Spigolature 35. La teoria giuridica di Nicolás Gómez Dávila
Si invita oggi alla lettura dello scritto di Nicolás Gómez Dávila "De iure", in cui il pensatore colombiano indaga il senso del diritto da una sua del tutto peculiare prospettiva.
"In un tempo in cui il tecnicismo giuridico, esasperato dalla proliferante evoluzione normativa, sembra riservare al ceto dei giuristi prospettive esegetiche improntate ad un angusto minuziosismo, quasi più proteso a denunziare il difettoso coordinamento tra i due commi dell’articolo d’una novissima legge, che magari ad avvedersi della logica
precedenza del quid est ius al quid est iuris, la nuova collana Krisis – autorevolmente ideata e sovrintesa da Massimo Cacciari e Natalino Irti – lo emancipa piacevolmente da un siffatto clima asfittico e, nel gettare un ponte tra la filosofia e il diritto, dischiude agli studiosi dell’una e dell’altro nuovi, fecondi e inaspettati orizzonti di riflessione."
(ALBERTO MATTIA SERAFIN nel recensire l'opera di NICOLÁS GÓMEZ DÁVILA, De iure, L. Garofalo (a cura di), La Nave di Teseo, Milano, 2019)
Nel Web è possibile reperire (all'indirizzo http://www.juscivile.it/Article/Archive/index_html?ida=341&idn=49&idi=-1&idu=-1) lo scritto di Alberto Mattia Serafin, che fornisce un breve inquadramento del pensiero e dell'opera di Gómez Dávila, che è stato pubblicato sulla rivista Jus civile 2020 I, pag. 227/232.
Dal libro ("De iure" ) si riportano – per stimolare la curiosità del lettore – stralci della parte iniziale, nella quale Gómez Dávila ricapitola da par suo, con stile incisivo, le diverse prospettive che sono state sviluppate sullo ius.
“Stabilire se le nozioni di diritto, di giustizia e di Stato denotino semplicemente fatti che accadono o anche fatti che hanno validità e il problema che genera e giustifica la teoria giuridica.
In effetti il problema di una validità del diritto separata dal mero fatto dalla sua vigenza può a volte eclissarsi, ma non scompare.
Dall'invocazione greca di una legge non scritta alle indagini attuali della giurisprudenza tedesca circa la natura della cosa, la tesi giusnaturalistica, nelle sue molteplici incarnazioni, arrovella il pensiero europeo e pervade la storia dell'Occidente
La positività della legge sembra non bastare. Pare che la norma legale che regge gli atti debba a sua volta essere retta da una norma giusta.
Un confronto senza fine sulla magna quaestio ha inizio nei dialoghi di Platone Nell'aristotelismo vengono definiti gli ingranaggi concettuali di quelli che saranno i suoi frutti, i suoi futuri sviluppi. E fra le scuole ellenistiche, se l'epicureismo affida lo schizzo originario della tematica contrattualistica ai pubblicisti a venire, la stoà risveglia l'idea di un criterio trascendente nella testa granitica dei giuristi imperiali.
Forti di una fugacea reminiscenza stoica contenuta nelle epistole paoline, i padri della Chiesa d'Occidente plasmano, avvalendosi di testi ciceroniani, una dottrina diffusa nelle Etimologie di Isidoro di Siviglia, la quale, rafforzata dall'intervento restauratore di Irnerio, si articola e culmina nella scolastica trionfante .
Né il realismo dei politici rinascimentali, né la teoria postlapsaria dei teologi luterani riescono a estirpare il giusnaturalismo che pamphettisti calvinisti, frati domenicani e padri gesuiti condividono in via solidale. Il diritto naturale, al contrario, liberato dal proprio ancoraggio teologico per opera di esperte mani olandesi s' impadronisce per due secoli di qualsiasi speculazione giuridica, raggiungendo la sua espressione più pura e nobile nel pensiero kantiano e la sua frustrazione più beffarda nelle proscrizioni rivoluzionarie.
Durante il secolo XIX, il diritto naturale, illanguidisce tra una borghesia che lo strumentalizza per dare sostegno al proprio predominio e un proletariato che lo disprezza, avendone smascherato la funzione ideologica. Tuttavia, né il dottrinarismo liberale nasconde soltanto interessi, né i diversi socialismi, riescono a dissimulare, sotto le loro impostazioni sociologiche, la sensibilità giusnaturalistica che li anima.
In questo clima avverso, la letteratura giuridica oscilla tra un rigido legalismo e un minuzioso storicismo. Prevale un empirismo da giurisperito o da storico .
Così, nonostante i lampi geniali di Savigny, i giuristi tedeschi riuscirono unicamente a contrapporre un positivismo statale al letteralismo legale dei civilisti classici francesi Persino nella nazione che diffuse, tra le vestigia della sua giurisprudenza consuetudinaria, il contrattualismo liberale fiorisce all'ombra di Hobbes, il positivismo dei giuristi cesarei all'interno della teoria austiniana della legge.
L'importanza del pensiero giuridico del secolo risiede nell'altro suo versante: nel lavoro sistematico dei pandettisti, cristallizzato nell'edificio di Windschein, come pure nell'ammirevole opere storica di un Mommsen, un Gierke o un Maitland.
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Nessun problema, dunque, è più autentico di quello del diritto, della giustizia, dello Stato, né più spinoso né più urgente. Espressa o tacita che sia la soluzione per cui opta un individuo, essa governa la maggior parte della sua condotta e la soluzione adottata da un'intera società ne determina la storia e il destino.
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Le pagine che seguono, peraltro, neppure mirano a proporre una banale e pedestre soluzione al quid est ius del giurista rispetto al quid est iuris dell'esperto. Si limitano a mostrare la convenienza nell'adottare determinate regole semantiche ai fini della disamina di questi temi. E comunque nemmeno postulano in via autonoma le regole che espongono, bensì suggeriscono di estrapolarle dalla massa ereditaria di vocaboli, dove si trovano sedimentate dalla tradizione.
In effetti, se si considera l'immensa letteratura concernente questi temi, all'interno del coacervo secolare di tesi risultano evidenti talune linee che tratteggiano la struttura di un possibile discorso coerente. Basta distinguere analiticamente i diversi tipi di proposizione lì confusi e rendere esplicite le implicazioni di una data tesi, ieri autorevole e oggi obsoleta, per vedere il vocabolario di questi temi cristallizzarsi in costellazioni sistematiche.
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La teoria del diritto, la teoria della giustizia e la teoria dello Stato non integrano tre teorie distinte, ma sono parti di un'unica teoria. Sono tutte capitoli della teoria giuridica.
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Il giuridico come il logico è categoria irriducibile dello spirito, struttura irriducibile dell'universo.
Se il logico, infatti, si dà nell'atto del soggetto che solamente conosce oggetti, il giuridico si dà nell'atto del soggetto che riconosce un altro soggetto .
In questi due atti si esaurisce l'elenco degli atti possibili. Il soggetto, invero, unicamente trova dinanzi a sé o meri oggetti o anche un altro soggetto Il suo dilemma è unico: per il soggetto, o tutto è oggetto oppure, dinanzi a lui, esiste anche un altro soggetto. Tra il soggetto epistemologico e l'oggetto epistemologico non sono concepibili ulteriori relazioni formali.
Da un lato, l'atto solitario di un soggetto, il quale non conosce se non oggetti; dall'altro, l'atto di un soggetto il quale riconosce un altro soggetto, ma che lo riconosce come tale soltanto quando non si limita a pensarlo o ad agire su di lui, bensì quando agisce con lui in modo solidale".
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