Spigolature 36. La dottrina dell'esperienza giuridica di Giuseppe Capograssi

Sergio Conti • 5 settembre 2025

Guido Fassò, in Storia della filoisofia del diritto, vol. III pp. 324/326 osserva: 


"La riconciliazione tra scienza e filosofia del diritto avvenne però in Italia per altra via , grazie all'opera mediatrice di una singolare figura di pensatore che esercitò, forse con la sua personalità più ancora che con la sua dottrina , una forte suggestione su giuristi italiani: Giuseppe Capograssi (1889 - 1956), il quale , pur filosofo - anzi , filosofo a tendenza mistica, profondamente sensibile al fatto religioso - , assunse verso la scienza giuridica, di contro al <<metodo della >> degli idealisti , un atteggiamento di modestia e di umiltà che non solo gli valse le simpatie dei giuristi ( lusingati, in fondo, da quella che sembrava una resa della filosofia alla loro scienza), ma, cosa assai più importante, gli permise di penetrare i motivi profondi, e quindi in sostanza filosofici, dell'operare dei giuristi: rivelando a costoro la tanto aborrita filosofia erano essi stessi a praticarla senza accorgersene.

Cio ebbe, a dire il vero, anche conseguenze non felici, perché i giuristi, appreso d'esser filosofi si buttarono in molti avventatamente a filosofare; mentre il Capograssi aveva inteso dire che essi facevano della filosofia implicitamente nell'atto in cui facevano della scienza.

Tuttavia, il nuovo atteggiamento dei giuristi, o di gran parte di essi, contribuì a determinare una più ampia apertura degli studi giuridici, il cui campo andò allargandosi non solo alla filosofia ma anche all'economia, alla sociologia, all'esperienza totale, insomma, dell'uomo. 

L'assunto del Capograssi di <<raccogliere quelle che sono le certezze della scienza>>, <<quello che è l'atto di pensiero da cui nasce tutto il lavoro specifico della scienza, di analisi e di costruzione>>, mettendosi <<al seguito della scienza>> e cercando <<di cogliere quelle verità che essa afferma, di cogliere la sua attività al suo primo apparire nell'esperienza, di determinare la sua funzione nell'esperienza giuridica, seguendo passo passo il suo lavoro>>, rientrava infatti in una visione amplissima del diritto: che veniva concepito non come sola norma, ma come attività, come esperienza: <<esperienza giuridica>>, che è in definitiva e in sostanza l'esperienza umana, giacché <<l'esperienza giuridica si allarga fino a comprendere tutta l'esperienza concreta>>.

Concetto volutamente indeterminato, quello di esperienza giuridica poteva apparire abbracciare tutto e non abbracciare; ma senza dubbio esso rendeva efficacemente quel carattere, che già abbiamo avuto molteplici occasioni di rilevare, di problematicità e di indeterminabilità del fenomeno del diritto: carattere davanti al quale mostrano i loro limiti, tutte le teorie semplificatorie e riduzionistiche di esso, primo fra tutte il giuspositivismo formalistico. Ed invero la difficoltà - ricordata già dal Kant come esempio delle difficoltà delle definizioni  - di definire il diritto (la quale è più che difficoltà e forse impossibilità) è dovuta alla molteplicità degli aspetti del fenomeno giuridico, che prima di essere oggetto dell'attività dell'uomo è la sua attività stessa, articolantesi in disparate forme dovunque l'uomo sia in rapporto con gli altri uomini.

Il Capograssi, del resto, tirava le somme, pur se da una posizione personalissima, di un movimento che sotto vari e spesso contraddittori aspetti era in atto da tempo. La stessa espressione , destinata in Italia a tanta fortuna, <<esperienza giuridica>>, era di origine sociologica - l'abbiamo vista usata ad esempio dal Gurvitch -, la dissoluzione del diritto come norma nel diritto come attività era stata opera dell'idealismo; l'estensione della giuridicità a una molteplicità di ordinamenti diversi da quello dello Stato era stata affermata dalle dottrine istituzionalistiche; l'idea del carattere creativo del diritto nell'ambito dell'interpretazione e dell'esecuzione era stata al centro del movimento del diritto libero e degli indirizzi affini; il richiamo a valori intuiti dall'esperienza interiore del soggetto era stato proprio della fenomenologia. 

A questi motivi, diffusi, anche se ostici alla mentalità dei più fra i giuristi italiani, il Capograssi aggiungeva una afflato umano e religioso insieme, riecheggiante la filosofia dell'azione del Blondel e risalente al Rosmini e alla fine a Sant'Agostino , attraverso un Vico interpretato secondo questa linea di pensiero, con un'attenzione vivissima all'individuale e al personale in contrasto con l'universalismo dell'idealismo assoluto; e la sua dottrina esercitò per vari anni una suggestione notevole nell'ambiente giuridico italiano, risvegliandolo dalla sua cieca fede nel formalismo giuspositivistico e facendolo aprire a più vive e concrete visioni del diritto".


