Blog Layout

Recupero di aiuto di Stato in materia fiscale e termine di prescrizione

aggiornamento a cura di Alma Chiettini • mar 29, 2023

Cass. Civile, Sez. V, 27 febbraio 2023, n. 5899


Nell’anno 1992 le società di autotrasporti usufruirono di crediti di imposta - istituiti e disciplinati con decreto ministeriale - sulle spese sostenute per l’acquisto di carburanti e lubrificanti per veicoli di autotrasporto merci in conto terzi.

La Commissione delle Comunità europee chiese immediatamente al Governo italiano informazioni sul decreto, segnalando che poteva costituire una violazione dell’art. 92, n. 1, del Trattato CE, sull’incompatibilità con il Trattato degli aiuti concessi dagli Stati. E il Governo italiano rispose che il credito d’imposta non costituiva un aiuto ma piuttosto una misura di natura fiscale.

Ma la Commissione, con decisione 9 giugno 1993, 93/496/CEE, affermò che l’aiuto sotto forma di credito d’imposta a valere sull’imposta sul reddito o sulle imposte comunali o sull’IVA era illegittimo perché incompatibile con il mercato comune ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 1, del Trattato. Chiese pertanto all’Italia di sopprimerlo e di recuperarlo entro due mesi dalla notifica della decisione.

L’Italia non impugnò la decisione e non recuperò il credito d’imposta: anzi, lo prorogò per i due anni successivi e lo estese anche agli autotrasportatori di altri Stati membri in relazione al consumo di gasolio sul territorio italiano. 

La Commissione contestò nuovamente tale operato (decisione 22 ottobre 1996, 97/270/CE) precisando che la pronuncia era motivata non soltanto sulla discriminazione tra gli autotrasportatori italiani e quelli di altri Stati membri ma anche dall’esistenza di una distorsione della concorrenza. Ma l’Italia oppose che l’imposto recupero era tecnicamente impossibile poiché il credito, essendo stato deducibile da vari tipi d’imposta, costringeva l’Amministrazione a effettuare una serie di controlli su una massa di dichiarazioni presentate da circa 150.000 imprese di trasporti e sostituti d’imposta.

A quel punto la Commissione introdusse un ricorso innanzi alla Corte di Giustizia per far dichiarare che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato.

La Corte di Giustizia, con sentenza 29 gennaio 1998, n. 280/95, affermò che fin dal 1992 il Governo italiano era stato informato dell’incompatibilità del sistema dei crediti d’imposta fiscali con il Trattato e, di conseguenza, del rischio di dover recuperare il credito; che riconoscere, a tali condizioni, un’impossibilità di recupero significherebbe mettere in discussione l’efficacia del diritto comunitario in materia di aiuti di Stato; che, in definitiva, l’Italia, non essendosi conformata alla decisione della Commissione “è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza del Trattato CE”.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intimò dunque alle società di autotrasporto che avevano goduto di quei crediti di imposta la restituzione delle somme portate in detrazione.

Una società di autotrasporti ha impugnato il provvedimento di recupero lamentando la violazione dell’art. 97 della Costituzione sotto il profilo dell’efficienza e del buon andamento applicabili anche all’autotutela amministrativa nei provvedimenti volti a rimuovere precedenti atti ritenuti illegittimi, e che era oramai decorso il termine di legge per l’osservanza dell’obbligo di conservazione delle scritture contabili.

Tale censure, condivise dal Giudice di merito, sono state però tutte respinte dalla Corte di cassazione con la sentenza qui segnalata (ricca di richiami giurisprudenziali), particolare significativa perché ha:

- anzitutto, asserito che la Corte tributaria di merito “ha confuso l’esercizio del potere di autotutela - nel quale ha erroneamente ritenuto rientri il potere di recupero delle somme costituenti aiuti di stato - con l’attuazione nell’ordinamento interno degli obblighi unionali che vietano l’adozione di tali misure e che ne impongono il recupero ove rivelatesi contrarie al diritto dell’Unione”;

