Blog Layout

A 50 anni dalla legge TAR

set 06, 2021

Bilancio e prospettive della Giustizia amministrativa di primo grado dalla sua istituzione ad oggi.

a cura di Daniela Anselmi* e Federico Smerchinich


PREMESSA

L’art. 125 della Costituzione italiana prevede che “nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l’ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione”. E così, dopo la soppressione delle Giunte provinciali amministrative (in merito a cui si rinvia a Corte Cost., n. 30/1967), con la legge n. 1034 del 1971 sono stati istituiti i Tribunali Amministrativi Regionali proprio in ossequio all’art. 125 citato.

Al riguardo è possibile notare che l’art. 125 Cost. è norma collocata nella Sezione dedicata alle Regioni, il che secondo alcuni avrebbe dovuto far ritenere che i TAR avessero competenza soltanto per gli atti regionali o infraregionali, ma il legislatore li ha resi competenti per tutte le materie spettanti alla giurisdizione amministrativa.

In seguito a tale legge, perciò, la giustizia amministrativa ha ora due gradi di giurisdizione ed il Consiglio di Stato svolge il ruolo di giudice di appello (salvo il caso del giudizio di ottemperanza di una sentenza del Consiglio di Stato o il caso dei pareri nei ricorsi straordinari al Capo dello Stato) rispetto alle decisioni dei TAR.

Successivamente, le norme di cui alla l. n. 1034/1971 sono confluite nel d.lgs. n. 104/2010.

Attualmente nella nostra penisola vi sono 20 TAR relativi ad ogni capoluogo più 9 Sezioni staccate nelle Regioni del Lazio, Lombardia, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige, Abruzzo, Puglia, Campania, Sicilia e Calabria. I magistrati dei TAR sono giudici professionali assunti a seguito di pubblico concorso e suddivisi in referendari, primi referendari e consiglieri.

Nel 2021 si festeggia il 50° anniversario dell’istituzione dei TAR ed è possibile fare qui alcune brevi riflessioni sul ruolo del giudice amministrativo a mezzo secolo di distanza dalla l. n. 1034/1971, tematica che verrà affrontata in modo più approfondito al Convegno "Il punto sul Giudice dell'Amministrazione” che si terrà a Genova l’1-2 ottobre 2021. (Vai alla locandina)

 

I motivi dell’istituzione dei TAR nella relazione alla legge n. 1034/1971

Per comprendere i motivi che hanno portato all’istituzione dei TAR nel 1971 si ritiene utile riprendere la relazione di presentazione del disegno di legge n. 434 del 1970 [1] così da calarsi direttamente in quegli anni seguendo le parole dei politici di allora.

Ci si riferisce alla relazione di presentazione del testo avvenuta il 7 ottobre 1970 [2] ad opera dell’On. Roberto Lucifredi. In tale occasione il relatore aveva ricostruito la situazione della giustizia amministrativa, ricordando che già nel dopoguerra (1945-1955) erano state redatte proposte (come quella del Prof. Forte) di formazione dei TAR, come postulato dall’art. 125 della Costituzione, e rammentando che il tema era tornato attuale dopo che la Corte Costituzionale, a più riprese (93/1965, 49/1968, 55/1966, 30/1967, 33/1968), aveva dichiarato l’incostituzionalità degli organi che gestivano le questioni amministrative periferiche: Consigli comunali e provinciali, Sezioni dei tribunali del contenzioso elettorale, Consigli di Prefettura e Giunta giurisdizionale della Valle d’Aosta.

Tali decisioni avevano comportato una lacuna che Lucifredi aveva definito “grave” ed “estesissima” e che solo il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti avevano tentato di colmare. Tale assunzione di competenze da organi non competenti avrebbe comportato profonde incertezze e dubbi, trovando anche il contrasto della Corte di Cassazione.

