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NATURA DELLA RESPONSABILITA’ DELL’AMMINISTRAZIONE NEL CASO DI LESIONE DI INTERESSI LEGITTIMI

giu 28, 2021

PRELIMINARMENTE, L’ADUNANZA PLENARIA HA PRECISATO CHE LA RESPONSABILITA’ IN CUI INCORRE L’AMMINISTRAZIONE PER L’ESERCIZIO DELLE SUE FUNZIONI PUBBLICHE E' INQUADRABILE NELLA RESPONSABILITA’ DA FATTO ILLECITO, SIA PURE CON GLI INEVITABILI ADATTAMENTI RICHIESTI DALLA SUA COLLOCAZIONE ORDINAMENTALE NEI RAPPORTI INTERSOGGETTIVI, QUALE RISULTANTE DALL’EVOLUZIONE STORICO-ISTITUZIONALE E DI DIRITTO POSITIVO CHE L'HA CARATTERIZZATA.

IN PARTICOLARE, L’ACCERTAMENTO DELLA LESIONE DI INTERESSI LEGITTIMI, SIA CHE DERIVI DA ILLEGITTIMITA’ PROVVEDIMENTALE SIA CHE DERIVI DA INOSSERVANZA DOLOSA O COLPOSA DEL TERMINE DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO, NON GENERANDO UNA RESPONSABILITA’ DA INADEMPIMENTO CONTRATTUALE, BENSI’ UNA RESPONSABILITA’ DA FATTO ILLECITO AQUILIANO, PRESUPPONE L’ACCERTAMENTO CHE VI SIA STATA LA LESIONE DI UN BENE DELLA VITA E CHE TALE LESIONE ABBIA PRODOTTO DELLE CONSEGUENZE RISARCIBILI, PER LA CUI QUANTIFICAZIONE SI APPLICANO, IN VIRTU’ DELL’ART. 2056 C.C. – DA RITENERE ESPRESSIONE DI UN PRINCIPIO GENERALE DELL’ORDINAMENTO - I CRITERI LIMITATIVI DELLA CONSEQUENZIALITA’ IMMEDIATA E DIRETTA E DELL’EVITABILITA’ CON L’ORDINARIA DILIGENZA DEL DANNEGGIATO, DI CUI AGLI ARTT. 1223 e 1227 C.C., CON ESCLUSIONE DEL CRIETRIO DELLA PREVEDIBILITA’ DEL DANNO PREVISTO DALL’ART. 1225 C.C. (Adunanza Plenaria n. 7/2021)



La responsabilità da inadempimento si fonda, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., sul non esatto adempimento della «prestazione» cui il debitore è obbligato in base al contratto.

Un vincolo obbligatorio di analoga portata non può essere configurato per la pubblica amministrazione che agisca nell’esercizio delle sue funzioni amministrative e, quindi, nel perseguimento dell’interesse pubblico definito dalla norma attributiva, che fonda la causa giuridica del potere autoritativo. Sebbene a quest’ultimo si contrapponga l’interesse legittimo del privato, la relazione giuridica che si instaura tra il privato e l’amministrazione è caratterizzata da due situazioni soggettive entrambe attive, l’interesse legittimo del privato e il potere dell’amministrazione nell’esercizio della sua funzione. In questo caso, quindi, è configurabile non già un obbligo giuridico in capo all’amministrazione – rapportabile a quello che caratterizza le relazioni giuridiche regolate dal diritto privato - bensì un potere attribuito dalla legge, che va esercitato in conformità alla stessa e ai canoni di corretto uso del potere individuati dalla giurisprudenza. Né la fattispecie in esame può essere ricondotta alla dibattuta, in dottrina come in giurisprudenza, nozione di “contatto sociale”, in quanto, a tacer d’altro, oltre a quanto osservato sulla natura del “rapporto amministrativo”, la relazione tra privato e amministrazione è comunque configurata in termini di “supremazia”, cioè da un’asimmetria che mal si concilia con le teorie sul “contatto sociale” che si fondano sulla relazione paritaria.

Anche in un’organizzazione dei pubblici poteri improntata al buon andamento, in cui si afferma il modello dell’amministrazione “di prestazione”, quest’ultima mantiene rispetto al privato la posizione di supremazia necessaria a perseguire «i fini determinati dalla legge» (art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990), con atti di carattere autoritativo in grado di incidere unilateralmente sulla sfera giuridica del privato. Nel rapporto amministrativo contraddistinto dalla ora descritta asimmetria delle posizioni si manifesta ad un tempo l’essenza dell’ordinamento giuridico di diritto amministrativo e allo stesso tempo si creano le condizioni perché la pubblica amministrazione – per ragioni storiche, sistematiche e normative - non possa essere assimilata al “debitore” obbligato per contratto ad “adempiere” in modo esatto nei confronti del privato.

Elemento centrale nella fattispecie di responsabilità da fatto illecito della pubblica amministrazione è l’ingiustizia del danno, da dimostrare in giudizio, diversamente da quanto avviene per la responsabilità da inadempimento contrattuale, in cui la valutazione sull’ingiustizia del danno è assorbita dalla violazione della regola contrattuale. Declinata nel settore relativo al «risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi», di cui all’art. 7, comma 4, cod. proc. amm., il requisito dell’ingiustizia del danno implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere od ottenere, secondo la dicotomia interessi legittimi oppositivi e pretensivi. Infatti, diversamente da quanto avviene nel settore della responsabilità contrattuale, il cui aspetto programmatico è costituito dal rapporto giuridico regolato bilateralmente dalle parti mediante l’incontro delle loro volontà, concretizzato con la stipula del contratto-fatto storico, il rapporto amministrativo si caratterizza per l’esercizio unilaterale del potere nell’interesse pubblico, idoneo, se difforme dal paradigma legale e in presenza degli altri elementi costitutivi dell’illecito, a ingenerare la responsabilità aquiliana dell’amministrazione.

Mentre sono comuni all’illecito civile le questioni concernenti il danno-conseguenza, in cui non vengono in rilievo profili di carattere pubblicistico, ma si pone la questione di individuare e quantificare i danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo, e dunque di imputare all’evento dannoso causalmente correlato al fatto illecito, sul piano della causalità materiale, i pregiudizi patrimoniali da reintegrare per equivalente monetario, conseguenze “dirette e immediate” dell’evento sul piano della causalità giuridica, l’art. 1227, comma 2, cod. civ. rileva nella determinazione del danno, in combinato disposto con l’art. 1223, in qualità di criterio, tra gli altri, in base al quale selezionare le conseguenze risarcibili, dopo che si sia positivamente accertata la ingiusta lesione di un interesse giuridico meritevole di tutela in termini di conseguenza immediata e diretta della condotta.

Invero, nel settore della responsabilità dell’amministrazione da illegittimo o mancato esercizio dei suoi poteri autoritativi il criterio in questione si declina nel senso che a carico del privato è posto un onere di ordinaria diligenza - come tale valutabile dal giudice - di attivarsi con ogni strumento procedimentale o processuale utile a salvaguardare il bene della vita correlato al suo interesse legittimo, in modo da delimitare in termini quantitativi, anche con riguardo a ciò, il perimetro del danno risarcibile. In modo parzialmente diverso da quanto si tende ad affermare nei rapporti regolati dal diritto civile, l’onere di cooperazione del privato nei confronti dell’esercizio della funzione pubblica assume quindi i connotati di un «obbligo positivo (tenere quelle condotte, anche positive, esigibili, utili e possibili, rivolte a evitare o ridurre il danno)», con la sola esclusione di «attività straordinarie o gravose attività», per cui «non deve essere risarcito il danno che il creditore non avrebbe subito se avesse serbato il comportamento collaborativo cui è tenuto, secondo correttezza» (così anche l’Adunanza plenaria nella sentenza del 23 marzo 2011, n. 3).



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