Irretroattività delle nuove sanzioni tributarie e modifica radicale del rapporto tra fisco e contribuente

Alma Chiettini • 14 luglio 2025

Cass. civ., sez. V, 26.6.2025, n. 17113 


Il d.lgs. 14.6.2024, n. 87, entrato in vigore il 29 giugno 2024, di revisione del sistema sanzionatorio tributario, c.d. decreto-sanzioni (attuativo dell’art. 20 della legge delega n. 111 del 2023) ha modificato molte disposizioni contenute nei decreti legislativi che disciplinano il sistema sanzionatorio penale e amministrativo.

In particolare, è intervenuto sul d.lgs. n. 74 del 2000 per i reati in materia di imposte sui redditi e IVA, sul d.lgs. n. 471 del 1997 sulle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, IVA e riscossione dei tributi, e sul d.lgs. n. 472 del 1997 per le disposizioni generali sulle sanzioni amministrative tributarie, e ha ridotto le misure edittali, sia minime che massime, previste per le violazioni delle imposte sui redditi, per l’IRAP e per l’IVA.

L’art. 5 del decreto ha previsto che “le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 (a esclusione del comma 1, lettera o, ossia la novella disciplina per la definizione agevolata delle sanzioni in caso di autotutela parziale), e 4, ovvero le modifiche ai d.lgs. n. 471 e 472 nonché le modifiche alle sanzioni per tributi sugli affari, sulla produzione e sui consumi, e altri tributi indiretti, si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024”.

Tale disposizione, di deroga al principio della retroattività della sanzione più favorevole sancito (anche) dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997, è stata immediatamente tacciata di incostituzionalità in applicazione di consolidati principi sulla natura afflittiva delle sanzioni tributarie e sull’estensione al diritto amministrativo e tributario del principio del favor rei.

Nondimeno, i dubbi di costituzionalità sono stati sino a oggi non condivisi dalla Corte di cassazione, che ancora con la sentenza n. 1274, del 19 gennaio 2025, accertato che l’applicazione della sanzione più favorevole è preclusa da un’espressa previsione normativa che deroga al generale principio di retroattività della legge più favorevole, ha affermato che tale deroga alla lex mitior è “coerente con i principi costituzionali, così come con quelli unionali che riconoscono che il principio del rispetto della lex mitior può risultare recessivo nella comparazione con altri interessi, di pari rango, con sue conseguenti deroghe”.

Nel caso di specie, l’irretroattività disposta dall’art. 5 del d.lgs. n. 87 del 2024 per le nuove sanzioni, complessivamente più favorevoli per il contribuente, “si colloca in un contesto, interno ed esterno, che accompagna la rimeditazione dell’intero sistema sanzionatorio, sul piano qualitativo come quantitativo … la riforma … di grande respiro, non si limita a rideterminare le sanzioni in senso favorevole al contribuente, ma si accompagna a un ripensamento del ruolo stesso della sanzione, implementando un contesto di collaborazione tra Amministrazione e contribuente (art. 20, comma 1, lett. a, n. 4), e persino prevedendo forme di compensazione tra sanzioni comminate e crediti maturati nei confronti delle amministrazioni (art. 20, comma 1, lett. a, n. 2), oppure valorizzando la condotta successiva o pregressa del contribuente in uno spirito radicalmente rivoluzionato rispetto al passato, quanto meno in termini di obiettivi (art. 20, comma 1, lett. 2 e 3)”. Per cui “un simile riassetto - che peraltro non risulta neppure del tutto compiuto - giustifica la scelta del legislatore delegato … e giustifica ampiamente una irretroattività della nuova disciplina sanzionatoria, senza con ciò poter essere tacciata di violazione dei diritti presidiati dagli artt. 3 e 53 Cost.”.