Partendo da questa situazione di fondo, Lucifredi aveva affermato che se da una parte era impossibile per il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti gestire l’enorme mole di contenzioso periferico che gli si presentava, dall’altra non era immaginabile accentrare a Roma tutte le controversie che si sviluppano sui territori regionali e che in tali luoghi avrebbero “la loro naturale sede di risoluzione”. Quindi era necessario affrontare la “dolorosa realtà che oggi vi sono settori di rapporti amministrativi che sono del tutto sprovvisti di quel giudice che pure l’articolo 113 della Costituzione sempre assicura nei confronti di tutti gli atti amministrativi”.

Il relatore aveva aggiunto poi una frase molto efficace: “Non credo, dunque, di esagerare, definendo drammatica e indegna di un popolo dalle luminose tradizioni giuridiche, di cui tanto spesso vantiamo, la situazione in cui attualmente si trova, in questo campo, il nostro diritto positivo. Noi legislatori ne siamo responsabili, e tanto più lo saremo, quanto più ritarderemo la nuova disciplina giuridica della materia. [3]

La situazione che, dunque, ha portato ad istituire i Tribunali Amministrativi Regionali era di profonda difficoltà nella gestione del contenzioso originato dalle questioni amministrative, considerando l’assenza di organi ad hoc che affrontassero a livello periferico ed in modo capillare le controversie amministrative.

Il rischio di accentrare ulteriormente a Roma, presso il Consiglio di Stato, la gestione della mole di questioni periferiche avrebbe comportato lo stallo della giustizia amministrativa, incidendo sulla qualità della stessa, oltre a concretizzare una violazione dell’art. 125 della Costituzione ormai in atto da oltre un ventennio.

L’approvazione della legge istitutiva dei TAR è stata subito ritenuta dal suo relatore un punto di svolta, tanto che nella parte finale relazione dell’8 ottobre 1970 [4] si legge: “Probabilmente, taluni dei colleghi parlamentari, che non seguono a fondo le discipline delle materie amministrative può darsi che non si rendano conto dell’importanza di questo provvedimento che oggi per nostro merito perviene a conclusione. Dovete tenere presente che con la nostra deliberazione di ieri e di oggi abbiamo inciso profondamente su di un sistema di giustizia amministrativa vigente in Italia dal 1865. Alcuni punti fondamentali sono rimasti intatti, altri, invece, sono stati modificati ed integrati in relazione alla necessità di oggi, sicché senza fare demagogia, si può affermare che si introduce in questo settore una riforma, che taluni aspetti rivoluzionari. Io formulo l’augurio che questa legge, durante la sua applicazione, dia i risultati che noi tutti speriamo.

A 50 anni dall’entrata in vigore della legge 1034/1971, molte delle parole sopra riportate sembrano ancora attuali, rispecchiando problematiche oggi presenti. Ad ogni modo Lucifredi sicuramente aveva colto la portata rivoluzionaria della legge e l’importanza dell’istituzione dei tribunali amministrativi regionali.

 

Il ruolo dei TAR ai nostri giorni: potenzialità e criticità

Lo stato dell’attuale organizzazione della giustizia amministrativa ed il ruolo dei TAR nella società possono essere riassunti tramite i numeri che di anno in anno vengono presentati in occasione delle inaugurazioni dell’anno giudiziario. [5]

Se prendiamo a riferimento quanto esposto dal Presidente del Consiglio di Stato il 2 febbraio 2021 [6], è possibile notare che i TAR nel 2020 hanno avuto a che fare con circa 42.049 nuovi ricorsi pervenuti, circa 57.351 definiti e 135.451 pendenti.

Concentrandosi sui ricorsi pervenuti, può notarsi che, soprattutto a causa della pandemia, il numero di ricorsi nel 2020 è il più basso degli ultimi 5 anni. Un trend che vale anche per quelli definiti e quelli pendenti.

Sono dei numeri enormi che dimostrano come il ruolo dei TAR sia effettivamente centrale nella gestione del contenzioso amministrativo e che sarebbe ben difficile immaginare un assetto giurisdizionale senza questi tribunali istituiti nel 1971. È quindi stata corretta l’intuizione che sin dal dopoguerra ha spinto i vari legislatori ad attuare lo spirito dell’art. 125 della Costituzione.

A ciò si aggiunge che proprio gli ultimi due anni hanno dimostrato il cambio di passo dell’organizzazione della giustizia amministrativa di TAR e Consiglio di Stato rispetto alle altre branche dell’ordinamento giudiziario, consentendo di proseguire la propria attività decisionale e di udienza da remoto attraverso strumenti tecnologici all’avanguardia ed un rapporto con l’avvocatura specialistica che ha permesso di tracciare le linee guida più corrette per affrontare il difficile momento storico appena trascorso. In tale scenario i TAR, tramite i propri magistrati, sono riusciti a “reggere il colpo” in vista di un periodo che ci si auspica sia migliore.

Purtroppo, però, i numeri che abbiamo appena richiamato dimostrano anche una criticità che attanaglia la giustizia amministrativa (così come quella ordinaria): l’arretrato che, seppur in diminuzione, si attesta attualmente in 158.147 pendenze al 31 dicembre 2020 rispetto a 173.997 al 31 dicembre 2019 e 465.681 al 31 dicembre 2011. Sul punto è stato recentemente varato il d.l. n. 80/2021 convertito dalla legge n. 113/2021 che affronta proprio la tematica con riguardo anche alla giustizia amministrativa.

In particolare la nuova normativa, oltre ad introdurre una disciplina acceleratoria come l’art. 72 bis c.p.a., [7] prevede di ridurre l’arretrato tramite l’assunzione con contratto a tempo determinato di un contingente di giovani destinato all’ufficio del processo presso (solo) alcuni TAR (Lazio-Roma, Lombardia-Milano, Veneto, Campania-Napoli e Salerno, Sicilia-Palermo e Catania), con il compito di studiare le controversie pendenti antecedenti al 31 dicembre 2019 e coadiuvare il collegio nell’individuare quelle di pronta soluzione e quelle invece da approfondire con ulteriore istruttoria, oltre a svolgere ricerche ed approfondimenti.

Tuttavia il testo legislativo è stato criticato sia da parte della magistratura [8] che dell’avvocatura specializzata [9], che avrebbero invece preferito un potenziamento del numero dei magistrati amministrativi (gli unici che redigono le sentenze e possono materialmente ridurre l’arretrato) ed un maggior coinvolgimento degli avvocati nell’attività di analisi ed individuazione delle pendenze di pronta soluzione.

Oltre alla problematica dell’arretrato, è interessante vedere i dati sulla durata dei processi che risultano sempre dalla relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2021 [10]. Per i giudizi cautelari i tempi medi per avere una risposta dai TAR sono 40 giorni (ridotti rispetto ai 48 del 2019), mentre in materia di appalti 30 giorni (in linea con i precedenti anni); per i giudizi di merito nel rito appalti è di 113 giorni, mentre per gli altri giudizi è di circa 686 giorni [11]. Tempi non certo brevi.

Alla luce di tali numeri, è possibile affermare come il ruolo dei TAR sia sempre più centrale nella gestione del contenzioso amministrativo, ma che molto ancora deve essere fatto per potenziare tali tribunali e consentirgli di ridurre le pendenze e dare una risposta più veloce ai cittadini.

In tale contesto è utile rilevare come incida profondamente sull’accesso alla giustizia amministrativa anche il valore elevato del contributo unificato nei contenziosi amministrativi, addirittura fino 6.000 euro per ogni ricorso nel il rito appalti in primo grado (quindi 6.000 euro per il ricorso principale ed altri 6.000 euro  per ogni ulteriore ricorso per motivi aggiunti), limitando implicitamente ma effettivamente la possibilità di proporre un ricorso e creando discriminazioni tra “chi può permetterselo e chi no”.

 

La  "missione" del giudice amministrativo di primo grado

I TAR sono il luogo in cui svolgono la loro funzione i giudici amministrativi di primo grado, reperiti tramite concorso e insediati in collegi nelle Sezioni dei tribunali presenti sul territorio italiano.

