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Tutela della salute pubblica, diffusione del virus e processo di espropriazione

giu 27, 2021

Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ordinanza n. 40 del 15 gennaio 2021/ Corte costituzionale, sent. n. 128 del 22 giugno 2021


IL CASO E LA QUESTIONE GIURIDICA

Il Giudice dell’esecuzione immobiliare presso il Tribunale ordinario di Barcellona Pozzo di Gotto ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, come modificato dagli artt. 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137  e dell'art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, per contrarietà agli artt. 3, co. 2, 24, co. 1, 47, co. 2, 111 co. 2, e 117, co. 1, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6 par. 1, e 1, co. 1, Prot. addiz. CEDU. 

Avanti al G.E. del Tribunale siciliano, infatti, si era posto il problema, a fronte della richiesta di rinnovo della delega alle operazioni di vendita da parte del professionista delegato alla vendita (scaduta in data 4 gennaio 2021 e conferita il 2 maggio 2016) della, medio tempore, intervenuta proroga dell’efficacia, ad opera dell’art. 13, co. 14, d.l. n. 183 del 2020, conv. in l. n. 21 del 2021, dell’art. 54-ter sopra citato. 

La sospensione, in altre parole, secondo il giudice dell’esecuzione, impediva il rinnovo della delega, trattandosi di un atto esecutivo finalizzato alla liquidazione del bene.

Secondo il Tribunale adito, quindi, l’art 54 ter si porrebbe in contrasto: 

- con l’art. 24, co. 1, Cost., in quanto il diritto del creditore di soddisfarsi in sede esecutiva è parte essenziale della tutela giurisdizionale e la sospensione non potrebbe essere giustificata dall’esigenza di tutelare altri beni di rango costituzionale, come il risparmio e la salute individuale o collettiva, laddove la suddetta norma si correla alla mera destinazione del bene pignorato ad abitazione principale del debitore, circostanza neutra rispetto alla capacità reddituale dello stesso; 

- con gli artt. 3, co. 2, e 47, co. 2, Cost., per non avere il legislatore ponderato adeguatamente né i contrapposti interessi dei creditori (anche di quelli «occasionali» e non solo di quelli «istituzionali») e dei debitori esecutati, né l’incidenza negativa che una progressiva stabilizzazione della misura di sospensione di cui all’art. 54-ter, prorogata sino al 30 giugno 2021, potrebbe avere sulla collettività, per l’idoneità a determinare un sensibile aumento dei tassi di interesse sui mutui a causa dell’incertezza dei creditori «istituzionali» sulle possibilità di recupero coattivo delle somme erogate; 

- con l’art. 111, co. 2, Cost., con particolare riferimento al principio di ragionevole durata del processo, l’art. 54 ter determinando un arresto della procedura esecutiva per un periodo di tempo significativo, non giustificata dall’esigenza di consentire al debitore di ripianare la propria posizione, né dalla crisi economica determinata dall’emergenza sanitaria, non avendo previsto la possibilità per l’autorità giudiziaria di vagliare la relativa incidenza sulla situazione dell’esecutato;

- con l’art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 6, par. 1, CEDU e all’art. 1, co. 1, Prot. addiz. CEDU, in quanto, per effetto delle proroghe disposte, la norma inciderebbe negativamente sulla ragionevole durata del processo, e potrebbe, inoltre, incidere sulla tutela che l’art. 1, co. 1, Prot. addiz. CEDU, garantisce ai diritti su beni.

Secondo il Giudice siciliano, l'ampiezza dell'interpretazione dell'art. 54-ter non e' insensibile alla natura dei contrapposti interessi coinvolti: quello del creditore ad ottenere la soddisfazione coattiva del proprio diritto di credito nel più breve tempo possibile e quello del debitore a non vedersi privato della propria abitazione principale. 

La delimitazione dei perimetro applicativo della norma è collegata all'individuazione della ragione giustificatrice sottesa alla sua introduzione, che, secondo lo stesso legislatore, mira a contenere gli «effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19», quasi a voler indicare l'esistenza di un nesso di strumentalità tra la sospensione delle procedure di espropriazione immobiliare - non tutte, ma solo quelle riguardanti l'abitazione principale dell'esecutato - ed il contenimento dell'epidemia. 

Tuttavia, secondo il Tribunale adito, la  sospensione non pare presentare effettivamente punti di contatto con la tutela della salute pubblica: il processo di espropriazione non sembra di per sé causa di diffusione del virus, e comunque non meno di altre attività che non sono state oggetto di analoga inibitoria; in caso contrario, la sospensione  avrebbe  inoltre  riguardato,  o  avrebbe  dovuto ragionevolmente riguardare, tutti i processi di  espropriazione immobiliare, a prescindere dal loro oggetto. 

L'esigenza abitativa dell'esecutato sembra parimenti estranea all'oggetto della «tutela» normativa, essendo tale interesse  più che adeguatamente assicurato da altre  norme  emergenziali,  e  in particolare dagli articoli 103, comma 6 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e dall'art. 13, comma 13, da decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, che non consentono - anche in caso di espropriazione del bene per effetto di aggiudicazione e trasferimento del medesimo a terzi - di procedere al rilascio coattivo  dell'immobile. Il legislatore ha infatti disposto «La sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, [...] sino al 30 giugno 2021 limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti  all'adozione,  ai  sensi dell'art. 586, comma 2 del codice di procedura civile, del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari» (sarebbe poi da comprendere se tale norma, incidendo pesantemente sul nucleo essenziale del diritto di  proprietà, tutelato dall'art. 42, comma 1, della Costituzione sia a sua volta legittima).

Inoltre, la sospensione, dato il tenore letterale della norma, prescinde dall'accertamento - in concreto - della disponibilità, da parte  dell'esecutato,  di  abitazioni ulteriori rispetto a quella principale, ovvero dalla possibilità per lo stesso di soddisfare in qualunque altro modo tale interesse. Ne deriva che non vi e' un collegamento tra la sua applicazione ed eventuali esigenze abitative del soggetto espropriato. 

Dovendosi escludere che l'art. 54-ter abbia limitato il diritto del creditore di agire in executivis per la tutela della salute individuale e pubblica, ovvero per tutelare le esigenze abitative dei debitori, il Giudice siciliano ha ritenuto dunque che la disposizione non è posta a presidio di interessi collettivi o individuali di rango primario, piegandosi a logiche assistenzialiste. Circostanza che sarebbe confermata dal fatto che la norma non opera alcuna distinzione tra pignoramenti anteriori e successivi allo stato di emergenza per la prima volta deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, con la conseguenza che la sospensione risulterebbe totalmente sganciata dall'accertamento di una qualunque correlazione tra la pandemia e l'espropriazione. 

La norma non lascia inoltre al Giudice dell'esecuzione neanche la possibilità di verificare le condizioni soggettive del creditore e del debitore, dovendo la sospensione applicarsi a prescindere dalle esigenze del primo e della capacita' reddituale del secondo. 

Il legislatore ha giustificato la misura in ragione degli «effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19», ma senza che sia chiaro - all'atto pratico - su quale bene o interesse si vadano a riverberare gli effetti negativi derivanti dall'epidemia. Si tratterebbe perciò, secondo il Tribunale adito, di una formula «vuota», o in tutti i modi sfuggente e di difficile percezione. 

La volontà normativa, a prescindere dall'incipit della norma, è perciò quella di tutelare - in ogni caso e a prescindere dai motivi dell'indebitamento - il patrimonio del debitore dal rischio di vedersi sottratta l'abitazione principale (e dunque anche quando ne abbia altre) in un periodo di emergenza economica e sociale, prima ancora che sanitaria, ancorché la causa del debito e l'espropriazione siano in concreto anteriori alla dichiarazione dello stato di emergenza, e dunque completamente indipendenti dall'epidemia. 

L'intervento  normativo  colpisce  indistintamente  tutti  i creditori, a prescindere dalla relativa fascia di reddito, e dunque finanche coloro che magari l'abitazione principale neanche se la possono permettere e che per i quali il mancato (o anche solo ritardato) recupero coattivo del credito possa essere fonte di pregiudizi non meno rilevanti rispetto a quello subito dall'esecutato che con il suo inadempimento ha provocato l'altrui  legittima richiesta di tutela esecutiva al potere statuale.


LA SOLUZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 14, d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, in l. 26 febbraio 2021, n. 21.

In particolare, la Corte ha ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 3, co. 1, e 24, commi 1 e 2, Cost., con assorbimento delle altre censure.

L’art. 24, co 1, Cost., infatti, garantisce a tutti di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, e tale garanzia comprende anche la fase c.d. esecutiva, attraverso la quale è possibile rendere effettiva e, quindi, attuare, anche materialmente, quanto accertato e statuito dal giudice con il provvedimento giudiziale cognitorio.

In tal senso, la tutela esecutiva è strumento processuale indispensabile e costituzionalmente necessario per la menzionata garanzia di effettività dell’accesso giurisdizionale, consentendo al creditore di soddisfare la propria pretesa in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore.

Pertanto, ricorda la Corte, il legislatore certamente può esercitare una discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, ma con il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della disciplina, limite da ritenersi valicato «ogniqualvolta emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire» .

Viene, pertanto, sottolineata dal Giudice delle leggi la necessità che, in linea di principio, una compressione del diritto ad agire in giudizio, anche in via esecutiva, sia prevista solo in termini e in relazione ad eventi eccezionali, quindi temporanei, perché un intervento legislativo che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore può ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie soltanto qualora siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale.

Nessun diritto può considerarsi, a ben vedere, privo di limiti, specie laddove, venendo in gioco altri diritti meritevoli di tutela, come quello fondamentale all’abitazione, si renda necessario valutare un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto, considerando la proporzionalità dei mezzi scelti in relazione alle esigenze obiettive da soddisfare e alle finalità perseguite.

In tal senso, la possibilità per il legislatore di procrastinare la soddisfazione del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche in sede esecutiva può essere ammessa laddove trovi giustificazione in un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, in relazione anche alle specifiche modalità con le quali il bilanciamento viene posto in essere.

Il diritto all’abitazione, in particolare, costituisce «diritto sociale»  e «rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione», rientrando – pur in mancanza di espressa previsione normativa - nel catalogo dei diritti inviolabili, l’abitazione dovendosi considerare «bene di primaria importanza».

D’altronde, secondo la Corte, anche nell’ipotesi in cui sia in discussione il diritto all’abitazione del debitore esecutato, la sospensione delle procedure esecutive può essere contemplata dal legislatore solo a fronte di circostanze eccezionali e per un periodo di tempo limitato, e non già con una serie di proroghe, che superino un ragionevole limite di tollerabilità.

Il dovere di solidarietà sociale, nella sua dimensione orizzontale, infatti, può anche portare, in circostanze particolari, al temporaneo sacrificio di alcuni – i creditori procedenti in executivis – a beneficio di altri maggiormente esposti, selezionati inizialmente sulla base di un criterio a maglie larghe: tutti i debitori esecutati che dimorano nell’abitazione principale posseduta a titolo di proprietà o altro diritto reale.

È necessario, allora, verificare se la proroga della sospensione delle esecuzioni - avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato -, reiterata dal legislatore, sia giustificata da un ragionevole e proporzionato giudizio di bilanciamento.

La Corte Costituzionale ha valorizzato, in un’ottica diacronica, il diverso modo di atteggiarsi del giudizio di bilanciamento in considerazione del tempo e del mutamento delle circostanze socio-sanitarie ed economiche:

- nel primo periodo dell’emergenza pandemica il legislatore, con l’introduzione dell’art. 54 ter, d.l. n. 18 del 2020, ha voluto evitare che tanto l’esecuzione del rilascio degli immobili quanto le procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale potessero costituire causa di aggravamento delle difficoltà economiche e fonte di preoccupazioni ulteriori per i debitori esecutati, limitando, comunque, l’efficacia temporale di tale misura;

- la disposizione, d’altro canto, da un lato, è stata inserita, come detto, in un quadro “sospensivo” di carattere generale inerente l’intero processo civile, accanto ad altra previsione puntuale inerente il processo esecutivo, dall’altro lato è rimasta inalterata nelle successive proroghe, le quali, avendone esteso gli effetti sino al 30 giugno 2021, hanno portato il periodo di compressione del diritto di difesa a quattordici mesi, di cui l’ultimo semestre è ascrivibile alla disposizione censurata avanti alla Corte delle leggi;

- in particolare, in occasione delle due proroghe, il bilanciamento (tra il diritto del creditore procedente alla tutela giurisdizionale nella forma esecutiva e l’eccezionale protezione, giustificata dall’emergenza pandemica, del debitore esecutato, per garantirgli la disponibilità dell'abitazione principale), sotteso alla misura in esame, è rimasto invariato nei termini inizialmente valutati dal legislatore, che ha introdotto il blocco di tali esecuzioni;

- con l’evolversi della situazione emergenziale, però, il legislatore ha previsto – quanto al settore della giustizia – misure più mirate che, sempre finalizzate a contenere il rischio di contagio secondo un criterio di precauzione, assicurassero in parallelo la ripresa dell’attività giudiziaria, così “dando il via” alla seconda fase, connotata dall’assegnazione ai capi degli uffici giudiziari della facoltà di adottare misure organizzative, comprensive della adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, nonché del loro possibile rinvio a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, peraltro con alcune eccezioni tipizzate;

- la terza fase (dapprima fino al 31 ottobre 2020), introdotta dall’art. 221 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, si è caratterizzata, come detto, per avere il legislatore adottato una serie di prescrizioni e cautele per la generale ripresa.

La Corte, quindi, ha sottolineato che a questo progressivo adattamento delle misure emergenziali dettate per i giudizi civili, comprensivi delle procedure esecutive, non è rimasta estranea neppure la prevista sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, fattispecie distinta rispetto alla sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale.

L’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, ha peraltro ulteriormente prorogato la sospensione fino al 30 giugno 2021, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze, oltre che ai provvedimenti di rilascio contenuti nei decreti di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari, e la Corte ha evidenziato che, a fronte di una disciplina processuale affinatasi progressivamente – sia quella generale della giustizia civile comprensiva delle procedure esecutive, sia quella molto specifica del rilascio coattivo degli immobili – la prevista sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale è invece rimasta invariata nei suoi presupposti fino alla seconda proroga, oggetto delle censure in esame.

È mancato, cioè, un aggiustamento dell’iniziale bilanciamento, sia quanto alla possibile selezione degli atti della procedura esecutiva da sospendere, sia soprattutto quanto alla perimetrazione dei beneficiari del blocco.

L’individuazione di questi ultimi in termini ampi – perché fatta con riferimento alla mera circostanza che il debitore esecutato dimorasse nell’abitazione principale e che questa fosse assoggettata ad esecuzione forzata – poteva giustificarsi inizialmente per rendere più agevole, rapida e immediatamente efficace la misura di protezione, ma con l'andare avanti del tempo sono emerse l’irragionevolezza e la sproporzione di un bilanciamento calibrato su tutti, indistintamente, i debitori esecutati.

Il protrarsi del sacrificio richiesto ai creditori procedenti in executivis, che di per sé non costituiscono una categoria privilegiata e immune dai danni causati dall’emergenza epidemiologica, avrebbe dovuto essere, tuttavia, dimensionato rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori esecutati, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi quali quelli previsti, tra gli altri, in materia di riscossione esattoriale.

Invece, nella proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale, di cui alla disposizione censurata, nessun criterio selettivo è stato previsto a giustificazione dell’ulteriore protrarsi della paralisi dell’azione esecutiva.

Il legislatore, cioè, ha prorogato una misura generalizzata e di extrema ratio, quale quella della sospensione delle predette espropriazioni immobiliari, mentre avrebbe dovuto specificare i presupposti soggettivi e oggettivi della misura, anche eventualmente demandando al vaglio dello stesso giudice dell’esecuzione il contemperamento in concreto degli interessi in gioco.

Ne deriva, secondo la Corte, una irragionevole sproporzione conseguente al mancato aggiustamento del bilanciamento sotteso alla misura in esame, resa ancor più evidente dal fatto che il diritto del debitore a conservare la disponibilità dell’abitazione è stato comunque tutelato dalla già ricordata proroga della sospensione dei provvedimenti di rilascio di immobili di cui all’art. 103, co. 6, d.l. n. 18 del 2020, nella formulazione modificata dall’art. 13, co. 13, d.l. n. 183 del 2020, come convertito, applicabile anche al decreto di trasferimento del bene espropriato.

Pertanto, secondo la Corte, il bilanciamento sotteso alla temporanea sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale è divenuto, nel tempo, irragionevole e sproporzionato, inficiando la tenuta costituzionale della seconda proroga (dal 1° gennaio al 30 giugno 2021), prevista dell’art. 13, co. 14, d.l. n. 183 del 2020, come convertito.

Il Giudice delle leggi, peraltro, ha rammentato al legislatore la possibilità, ove l’evolversi dell’emergenza epidemiologica lo richieda, di adottare le misure più idonee per realizzare un diverso bilanciamento, ragionevole e proporzionato, contemperando il diritto all’abitazione del debitore esecutato e la tutela giurisdizionale in executivis dei creditori procedenti.



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