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Il divieto di rielezione del Presidente della Repubblica: mito o necessità?

di Sergio Conti, già Presidente di TAR • feb 14, 2022

Prologo

Luigi Pirandello nel saggio “L’umorismo [1] tratteggia le caratteristiche  di questo genere letterario, che risulta caratterizzato da un sentimento particolare, nutrito di riflessione, quale quello del “contrario”. Secondo lo scrittore, l’umorista, infatti, non procede a un’armonizzazione dei contrasti, ma fonda la propria arte sulla dissonanza e sulla scissione, sulla contraddizione, sulla presenza irrisolta di opposizioni.

Anche le vicende istituzionali attuali possono essere lette alla stregua di tale genere letterario? Parrebbe di sì, posto che nei giorni scorsi vi è stata, dopo che l’interessato aveva più volte escluso una siffatta possibilità, la rielezione del Presidente Mattarella alla suprema magistratura della Repubblica.


I fatti

All’approssimarsi della scadenza del settennato, il Presidente della Repubblica Mattarella – come è stato ampiamente riportato dai quotidiani - ha affermato la sua indisponibilità ad un secondo mandato, richiamando anche le considerazioni svolte a suo tempo, con un messaggio alle Camere, dal Presidente A. Segni [2].

Il 2 dicembre 2021 veniva depositato, dai senatori Parrini, Zanda e Bressa del PD, il disegno di legge costituzionale n. 2468, recante “Modifiche agli articoli 85 e 88 della Costituzione in materia di non rieleggibilità del Presidente della Repubblica e di esercizio del potere di scioglimento delle Camere negli ultimi sei mesi del suo mandato” [3]

La proposta è di due soli articoli:

“Art. 1. (Non rieleggibilità del Presidente della Repubblica) 1. Al primo comma dell'articolo 85 della Costituzione sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e non è rieleggibile.».

Art. 2. (Abolizione del cosiddetto «semestre bianco») 1. Il secondo comma dell'articolo 88 della Costituzione è abrogato”.

All’esito di una tormentata settimana [4] nella quale si è visto di tutto (per usare un eufemismo), all’ottava votazione, pare su indicazione del Presidente del Consiglio Draghi  [5], vi è stata la rielezione del Presidente Mattarella, il quale, su richiesta dei capi gruppo di maggioranza, aveva nel frattempo manifestato la propria disponibilità al riguardo  [6].

In data 3 febbraio 2022, giorno del giuramento del Presidente Mattarella, il deputato F. Lollobrigida di FDI ha depositato alla Camera una proposta di legge costituzionale per introdurre il divieto di rielezione del Capo dello Stato [7], sostanzialmente simile a quella dei tre senatori del PD.


Il commento

Sugli avvenimenti “rocamboleschi” che hanno caratterizzato l’elezione del Presidente della Repubblica e si sono conclusi con la rielezione del Presidente Mattarella potranno sicuramente scriversi libri sia di cronaca politica (alla ricerca dei retroscena) sia approfonditi saggi dottrinali (di scienza della politica, di diritto costituzionale, di sociologia politica e, fors’anche, di antropologia). Nel breve spazio di questo commento è utile soffermarsi, in un’ottica strettamente giuridica, sulla questione della possibilità di rielezione del Presidente della Repubblica.


Breve rassegna della dottrina

Se si scorre la manualistica, si può notare che la questione è solitamente trattata in poche righe, nelle quali si pone in rilievo che l’art. 85 della Costituzione non vieta la rielezione  [8]. Al massimo si evidenzia la sussistenza di “ragioni di opportunità e di correttezza costituzionale , ma non giuridiche, che potrebbero limitare la rieleggibilità del Presidente”  [9].

Anche nelle voci sul Presidente della Repubblica delle enciclopedie giuridiche si perviene prevalentemente alle stesse conclusioni. Nel Novissimo Digesto Italiano, P. Barile (1966) dedicava poche righe all’argomento, concludendo in favore della rieleggibilità, senza destinare particolare spazio ad opinioni contrarie (cfr. par. 3)  [10], C. Rossano (2002) sull’ Enciclopedia  Giuridica osserva che “Il Presidente della Repubblica dura in carica sette anni e può essere rieletto, anche più volte, alla scadenza del mandato. In proposito va sottolineato che sono rimasti senza esito progetti di legge costituzionale diretti ad introdurre il divieto di rielezione del Presidente in carica” (par. 6). 

Più problematico sull’ Enciclopedia del diritto, L. Paladin (1968) che considera l’ipotesi della rielezione con sostanziale sfavore e riconducibile al novero degli eventi politicamente improbabili  [11].

Sul Digesto delle discipline pubblicistiche S. Galeotti e Pezzini (1996)  [12] osservano: “la Costituzione non ha posto alcun limite alla rieleggibilità del Presidente, benché consistenti obiezioni possano essere proponibili su questo terreno, sia per la già lunga durata del mandato, che convertirebbe il doppio mandato da elemento di equilibrio in elemento di freno, sia soprattutto per la migliore garanzia di indipendenza che il divieto di rielezione saprebbe offrire”.

In sostanza, i costituzionalisti si sono posti in una linea interpretativa strettamente letterale dell’art. 85 della Costituzione, che non vieta la rielezione. Solo alcuni si limitano a rilevare l’inopportunità della rielezione.

Peraltro, sotto un profilo sistematico, ben si sarebbero potute sollevare obiezioni serie alla possibilità di rielezione. 


I lavori dell’Assemblea costituente

Invero, la questione era stata disaminata in sede di redazione della Carta costituzionale. E’ estremamente utile richiamare quanto emerge dal Dossier del Servizio Studi del Senato “Brevi note sul 'semestre bianco” [13], nel quale vengono riassunte ed esaminate anche le questioni relative alla possibilità della rielezione del presidente e al quale sono allegati interessantissimi documenti.

Dal citato Dossier emerge che in Assemblea costituente venne dapprima approvato (in via emendativa dalla Prima sezione della Seconda Sottocommissione, nella seduta del 19 dicembre 1946) il divieto della rieleggibilità. Nella discussione furono prospettate le tre opzioni: tacere sulla rieleggibilità; prevedere un divieto di rieleggibilità; prevedere un divieto di rieleggibilità immediata. Per la prima propendeva il relatore Tosato, anche tenuto conto, dopo il ventennio fascista, della “situazione attuale di penuria di uomini politici”. Lami Starnuti (allora PSI) propose invece un emendamento prescrivente la non rieleggibilità. Esso fu approvato (respinto invece altro emendamento di Fuschini, DC, per la non rieleggibilità solo immediata). Insieme, fu approvata la durata settennale del mandato presidenziale (analogamente a quanto previsto dalla Costituzione della IV Repubblica francese). Tosato (nella seduta del 20 dicembre 1946) aveva ritenuto “non … conforme al sistema del Governo parlamentare stabilire un'eguale durata per tutti gli organi supremi costituzionali, specialmente per quanto riguarda il Presidente della Repubblica, che deve rappresentare un elemento di continuità e di stabilità nella vita dello Stato”.

L'espunzione fu effettuata dalla Commissione dei Settantacinque nella sua adunanza plenaria (seduta del 21 gennaio 1947). Palmiro Togliatti ritenne “troppo restrittiva” la previsione di un divieto di rieleggibilità tout court. Da parte sua, Aldo Moro suggerì che la Carta non recasse previsione sulla rieleggibilità o meno. Ed in Assemblea plenaria un emendamento ancora di Lami Starnuti, volto a prescrivere la non rieleggibilità, fu ritirato.

Evidentemente fu raggiunto un accordo politico (del quale gli atti dell'Assemblea Costituente non danno però alcuna indicazione), tra orientamenti di fondo che erano discordi: quello favorevole ad un rafforzamento della figura presidenziale e quello sfavorevole ad una paventata degenerazione personalistica del potere presidenziale.

Dietro quella espunzione del divieto di rieleggibilità vi sarebbe - è stato rilevato in dottrina  [14] - “il ripensamento delle sinistre, e in particolare dei comunisti, sulla questione”, spiegabile col “fatto che, una volta delimitato il ruolo del Presidente e stabilita la sua derivazione parlamentare, emergeva tra i comunisti la preoccupazione politica di permettere la rielezione di un Presidente che avesse operato come garante del patto costituzionale che si andava concordando”.

Va soggiunto che, in Assemblea, l’on. Tosato rilevava come la durata settennale fosse stata prescelta “per rafforzare i poteri e il prestigio del Presidente della Repubblica” (seduta del 19 settembre 1947)  [15]. Lo stesso Tosato si oppose all’emendamento dell’on. Nitti che fissava in quattro anni la durata della carica di Presidente della Repubblica con le seguenti parole: “[i]l fatto che il Presidente sia eletto per sette anni, mentre le Camere sono elette rispettivamente per cinque e sei anni, serve a soddisfare l’esigenza di una certa permanenza, di una certa continuità nell’esercizio delle pubbliche funzioni, mentre contribuisce a rafforzare l’indipendenza rispetto alle Camere che lo eleggono. Che le Camere si rinnovino e il Presidente resti significa svincolare il Presidente dalle Camere, dalle quali deriva, e rinvigorirne la figura” (Atti A.C., 22 ottobre 1947, p. 1435) [16].


Il messaggio alle Camere del Presidente Segni

Il Presidente Antonio Segni il 16 settembre 1963 inviò un messaggio - ex art. 87 c. 2 della Cost.-  alle Camere con riguardo alla questione della rieleggibilità [17].

Premesso che “dopo 15 anni di applicazione della Costituzione, si impone la considerazione se la esperienza non abbia rilevato in essa qualche manchevolezza che, per gli inconvenienti che ne derivano, è opportuno con sollecitudine apprestarsi ad eliminare”, il Presidente Segni invitava le Camere ad apportare modifiche su due questioni: a) le modalità di rinnovo dei giudici costituzionali; b) l’introduzione del divieto di rielezione del Presidente della repubblica.

In relazione a tale secondo aspetto, che qui interessa, dopo avere fatto un excursus storico sulla rieleggibilità del Presidente negli Stati Uniti sino alla introduzione del 22° emendamento del 27 febbraio 1951 che vietava la terza rielezione, il Presidente A. Segni evidenziava che “E’ contemperata, in tal modo, la stabilità dell’esecutivo, perché i due mandati durano complessivamente otto anni, con la necessità che vi sia un rinnovamento, a non grandi intervalli, nella persona che riveste la funzione di Capo dello Stato repubblicano, per evitare il danno delle continuità personali proprie dei regimi ereditari e innaturali in un regime repubblicano”.

Il presidente Segni osservava poi che “la nostra Costituzione non ha creduto di stabilire il principio della non immediata rieleggibilità del Presidente della Repubblica, ma mi sembra opportuno che tale principio sia introdotto nella Costituzione, essendo il periodo di sette anni sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato. La proposta modificazione vale anche ad eliminare qualunque, sia pure ingiusto, sospetto che qualche atto del Capo dello Stato sia compiuto al fine di favorirne la rielezione”.

Concludeva il Presidente Segni: “Una volta disposta la non rieleggibilità del Presidente, si potrà anche abrogare la disposizione dell’art. 88 comma 2 della Costituzione, il quale toglie al Presidente il potere di sciogliere il Parlamento negli ultimi mesi del suo mandato. Questa disposizione altera il difficile e delicato equilibrio  tra i poteri dello Stato,  e può far scattare la sospensione del potere di scioglimento delle Camere in un momento politico tale da determinare  gravi effetti”.

Nonostante che il messaggio fosse di cristallina chiarezza - e nonostante che, a seguito dello stesso, il Presidente del Consiglio dei ministri A. Leone, avesse presentato il 16 ottobre 1963 un disegno di legge costituzionale per la modifica dell’art. 85 della Costituzione [18] - non se ne fece nulla. 

