrazione a quello sanzionatorio nei casi di comunicazione asseverata, dove già un tecnico ha dato il suo placet all’attività, assumendosene tutte le responsabilità del caso. 

L’aspetto che potrebbe sollevare dei dubbi rispetto all’orientamento condiviso dal TAR è che, portandolo alle sue estreme conseguenze, si rischierebbe una deresponsabilizzazione dell’Amministrazione, la quale potrebbe sempre addurre di aver fatto affidamento sull’asseverazione, accertando l’abuso dopo molto tempo ed incidendo sugli interessi del privato quando ormai il bene è stato realizzato e l’interesse pubblico leso.

Proprio per tale motivo, sarebbe da valorizzare la questione-tempo, chiedendosi se l’Amministrazione, anche in caso di CILA, non possa rilevare le irregolarità solo entro precisi termini temporali, analogamente a quanto avviene nella SCIA, come indicato dall’orientamento superato dal TAR nella controversia esaminata, e magari assumendo una posizione mediana rispetto alle due diverse impostazioni, quanto meno de iure condendo.

In altre parole, pur condividendosi la soluzione scelta dal TAR in questo caso, occorrerebbe valutare se non sia più opportuno fare una sintesi dei due orientamenti e ammettere per l’Amministrazione solo un potere sanzionatorio in caso di CILA, definendone comunque dei precisi termini temporali. Difatti, guardando la questione dal lato del privato, lo stesso rischierebbe di trovarsi dopo molto tempo a poter essere ancora sanzionato a seguito di una lavorazione eseguita in virtù di una comunicazione asseverata consegnata all’Amministrazione e nella disponibilità della stessa. In altre parole, ci si dovrebbe chiedere, nell’ottica della certezza dell'attività amministrativa, se non sia il caso di stabilire che l’Amministrazione possa sanzionare e segnalare l’abuso solo entro un certo periodo di tempo, così da responsabilizzare la stessa P.A. ad agire con il massimo di efficacia e tempestività possibile, pur evitando di attribuirle un vero e proprio potere repressivo ed inibitorio, che, come visto, pare esulare dalle intenzioni del legislatore.

Di certo, resta il dato ineludibile secondo cui, a fronte di una maggiore fiducia nell'onestà del privato - e di conseguente "sburocratizzazione" dell'attività da lui avviata - si affievolisce necessariamente l'affidamento che il privato stesso può riporre nel consolidamento della legittimità del suo operato, sulla base del mero trascorrere del tempo, e in conseguenza di un "avallo" che deriva direttamente dall'interessato medesimo, senza alcuna intermediazione amministrativa di convalida.


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