 Sul pensiero filosofico e giuridico di Giuseppe Capograssi si segnalano al lettore i seguenti saggi rinvenibili sul web:


A) Fulvio Tessitore,

la voce Capograssi, Giuseppe - Enciclopedia - Treccani Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia (2012) (all'indirizzo WEB https://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-capograssi_%28Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Filosofia%29/ );


B) Ulderico Pomarici,

la voce Capograssi, Giuseppe - Enciclopedia - Treccani Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Diritto (2012) (all'indirizzo WEB https://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-capograssi_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Diritto)/ );


C) Mario Sirimarco,

il saggio “Oltre-il-nichilismo-il-realismo-di-Giuseppe-Capograssi”, pubblicato sulla rivista Nomos le attualità del diritto ( all'indirizzo WEB https://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2021/06/4.-M.-Sirimarco-Oltre-il-nichilismo-il-realismo-di-Giuseppe-Capograssi.pdf )


D) Mario Cioffi,

l'articolo “Giuseppe Capograssi giurista e filosofo cattolico nella crisi del suo tempo” in Iustitia Anno LXX, Aprile – Giugno 2017 2/17 “Testimonianze” – pp. 197-208 ( all'indirizzo WEB https://www.rosmini.it/Resource/Rosmini/Rass.%20Stampa%202017/2017%2006-04%20Capograssi%20Cioffi.pdf );


E) Rocco Pezzimenti,

il saggio “Il ruolo del giurista e l’interpretazione scientifica della storia” (all'indirizzo WEB

https://www.iustitiaugci.org/wp-content/uploads/2024/02/2023Convegno6-Capograssi.docx.pdf


Nel rinviare alla completa lettura degli scritti segnalati, si riporta un breve stralcio dal saggio di Mario Sirimarco.



Il diritto occupa, lo abbiamo accennato, un posto centrale nell’etica capograssiana. Il diritto non inteso positivisticamente o formalisticamente come un asettico insieme di norme e di istituti, ma come espressione della vita, come esperienza. Capograssi, come Rosmini, vede nel diritto l’uomo, la sua azione e, quindi, con Vico, la storia. La giuridicità, o meglio, l’esperienza giuridica, acquista, infatti, in Capograssi il significato di segno e di sintomo dello stato dell’umanità, la prova che l’individuo esiste e resiste *. Ma, soprattutto, l’esperienza giuridica è la preparazione

dell’esperienza morale, «sono la stessa esperienza etica, l’una richiama l’altra» **; entrambe,esperienza giuridica ed esperienza morale, contribuiscono a dare il senso della sua filosofia pratica che è quello di un «esorcismo metafisico» contro la presenza del Male, che indica la morte spirituale e la perdita dell’identità dell’agente: la filosofia del diritto diventa la difesa dell’azione, della vita dell’individuo che agisce ***. Questi temi troveranno occasione di riflessione in nuova prospettica con l’emergere della catastrofe. Capograssi è, infatti, il filosofo che meglio di altri ha descritto la crisi del secolo passato e del mondo contemporaneo, le tragedie e le miserie dei totalitarismi, ma che ha saputo anche individuare dei segni di speranza indicando all’individuo la necessità di essere se stesso, di non lasciarsi massificare e omologare, di preservare la propria personalità e dispiegare le proprie potenzialità di umanità, per evitare il pericolo, sempre latente del resto, della scissione tra individuo e individualità che impedisce il perseguimento della personalità e lascia, come vedremo, l’individuo in balia e nella disponibilità dei detentori del potere, che lo piegano ai propri fini, col rischio che l’uomo diventi «superfluo» secondo l’ammonimento sempre attuale espresso da Hannah Arendt ****. Inevitabile, quindi, il confronto col nichilismo e con il nichilismo giuridico di conseguenza, un confronto sempre presente nel pensiero capograssiano ma che assume toni più intensi «dopo la catastrofe»". 


* Cfr. G. CAPOGRASSI, L’ambiguità del diritto contemporaneo, in Incertezze sull’individuo, cit., 119.
** G. CAPOGRASSI, Introduzione alla vita etica, cit., 45-46: «Lo Stato e il diritto mi ricordano che sono qualche altra cosa, oltre a quello che voglio essere […] C’è qualche cosa che è più profonda di me. Sono uomo. Vale a dire, sono tutti i fini e tutti gli interessi che fanno umana la vita […] Non c’è nessun lavoro intellettuale da fare, nessuna ricerca. C’è soltanto da resistere alle profonde tendenze che tenderebbero a gettarsi, e a fermare le correnti della vita, o nel piacevole o nell’utile o in uno degli altri fini costitutivi dell’umanità della vita e a subordinare tutti gli altri fini a quest’uno; e quindi, riportata l’anima nel proprio dominio, nel dominio di sé stessa, lasciarsi vivere secondo le inclinazioni della volontà, che vuole appunto vivere la vita nella totalità e nell’ordine dei suoi interessi e dei suoi fini umani. Perciò la morale è virtù e libertà […] L’esperienza morale è proprio l’esperienza nella quale l’uomo vive nella pace della sua natura totalmente spiegata in tutte le sue forze e le sue direzioni».

*** Cfr. V. FROSINI, Capograssi: la struttura dell’esperienza giuridica, cit., 59.

**** Sul pensiero della Arendt, anche per cogliervi interessanti nessi con la filosofia capograssiana, cfr. T. SERRA, Virtualità e realtà delle istituzioni. Ermeneutica, diritto e politica in Hannah Arendt, Torino, Giappichelli, 1997. Sarebbe interessante approfondire i tratti di tangenza tra questi due pensatori, non classificabili in determinate scuole o correnti, sui temi del totalitarismo, della condizione umana e dell’agire.