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Esercizio di nuove attività e tutela del patrimonio UNESCO

a cura di Roberto Lombardi • dic 04, 2023

Sentenza del TAR Campania, Sez. III, n. 5817 del 2023


IL CASO E LA DECISIONE

A Napoli, la società titolare del marchio Scaturchio (marchio molto noto localmente nel settore alimentare) ha provato ad aprire un nuovo locale in via San Gregorio Armeno, ovvero la famosissima "via dei presepi", dopo avere ottenuto il parere favorevole della Soprintendenza competente.

Tuttavia, la segnalazione certificata di inizio attività - SCIA ‐ è stata ritenuta inefficace dal Comune partenopeo, con conseguente inibizione dell'esercizio dell’attività stessa, sulla base di nuove disposizioni comunali nel frattempo intervenute.

La motivazione sarebbe consistita nel fatto che via San Gregorio Armeno costituisce, come contesto viario, un unicum in cui non possono essere svolte attività che non siano quella artigianale legata all'arte presepiale, e ciò al fine di tutelare il patrimonio artistico, culturale, monumentale e architettonico in un’area considerata e protetta dall’UNESCO come “buffer zone” (zona cuscinetto).

D'altra parte, la società interessata all'apertura di un nuovo punto vendita alimentare con il marchio Scaturchio si era nel frattempo persuasa che la sua iniziativa rientrasse nel regime transitorio della nuova disciplina applicativa del divieto.

Secondo tale regime erano da ritenersi esclusi dal divieto stesso le nuove aperture per le quali, alla data di entrata in vigore della norma ostativa, risultava in corso di svolgimento l'attività preparatoria di investimento preordinata all'apertura stessa.

Su questi presupposti, la società colpita dall'inefficacia della SCIA presentata ha impugnato la nota comunale a sé sfavorevole dinanzi al Tar per la Campania, ritenendo da un lato di rientrare nel regime transitorio (e che tale regime si applichi anche a via San Gregorio Armeno), e, dall'altro, più in generale, che un punto vendita Scaturchio, in quanto marchio storico, non sarebbe incompatibile - per il valore espresso in termini di tutela - con l'unicità del contesto cittadino della “via dei presepi”, dovendosi in senso contrario considerare come irragionevole e sintomatica di disparità di trattamento una soluzione che avesse escluso soltanto questa via (e non anche, ad esempio le vie limitrofe) da una tutela "temperata" dalla necessità di garantire alle realtà commerciali che già avevano investito in nuovi contesti territoriali l'apertura di attività, anche se non strettamente correlate con l'arte presepiale. 

Il Tribunale di primo grado, con decisione non sospesa nelle more dal Consiglio di Stato, ha respinto tuttavia il ricorso, stabilendo che a San Gregorio Armeno, anche in virtù della tutela rafforzata e parametrata alla vocazione di artigianato tradizionale della strada, non si applica la disciplina transitoria invocata dalla ricorrente.

In altre parole, secondo il Giudice partenopeo, la disposizione specifica su San Gregorio Armeno avrebbe introdotto un divieto assoluto di apertura di nuove attività che non fossero quelle tipiche del posto (vale a dire: arte presepiale).

Né avrebbe rilievo, rispetto all'esito del giudizio di legittimità, il fatto che la proposta originaria del Comune alla Giunta regionale era nel senso di escludere dall'applicazione dei divieti tutte le aperture di nuove attività con investimento già avviato alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, senza ulteriori distinzioni.

A questo riguardo, il TAR ha precisato che la disamina del testo finale - e non della bozza di proposta – rendeva evidente che il Comune avesse dettato per via San Gregorio Armeno una disciplina che esclude ogni attività diversa da quella di produzione e/o vendita di pastori dell'artigianato presepiale, senza consentire alcun eccezione, nell'esercizio di una discrezionalità legittima, anche in riferimento alla particolare tutela richiesta dalla Soprintendenza proprio in ordine a San Gregorio Armeno, quale sito esemplificativo della necessità di protezione rafforzata.

