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I limiti alla nomina governativa dei giudici e l’indipendenza della magistratura come condizione fondamentale dell’effettività della tutela giurisdizionale

di Nicola Fenicia • mag 25, 2021

Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 20 aprile 2021, nella causa C-896/19 Repubblika/ Il-Prim Ministru


IL CASO E LA SOLUZIONE

Repubblika è un’associazione il cui oggetto è promuovere la tutela della giustizia e dello Stato di diritto a Malta. A seguito della nomina di nuovi giudici delle giurisdizioni superiori, avvenuta nell’aprile del 2019, tale associazione ha proposto un’azione popolare dinanzi alla Prim’Awla tal-Qorti Ċivili – Ġurisdizzjoni Kostituzzjonali (Prima sezione del Tribunale civile, in veste di giudice costituzionale, Malta), allo scopo di contestare la procedura di nomina dei giudici stessi, quale disciplinata dalla Costituzione maltese.

Le disposizioni costituzionali interessate, che sono rimaste immutate dalla loro adozione, nel 1964, fino alla riforma del 2016, conferiscono al Primo ministro il potere di presentare al Presidente della Repubblica i soggetti da scegliere. In pratica, il Primo ministro dispone così di un potere decisivo nella nomina dei giudici maltesi delle giurisdizioni superiori, potere che, ad avviso di Repubblika, induce a dubitare dell'indipendenza dei giudici in parola. I candidati devono cionondimeno soddisfare talune condizioni, anch’esse previste dalla Costituzione, e, dalla riforma del 2016, è stato istituito un Comitato per le nomine in magistratura, incaricato di valutare i candidati e di fornire un parere al Primo ministro. 

In tale contesto, il giudice adito ha sottoposto alla Corte la questione della conformità del sistema maltese di nomina dei giudici con il diritto dell’Unione e, più precisamente, con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 

In particolare, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, impone agli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare, nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione, una tutela giurisdizionale effettiva, e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea enuncia il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di ogni singolo che si avvalga, in una determinata fattispecie, di un diritto che gli deriva dal diritto dell'Unione. 

La Corte, riunita in Grande Sezione, ha concluso dichiarando che il diritto dell’Unione non osta a disposizioni nazionali come le citate disposizioni di diritto maltese relative alla nomina dei giudici. Tali disposizioni, infatti, non sembrano atte a condurre ad una mancanza di apparenza di indipendenza o di imparzialità dei giudici tale, da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare ai singoli in una società democratica e in uno Stato di diritto.

Nel giungere a tale conclusione la Corte enuncia una serie di importanti principi: 

1) La tutela giurisdizionale effettiva presuppone il rispetto dei requisiti d’indipendenza del sistema giudiziario degli Stati membri

La Corte pone in evidenza, anzitutto, che mentre l’articolo 47 della Carta contribuisce al rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di ogni singolo che si avvalga, in una determinata fattispecie, di un diritto che gli deriva dal diritto dell’Unione, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma del TUE, mira, dal canto suo, a garantire che il sistema di rimedi giurisdizionali istituito da ogni Stato membro garantisca la tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione.

Dunque la Corte dichiara che fra i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva che devono essere soddisfatti dagli organi giurisdizionali nazionali che possono trovarsi a statuire sull’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione, l'indipendenza dei giudici riveste un'importanza fondamentale. Essa è infatti essenziale per il buon funzionamento del meccanismo di rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE, che può essere attivato unicamente da un organo indipendente. 

2) La necessità del rispetto di fondamentali garanzie di indipendenza e imparzialità degli organi giurisdizionali

Successivamente la Corte ricorda la sua costante giurisprudenza in base alla quale le garanzie di indipendenza e di imparzialità richieste ai sensi del diritto dell’Unione presuppongono l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo nei confronti di elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti. Secondo la giurisprudenza della Corte inoltre, conformemente al principio della separazione dei poteri che caratterizza il funzionamento di uno Stato di diritto, l’indipendenza dei giudici deve essere garantita nei confronti dei poteri legislativo ed esecutivo. A tal riguardo, precisa la Corte, è necessario che i giudici si trovino al riparo da interventi o da pressioni esterni che possano mettere a repentaglio la loro indipendenza. Tali garanzie devono, in particolare, consentire di escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati. 

Per quanto riguarda, in particolare, le condizioni in cui avvengono le decisioni di nomina dei giudici, la Corte richiama la propria giurisprudenza, secondo la quale il solo fatto che i giudici interessati siano nominati dal Presidente della Repubblica di uno Stato membro non è idoneo a creare una dipendenza di questi ultimi nei suoi confronti, né a generare dubbi quanto alla loro imparzialità, se, una volta nominati, gli interessati non sono soggetti ad alcuna pressione e non ricevono istruzioni nell’esercizio delle loro funzioni. 

E’ tuttavia necessario assicurarsi che le condizioni sostanziali e le modalità procedurali che presiedono all’adozione delle suddette decisioni di nomina siano tali da non poter suscitare, nei singoli, dubbi legittimi in merito all’impermeabilità dei giudici interessati nei confronti di elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti, una volta avvenuta la nomina degli interessati.

3) Il dovere di non regressione nel livello di tutela dei valori dell’Unione da parte di ciascuno degli Stati membri

La Corte rileva, poi, che la Repubblica di Malta ha aderito all’Unione sulla base dell’art. 49 del TUE; tale articolo prevede la possibilità per ogni Stato europeo di domandare di diventare membro dell’Unione, e precisa che quest’ultima riunisce Stati che hanno liberamente e volontariamente aderito ai valori comuni attualmente previsti dall’articolo 2 TUE, che rispettano tali valori e che si impegnano a promuoverli.

Ne consegue che il rispetto da parte di uno Stato membro dei valori sanciti dall’articolo 2 TUE costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei trattati a tale Stato membro. 

Uno Stato membro non può quindi modificare la propria normativa in modo da comportare una regressione della tutela del valore dello Stato di diritto, valore che si concretizza, in particolare, nell’articolo 19 TUE.

Gli Stati membri sono quindi tenuti a provvedere affinché sia evitata qualsiasi regressione, riguardo a detto valore, della loro legislazione in materia di organizzazione della giustizia, astenendosi dall’adottare misure che possano pregiudicare l’indipendenza dei giudici.

In tale contesto, la Corte ricorda come l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni nazionali nell’ambito dell’organizzazione della giustizia tali da costituire una regressione, nello Stato membro interessato, della tutela del valore dello Stato di diritto, in particolare delle garanzie di indipendenza dei giudici.

Esaminando il caso oggetto di decisione alla luce di tali principi, la Corte osserva che l’intervento, nel contesto di un processo di nomina dei giudici, di un organo quale il Comitato per le nomine in magistratura istituito, in occasione della riforma della Costituzione nel 2016, dall’articolo 96A di tale Costituzione può, in linea di principio, contribuire a rendere obiettivo tale processo, delimitando il margine di manovra di cui dispone il Primo ministro nell’esercizio della competenza conferitagli in materia. Occorre inoltre che siffatto organo consultivo sia a sua volta sufficientemente indipendente dai poteri legislativo ed esecutivo e dall’autorità alla quale è chiamato a presentare un parere sulla valutazione dei candidati al posto di giudice.

Secondo la Corte dunque, nel caso di specie, una serie di regole menzionate dal giudice del rinvio apparirebbero idonee a garantire l’indipendenza del Comitato per le nomine in magistratura nei confronti dei poteri legislativo ed esecutivo. 

In particolare, sebbene il Primo ministro disponga di un potere certo nella nomina dei giudici, ciò non toglie che l’esercizio di tale potere sia delimitato dai requisiti di esperienza professionale che devono essere soddisfatti dai candidati ai posti di giudice, requisiti che sono previsti all’articolo 96, paragrafo 2, e all’articolo 100, paragrafo 2, della Costituzione maltese.

Inoltre, l’ipotesi che il Primo ministro possa decidere di presentare al Presidente della Repubblica la nomina di un candidato non proposto dal Comitato per le nomine in magistratura istituito dall’articolo 96A della Costituzione maltese, sarebbe da ritenersi, secondo la Corte, del tutto eccezionale e andrebbe comunque, in base alla Costituzione in discorso,  motivata ed adeguatamente pubblicizzata nonché comunicata alla Camera dei deputati.

Se esercitato entro tali limiti, il potere di nomina del Primo ministro non sarebbe tale da creare dubbi legittimi quanto all'indipendenza dei candidati prescelti.


Riflessioni sulla conformità ai principi espressi dalla Corte di Giustizia della nomina governativa o regionale di componenti di alcuni organi della Giustizia amministrativa. 

La nostra Corte Costituzionale, in ordine alla nomina governativa dei giudici, ha sempre espresso un orientamento coerente con i sopra citati principi della CGUE.

Da ultimo, nella sentenza n. 215 del 7 ottobre 2016, nel giudicare sulla questione di legittimità costituzionale, promossa dalla Corte di Cassazione, dell’art. 17 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13.4.1946, n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse) - nella parte in cui, in esito alle modifiche di dettaglio intervenute nel tempo, la stessa prevede che, della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, organo di giurisdizione speciale chiamato a definire controversie in materia elettorale e disciplinare, nonché inerenti la tenuta dei rispettivi albi professionali, facciano parte, tra gli altri, anche due dirigenti del Ministero della salute - la Corte Costituzionale ha ribadito il proprio orientamento, assunto nel tempo, sulla nomina governativa di giudici.

Si è ivi precisato che, nella sua esperienza interpretativa, “è costante l’insegnamento in forza del quale, in linea di principio, fonte e modalità della nomina sono momenti non decisivi nella verifica di legittimità costituzionale inerente ai parametri della indipendenza e della imparzialità, assumendo, piuttosto, rilievo centrale il grado di autonomia che il legislatore ha garantito all’organo giurisdizionale rispetto all’autorità designante nel concreto esercizio della funzione (per tutte si veda la sentenza n. 1 del 1967, relativa alla nomina governativa dei componenti la Corte dei conti, precedente costantemente richiamato dai numerosi interventi successivi in tal senso resi dalla Corte, tra i quali meritano menzione le sentenze n. 49 del 1968, relativa alle commissioni per il contenzioso elettorale e n. 196 del 1982, riferita alle commissioni tributarie) (...)".

Secondo la Corte costituzionale italiana, ferma l’indifferenza della fonte governativa della nomina, occorre individuare, a monte, al momento della designazione, la predeterminazione legislativa di adeguati criteri selettivi dei componenti designati rispetto alla funzione da assumere (si veda la sentenza n. 177 del 1973, relativa alla nomina governativa dei componenti il Consiglio di Stato, i cui principi sono stati ribaditi anche con le sentenze n. 25 del 1976 e n. 316 del 2004 quando la Corte ha avuto modo di interessarsi delle vicende relative alla nomina, da parte del Presidente della Regione Sicilia, di alcuni membri del Consiglio di giustizia amministrativa).

In particolare, con la sentenza n. 25 del 1976 la Corte Costituzionale, nel dichiarare la illegittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, del decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 654, nella parte in cui disponeva che i membri del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana in sede giurisdizionale, designati dalla Giunta regionale, potessero essere riconfermati, ha affermato che il carattere temporaneo della nomina, per i membri del C.G.A. in sede giurisdizionale designati dalla Giunta regionale, ed estranei ai ruoli organici del Consiglio di Stato, non contrasta, di per sé, con i principi costituzionali che garantiscono l'indipendenza, e con essa la imparzialità, dei giudici, siano essi ordinari o estranei alle magistrature: a tal fine, infatti, non appare necessaria una inamovibilità assoluta, specie per i cosiddetti membri laici o estranei, che ben possono essere nominati per un determinato e congruo periodo di tempo, senza che perciò venga meno l'indipendenza dell'organo, o del singolo giudice.

Viceversa, la Corte ha ritenuto l'indipendenza dei membri del C.G.A. designati dalla Giunta regionale sicuramente compromessa per effetto della disposizione che prevedeva, al termine del quadriennio, la possibilità di riconferma nell’incarico, secondo il discrezionale apprezzamento del Governo regionale. Dunque, per la Corte, la sola prospettiva del reincarico discrezionale è sufficiente ad escludere l'indipendenza dei giudici dall’organo governativo.

Al di fuori di tale ipotesi di riconferma nel mandato, la Corte costituzionale è sempre stata ferma nel sostenere che sull’indipendenza e terzietà di componenti di consessi giurisdizionali, come lo stesso Consiglio di Stato, non incide la circostanza che la nomina degli stessi avvenga su designazione di soggetti politici, essendo sufficiente predeterminare adeguati criteri selettivi, come senz’altro avviene oggi.

Anche lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, ispirato dalla medesima concezione autonomistica siciliana in tema di organizzazione della giustizia amministrativa, riproduce sostanzialmente, a distanza di anni, il modello organizzativo siciliano basato sulla presenza, nell’organo di giustizia amministrativa, di membri “non togati” designati in sede locale, e tale peculiare composizione deve ritenersi pienamente giustificata dal principio di autonomia regionale (cfr. Corte Cost. n. 316 del 2004). 

Il Consiglio di Stato si è confrontato con la problematica in esame, pronunciandosi su rilievi di illegittimità costituzionale, riguardanti la ‘quota’ di magistrati assegnati al TRGA di Bolzano la cui nomina compete al Consiglio provinciale.

Con sentenza della Sez. V, n. 1097 del 1991, il Consiglio di Stato, previa analisi approfondita del quadro di riferimento normativo e giurisprudenziale, ha giudicato adeguate le garanzie di idoneità all’ufficio e di indipendenza dei magistrati addetti ai TRGA di Bolzano, sul rilievo: “che la scelta dei magistrati, ancorché non concorsuale, avviene nell’ambito di categorie qualificate (v. art. 2, comma 3, d.P.R. n. 426 del 1984, come modificato dall’art. 2, d.P.R. 17 dicembre 1987, n. 554), e che, con la nomina, tutti i predetti magistrati sono collocati in un ruolo speciale, con peculiare garanzia-vincolo di inamovibilità e per il resto con lo statuto giuridico dei magistrati amministrativi regionali (v. art. 5, comma 2, d.P.R. n. 426 del 1984). In particolare, questi ultimi elementi sembrano idonei a concretare qual nucleo minimo di requisiti, indispensabile per garantire l’indipendenza del giudice speciale ex art. 108 comma 2 Cost, e corrispondente, secondo le tesi della Corte Costituzionale, alle esigenze: - che l’organo giudicante sia immune da vincoli che comportino la sua soggezione formale o sostanziale ad altri organi (cfr, già C.cost. 13 novembre 1962, n. 92); - che sia assicurata una certa forma di inamovibilità anche se diversamente articolata da quella prevista per i giudici ordinari (cfr., C. cost. 3 dicembre 1964, n. 103)”.

Infine, la Corte europea dei diritti dell’uomo, occupandosi della questione della nomina di magistrati del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana designati dal Presidente della Regione Siciliana, ha confermato la legittimità e non violazione dell’imparzialità e indipendenza del soggetto nominato (CEDU 26 maggio 2005).

Peraltro, la nomina governativa di una quota della magistratura è un modello adottato da diversi Stati membri dell’Unione europea, come la Francia, il Belgio e la Germania.



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