Giornale di diritto amministrativo (3/2025)

Carmine Spadavecchia • 18 luglio 2025

sullo stato della legislazione:

- Luca Bartolucci, Le recenti tendenze della legislazione nazionale (Giornale dir. amm. 3/2025, 285-7, editoriale) 


in tema di PA:

- Rita Perez, Statistica e finanza pubblica (Giornale dir. amm. 3/2025, 301-7) 


in tema di contratti pubblici (sotto soglia):

- Federico Caporale e Walter Giulietti, La specialità della disciplina dei contratti sotto soglia (Giornale dir. amm. 3/2025, 288-300) 


in tema di appalti pubblici (procedure d’urgenza e normativa emergenziale):

- Francesca Saveria Pellegrino, Ricostruire d’ urgenza dopo le calamità: Notre-Dame e il Ponte Morandi (Giornale dir. amm. 3/2025, 308-320) 


in materia informatica (age verification):

- Giovanni Barozzi Reggiani e Stefano Vaccari, Gli strumenti di c.d. age verification per la protezione dei minori nell’ecosistema digitale (Giornale dir. amm. 3/2025, 321-330)


in tema di sovvenzioni estere:

- Riccardo Zinnai, Le notifiche preventive per il controllo delle sovvenzioni estere: un anno dopo (Giornale dir. amm. 3/2025, 331-343)


in tema di concessioni autostradali (Ponte Morandi):

- Corte di Giustizia UE 5^, 7.11.24, causa C-683/22, Aipe - Confimi Industria Abruzzo e Adusbef (Giornale dir. amm. 3/2025, 345 solo massima): L’art. 43 della Direttiva 2014/23, letto in combinato disposto con il principio di buona amministrazione, va interpretato nel senso di non ostare a una normativa nazionale che consente all’amministrazione aggiudicatrice una modifica soggettiva ed oggettiva di una concessione in corso di validità, senza organizzare una nuova gara ad evidenza pubblica, purché questa non assuma natura sostanziale e l’Amministrazione abbia indicato le ragioni per cui ha ritenuto di non organizzare tale procedura. Il medesimo articolo non osta ad una norma nazionale che consente la modifica di una concessione in corso di validità senza aver valutato l’affidabilità del concessionario, qualora tale modifica non assuma natura sostanziale, spettando a ciascun Stato membro determinare i rimedi da azionare per reagire ai casi di grave inadempimento contrattuale, tale da minarne la sua affidabilità. 

- (commento di) Klaudia Kurcani, Le modifiche in corso di esecuzione alle concessioni autostradali: il caso di Aspi (Giornale dir. amm. 3/2025, 345-355) 


in tema di autonomia universitaria:

- Cons. Stato VII 25.1024 n. 8516, pres. Contessa (Giornale dir. amm. 3/2025, 367 s.m.): L’attribuzione al Consiglio della struttura dipartimentale della gestione di una parte della fase valutativa (quella relativa all’apprezzamento della presentazione del seminario ad opera dei candidati indicati come idonei dalla Commissione giudicatrice), nonché - in esclusiva e senza altri controlli - della decisione sulla chiamata del candidato vincitore, è illegittima, essendo lo stesso Consiglio un organo che non offre idonee garanzie di imparzialità e competenza tecnica, cosicché il ruolo attribuitogli comporta la violazione dei principi fondamentali di trasparenza, merito e par condicio posti in materia dalla legge statale.

- (commento di) Giulio Rivellini, L’approccio forense all’autonomia universitaria (Giornale dir. amm. 3/2025, 367-375) 

(Giornale dir. amm. 3/2025, 367-375) 


in tema di giurisdizione (elenco Istat delle amministrazioni pubbliche):

- Cass. SSUU 25.11.24 n. 30220 (Giornale dir. amm. 3/2025, 356 s.m.): L’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) è chiamato ogni anno a redigere l’elenco delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 1, comma 2, L 31.12.2009 n. 196. L’elenco ISTAT, redatto in conformità alle regole e ai requisiti definiti dal SEC 2010 (Reg. 2013/549/UE), riveste un ruolo cruciale per l’aggregazione dei dati ai fini della quantificazione del conto economico consolidato dello Stato. Nondimeno, attorno all’elenco ISTAT, cui le disposizioni di spending review spesso si agganciano, orbita un volume di contenzioso piuttosto consistente, da cui originano molteplici questioni interpretative, prime fra tutte quelle afferenti alla sua natura e al riparto di giurisdizione fra giudice contabile e giudice amministrativo. 

- (commento di) Raimondo Camponi, Elenco ISTAT: riparto di giurisdizione e garanzie partecipative (Giornale dir. amm. 3/2025, 356-366). La pronuncia si esprime sul riparto di giurisdizione fra giudice contabile e amministrativo quanto al sindacato sull’elenco delle amministrazioni pubbliche redatto da ISTAT. Essa sancisce la conformità all’ordinamento europeo della limitazione della giurisdizione contabile in materia “ai soli fini dell’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica” (art. 23-quater, DL 137/2020), confermando la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. La sentenza qualifica l’elenco ISTAT quale atto di natura provvedimentale cui si contrappone una situazione di interesse legittimo, con le relative conseguenze in materia di garanzie partecipative e procedimentali. 


in tema di giurisdizione (mobilità esterna e scorrimento delle graduatorie di stabilizzazione):

- TAR Marche 2^, 3.8.24 n. 714, pres. Ianigro, est. Ruiu (Giornale dir. amm. 3/2025, 376 s.m.): È inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso proposto dal candidato idoneo che contesti la scelta della PA di coprire un posto vacante attraverso l’utilizzo della mobilità, in luogo dello scorrimento della graduatoria di stabilizzazione nella quale egli è collocato. La pretesa alla copertura del posto tramite la graduatoria di stabilizzazione, coinvolgendo il diritto soggettivo all’assunzione, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.

- commento di Alessandro Riccobono, Lo scorrimento delle graduatorie: le procedure di stabilizzazione e la mobilità esterna (Giornale dir. amm. 3/2025, 376-386) 


sul diritto amministrativo statunitense (PA e sindacato giurisdizionale):

- Decisione 28 giugno 2024 della Supreme Court Of The United States, Loper Bright Enterprises et al. v. R., Secretary of commerce, et al. (Giornale dir. amm. 3/2025, 387 solo massime):

Secondo la majority opinion, già nei Federalist papers le Corti costituiscono gli interpreti privilegiati e finali della legge. Citando M. v. M., l’interpretazione della legge non può che spettare alle Corti, poiché costituisce la “province” dei giudici. L’Administrative Procedure Act (APA), coerentemente, richiede che le questioni di interpretazione della legge siano decise dalle Corti senza deferenza rispetto alle scelte operate dalle amministrazioni. La dottrina Chevron non è dunque in linea con quanto stabilisce l’APA. Altrettanto inesatto è ritenere che ad ogni ambiguità legislativa corrisponda una delega implicita alle amministrazioni, poiché un’ambiguità legislativa può dipendere dalla incapacità del legislatore di rispondere ad una specifica questione o dalla impossibilità di esaurirla. Inoltre, quando le Corti devono applicare una norma vaga in controversie in cui non è coinvolta un’amministrazione esse risolvono autonomamente la questione interpretativa, sicché non vi sono ragioni per avere un diverso approccio quando è coinvolta una agency. Solo quando il Congresso delega tale potere interpretativo all’amministrazione - espressamente o utilizzando termini come “ragionevole” o “appropriato” - le Corti devono applicare un sindacato sulla scelta operata dalla agency secondo il deferente “arbitrary-and-capricious standard”. 

La Corte ha altresì rigettato l’idea che le amministrazioni abbiano una speciale expertise nell’operare la scelta interpretativa. Anche le Corti possiedono òa medesima expertise e non vi è ragione di pensare che il Congresso abbia trasferito alle agencies tale potere: semmai la Corte potrà, secondo quanto è stato stabilito in S. v. Swift & Co., prestare rispetto all’interpretazione fornita dall’amministrazione qualora le appaia ben fondata. Ancora, va rilevato che il precedente Chevron ha avuto nel tempo un’applicazione molto incerta, determinando oscillazioni che non depongono a favore della certezza del diritto. La stessa Corte Suprema non cita Chevron nelle sue decisioni dal 2016. 

Infine, il principio dello stare decisis - che regola il rispetto del precedente da parte delle Corti - non depone a favore del mantenimento di Chevron, poiché la decisione risulta fondamentalmente sbagliata (misguided) e inapplicabile (unworkable). È infatti impossibile stabilire quando si è di fronte ad una ambiguità tale da giustificare la delega all’amministrazione, ed è altrettanto impossibile definire cosa costituisca una interpretazione ragionevole da fondare un sindacato di ragionevolezza. 

Nelle concurrent opinions, Justice Thomas e Justice Gorsuch hanno sottolineato rispettivamente che Chevron rappresenta una decisione non solo illegittima rispetto all’APA ma altresì incostituzionale, perché violerebbe la separazione dei poteri, sia sottraendo alle Corti la soluzione delle questioni normative sia attribuendo all’amministrazione poteri che non le sono stati assegnati dalla legge. 

Justice Gorsuch, d’altro canto, ha sottolineato come lo stare decisis non richieda di prestare aderenza a Chevron. Anzitutto perché Chevron viola l’APA, e per tale ragione non merita l’applicazione di tale rispetto del precedente. In secondo luogo, la judicial humility richiede di riconoscere i limiti delle decisioni passate, soprattutto quando sono così incoerenti rispetto al ruolo assegnato alle Corti dall’ordinamento e quando si dimostra così poco adatto nella pratica. Infine, i precedenti sono comunque ancorati ai fatti specifici dei casi in cui si sono prodotti, mentre Chevron è andato ben oltre. 

I giudici dissenzienti Kagan, Sotomayor, e Jackson sono a favore del mantenimento della dottrina Chevron, che ritengono corretta, applicabile e appropriata; la decisione della maggioranza di annullarla mostra una sorprendente mancanza di umiltà e consapevolezza. La presunzione di fondo di Chevron era che il Congresso volesse che fossero le agenzie - e non i tribunali - a prendere decisioni quando vi erano ambiguità. E ciò ha senso: esistono molte questioni che esulano dalla competenza dei tribunali e che dovrebbero essere lasciate alle agenzie esperte, come ad esempio decidere se e quando un “polimero di alfa-amminoacidi” rientri nella definizione di “proteina” secondo il Public Health Service Act, o se una popolazione di scoiattoli sia “distinta” da un’altra secondo l’Endangered Species Act. In fondo, si tratta di decisioni di politica pubblica. Chevron rifletteva quindi un equilibrio appropriato tra i poteri dello Stato. 

I giudici dissenzienti hanno anche sostenuto che Chevron è conforme all’APA, ed è stata usata e invocata costantemente da avvocati e tribunali inferiori. Avendo fornito una regola predefinita sensata, è applicabile e dovrebbe essere mantenuta secondo lo stare decisis. D’altro canto, il Congresso era ben consapevole della dottrina Chevron e non ha fatto nulla per sostituirla. La maggioranza avrebbe piuttosto “ingegnerizzato artificialmente” la fine di Chevron rifiutandosi sistematicamente di applicare la dottrina negli ultimi otto anni, per poi affermare che la dottrina non era più rilevante in quanto non richiamata nella propria giurisprudenza. Infine, l’opinione dissenziente ha concluso affermando che la decisione della maggioranza sposta in modo radicale l’equilibrio dei poteri dall’esecutivo al giudiziario, ponendo le Corti all’apice del sistema amministrativo, e riducendo ulteriormente l’Administrative State, nonostante le indicazioni contrarie del Congresso. 

- (commento di) Bruno Carotti, Il lungo cammino della sentenza Chevron (Giornale dir. amm. 3/2025, 388-398). L’overruling della sentenza Chevron ha radici remote. Ancor prima della Loper-Bright, il dibattito si rivela profondissimo e sembra avviare una stagione di studi e riflessioni di carattere generale sui caratteri e sulla funzione del diritto amministrativo negli Stati Uniti. 

- (commento di) Barbara Marchetti, La sentenza Loper Bright e il ripensamento dei rapporti tra legge, amministrazione e giudice (Giornale dir. amm. 3/2025, 399-407)


 


c.s.


 


L'uomo non è libero nella misura in cui non dipende da nulla o da nessuno, ma è libero nella esatta misura in cui dipende da ciò che ama (Gustave Thibon, detto “il filosofo contadino”, 1903-2001)