D'altra parte, sempre secondo il Giudice di primo grado, se la Regione avesse ritenuto di opporre un contrario avviso alla proposta del Comune, non avrebbe reso l'intesa incondizionata su tale proposta.

In ultimo, avere imposto una tutela rafforzata ed esclusiva di un'unica particolarissima strada non è da considerarsi irragionevole, in quanto eccezione ad una regola che prevede invece, e in linea di massima, il contemperamento massimo della tutela del bene culturale-strada e delle iniziative imprenditoriali che con esso interagiscono.

DISCREZIONALITA’ E PROPORZIONALITA’

Nel caso esaminato dal Tar Campania, sede di Napoli, al di là dell’interpretazione della disciplina specifica attuata dal Comune partenopeo e del perimetro derogatorio contenuto nel regime transitorio di tale disciplina, vengono in rilievo alcuni profili direttamente confinanti con la tematica della proporzionalità dell’agere pubblico.

Tale criterio si pone infatti come limite della discrezionalità amministrativa, quando, oltre al vaglio della migliore scelta da operare, l’ente pubblico si deve confrontare anche con il minore sacrificio possibile del soggetto privato su cui quella scelta va a impattare.

D’altra parte, è incontestabile che via San Gregorio Armeno rappresenti una strada unica al mondo, e la stessa parte ricorrente non ha sostanzialmente potuto confutare detta inequivocabile circostanza se non sostenendo che anche il marchio “Scaturchio” sarebbe un marchio storico, degno a sua volta di una tutela preferenziale.

Il Giudice di primo grado ha peraltro escluso un’equiparazione tra le due situazioni, o comunque una compatibilità tra le stesse, in quanto Scaturchio è un marchio attinente al settore alimentare e non ha diretta attinenza con l’arte presepiale.

Occorre dunque domandarsi, in chiave critica – ma il profilo è stato scarsamente approfondito nelle difese di parte ricorrente –, se sarebbe stata possibile una lettura unitaria delle disposizioni esaminate dal TAR, nel momento in cui erano chiarissime, tali disposizione, nel contemperare le esigenze di preservazione di moltissimi quartieri di Napoli, “oggetto, da anni, per ragioni essenzialmente turistiche, di proliferazione incontrollata di attività a carattere esclusivamente commerciale e lucrativo, che tendono a far scomparire i locali e le attività storiche e tradizionali”, con la tutela delle attività commerciali stesse e finalizzate al turismo.

In particolare, la domanda a cui forse non è stata data risposta in sentenza è la seguente: può il Comune vanificare gli investimenti già programmati e (in parte) effettuati, per lo svolgimento di attività alimentari e di somministrazione di alimenti e bevande in determinati siti (musei, librerie, stazioni, strade storiche, etc.) senza una motivazione rafforzata e una verifica in concreto della compatibilità delle attività frutto di investimenti con la particolare caratterizzazione del sito stesso?

E qualora ciò fosse pure possibile per la straordinaria valenza storica e culturale dell’ambiente cittadino da preservare, quali sono i limiti entro cui il fine desiderato (tutela al massimo livello possibile) può essere perseguito?

Viene in particolare rilievo, a questo proposito, il principio di proporzionalità in senso stretto, secondo cui non si deve imporre ai privati un onere eccessivo rispetto all’obiettivo che si intende raggiungere.

Sotto questo limitato profilo, non pare che inserire all’interno di una sede viaria storica un marchio alimentare, anch’esso storico, scalfisca sensibilmente l’obiettivo di tutela perseguito – laddove ci sia la possibilità materiale di innestare nel circuito urbano di riferimento mezzi e attività -, mentre discorso diverso e più delicato sarebbe inferire da una possibile concorrenza indiretta sul posto il danneggiamento dell’attività tutelata e, ancor di più, un ulteriore aumento di caos e traffico pedonale nei periodi “critici”, circostanza, quest’ultima, che dovrebbe essere affrontata, peraltro, con gli ordinari “strumenti di contenimento” a disposizione della polizia locale.


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