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Verifiche fiscali e informazioni preventive sulle facoltà difensive esercitabili dal contribuente

aggiornamento a cura di Alma Chiettini • feb 11, 2022

Cassazione Civile, Sez. Unite, 2 febbraio 2022, n. 3182


 Il quesito sulla possibilità di utilizzare legittimamente documentazione extracontabile rinvenuta all’interno di una valigetta chiusa appartenente all’amministratore delegato di una società e appoggiata sulla scrivania dello stesso, valigetta aperta dall’interessato spontaneamente e senza coercizione rispondendo a una richiesta della Guardia di Finanza, ha fornito alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione l’occasione per chiarire alcune questioni sul livello e sul grado di tutela apprestati dall’ordinamento ai diritti che entrano in gioco in caso di acquisizione di borse durante gli accessi eseguiti in sede di verifiche fiscali (art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972, art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 12 della l. n. 212 del 2000), e anche sulla compatibilità del sistema con i canoni costituzionali.

1. In primo luogo, è stato affermato che “quando viene in discussione la tematica relativa ai poteri istruttori in materia di acquisizione coattiva di borse, i parametri costituzionali di riferimento sono costituiti dagli artt. 13 e 14 della Costituzione”, e non dall’art. 15 della Costituzione, sul diritto alla segretezza della corrispondenza e di qualsiasi forma di comunicazione, come ha ipotizzato parte della dottrina. Difatti, non si discute di uno scambio di corrispondenza ma dell’apertura di borse del cui contenuto nulla è dato sapere all’atto del loro rinvenimento. Invece, occorre bene distinguere l’ipotesi in cui la borsa costituisce un elemento collegato e a stretto contatto con l’individuo, che la indossa in modo che essa diviene parte della persona stessa, a cui si applicano le garanzie sulla libertà personale apprestate dall’art. 13 Costituzione, dalla distinta ipotesi in cui la borsa costituisce un mezzo di trasporto, ove si applica la tutela apprestata per il domicilio dall’art. 14 Costituzione. E il comma terzo di quest’ultimo articolo dispone che “gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali”. Per cui “il fatto che, in tema di accertamenti ed ispezioni, il legislatore costituzionale abbia equiparato la materia fiscale a quelle incidenti su sanità e incolumità pubblica, di evidente e primaria rilevanza sociale, rende palese il particolare valore attribuito alla materia fiscale dal costituente, che ha appunto demandato al legislatore fiscale di regolarne presupposti e modalità in modo autonomo rispetto alle garanzie previste in tema di libertà personale”.

2. In secondo luogo, è stato osservato che con la disposizione di cui al comma 3 dell’art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972, ove è prevista la necessità dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica “per procedere durante l’accesso a perquisizioni personali e all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili”, il legislatore ha introdotto una peculiare misura protettiva nei confronti del contribuente che, con il suo contegno, mostra di opporsi alla richiesta avanzata dai verificatori di apertura di uno dei beni indicati. Ne discende che l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica è richiesta soltanto nel caso di <apertura coattiva> mentre non è necessaria in presenza di consenso in qualunque forma manifestato dal contribuente, e che spetta al giudice individuare.

Sul punto, in termini generali è stato precisato che il consenso deve ritenersi mancante non soltanto nelle ipotesi di costrizione materiale ma anche in quelle di apertura operata dal contribuente sotto minaccia, o solo determinata da coazioni implicite e ambientali indotte, cioè, dalle modalità utilizzate dai verificatori per la richiesta di apertura. Il consenso è coartato, ad esempio, quando è indotto dalla minaccia di conseguenze sfavorevoli in caso di mancata consegna. In ogni caso, la verifica in ordine all’esistenza del consenso e alla sua validità, prestato dal contribuente o da chi ha la disponibilità giuridica della borsa, involge un accertamento che è riservato al giudice di merito e che deve essere effettuato in base agli elementi offerti dalle parti. 

 Occorre altresì tenere conto che con l’autorizzazione si realizza il corretto bilanciamento fra l’interesse fiscale all’acquisizione della borsa e del suo contenuto (ex art. 53 Costituzione) ed il diritto alla inviolabilità del domicilio ex art. 14 Costituzione), e che il medesimo equilibrio il legislatore fiscale ha inteso realizzare tutte le volte in cui è lo stesso contribuente a dimostrare, con il suo contegno, una volontà adesiva alla richiesta di consegna della borsa da parte dei verificatori, dato che in tali ipotesi l’autorizzazione risulta non necessaria in conseguenza dell’atto volontario e consapevole del titolare del diritto.

 3. In terzo e ultimo luogo, è stato affermato che non esiste, allo stato, alcuna norma da cui desumere che la disciplina in tema di apertura di borse sia condizionata all’adempimento di un “obbligo informativo relativo alla necessità dell’autorizzazione del P.M. o del giudice”. E ciò perché il contenuto precettivo contenuto nel comma 3 dell’art. 52 in esame si limita a prevedere l’autorizzazione per il solo caso dell’acquisizione coattiva. E non rileva neppure il disposto del comma 2 dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000 (sul diritto del contribuente a essere informato delle ragioni che hanno giustificato la verifica fiscale, sulla facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché sui diritti e sugli obblighi che vanno riconosciuti in occasione delle verifica), sia perché lo statuto dei diritti del contribuente contiene “criteri guida per orientare l’interprete nell’esegesi delle norme” sia, soprattutto, perché non vi è alcuna “connessione né un’immediata e consequenziale relazione causale tra l’informazione circa la facoltà di farsi assistere da un professionista in sede di verifica e la validità del consenso prestato all’apertura della borsa. E ciò per l’assorbente considerazione che non si rinviene nell’art. 12, comma 2, l’esistenza di uno specifico obbligo informativo in tal senso”.Da ciò consegue che “la mancata informazione sulla possibilità di farsi assistere da un difensore non può esser valorizzata onde supplire al deficit normativo in atto esistente in tema di obbligo di informazione del contribuente del diritto di non aprire la borsa (e del conseguente instaurarsi del regime autorizzatorio di cui all’art. 52, comma 3)”.

In conclusione, è stato pronunciato il principio di diritto, secondo cui in tema di accertamento delle imposte, con riguardo all’apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e mobili in genere, prevista in materia di IVA dal d.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 3, ai fini della valida espressione del consenso alla apertura della borsa non è necessario che il contribuente sia stato informato della sussistenza di una previsione di legge che, in caso di sua opposizione, consente l’apertura coattiva solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, non rinvenendosi un obbligo in tal senso nell’art. 52 citato e neanche nella l. n. 212 del 2000, art. 12, comma 2.


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