Ulteriori proposte seguirono negli anni seguenti 

Di particolare interesse - non potendosi esaminare qui partitamente tutte le fasi del dibattito politico e istituzionale che si sono susseguite nei quasi sessanta anni successivi al 1963 -  è la relazione (datata 28 febbraio 1991) alla 1° Commissione permanente del Senato del sen. L. Elia [19], nella quale si pone in luce che “lo sfavore [alla rielezione] si spiega e si giustifica, non solo per ragioni pratiche, bensì per motivi di ordine istituzionale. Praticamente, quattordici anni sono molti, per non dire troppi. Ciò che più conta, istituzionalmente l'alternativa della non rielezione è quella che meglio si conforma al modello costituzionale di Presidente della Repubblica. Che occorra assicurare l'indipendenza e l'imparzialità del Presidente rispetto alle Camere, e che una tale esigenza sia particolarmente viva in prossimità della scadenza del settennato, non risulta soltanto da particolari esperienze dell'Italia repubblicana, ma è stabilito autenticamente dalla Costituzione, là dove si preclude ~ appunto ~ lo scioglimento delle Assemblee parlamentari negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale”.

Più avanti si rileva che: “Certo, non esiste sul piano logico un nesso inscindibile tra divieto di rieleggibilità e caduta del limite relativo al semestre bianco: in effetti alcuni autori, minoritari, si sono pronunciati per il mantenimento della rieleggibilità con l'eliminazione del semestre bianco ed altri per la soluzione opposta. Ma storicamente, e nella logica della razionalizzazione, non si può negare che le due scelte siano da considerare contestualmente connesse. La loro adozione conferirebbe maggiore armonia e funzionalità alla nostra forma di governo, senza compromettere da nessun punto di vista il delicato equilibrio di poteri su cui essa si fonda”.

E’ interessante notare che Elia, dopo aver lucidamente enunciato alcune problematicità di ordine strettamente politico sul c.d. “ingorgo istituzionale”, concludeva la relazione con la perentoria affermazione: “Il Parlamento scioglierà questi nodi.”

Purtroppo il Parlamento non è stato in grado, dal 1963, non già di sciogliere i nodi, ma neppure di affrontare in qualche modo la situazione, tanto è vero che nel 2013 ha poi proceduto per la prima volta alla rielezione del Presidente in scadenza di mandato (Napolitano), così facendo venir meno la prassi precedente e infrangendo quelle “ragioni di opportunità e di correttezza costituzionale” di cui parlavano i “vecchi” manuali di diritto costituzionale.

Ad oggi resta quindi l’anomalia di una repubblica che consente una reiterata rielezione, di sette anni in sette anni, del Presidente, al riguardo è interessante – sotto il profilo comparativo, per evidenziarne l’assoluta anomalia - la visione della la tabella contenuta nel Dossier Senato, che riporta le modalità previste dai vari ordinamenti nazionali al riguardo. [20]


Considerazioni finali

Probabilmente la soluzione, apparentemente semplice, della questione - oltre che a scontrarsi, come è sostanzialmente avvenuto durante la c.d. 1° Repubblica, con la contingenza politica del momento – non troverà il via libera sino a che non sarà affrontato il connesso tema della posizione istituzionale del Presidente della Repubblica nel sistema costituzionale italiano.  Tanto più che da Cossiga in poi il ruolo del Presidente è stato ben differentemente inteso, rispetto all’epoca precedente, dagli stessi Presidenti della Repubblica succedutisi. Circa la posizione istituzionale del Presidente va ricordato – richiamando quanto esposto da F. Di Donato in Osservatorio costituzionale AIC 2016 [21] - che questa è riconducibile a tre distinti filoni dottrinari: a) neutralistico, b) garantistico, c) non garantistico. 

La tesi neutralistica prende le mosse dalle teorie di Benjamin Constant, il quale auspicò che il Capo dello Stato (monarchico o repubblicano) incarnasse un “potere neutro”, posizionato al di fuori della tradizionale tripartizione dei poteri teorizzata da Montesquieu. La neutralità del Capo dello Stato rappresenterebbe la caratteristica dell'intera attività istituzionale del Capo dello Stato medesimo, avulsa rispetto a quella condotta da altri organi. Secondo Crisafulli [22] il Presidente della Repubblica si configurerebbe quale un “organo indipendente dalla maggioranza”, chiamato a garantire, “al di sopra degli orientamenti politici contingenti e particolari, gli interessi unitari e permanenti della comunità statale”. Per G. Guarino [23] è l'organo costituzionale che, più di ogni altro, rappresenta gli interessi “vivi” della Nazione, per il fatto di essere “l'unico, nell'ordinamento, che accetti di restare estraneo all'attività di governo, e che non sia in grado d'influire su di essa” in maniera “positiva”.

Secondo la tesi garantistica, il Capo dello Stato risulterebbe il garante supremo della Costituzione “nei suoi valori obiettivi e permanenti” [24]. La teoria prende le mosse dal pensiero di Carl Schmitt, il quale individuò nel Presidente del Reich tedesco il “custode della Costituzione” (Hüter der Verfassung) della Repubblica di Weimar. Secondo la tesi garantistica il Capo dello Stato sarebbe radicalmente indipendente rispetto ad ogni altro potere dello Stato, ed il suo operato sarebbe caratterizzato dalla piena imparzialità rispetto alle contese politiche. Del pari, al medesimo competerebbe lo svolgimento di un ruolo “attivo” – ma non “politico” – di altissima rilevanza, potendo vigilare sul rispetto della legalità costituzionale da parte degli organi abilitati alla produzione di formali atti giuridici.

Secondo un primo filone dottrinario non garantistico, il Presidente sarebbe invece titolare di un “indirizzo politico generale o costituzionale”, finalizzato all'attuazione dei fini permanenti previsti nella Costituzione [25].

Un secondo filone non garantistico è rinvenibile nelle tesi dell’Esposito [26], secondo il quale il Presidente della Repubblica sarebbe il “reggitore dello Stato” nei momenti di crisi del sistema (e cioè quando si verifichi una “oggettiva, certa ed incontrovertibile impossibilità di funzionamento degli altri organi costituzionali”) alle quali gli altri organi costituzionali non riescano in alcun modo a far fronte. 

Va sottolineato che - al di là del larghissimo dibattito sulle funzioni del presidente della Repubblica come modificatesi con l’avvento della c.d. 2° Repubblica e poi con  la crisi istituzionale continua post 2011 [27] – la nuova elezione è avvenuta al termine di due anni caratterizzati dalla emergenza Covid 19, che da sanitaria si è trasformata in istituzionale, essendo non solo stati “trasformati” (per usare un eufemismo) i  rapporti fra tutti gli attori istituzionali - Presidente, Governo, Parlamento, partiti -, ma soprattutto con i cittadini  ridotti a sudditi necessitanti (a detta di autorevoli giuristi [28]) della “patente”, intesa come autorizzazione del Potere  per poter esercitare i diritti fondamentali  riconosciuti dalla Carta costituzionale.


Epilogo

Conclusivamente, un sistema che aveva comunque un suo equilibrio e una sua filosofia [29] viene di fatto ad essere sconfigurato, senza alcuna riforma sistematica, ma solo per assicurare determinati obiettivi di politica contingente [30].

Tornando all’esordio e all’umorismo pirandelliano, viene da chiedersi se non avesse ragione Ennio Flaiano, quando osservava che “La situazione politica in Italia è grave ma non è seria.” [31]




[1] Carabba editore Lanciano 1908

[2] Per un’ampia rassegna delle dichiarazioni fatte si veda l’articolo di M. Scopece “Quando Mattarella bocciava i bis al Quirinale” www.startmag.it/mondo/quando-mattarella-bocciava-i-bis-al-quirinale/

[3] www.repubblica.it/politica/2021/12/02/news/pd_deposita_ddl_vieta_rielezione_presidente_repubblica-328639061/

[4] Un rapido riassunto su www.corriere.it/politica/elezioni-presidente-repubblica-2022/notizie/mattarella-presidente-repubblica-e56a5308-8117-11ec-97ae-7cc35437dc27.shtml

[5] Così M. Guerzoni in www.corriere.it/politica/elezioni-presidente-repubblica-2022/notizie/mattarella-ruolo-draghi-rielezione-ora-governo-riparte-5a5b0a52-8151-11ec-97ae-7cc35437dc27.shtml

[6] www.rainews.it/articoli/2022/01/quirinale-elezione-presidente-della-repubblica-maggioranza-chiude-intesa-sul-mattarella-bis-c6d62475-bcdf-4fc0-9ecc-99c80f7bd424.html In proposito riferisce il notiziario RAI che << I leader di maggioranza hanno chiuso l'intesa per una seconda elezione di Sergio Mattarella. La prima richiesta in qualche modo formale al Presidente della Repubblica è arrivata dal presidente del Consiglio, Mario Draghi: resti per "il bene e la stabilità del Paese", gli avrebbe detto nel colloquio di venti minuti al termine della cerimonia al Quirinale di giuramento del nuovo giudice costituzionale, Filippo Patroni Griffi.

I capigruppo della maggioranza sono usciti insieme dal Colle dove si sono recati per chiedere la disponibilità a Mattarella. Per Forza Italia: Paolo Barelli e Anna Maria Bernini mentre per la Lega, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. Per i 5stelle, Davide Crippa e Mariolina Castellone, per il Pd, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi. Per Italia Viva. Maria Elena e Boschi e Davide Faraone. Proprio la Malpezzi - rivolgendosi ai cronisti - ha detto che è andato "tutto bene". "Il Presidente Mattarella ci ha detto che aveva altri piani per il suo futuro, ma vista la situazione ha detto che serve una mano lui c'è, si è messo a disposizione". Lo ha riferito la capogruppo delle Autonomie al Senato Julia Unterberger lasciando il Quirinale. "Lo abbiamo pregato, vista la situazione, di restare per un altro mandato" ha riferito ancora Unterberger al termine del colloquio.

Ora è una delegazione delle Regioni, tra cui il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, ad essere ricevuta dal Capo dello Stato.>>  

[7]www.huffingtonpost.it/politica/2022/02/03/news/fdi_deposita_proposta_contro_la_rielezione_del_capo_dello_stato_nel_giorno_del_giuramento_di_mattarella-8650657/

[8] P. Biscaretti di Ruffia Diritto costituzionale XIV ed. Napoli pag. 460 “non vige alcun divieto per la rielezione di chi abbia già ricoperto l’ufficio stesso”; T. Martines, Diritto costituzionale, XII ed., integralmente riveduta da G. Silvestri, Milano, 2010, p. 441 “la Costituzione non pone alcun divieto alla rieleggibilità del Presidente alla scadenza della carica”.

[9] G. Balladore Pallieri Diritto costituzionale X ed. Milano 1972 pag. 181,182. Ivi si sostiene: “Non essendovi fra i requisiti quello di non avere ricoperto la carica, il presidente è rieleggibile indefinitamente.”

[10]  P. Barile (voce) Presidente della Repubblica, in Novissimo Digesto Torino (1966)

[11] L. Paladin (voce) Presidente della Repubblica, in Enc. dir., XXXV, Milano, 1986, p. 183.

[12] S. Galeotti B. Pezzini (voce) Presidente della Repubblica nella Costituzione Italiana, in Digesto delle discipline pubblicistiche XI Torino 1996.

[13] Dossier XVIII legislatura “BREVI NOTE SUL 'SEMESTRE BIANCO” gennaio 2022 n. 495 SERVIZIO STUDI Ufficio ricerche sulle questioni Istituzionali, giustizia e cultura, reperibile sul sito del Senato  all’indirizzo https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01330971.pdf

[14] M. Volpi, Considerazioni sulla rieleggibilità del Presidente della Repubblica, in “Quaderni costituzionali” 1985).

[15] Dossier Senato cit.

[16] riportato in V. Falzone, F. Palermo, F. Cosentino, La Costituzione della Repubblica italiana, Milano, 1976, pp. 242-243).

[17] Il messaggio è riportato nel Dossier Senato cit. pag, 17/21.

[18] A seguito del messaggio presidenziale il presidente del Consiglio dei ministri A. Leone, presentò il 16 ottobre 1963 un disegno di legge costituzionale per la modifica dell’art. 85 della Costituzione. Il testo e la relazione illustrativa sono riportati in Dossier Senato cit. alle pag. 23-24. 

[19] Esame dei disegni di legge costituzionale n. 845 del 1988 dei senatori MANCINO, FABBRI, CARIGLIA e MALAGODI e  n. 168 del 1987 FILETTI, BIAGIONI, FLORINO, FRANCO, GRADARI, LA RUSSA, MANTICA, MISSERVILLE, MOL TISANTI, PISANÒ, PONTONE, POZZO, RASTRELLI, SIGNORELLI, SPECCHIA e VISIBELLI. Riportata dal Dossier Senato cit. Alle pag. 25-32.

[20] Dossier cit. alle pagg. 12,13 e 14 https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01330971.pdf

[21] F. Di Donato Brevi riflessioni a margine del primo anno del Presidente Mattarella al Quirinale: tra riforme costituzionali,

lotta alla corruzione e terrorismo internazionale in Osservatorio costituzionale  AIC 2016  n. pag, 11 in n. 28.

[22] V. Crisafulli, Aspetti problematici del sistema parlamentare vigente in Italia, in Jus, 1958, p. 174

[23] G. Guarino, Il Presidente della Repubblica Italiana, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1951, pp. 963-4

[24] S. Galeotti-B. Pezzini, Il Presidente della Repubblica nella Costituzione italiana, Torino, 1996, pp. 9-11; G.U. Rescigno, Il Presidente della Repubblica – Art. 83, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione,

Zanichelli-Società editrice del Foro Italiano, Bologna-Roma, 1978, p. 143;

[25] P. Barile, I poteri del Presidente della Repubblica, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1958, p. 295 ss.; . P. CalamandreI, Viva vox Constitutionis, in Il Ponte, 1955, n. 6, p. 809 ss.; C. Lavagna, Diritto costituzionale, Milano, 1957, I, p. 432; P. Barile, Presidente della Repubblica, in Novissimo Digesto Italiano, Torino, 1966, p. 715 ss.; A.M. Sandulli, Il Presidente della Repubblica e la funzione amministrativa, in Scritti giuridici, Napoli, I, p. 239 ss.; O. CHESSA, Il Presidente della Repubblica parlamentare. Un'interpretazione della forma di governo, Napoli, 2010;

[26] C. Esposito Capo dello Stato, controfirma ministeriale, Milano, 1962

[27] Cfr. ex multis G. De Vergottini Il ruolo del Presidente della Repubblica negli scritti di Giustino D’orazio in Nomos  le attualità nel diritto, quadrimestrale  1/2017 ove fra l’altro si osserva:  “tale espansione presidenziale ha potuto valersi anche della tolleranza o addirittura di una sorta di connivenza del sistema dei partiti e degli altri organi costituzionali”.

[28] https://www.tecnicadellascuola.it/cassese-green-pass-come-la-patente

[29] B Pezzini, Intervento al Forum “La coda del Capo. Presidente della Repubblica e questioni di fine mandato” Nomos 3/2021, ove si rileva che lo schema interpretativo della presidenza della repubblica come istituzione essenzialmente garantistica costituisce “lettura sistematicamente necessaria e coerente al funzionamento, o forse meglio sarebbe dire alla riattivazione, del circuito di responsabilità politica e rappresentatività che riguarda parlamento e governo (nel rapporto con il corpo elettorale); un circuito che il Presidente della Repubblica, capo dello Stato e rappresentante dell’unità nazionale, è chiamato ad attivare e far funzionare, restando ad esso estraneo”.

[30] Sul punto, con un approccio politico piuttosto che giuridico, si veda T. Montanari “Il bis di Mattarella: una mina (reale) per la Costituzione”. Su Il Fatto Quotidiano 1 febbraio 2022 pag. 11 https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/01/il-bis-di-mattarella-una-mina-reale-per-la-costituzione/6475834/; si veda ora il presunto retroscena tratteggiato da B.Frucci La rielezione di Sergio Mattarella è stata pianificata a tavolino in il Tempo 7 febbraio 2022 www.iltempo.it/politica/2022/02/07/news/sergio-mattarella-bis-rielezione-tutto-gia-deciso-pianificata-tavolino-proposta-legge-retroscena-30391444/

[31] E. Flaiano, Diario notturno, Taccuino 1954 p. 165.


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