- ricordato la nozione di “aiuto di Stato” e di “aiuto di Stato fiscale”, una species dell’ampio genus “aiuto” che, in via generale, configura una rinuncia dell’ente pubblico, in toto o in parte, all’esercizio della potestà impositiva, in senso derogatorio rispetto alle norme vigenti in un determinato sistema tributario, che comprende una serie eterogenea di misure tributarie agevolative che incidono su una fase del prelievo (individuazione del presupposto, liquidazione della base imponibile o dell’imposta, accertamento, riscossione), caratterizzate da un regime giuridico speciale rispetto all’ordinaria applicazione della legislazione vigente;

- rammentato che anche la Corte costituzionale ha riconosciuto la sussistenza di un vero e proprio obbligo in capo allo Stato membro di assicurare il recupero dell’aiuto (configurabile come il pagamento di una somma corrispondente a un tributo già spettante) e ha dichiarato non opponibili le eccezioni relative ai principi di attualità della capacità contributiva di cui all’art. 53, e di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 (ord. 6 febbraio 2009, n. 36; id., 30 aprile 2009, n. 125);

- rievocato la giurisprudenza in forza della quale l’efficacia diretta delle norme unionali nell’ordinamento interno si estende anche alle decisioni con cui la Commissione, nell’esercizio del controllo sulla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune, dispone la sospensione di una misura di aiuto, o ne dichiara l’incompatibilità, o ne ordina la restituzione, e affermato che ciò comporta l’invalidità o l’inefficacia delle norme di legge e degli atti amministrativi o negoziali in forza dei quali la misura di aiuto è stata erogata;

- osservato che la normativa nazionale sulla prescrizione deve essere disapplicata, per contrasto con il principio di effettività proprio del diritto comunitario, qualora impedisca il recupero di un aiuto dichiarato incompatibile con una decisione della Commissione divenuta definitiva; 

- considerato che ciò non significa che il beneficiario dell’aiuto nazionale sia esposto all’azione di recupero degli aiuti senza limiti temporali, in quanto la normativa comunitaria - ai sensi dell’art. 15 del Regolamento (CE) 22 marzo 1999, n. 659, ora art. 17 del Regolamento (CE) 13 luglio 2015, n. 1589 - fissa in dieci anni, dalla concessione del beneficio, il termine entro il quale la decisione negativa della Commissione può far sorgere il diritto-dovere di recuperare gli aiuti incompatibili erogati;

- affermato che in tema di recupero di aiuti di Stato dichiarati dalla Commissione incompatibili con il mercato comune, l’azione di ripetizione è soggetta al termine di prescrizione decennale e, quanto al momento di decorrenza della prescrizione, che essa non decorre dalla data di fruizione dell’aiuto bensì dalla notifica della decisione della Commissione allo Stato membro e, cioè, dal momento in cui l’aiuto erogato è qualificabile come illegittimo (con l’ulteriore precisazione che tale termine di prescrizione non è interrotto dall’avvenuta impugnazione alla Corte di Giustizia, da parte dello Stato, della decisione della Commissione, poiché tale effetto interruttivo è previsto esclusivamente nei rapporti tra la Commissione e lo Stato membro, non già nel rapporto, assoggettato alle regole interne, tra quest’ultimo e il destinatario dell’aiuto).

Quanto, da ultimo, alla conservazione delle scritture contabili, la Corte ha osservato che da tempo viene precisato che l'art. 22, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973 (che impone al contribuente la conservazione delle scritture contabili obbligatorie sino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta) va interpretato nel senso che l’ultrattività dell’obbligo di conservazione oltre il termine decennale di cui all’art. 2220 c.c. opera solo se l’accertamento, iniziato prima del decimo anno, non sia ancora stato definito a tale scadenza.

Tuttavia, nel caso all’esame, a fronte della concessione degli aiuti di stato negli anni 1992, 1993, 1994, dichiarati illegittimi con le decisioni della Commissione del 1993 e del 1996, la legittimità degli stessi - e quindi la pendenza dell’accertamento tributario, essendo aiuti di Stato fiscali - era sub iudice appunto dalle date in cui la Commissione ne aveva contestato la contrarierà al diritto unionale. E “tale pendenza, in allora esistente e tuttora perdurante, sino alla definizione del giudizio, rendeva e rende, non essendo definito l’accertamento, perdurante l’obbligo del contribuente di conservare la documentazione contabile ad esso connessa”.

Share by: