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Urbanistica e appalti (3/2023)

Carmine Spadavecchia • lug 21, 2023

sul partenariato pubblico-privato:

- Matteo Baldi, Partenariato pubblico-privato e concessioni (Urban. e appalti 3/2023, 285-298). Il partenariato nel nuovo codice appalti

- Fabrizia Rumma, Procedura di gara, contratti misti e affidamenti dei concessionari (Urban. e appalti 3/2023, 299-312) 


sulle concessioni demaniali (proroga):

- Enrico Amante, La responsabilità amministrativa per omessa disapplicazione delle previsioni di proroga delle concessioni demaniali (Urban. e appalti 3/2023, 313-318)


in tema di accesso:

- Lucia Antonella Bongiorno, La Plenaria n. 4/2022: un’ulteriore conferma della portata dell’istituto dell’accesso agli atti (Urban. e appalti 3/2023, 319-329) 

AP 14.3.22 n. 4, pres. Frattini, est. Veltri: Ai sensi dell’art. 26, comma 5, DPR 29.9.1073 n. 602, il concessionario della riscossione (nella specie, Equitalia) ha l’obbligo di conservare la copia della cartella di pagamento, anche quando si sia avvalso delle modalità semplificate di diretta notificazione della stessa. a mezzo di raccomandata postale. Qualora il contribuente richieda la copia della cartella di pagamento e questa non sia concretamente disponibile, il concessionario non si libera dell’obbligo di ostensione attraverso il rilascio del mero estratto di ruolo, ma deve rilasciare un’attestazione che dia atto dell’inesistenza della cartella, avendo cura di spiegarne le ragioni. (Alla base della controversia vi era l’incompleto riscontro fornito dall’agente della riscossione alla richiesta di un cittadino avente ad oggetto diciotto cartelle di pagamento)


sul termine di conclusione del procedimento:

- Cons. Stato V 22.12.22 n. 11200, pres. Lotti, est. Fasano (Urban. e appalti 3/2023, 331 T):

La regola della natura ordinaria dei termini procedimentali non espressamente qualificati come perentori non è applicabile ai procedimenti che conducono all’adozione di provvedimenti lesivi o sanzionatori, come si è chiaramente nella specie rilevato. Rispetto ai procedimenti che conducono a conseguenze pregiudizievoli, i termini sono sempre perentori, a prescindere da un’espressa qualificazione normativa dei relativi provvedimenti, essendo la perentorietà imposta dal principio di effettività del diritto di difesa e dal principio di certezza dei rapporti giuridici.

L’esercizio di una potestà amministrativa che ha conseguenze pregiudizievoli, di qualsiasi natura, e a prescindere da una espressa qualificazione in tal senso nella legge o nel regolamento che la preveda, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta, essendo assimilabile all’esercizio di una attività sanzionatoria, sicché va condiviso l’indirizzo espresso da questa Sezione che ha ritenuto, in più occasioni, argomentando analogamente, la perentorietà del termine per la conclusione del procedimento di natura sostanzialmente sanzionatoria (CdS V 30.7.2018 n. 4657; V 23.6.22 n. 5189). 

- (commento di) Maximilian Denicolò, La perentorietà del termine di conclusione del procedimento quale regola generale? (Urban. e appalti 3/2023, 336-345) 


in tema di energie rinnovabili (di fonte eolica):

- Cons. Stato VI 23.9.22 n. 8167, pres. Volpe, est. Simeoli (Urban. e appalti 3/2023, 346 T): Negli ordinamenti democratici e pluralisti si richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. Così come per i “diritti” (sentenza Corte cost. 85/2013), anche per gli “interessi” di rango costituzionale (vieppiù quando assegnati alla cura di corpi amministrativi diversi) va ribadito che a nessuno di essi la Costituzione garantisce una prevalenza assoluta sugli altri. La loro tutela deve essere “sistemica” e perseguita in un rapporto di integrazione reciproca. La primarietà di valori come la tutela del patrimonio culturale o dell’ambiente implica che gli stessi non possano essere intera- mente sacrificati al cospetto di altri interessi (ancorché costituzionalmente tutelati) e che di essi si tenga necessariamente conto nei complessi processi decisionali pubblici, ma non ne legittima una concezione “tota- lizzante” come fossero posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, necessariamente mobile e dinamico, deve essere ricercato - dal legislatore nella statuizione delle norme, dall’Amministrazione in sede procedimentale, e dal giudice in sede di controllo - secondo principi di proporzionalità e di ragionevolezza. In virtù del principio di integrazione delle tutele - riconosciuto, sia a livello europeo (art. 11 TFUE), sia nazionale (art. 3-quater, DLg 152/2006, sia pure con una formulazione ellittica che lo sottintende) - le esigenze di tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Il principio si impone non solo nei rapporti tra ambiente e attività produttive - rispetto al quale la recente legge di riforma costituzionale 11.2.2022 n. 1, nell’accostare dialetticamente la tutela dell’ambiente con il valore dell’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), segna il superamento del bilanciamento tra valori contrapposti all’insegna di una nuova assiologia compositiva - ma anche al fine di individuare un adeguato equilibrio tra ambiente e patrimonio culturale, nel senso che l’esigenza di tutelare il secondo deve integrarsi con la necessità di preservare il primo. Se il principio di proporzionalità rappresenta il criterio alla stregua del quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i due valori costituzionali all’interno di un quadro argomentativo razionale, il principio di integrazione costituisce la direttiva di metodo. La piena integrazione tra le varie discipline incidenti sull’uso del territorio che richiede di abbandonare il modello delle “tutele parallele” degli interessi differenziati che radicalizzano il conflitto tra i diversi soggetti chiamati ad intervenire nei processi decisionali. l

- (commento di) Claudio Viviani, Ambiente, clima e patrimonio culturale: un approccio giurisprudenziale innovativo (Urban. e appalti 3/2023, 351-360) 

N.B. Sentenza già segnalata, commentata da Davide Ponte (Transizione ecologica, pari valore rispetto alla difesa paesaggistica: Guida al diritto 40/2022, 23-27), massimata in Guida al diritto come segue (40/2022, 15 T): L’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale, in relazione al vincolo indiretto, non ha il peso e l’urgenza per sacrificare interamente l’interesse ambientale indifferibile della transizione ecologica, la quale comporta la trasformazione del sistema produttivo in un modello più sostenibile che renda meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia, la produzione industriale e, in generale, lo stile di vita delle persone. La posizione ‘totalizzante’ così espressa dall’Amministrazione dei beni culturali si pone in contrasto con l’indirizzo politico europeo (Direttiva CEE n. 2001/77) e nazionale (DLg 29.12.2003 n. 387), che riconosce agli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili importanza fondamentale, dichiarandoli opere di pubblico interesse proprio ai fini di tutela dell’ambiente. L’Amministrazione, in sede di esercizio e riedizione del potere, deve ricercare non già il totale sacrificio dell’uso produttivo di energia pulita delle aree contigue alle aree vincolate (nella specie, croci votive), secondo una logica meramente inibitoria, bensì una soluzione comparativa e dialettica tra le esigenze dello sviluppo sostenibile e quelle afferenti al paesaggio culturale.


in tema di appalti (fallimento dell’aggiudicatario):

- TAR Roma 4^, 11.4.23 n. 6227, pres. Politi, est. Scali (Urban. e appalti 3/2023, 361 T): L’eliminazione della possibilità per l’impresa fallita di “partecipare a procedure di affidamento”, introdotta dalle modifiche all’art. 110 del codice dei contratti pubblici dal DL 32/2019, manifesta la chiara volontà del legislatore (sottesa alla suddetta modifica) di escludere che un’impresa fallita, benché aggiudicataria, possa stipulare un contratto pubblico di appalto. La previsione degli artt. 110, comma 3, codice contratti pubblici e 104, comma 7, LF secondo i quali l’impresa fallita può essere autorizzata alla esecuzione dei contratti già stipulati esclude che l’impresa fallita possa stipulare il contratto con la conseguenza che il fallimento dopo l’aggiudicazione comporta la decadenza dell’aggiudicazione. 

- (commento di) Alberto Di Mario, Gli effetti del fallimento dell’impresa dopo l’aggiudicazione (Urban. e appalti 3/2023, 363-367)


in tema di appalti (cause di esclusione):

- TAR Roma 3^, 6.4.23 n. 5944, pres. Graziano, est. Biffaro (Urban. e appalti 3/2023, 369 T): In tema di partecipazione alle gare di appalto, e, in particolare, di obblighi dichiarativi dei concorrenti, riguardanti precedenti gravi illeciti professionali ex art. 80, DLg 50/2016, deve ritenersi che sussista in capo al concorrente che ha partecipato ad una gara d’appalto di servizi l’obbligo di rendere, nei confronti della PA, la dichiarazione in ordine ai provvedimenti di esclusione del proprio socio unico, persona giuridica, ancorché cessato dalla carica, da una gara per il medesimo servizio presso altre PPAA, ove tale provvedimento di esclusone discenda dal fatto che esso risulta correlato ad una sottostante vicenda di carattere penale che, anche in ragione della non completa documentazione in atti, può essere compiutamente apprezzata ai fini del giudizio di affidabilità professionale unicamente dalla PA appaltante; e ciò sia dal punto di vista sostanziale sia da quello temporale. Non sussiste, invece, l’obbligo dichiarativo di precedenti esclusioni, in quanto irrilevanti e, pertanto, non integranti gli estremi dell’illecito professionale, nel caso in cui si tratti di esclusioni riguardanti soggetti diversi dal socio unico della società interessata cessato dalla carica, anche annullate dal giudice amministrativo e di esclusioni derivanti da asserita irregolarità fiscale connessa alla revoca di un credito di imposta, annullati dal GA con sentenze passate in giudicato. 

- (commento di) Calogero Commandatore, Le clausole di esclusione dalle gare pubbliche: tra tassatività e interpretazione estensiva (Urban. e appalti 3/2023, 370-375). Gli obblighi dichiarativi nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica con riferimento agli illeciti professionali commessi dal socio unico-persona giuridica dell’operatore partecipante alla gara. 


in materia edilizia (demolizione ed esigenze abitative) e di processo amministrativo (ragione più liquida): 

- TAR Roma 2^-stralcio, 13.2. 23 n. 2465, pres. Gatto Costantino, est. Tecchia (Urban. e appalti 3/2023, 376 T):

1. In base al principio della ragione più liquida, il giudice può risolvere la controversia rigettando nel merito o nel rito il ricorso, derogando al rigido ordine di esame delle questioni, purché a monte sussistano la giurisdizione e la competenza del giudice, non sia inciso il diritto di difesa del controinteressato e vi sia un’effettiva accelerazione nella definizione della lite. 

2. Nel bilanciamento tra interesse pubblico a ripristinare l’ordine giuridico violato attraverso l’esecuzione dell’ordine di demolizione dell’immobile abusivo ed il diritto costituzionale all’abitazione, il principio-cardine cui deve attenersi l’Amministrazione è dato dal principio di proporzionalità.

3. Il sindacato di proporzionalità dell’ordine di demolizione richiede la concomitanza di specifici presupposti, quali: un’attività di concreta esecuzione di sentenze e/o provvedimenti recanti l’ordine a demolire e la destinazione dell’immobile abusivo alle esigenze abitative primarie del responsabile dell’illecito. 

4. Sul test di proporzionalità incidono peraltro - secondo la recente giurisprudenza della Corte Edu - non solo le condizioni personali del destinatario del provvedimento ablatorio ma anche il tempo intercorrente tra la definitività delle decisioni giudiziarie di cognizione e l’attivazione del procedimento di esecuzione. 

5. La piena consapevolezza del responsabile dell’abuso in ordine alla natura abusiva del manufatto e l’ampio margine temporale di cui avrebbe potuto avvalersi per rimediare all’abuso edilizio comportano la prevalenza dell’interesse pubblico alla tutela del territorio, nel bilanciamento con il diritto all’abitazione. 

- (commento di) Margherita Amitrano Zingale, Declinazione del criterio della “ragione più liquida” nel processo amministrativo ed operatività del c.d. test di proporzionalità in sede di repressione dell’abusivismo edilizio (Urban. e appalti 3/2023, 380-383) 


in materia edilizia (permesso annullato e accertamento di conformità):

- Cass. pen. 3^, 21.3.2023 n. 11783 (Urban. e appalti 3/2023, 385-6): La disciplina dettata dall’art. 38, DPR 6.6.2001 n. 380 con riferimento agli interventi eseguiti in base a permesso annullato si pone in rapporto di eterogeneità con quella dettata dall’art. 36 del medesimo decreto in tema di accertamento di conformità, posto che il tenore letterale della locuzione “in caso di annullamento del permesso di costruire”, con cui si apre il comma 1, impone di ritenere che, nell’ambito applicativo dell’art. 38, rientrino le sole fattispecie in cui l’intervento edilizio sia stato realizzato in forza di un titolo abilitativo all’uopo precedentemente richiesto da un soggetto che abbia confidato sulla sua legittimità, ma che ne abbia successivamente subito l’annullamento. 


in materia edilizia (sanatoria paesaggistica):

- Cass. pen. 3^, 10.2.23 n. 5750 (Urban. e appalti 3/2023, 386): In tema di sanatoria edilizia, tra gli interventi che il legislatore non consente di qualificare neppure ex post - cioè alla luce della concreta valutazione del loro effettivo impatto - come compatibili con l’ambiente, è inclusa la creazione di “superfici utili”. Ne consegue che non è sanabile paesaggisticamente l’intervento edilizio consistente nella realizzazione di terrazzini con tettoia, trattandosi di intervento che comporta la creazione di superfici utili.


in materia edilizia (terzo condono):

- Cass. pen. 3^, 8.2.23 n. 5457 (Urban. e appalti 3/2023, 391-2): In tema di sanatoria edilizia, le opere abusivamente realizzate su aree “successivamente” sottoposte a vincolo sono suscettibili di sanatoria anche nel caso di abusi diversi da quelli di cui ai nn. 4, 5 e 6 di cui all’allegato 1 al DL 269/2003, ossia concernenti opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, ma solo se le costruzioni siano sostanzialmente conformi agli strumenti urbanistici, perché le difformità consistano in quelle analiticamente elencate dall’art. 32 L 47/1985, e successive modificazioni, e, quindi, esclusivamente se attengano: a) alla disciplina antisismica e possano essere però successivamente collaudate; b) ovvero a norme urbanistiche che prevedano la destinazione ad edifici o spazi pubblici, e non contrastino, però, con le previsioni di varianti di recupero di cui al Capo III della L 47/1985; c) ovvero alle norme sulle distanze minime di rispetto stradale in materia di edificazione fuori dei centri urbani, e non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico. 


 

c.s.


 


Integralismi

L'estremismo verde ci lascerà "al verde" (Salvatore Di Bartolo, "Overgreen. L'altra faccia della rivoluzione verde", saggio sugli effetti nefasti di un ecologismo radicale)


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