Il giudice amministrativo di primo grado è il primo giudice che entra in contatto con la vicenda controversa e svolge un ruolo fondamentale nell’individuare correttamente il thema decidendum e le questioni di rito immediatamente risolvibili. È scontato dire che gran parte della qualità della risposta della giustizia amministrativa passi proprio dalle decisioni prese nei TAR. Infatti, buone sentenze di primo grado limitano le impugnazioni e consentono, in caso di appello, al giudice di secondo grado di meglio inquadrare la vicenda.

In tale contesto non bisogna, inoltre, dimenticare che per gli appelli al Consiglio di Stato vige, salvo le deroghe espresse dall’art. 104 c. 2 c.p.a., il divieto di nova in appello, aumentando l’importanza dell’attività istruttoria svolta davanti al giudice di primo grado.

Un ruolo che diviene ulteriormente centrale se si pensa al potere delle ordinanze cautelari che consentono, in caso di accoglimento, una tutela pressoché immediata concessa al ricorrente per evitare peggiori danni. Ciò non dimenticando altresì la risposta ancor più celere che può essere garantita tramite i decreti cautelari presidenziali.

Proprio il fatto che siano i TAR a dare la prima risposta ai cittadini in cerca di tutela avverso gli atti dell’autorità pubblica, ha di fatto portato ad identificare, nel bene e nel male, la giustizia amministrativa con questi tribunali istituiti nel 1971.

È infatti noto che frequentemente siano i TAR ad essere presi di mira e a venir tacciati di rallentare la realizzazione delle opere pubbliche e di interferire con la ripartenza economica del Paese. Addirittura, una certa parte della rappresentanza politica aveva avanzato, in passato, proposte per ridurre e addirittura azzerare il numero dei TAR e trasferirne le competenze alla giustizia ordinaria.

Proposte che, è inutile dirlo, non avrebbero ragione di esistere considerando i numeri dei contenziosi gestiti dai tribunali amministrativi, la specializzazione della materia, nonché il livello tecnologico raggiunto in questa sede rispetto alla giustizia ordinaria che pure soffre (di ben più gravi) problemi di arretrato e gestione delle controversie. 

Quindi, allo stato, il settore dei giudici amministrativi dei TAR ricopre una posizione di primaria importanza nella gestione delle materie di matrice pubblico-amministrativa, soprattutto all’alba della progettazione PNRR, di cui difficilmente può immaginarsi di farne a meno.

 

Le proposte dell’avvocatura amministrativista per miglioraRE l’assetto attuale

Come finora visto, la giustizia amministrativa di primo grado, se da una parte ha assunto nei suoi 50 anni di storia un ruolo sempre più essenziale, dall’altra deve ancora superare diversi ostacoli come l’arretrato, la velocità di definizione dei giudizi e la carenza di organico; si avverte inoltre la necessità di migliorare l’assetto del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.

Per tentare di risolvere questi problemi ed apportare il contributo necessario a rafforzare l’intera giustizia amministrativa, l’avvocatura specializzata nel settore sta cercando, tramite le proprie associazioni di rappresentanza, di farsi interlocutrice in un confronto con la magistratura, al fine di individuare le proposte che possono essere condivise e ritagliare alla stessa avvocatura un ruolo di collaborazione più stretta, nel rispetto della diversità dei ruoli, con i magistrati amministrativi.

E così, diverse sono le proposte che sono state presentate nel corso degli ultimi mesi in occasione della proliferazione di numerosi decreti legge che hanno riguardato in modo importante anche la giustizia amministrativa.

Per quanto riguarda la gestione dell’arretrato, ad esempio l’avvocatura ha proposto di creare team di lavoro all’interno dei TAR a cui prendano parte anche gli avvocati, che più di altri possono aiutare i magistrati nell’individuare le questioni da trattare e selezionare gli affari con priorità. [12]

Allo stesso modo, è stato proposto di prendere quanto di positivo è stato realizzato a seguito dell’emergenza pandemica al fine di portare a regime alcuni strumenti organizzativi, come l’udienza da remoto (ora prevista per il solo arretrato dall’art. 86 c. 4 bis c.p.a.), i collegamenti a distanza tramite video e le note d’udienza, per semplificare la gestione delle udienze e velocizzare la trattazione delle questioni. [13]

Dall’altra parte, per affrontare la carenza di organico, l’avvocatura ha proposto di rivedere il concorso a referendario TAR per ridurre (a 3 o 5) gli anni di accesso allo stesso (attualmente 8 contro i 18 mesi per i magistrati ordinari) per coloro che provengono dall’avvocatura specializzata, che magari hanno svolto periodi di tirocinio presso TAR e Consiglio di Stato, e svolgono la professione nel settore del diritto amministrativo maneggiando quotidianamente, magari più di altre categorie di giuristi, le tematiche oggetto di concorso e di contenzioso avanti ai TAR. [14]

In tale ambito, infatti, la semplice assunzione di funzionari e assistenti all’ufficio del processo non sembrerebbe dare quel cambio di passo di cui la giustizia amministrativa avrebbe bisogno.

Anche con riguardo all’organizzazione dell’Organo di autogoverno si potrebbe pensare a qualche correttivo che implichi una partecipazione più attiva della classe forense rispetto alla discussione di tematiche di interesse generale, come d'altra parte oggi già avviene nella magistratura ordinaria, tramite la composizione mista dei Consigli giudiziari.

Si tratta dunque di tutta una serie di proposte che sono indicative di un possibile percorso di confronto di cui potrebbero beneficiare sia la magistratura amministrativa di primo grado che il mondo dell’avvocatura specializzata.


* Avvocata amministrativista, Vice Presidente U.N.A.A.


Il tempo delle riforme: l’attuazione dell’unicità di accesso e di carriera nella Giustizia amministrativa.

a cura della Redazione*


PREMESSA

Il termine “riforma” in Italia ricorre non periodicamente, ma costantemente. In tutti i settori.

Non è esente il settore della giustizia amministrativa, che sta attendendo da anni l’attuazione dell’art. 7 della legge 27 aprile 1982, n. 186, come modificato dall’art. 18 della legge n. 205 del 2000, in cui si prevede un “generale riordino dell'ordinamento della giustizia amministrativa sulla base della unicità di accesso e di carriera, con esclusione di automatismi collegati all'anzianità di servizio”.

La riforma ordinamentale non è più rinviabile, ormai: è patrimonio comune la consapevolezza della necessità di rivedere un sistema imperfetto (ricostruito con cura e precisione nell’articolo a firma di Gabriella De Michele, già pubblicato su questo sito: https://www.primogrado.com/come-eravamo-e-come-siamo-rimasti-unicita-di-accesso-e-di-carriere-lo-strano-caso-dei-giudici-amministrativi).

La mancata attuazione di questa improcrastinabile riforma è la causa di continui malesseri e conflitti all’interno del plesso della Giustizia amministrativa, recentemente culminati nella vicenda dell’emendamento 17.100 presentato in sede di conversione del decreto legge n. 80 del 2021 (sul Recovery Plan), al malcelato fine di aumentare ancora di più, anche nell’organo di autogoverno, alcuni non più giustificabili privilegi "microcorporativi" di cui godono i Consiglieri di Stato reclutati tramite concorso diretto. (vedi intervento della Redazione sul sito)

Certamente tanti possono essere gli spazi della riforma.

Solo per fare qualche esempio di riforme necessarie: quella della c.d. giurisdizione domestica, con la disciplina della impugnazione degli atti dell’autogoverno e la modifica strutturale del procedimento disciplinare, la necessità di una maggiore separazione delle funzioni consultive del Consiglio di Stato da quelle giurisdizionali e il rafforzamento delle garanzie di imparzialità e di separazione tra concorso alla formazione di atti normativi o amministrativi e svolgimento delle funzioni giurisdizionali.

Tuttavia, oggi, per modificare l’aspetto più disarmonico del sistema “giustizia amministrativa”, è necessario innanzitutto superare la frammentazione presente tra il primo e il secondo grado.

L’attuale sistema disegna infatti una netta separazione tra lo svolgimento delle funzioni di appello e quelle di primo grado, relegate in ruoli separati, il che, tra le altre cose, comporta contrapposizioni interne e una ingiustificabile distinzione tra magistrati che svolgono le funzioni in primo e secondo grado, le cui carriere seguono percorsi diversi e fortemente penalizzanti per i primi.

Nel sistema attuale il Consiglio di Stato è composto: 

a)   in ragione della metà dai consiglieri di T.A.R. che ne facciano domanda e che abbiano almeno quattro anni di effettivo servizio nella qualifica; 

b)  in ragione di un quarto mediante reclutamento per concorso pubblico per titoli ed esami; 

c)  in ragione di un quarto da professori universitari ordinari di materie giuridiche, da avvocati con particolari requisiti, da dirigenti generali od equiparati o da magistrati ordinari con qualifica non inferiore a quella di Corte d’Appello (c.d. nomina governativa).

Tuttavia, i magistrati che scelgono di passare in appello vedono totalmente azzerata l’anzianità di servizio, e possono tornare in primo grado solo se divengono presidente di T.A.R. (l’anzianità di servizio gli è riconosciuta solo a questi fini).

Riprendendo le parole di presentazione dell’articolo di Gabriella de Michele * la separazione tra Tar e Consiglio di Stato e questa “forma di passaggio anomala” creano una barriera tra magistrati entrati al CDS per concorso e magistrati transitati dal primo al secondo grado, che costituisce un unicum nel panorama giurisdizionale italiano.


Verso il ruolo unico: una proposta di riforma

Come detto, il ruolo unico presuppone che venga riconosciuta tutta l’anzianità per i consiglieri di T.A.R. che transitano al Consiglio di Stato e la possibilità, dopo un adeguato numero di anni nello svolgimento delle funzioni di appello, per tutti i Consiglieri di Stato di poter svolgere le funzioni semidirettive o direttive in primo grado.

Posto che è dubbia l'utilità, prima ancora che la necessità, di un accesso diretto al Consiglio di Stato per via concorsuale - salvo forse per ciò che concerne le funzioni consultive - sarebbe in ogni caso opportuna la previsione di un sistema transitorio che salvaguardi le posizioni e le aspettative già maturate dai Consiglieri di Stato in ruolo al momento di entrata in vigore della riforma e dei magistrati di primo grado che hanno scelto di non transitare in appello.

Si tratta di una proposta semplice, che richiede poche disposizioni normative, attraverso cui modellare la giurisdizione sulla falsariga del sistema della Corte Conti, ma che raggiunge un grande risultato per tutti. 

Verrebbe finalmente a delinearsi in tal modo un complesso giurisdizionale unitario, che supera le attuali micro divisioni, finalità non solo ancora attuale, ma oggi quanto mai necessaria per portare la giurisdizione amministrativa ad affrontare le sfide del nuovo tempo.

Dopo aver assistito al sopra ricordato tentativo di “colpo di mano” a colpi di emendamenti, e alla costituzione di tavoli tecnici che sono poi naufragati, oggi una riflessione può e deve essere fatta sulla strada più idonea per giungere ad una vera svolta.

I recenti incontri in sede sindacale si sono arenati alla luce delle eccessive distanze registrate sui vari fronti.

Si ritiene difficile in questo contesto - anche se sempre auspicabile - immaginare che sia possibile una riforma proveniente dall’interno che registri il consenso di tutte le componenti e che abbia un ampio respiro, visto e considerato l’orientamento “conservatore” della componente concorsuale dei Consiglieri di Stato. 

Solo l’intervento del Parlamento può dunque sbloccare una situazione ormai bloccata, a mezzo completamento della riforma nei termini già prefigurati dal legislatore del 2000, ovvero introducendo l’unicità di accesso e di carriera. 

Si tratta di una riforma che non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, e che, proprio per la sua urgenza, può e deve essere trattata prioritariamente ed in modo separato rispetto a qualsiasi altro intervento normativo di carattere ordinamentale o di organizzazione della giustizia amministrativa.

Solo una assunzione di responsabilità da parte della politica, quale luogo di mediazione e sintesi dei conflitti, può portare ad una razionalizzazione del plesso della Giustizia amministrativa, che oggi, ancora più di ieri, è necessario e non più rinviabile.

Questo è l’auspicio e insieme l’invito di chi scrive. 


* Le riflessioni  qui riportate rappresentano il punto di vista dei Magistrati amministrativi che collaborano con il sito



[1] Poi convertito nella legge 1034/1970

[2] Cfr. pag. 113 del testo della relazione consultabile al sito istituzionale http://legislature.camera.it/_dati/leg05/lavori/stencomm/01/Leg/Serie010/1970/1007/stenografico.pdf

[3] Dopo questo preambolo Lucifredi ha presentato la proposta di legge, spiegando i motivi che hanno portato a sottrarre le competenze tributarie ai TAR e l’introduzione delle materie di giurisdizione esclusiva in cui interessi legittimi e diritti soggettivi si intersecano facendo invero sorgere alcuni dubbi interpretativi. Infine, nella ultima parte della relazione, ha trattato il delicato tema dei giudici da insediare in questi nuovi tribunali amministrativi, proponendo inizialmente che siano i Presidenti di Sezioni del Consiglio di Stato, o i Consiglieri anziani del Consiglio di Stato a presiedere i tribunali amministrativi al fine di completare la saldatura tra vecchio e nuovo ordinamento della giustizia amministrativa. Nel frattempo sarebbero stati attivati i concorsi per individuare i nuovi giudici amministrativi di primo grado.

Interessante vedere come già in tale sede si avvertiva il rischio di un massiccio contenzioso avanti al TAR Lazio, proponendo l’istituzione di diverse Sezioni in tale Tribunale Amministrativo, e si proponeva altresì di consentire l’accesso al Consiglio di Stato solo a chi in precedenza era stato al TAR.

[4] La discussione del disegno di legge è iniziata il 7 ottobre 1970 e proseguita il giorno successivo come si può vedere dal testo proposto nel sito istituzionale http://legislature.camera.it/_dati/leg05/lavori/stencomm/01/Leg/Serie010/1970/1008/stenografico.pdf

[5] https://www.giustizia-amministrativa.it/statistiche

[6] https://www.giustizia-amministrativa.it/documents/20142/4353950/dati+statistici.docx/87697e08-f15a-5db0-4f10-b81392683083?t=1612269489519

[7] In merito ai quali i redattori hanno già scritto, cfr. http://www.unioneamministrativisti.it/wp-content/uploads/2021/07/Osservazioni-su-emendamenti-17.100-17.4-e-17.200-al-d.l.-802021-A.S.-n.-2272.pdf

Interessante vedere anche le proposte presentate da parte della magistratura amministrativa https://www.primogrado.com/una-proposta-di-riforma-per-lefficienza-e-la-celerita-del-processo-amministrativo-introduzione-del-nuovo-art-65-bis-nel-codice

V. sul punto anche https://www.primogrado.com/giustizia-amministrativa-e-ragionevole-arretrato

[8] V. intervento del Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Amministrativisti http://www.guidaaldirittodigital.ilsole24ore.com/art/primo-piano/2021-07-10/la-giustizia-amministrativa-pnrr-inserita-corsa-senza-obiettivi-mirati--092803.php?uuid=AE4hxiR 

V. intervento della redazione di Primo Grado

https://www.primogrado.com/giustizia-amministrativa-e-ragionevole-arretrato  

[9] V. proposte dell’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti

http://www.unioneamministrativisti.it/wp-content/uploads/2021/07/AAL-D.l.-n.-802021-proposte.pdf

[10] V. nota 6.

[11] Questo ultimo dato è riportato dallo studio di UNICATT relativamente all’anno 2019 https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-Giustizia%20amministrativa_11%20luglio%20.pdf.

[12] V. nota 7

[13]V. quanto già scritto dai redattori

http://www.avvocatiamministrativistiliguri.it/wp-content/uploads/2021/04/Processo-amministrativo-da-remoto-...-.pdf

[14] V. nota 7



Share by: