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AVVALIMENTO DELL’ATTESTAZIONE SOA E NULLITA’ (PARZIALE) DELLA CLAUSOLA ESCLUDENTE

mar 08, 2021

LA CLAUSOLA DEL DISCIPLINARE DI GARA CHE SUBORDINI L’AVVALIMENTO DELL’ATTESTAZIONE SOA DI ALTRO OPERATORE ECONOMICO ALLA PRODUZIONE, IN SEDE DI GARA, DELL’ATTESTAZIONE SOA ANCHE DELLA STESSA IMPRESA AUSILIATA, SI PONE IN CONTRASTO CON GLI ARTT. 84 E 89, COMMA 1, DEL D. LGS. N. 50 DEL 2016, ED È PERTANTO NULLA AI SENSI DELL’ARTICOLO 83, COMMA 8, ULTIMO PERIODO, DEL MEDESIMO DECRETO LEGISLATIVO.

LA NULLITÀ DELLA CLAUSOLA ESCLUDENTE CONTRA LEGEM, PREVISTA DALL’ART. 83, COMMA 8, DEL D. LGS. N. 50 DEL 2016, CONFIGURA UN’IPOTESI DI NULLITÀ PARZIALE LIMITATA ALLA CLAUSOLA, DA CONSIDERARE NON APPOSTA, CHE NON SI ESTENDE DUNQUE ALL’INTERO PROVVEDIMENTO, IL QUALE CONSERVA NATURA AUTORITATIVA.

NE’ SI PUO’ CONSIDERARE APPLICABILE, AI FINI DEL TERMINE DI DECADENZA DELL’IMPUGNAZIONE, L’ART. 31, COMMA 4, PRIMO PERIODO DEL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO, IL QUALE SI RIFERISCE AI CASI IN CUI UN PROVVEDIMENTO SIA NULLO ED ‘INTEGRALMENTE’ IMPRODUTTIVO DI EFFETTI, MENTRE NEL CASO DI SPECIE, COME DETTO, SI TRATTA DI NULLITA’ PARZIALE.

LA CLAUSOLA ESCLUDENTE NULLA NON DEVE DUNQUE ESSERE IMPUGNATA IMMEDIATAMENTE, MA SE NE PUO’FARE VALERE L’INEFFICACIA IN OGNI TEMPO (ESSENDO PERALTRO “SEMPRE” RILEVABILE DI UFFICIO DAL GIUDICE) E UNITAMENTE AI SUCCESSIVI PROVVEDIMENTI ADOTTATI DALL’AMMINISTRAZIONE, CHE FACCIANO APPLICAZIONE O COMUNQUE SI FONDINO SULLA CLAUSOLA NULLA, IVI COMPRESI IL PROVVEDIMENTO DI ESCLUSIONE DALLA GARA O LA SUA AGGIUDICAZIONE.

I PROVVEDIMENTI APPLICATIVI DELL’ATTO NULLO, PERALTRO, VANNO IMPUGNATI NEL TERMINE DI DECADENZA PREVISTO PER LEGGE (TERMINE CHE E’ DIMEZZATO, IN CASO DI PROCEDURE DI AGGIUDICAZIONE DI APPALTI PUBBLICI), E NON DEVONO CONSIDERSI A LORO VOLTA NULLI IN VIA DERIVATA MA SEMPLICEMENTE ANNULLABILI, ANCHE QUALORA SE NE VOGLIA SEMPLICEMENTE FAR VALERE L’ILLEGITTIMITÀ DERIVANTE DALL’APPLICAZIONE DELLA CLAUSOLA NULLA (Adunanza plenaria n. 22 del 2020)


I quesiti posti all’attenzione dell’Adunanza Plenaria sono due:

a) se rientrino nel concetto delle clausole escludenti atipiche, di cui all’art. 83, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016, le previsioni dei bandi o delle lettere d’invito con le quali la stazione appaltante, limitando o vietando, a pena di esclusione, il ricorso all’avvalimento al di fuori delle ipotesi consentite dall’art. 89 del medesimo decreto legislativo, escluda, di fatto, la partecipazione alla gara degli operatori economici che siano privi dei corrispondenti requisiti di carattere economico-finanziario o tecnico-professionale;

b) se, in particolare, possa reputarsi nulla la clausola con la quale, nel caso di appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, sia consentito il ricorso all’avvalimento dell’attestazione SOA soltanto da parte di soggetti che già ne posseggano una propria.

La norma che viene anzitutto in rilievo, al riguardo, è l’art. 89 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che consente l’utilizzazione dell’avvalimento in via generale da parte delle imprese che negoziano con la pubblica amministrazione, prevedendo quali uniche eccezioni alla regola le ipotesi contemplate nei commi 4, 10 e 11 della stessa.

La seconda norma da tenere in considerazione è l’art. 83, comma 8, del medesimo decreto legislativo, laddove, nel disciplinare i criteri di selezione e il soccorso istruttorio, stabilisce che: «Le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità, congiuntamente agli idonei mezzi di prova, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse ed effettuano la verifica formale sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche professionali, ivi comprese le risorse umane, organiche all’impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite. I bandi e le lettere d’invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle».

La disciplina contenuta nella prima disposizione si incentra sui rapporti tra l’impresa ausiliaria e l’impresa ausiliata nonché sui rapporti giuridici che ciascuna di esse instaura con la stazione appaltante, prevedendo in capo a quest’ultima penetranti poteri di controllo sull’effettivo possesso dei requisiti professionali e tecnico-finanziari - che si estendono anche alla fase esecutiva - dell’impresa ausiliaria, la quale, pur non diventando parte nel contratto che segue l’aggiudicazione, è obbligata in solido con l’impresa ausiliata. Naturalmente, i poteri di controllo vengono esercitati dalla stazione appaltante anche nei confronti dell’impresa ausiliata, che è comunque l’unica che partecipa alla gara e sottoscrive il contratto in caso di aggiudicazione, risultando, così, garante dell’esatta esecuzione del contratto di avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria.

La disciplina contenuta nella seconda norma ricordata (art. 83) non elimina, anzi regolamenta, il potere della stazione appaltante di indicare nel bando le condizioni minime di partecipazione e i mezzi di prova. Questo, al fine di consentire la verifica, in via formale e sostanziale, delle capacità realizzative dell’impresa, nonché le competenze tecnico-professionali e le risorse umane, organiche all’impresa medesima.

Dalle richiamate disposizioni normative emerge tuttavia che, conformemente al diritto dell’Unione europea, la stazione appaltante incontra il limite di non poter escludere il meccanismo dell’avvalimento se non nei casi tassativamente previsti dalla legge.

Ritiene l’Adunanza plenaria che l’art. 20 del disciplinare di gara, nel caso di specie, sia illegittimo, per contrasto con l’art. 83, comma 8. La disposizione appare intrinsecamente contraddittoria, nel consentire l’avvalimento dell’attestazione SOA di altro soggetto e, poi, nel richiedere cionondimeno il possesso di propria attestazione SOA. Essa, inoltre, prevedendo una causa di esclusione (il mancato possesso della propria attestazione SOA) sprovvista di idonea base normativa, si pone in contrasto col divieto di porre cause di esclusione non previste per legge, a pena di nullità della clausola (art. 83, comma 8, ultimi due periodi).

Tuttavia, per evitare che l’avvalimento dell’attestazione SOA, ammissibile in via di principio per il favor partecipationis che permea l’istituto dell’avvalimento, divenga in concreto un mezzo per eludere il rigoroso sistema di qualificazione nel settore dei lavori pubblici, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha più volte ribadito che l’avvalimento dell’attestazione SOA è consentito ad una duplice condizione:

a) che oggetto della messa a disposizione sia l’intero setting di elementi e requisiti che hanno consentito all’impresa ausiliaria di ottenere il rilascio dell’attestazione SOA;

b) che il contratto di avvalimento dia conto, in modo puntuale, del complesso dei requisiti oggetto di avvalimento, senza impiegare formule generiche o di mero stile.

Pertanto, risulta illegittima, per violazione degli artt. 84 e 89, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016, la clausola del disciplinare di gara che, senza indicare le specifiche ragioni ai sensi dell’art. 89, comma 4, del d. lgs. n. 50 del 2016, subordini l’avvalimento dell’attestazione SOA alla produzione, in sede di gara, dell’attestazione SOA della impresa ausiliata, ed è, conseguentemente, di per sé illegittima l’esclusione della concorrente.

Ritenuta l’illegittimità della clausola escludente in contestazione, l’Adunanza Plenaria si sofferma sulla nullità o l’annullabilità della clausola stessa.

In estrema sintesi, viene affermato che la clausola escludente del bando è affetta da nullità, e pertanto da considerare come non apposta e quindi disapplicabile, poiché essa finisce per integrare un requisito ulteriore rispetto a quelli espressamente previsti dagli artt. 80 e 83 del codice dei contratti pubblici; cosa non consentita dall’ordinamento, che anzi in tal caso prevede la sanzione massima della nullità.

Si desume che si tratti di una nullità parziale che non invalida l’intero bando e che non si configuri una fattispecie di nullità derivata o successiva, bensì propria, ossia di una clausola in contrasto con una norma imperativa di legge.

L’Adunanza Plenaria ritiene che la clausola escludente che si ponga in violazione dell’art. 83, comma 8, del ‘secondo codice’ sugli appalti pubblici non si possa considerare annullabile (e dunque efficace).

Sancisce, infatti, che – al cospetto della nullità della clausola escludente contra legem del bando di gara – non vi sia l’onere per l’impresa di proporre alcun ricorso: tale clausola, in quanto inefficace e improduttiva di effetti, si deve intendere come ‘non apposta’, a tutti gli effetti di legge.

Non si possono considerare, quindi, applicabili l’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 e l’art. 31 del codice del processo amministrativo, i quali si riferiscono ai casi in cui un provvedimento sia nullo ed ‘integralmente’ improduttivo di effetti: la clausola escludente affetta da nullità, in base al principio vitiatur sed non vitiat già affermato dalla sentenza dell’Adunanza n. 9 del 2014, non incide sulla natura autoritativa del bando di gara, quanto alle sue ulteriori determinazioni.

Il legislatore, nel prevedere la nullità della clausola in questione, ha disposto la sua inefficacia, tanto che – se anche il procedimento dura ben più dei sei mesi previsti dall’art. 31 del c.p.a. per l’esercizio della azione di nullità – la stazione appaltante comunque non può attribuire ad essa rilievo perché ritenuta “inoppugnabile”.

I successivi atti del procedimento, inclusi quelli di esclusione e di aggiudicazione, pur basati sulla clausola nulla, conservano il loro carattere autoritativo e sono soggetti al termine di impugnazione previsto dall’art. 120 del codice del processo amministrativo, entro il quale si può chiedere l’annullamento dell’atto di esclusione (o comunque degli atti successivi definitori della gara) per aver fatto illegittima applicazione della clausola escludente nulla.

L’art. 120 non prevede alcuna deroga al termine di decadenza di trenta giorni, che sussiste qualsiasi sia il vizio – più o meno grave – dell’atto impugnato. Né può farsi discendere, quanto meno nell’ordinamento amministrativo, la nullità di un atto applicativo di un precedente provvedimento solo parzialmente affetto da una nullità riferita a una sua specifica clausola inidonea a inficiare la validità di quel provvedimento nel suo complesso.

Non vi è dunque alcun onere, in conclusione, per le imprese partecipanti alla gara di impugnare (entro l’ordinario termine di decadenza) la clausola escludente nulla e quindi “inefficace” ex lege, ma vi è uno specifico onere di impugnare nei termini ordinari gli atti successivi che facciano applicazione (anche) della clausola nulla contenuta nell’atto precedente.



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