Tale posizione è stata di recente ribadita e puntualizzata con la sentenza n. 17113, del 26 giugno 2025, che ha anzitutto esaminato la portata complessiva dell’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997, che al comma 2 (“salvo diversa previsione di legge”) prevede una deroga al principio della sopraggiunta non punibilità di una condotta. Con ciò osservando che un’interpretazione coerente tra i commi 2 e 3 dell’art. 3 cit. porta ad affermare che “i principi della riserva di legge (comma 2) e quello della lex mitior (comma 3) non possono essere tenuti nettamente separati”. E “la conseguente considerazione è che le ragioni che sottendono la disciplina sanzionatoria apprestata in tema di obbligazioni tributarie, quando leggi successive escludano in radice il disvalore di una condotta, ma anche quando lo affievoliscano semplicemente, possono giustificare deroghe all’applicazione del principio del favor rei”.

Considerazioni, queste, che hanno “una chiara copertura proprio in precedenti della Corte costituzionale”: si vedano le sentenze n. 68 del 2021 e n. 63 del 2019 che valorizzano “ragioni cogenti di tutela di controinteressi di rango costituzionale” per le deroghe al principio di retroattività in mitius. E pure del diritto dell’Unione europea che, quanto al rispetto della lex mitior, affermano che esso può risultare recessivo nella comparazione con altri interessi di pari rango (sentenza della Corte di giustizia 24.7.2023, causa C-107/2023). 

Ne deriva che “la deroga al principio della applicazione della legge più favorevole ha il suo comune denominatore nella esigenza di comparazione con altri principi di pari rango, comparazione all’esito della quale la lex mitior può risultare recessiva, giustificandosene dunque la deroga”.

L’irretroattività delle nuove sanzioni disposta dall’art. 5 del d.lgs. n. 87 del 2024 “si colloca in un contesto che accompagna la rimeditazione dell’intero sistema sanzionatorio, sul piano qualitativo e quantitativo”. Sul punto è stato sottolineato che “è sufficiente la lettura dell’art. 20 della legge delega, e degli ampi obiettivi che con essa sono stati assunti dal legislatore, per comprendere come la riforma non si limita a rideterminare le sanzioni in senso favorevole al contribuente, ma si accompagna a un ripensamento del ruolo stesso della sanzione, implementando un contesto di collaborazione tra Amministrazione e contribuente, e persino prevedendo forme di compensazione tra sanzioni comminate e crediti maturati nei confronti delle amministrazioni, oppure valorizzando la condotta successiva o pregressa del contribuente in uno spirito radicalmente rivoluzionato rispetto al passato, quanto meno in termini di obiettivi”.

Pertanto, “un simile riassetto giustifica la scelta del legislatore delegato. Basti considerare che un intervento di tale portata, e la previsione di sanzioni più leggere, con conseguente riduzione di risorse già preventivate, al di là delle esigenze di rispetto dei principi di equilibrio di bilancio e di sostenibilità del debito pubblico, ex art. 97 Cost., riversa direttamente i suoi effetti sul raggiungimento di prestazioni standard in materie di rango costituzionale altrettanto sensibili, quali le prestazioni sanitarie (art. 32 Cost.), scolastiche (art. 34 Cost.), di sicurezza pubblica”.

In conclusione: “una riforma del sistema tributario, nel quale la previsione di un minor carico sanzionatorio si relaziona a una modifica radicale del rapporto tra fisco e contribuente, giustifica una irretroattività della nuova disciplina sanzionatoria, senza con ciò poter essere tacciata di violazione dei diritti presidiati dagli artt. 3 e 53 Cost. E d’altronde, che la deroga sia ‘pensata’ con estrema ponderazione lo si rinviene nella constatazione che l’irretroattività non è coincidente con il momento di entrata in vigore della legge, ma con una data ulteriormente successiva, a comprova della necessità che anche l’attenuazione delle sanzioni necessita di un ‘tempo’ per l’attuazione dell’intero ripensamento dell’impianto sanzionatorio”.