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Contratto di distribuzione di farmaci e abuso di posizione dominante

di Paolo Nasini • dic 30, 2021

Trib Venezia, sez. impresa, 4 febbraio 2021, Pres. Boccuni, est Campagner


IL CASO

La controversia origina dall’azione giudiziaria esperita da una società (“SFM”) nei confronti di altra compagine (“GSK”), allegando la prima di essere un distributore all’ingrosso di specialità medicinali e cliente della seconda con riferimento all’intera gamma di specialità medicinali prodotte e commercializzate da quest’ultima in Italia, tra le quali rientrano anche i farmaci Avodart e Seretide in tutte le loro formulazioni.

Parte attrice ha lamentato che, nel periodo gennaio 2012- febbraio 2015, GSK avrebbe progressivamente ed unilateralmente ridotto le forniture dei due farmaci che precedono, evadendo solo parzialmente gli ordinativi e comunque fornendo quantitativi significativamente inferiori alla quota di mercato detenuta da SFM e determinata nella misura del 5,5%.

Quindi, la società attrice ha chiesto che fosse accertata la condotta illecita della convenuta GSK con riferimento:

- alla violazione dei principi di esecuzione di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto continuativo di fornitura ovvero di concessione di vendita e dell’obbligo legale di contrarre ex art. 2597 c.c., con conseguente obbligo di rifornire SFM in quantità sufficienti a soddisfare i propri fabbisogni normali e parametrati alla relativa quota di mercato;

- all’abuso di posizione dominante, in quanto soggetto che deteneva una posizione di monopolio rispetto al singolo prodotto, sull’assunto che ogni specialità medicinale costituisse un mercato distinto;

- alla violazione dell’art. 105 D.lgs. 219 del 2006, che pone a carico dei distributori l’obbligo di detenere presso i propri magazzini almeno il 90% delle specialità medicinali in commercio;

- alla violazione dell’art. 2598 n. 3 c.c. in tema di concorrenza sleale, in quanto il comportamento di GSK mirava ad escludere SFM dal mercato.

Conseguentemente, SFM ha chiesto la condanna di GSK a dare esecuzione alle richieste di acquisto di Avodart e Seretide nella quantità necessaria a soddisfare le normali esigenze commerciali ed in misura comunque non inferiore alla quota di mercato posseduta.

Dalle condotte illecite poste in essere da GSK sarebbero derivati in capo a SFM i seguenti danni:

- € 731.946,60 da perdita di fatturato ed utile, danno determinato calcolando la percentuale del 5,5% del numero di pezzi di Seretide e Avodart venduti da GSK sul mercato italiano, sottraendo il numero di pezzi fornito da GSK a SFM e moltiplicando il numero di pezzi così ottenuto per il prezzo di vendita; da tale minor fatturato determinava l’utile, applicando una percentuale del 4,4% di margine lordo, dal quale detraeva i costi variabili pari all’1,36% del fatturato;

- € 2.787.135,00 da perdita di clientela e perdita di fatturato “indiretta”;

- un ulteriore importo da perdita di investimenti.

La società convenuta si è difesa precisando di aver conferito in Italia incarico ad altra società (“IH”) di supportarla nelle pratiche di approvvigionamento, onde garantire il corretto approntamento della distribuzione intermedia e che tale società aveva realizzato, a tal fine, un modello informatico-statistico denominato Trade Dynamics, basato su algoritmi predefiniti, che individua mese per mese le quantità massime allocabili ai clienti grossisti di GSK avuto riguardo a ciascun prodotto e alle caratteristiche quali-quantitative della domanda sul territorio.

La convenuta, poi, ha contestato il possesso in capo all’attrice di una quota del 5% del mercato dei farmaci, trattandosi di mercato non omogeneo, che comprende tanto i farmaci etici, a carico del SSN (tra i quali sono ricompresi Avodart e Seretide) quanto farmaci OTC e prodotti di parafarmacia; ha dedotto che il rapporto con SFM era regolato dalle proprie Condizioni Generali di Fornitura di Prodotto a Distributori Intermedi; ha contestato la definizione di mercato rilevante proposta da SFM, eccependo di non rivestire una posizione di monopolio e di non aver commesso abusi; ha affermato non sussistere in capo a sé un obbligo legale di contrarre e la non applicabilità del disposto di cui all’art. 105 D.lgs. n. 219 del 2006.

La società convenuta, inoltre, ha respinto ogni addebito in ordine all’attuazione di condotte di concorrenza sleale sussumibili sub art. 2598 n. 3 c.c., osservando che le due società non erano neppure concorrenti e che l’adozione del sistema Trade Dynamics era volto ad evitare discriminazioni nella fornitura dei grossisti, contestando altresì la ricostruzione del danno offerta da parte attrice.

All’esito del giudizio, il Tribunale ha accertato e dichiarato, con sentenza non definitiva:

- che il comportamento tenuto da GSK, consistente nella riduzione dei farmaci sopra ricordati, nel periodo di tempo precisato nella sentenza, va qualificato come abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 102 del Trattato UE e della l. n. 287 del 1990, in danno di SFM;

- che il comportamento di GSK, consistente nella riduzione dei farmaci sopra ricordati, sempre per i periodi indicati in sentenza, costituisce altresì un atto di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c., e in ogni caso un inadempimento contrattuale e una violazione di obblighi anche di buona fede e correttezza, imposti dal rapporto di distribuzione farmaceutica.


LA SOLUZIONE DEL TRIBUNALE

La decisione del Giudice di prime cure veneziano si apprezza in relazione ai plurimi piani di valutazione, sotto il profilo giuridico, del comportamento tenuto dalla società convenuta nei confronti del soggetto attore.

Sotto un primo profilo, infatti, valorizzando il principio di buona fede quale criterio di valutazione delle condotte tenute dalle parti e quale fonte di obblighi di protezione nell’ambito del rapporto contrattuale, il Tribunale ha ritenuto che il rifiuto ingiustificato di fornitura, pur in assenza di un obbligo legale o convenzionale a contrarre (non trattandosi di un monopolio legale [1], ma della situazione di fatto connessa alla titolarità ed esercizio in esclusiva dei diritti di brevetto), può integrare mala fede nell’esecuzione del contratto.

In particolare, essendo pacifico che SFM intratteneva da oltre venti anni un rapporto costante di fornitura con GSK, essendo uno dei principali distributori operanti nel mercato nazionale della distribuzione all’ingrosso di farmaci per numero di farmacie rifornite, l’avere GSK, a partire dal 2021, drasticamente ridotto la distribuzione di Avodart e Seretide (anche del 80%, 90%), in difetto di una valida giustificazione, è stato ritenuto dal Tribunale non rispondente ai canoni di buona fede e correttezza, con particolare riferimento all’esecuzione del contratto di fornitura tramite accettazione di ordinativi inferiori a quelli richiesti da SFM.

Sotto un secondo profilo, poi, il Giudice veneziano ha approfondito la sussistenza, nel caso di specie, di un’ipotesi di abuso di posizione dominante da parte di GSK.

Al riguardo, ai sensi dell’art. 102 TFUE <<è incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di esso>>.

La disposizione, poi, contiene un’elencazione non tassativa e meramente esemplificativa di ipotesi di abuso di posizione dominante, quali:

- imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;

- limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori;

- applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;

- subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

L’art. 3, l. n. 287 del 1990 vieta l'abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante.

La disposizione, d’altronde, non fornisce una definizione di abuso di posizione dominante, ma anch’essa indica una serie di condotte abusive, sostanzialmente modellate sull’esempio comunitario e parimenti non tassative, quali:

-imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;

-impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori;

-applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;

-subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto dei contratti stessi.

Per posizione dominante si intende la situazione di forza economica detenuta da un’impresa che le consente di ostacolare la persistenza di una concorrenza efficace sul mercato e di adottare comportamenti indipendenti nei confronti dei propri clienti, concorrenti e consumatori.

Prima di accertare l’”abuso”, quindi, l’interprete deve accertare la “posizione dominante” concetto, che, come emerge chiaramente dal dettato normativo, ha un carattere sostanzialmente “relazionale”, perché va considerato in relazione al “mercato rilevante di riferimento”: pertanto, l’interprete deve, in primo luogo, perimetrare il mercato rilevante nel caso in esame, presupposto preliminare ed imprescindibile per l’accertamento di un illecito anticoncorrenziale, in relazione al quale la condotta considerata può assumere il connotato dell’abuso.

L’esistenza di un mercato rilevante va verificata sia sotto il profilo del prodotto (mercato del prodotto), sia sotto il profilo geografico (mercato geografico corrispondente all'estensione geografica in cui la condotta denunciata produce effetti).

Sotto tale ultimo profilo, occorre considerare l’area nella quale le imprese in causa forniscono o acquisiscono prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue, perché in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse.

La nozione di mercato rilevante implica, quindi, l’analisi della sostituibilità del prodotto o del servizio, in ragione delle loro caratteristiche, dei loro prezzi, dell’uso al quale sono destinati (Corte di Giustizia del 28 febbraio 2013, Ordem dos Tècnicos Oficiais de Contas C 1-12) sul versante della domanda (ed eventualmente dell’offerta).

Perché vi sia un “mercato rilevante”, occorre, quindi, che vi possa essere effettiva concorrenza tra i prodotti o servizi che ne fanno parte, il che presuppone un sufficiente grado di “fungibilità” tra i prodotti o servizi scambiati in quel mercato, in ragione delle loro caratteristiche, dei loro prezzi, delle abitudini dei consumatori (Cass. civ. sent. 29237 del 2019; Corte di Giustizia Europea sentenza 13 febbraio 1979 Hoffmann-La Roche /Commissione C- 85/76).

La Commissione Europea, nella Comunicazione 97/C 372/03 pubblicata in Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee C- 372 del 9.12.1997, nel fornire la definizione di mercato rilevante quale ambito nel quale le imprese sono in concorrenza tra loro, ha evidenziato che «Il mercato va definito sia sotto il profilo del prodotto che sotto il profilo geografico per individuare i concorrenti effettivi delle imprese interessate che sono in grado di condizionare il comportamento di queste ultime e di impedire loro di operare in modo indipendente da effettive pressioni concorrenziali. È da questa prospettiva che la definizione del mercato consente, tra l'altro, di calcolare quote di mercato che forniscano informazioni significative sul potere di mercato, e quindi utili ai fini di stabilire se esista o si prospetti una posizione dominante ovvero ai fini dell'applicazione dell'articolo 85 del Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea.» (p.2).

A pag. 11 ha precisato che «l'esistenza di una posizione dominante va sempre determinata con riferimento ad un mercato rilevante» dopo aver chiarito a pag. 10 che « ... si intende per posizione dominante quella che consente ad una impresa o ad un gruppo di imprese di determinare la propria condotta in modo sensibilmente indipendente dai suoi concorrenti, dai suoi clienti e, in ultima analisi, dai consumatori finali dei suoi prodotti o servizi. Normalmente si ha una posizione dominante quando un'impresa o un gruppo di imprese controllano una larga quota dell'offerta su un determinato mercato e gli altri fattori analizzati in sede di valutazione del caso (quali gli ostacoli all'entrata, la capacità di reazione dei consumatori ecc.) inducono anch'essi a concludere in questo senso».

I suddetti parametri, enucleati dall’ordinamento dell’Unione Europea e dalla giurisprudenza comunitaria, ricorda il Tribunale veneziano, sono stati saldamente recepiti dalla giurisprudenza nazionale.

Con riferimento al mercato dei farmaci, tenuto conto di come si atteggia la concorrenza nel settore, secondo la giurisprudenza comunitaria il mercato rilevante è in linea di principio tale da includere i medicinali utilizzabili per le stesse indicazioni terapeutiche e corrispondenti al III livello della classificazione ATC.

Nella controversia decisa dal Giudice di prime cure, oggetto di causa sono due specialità medicinali rientranti nella categoria di farmaci etici classe A, che necessitano di prescrizione medica: Avodart è utilizzato per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna, Seretide è indicato per le sindromi ostruttive dell’apparato respiratorio.

Il Tribunale ha individuato i segmenti che compongono la filiera farmaceutica, composti da: produttori di farmaci, come la convenuta GSK; commercio all’ingrosso in cui operano i distributori e talvolta anche i produttori; commercio al dettaglio in cui operano le farmacie.

L’ambito geografico rilevante ai fini della decisione è quello relativo all’intero territorio italiano, avendo l’attrice magazzini diffusi in tutto il territorio nazionale.

Diverse le posizioni processuali assunte dalle parti in ordine alla parametrazione del c.d. mercato rilevante:

- SFM ha dedotto un criterio clinico-farmacologico, in quanto, a suo dire, il sistema internazionale ATC di classificazione dei farmaci non è idoneo a fornire una corretta definizione di mercato; inoltre, è il farmacista che determina il mercato della domanda del grossista nei confronti del produttore, non avendo facoltà di modificare la prescrizione del medico e pertanto il mercato rilevante a valle della scelta terapeutica effettuata dal medico è costituito dal singolo farmaco;

- GSK ha, invece, ricostruito il mercato rilevante inteso quale insieme di preparazioni farmaceutiche equivalenti che vengono prese in considerazione dal medico nel momento in cui effettua la prescrizione, assumendo, quindi, il punto di vista del paziente-consumatore cui è riferibile il bisogno terapeutico e di cui il medico è un mediatore tecnico.

Condivisibilmente la Sezione specializzata ha ritenuto che nel caso in esame viene in gioco la struttura verticale del mercato, ossia il mercato all’ingrosso, in una controversia avente ad oggetto la questione se il farmaco Avodart o Seretide, una volta prescritto dal medico di base, possa essere sostituito con altro farmaco.

Si tratta di uno specifico segmento di mercato all’interno del più ampio mercato, verticalmente integrato, della vendita di farmaci.

Anche l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il mercato, sottolinea il Tribunale, in plurimi precedenti ha adottato un approccio valutativo basato sugli effetti della condotta, considerando come rilevante soltanto lo specifico segmento di mercato (verticalmente integrato) cui afferiva la condotta lesiva.

Nel caso di specie, quindi, va riguardata la relazione esistente tra il grossista che deve servire il suo cliente - ossia il farmacista -, da un lato, e gli altri distributori dei medesimi farmaci - cd mercato dell’approvvigionamento – con i quali il primo è in competizione [2].

Una volta compiuta dal medico prescrivente la scelta del medicinale, essa è irreversibile e non soggetta a sostituzione se non con il cd. farmaco generico, da un lato, essendo le farmacie obbligate a dispensare al paziente-consumatore il farmaco prescritto dal medico, dall’altro, essendo i grossisti tenuti a fornire al farmacista lo specifico medicinale prescritto dal medico, e dovendosi a loro volta rivolgersi al produttore.

Vengono pertanto distinte due diverse situazioni di mercato.

Se viene in rilievo la concorrenza tra produttori, trova applicazione la giurisprudenza anche comunitaria sopra citata ed invocata da parte convenuta, e si tratta di stabilire quali farmaci abbia a disposizione il medico, oltre Avodart e Seretide per trattare le patologie curate da ciascuno di questi farmaci (cd mercato della prescrizione).

La Commissione europea utilizza tendenzialmente il terzo livello ATC come punto di partenza per la definizione del mercato rilevante. Tuttavia, in talune decisioni essa è approdata al quarto livello [3].

La Annatomical Therapeutic Classification suddivide i farmaci in gruppi determinati in funzione dell’organo bersaglio, del meccanismo di azione, delle caratteristiche chimiche e terapeutiche del principio attivo.

Ciascun gruppo è suddiviso in 5 livelli: in particolare, il terzo gruppo rappresenta il sottogruppo terapeutico, il IV livello il sottogruppo chimico-terapeutico, il V livello il sotto gruppo chimico.

Ogni molecola viene identificata con un codice alfanumerico, dal quale si desume il principale destino d’uso del farmaco.

Nonostante le categorie ATC costituiscano il punto di partenza per determinare i vincoli concorrenziali ai sensi della normativa antitrust, il Tribunale ricorda come tale classificazione non abbia carattere cogente e, dunque, sia possibile prescindervi: ciò in quanto non sussiste né in capo all’Autorità garante della concorrenza per i procedimenti amministrativi, né in capo all’Autorità Giudiziaria un vincolo di conformità alla disciplina regolatoria di settore.

L’intervento antitrust persegue obiettivi autonomi e distinti rispetto alla funzione di tutela della salute pubblica propria dell’AIC, quest’ultima essendo estranea alle analisi di mercato condotte sulla scorta della disciplina antimonopolistica.

L’AIC corrisponde, tuttalpiù, ad un indizio dell’esistenza di vincoli concorrenziali effettivi. Pertanto, il mercato rilevante dal punto di vista del prodotto non si configura sulla base dei criteri prestabiliti dalle norme regolatorie che disciplinano la commercializzazione dei farmaci, ma si ricava dalle caratteristiche di fatto dei prodotti.

Anche il Consiglio di Stato [4] ha statuito che la classe III dell’ATC index, in cui confluiscono i farmaci dotati della stessa autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), e che solitamente costituisce il punto di partenza per la definizione del mercato rilevante, rappresenta un mero indicatore, dovendosi privilegiare la sostituibilità dal punto di vista della domanda, intesa in senso effettivo, nonché le valutazioni dei medici prescrittori.

Di conseguenza, secondo il Tribunale di Venezia, ogni volta che, alla luce delle valutazioni espresse dalla prescrizione medica, un principio attivo non abbia sostituti effettivi nelle altre specialità farmaceutiche in commercio, che a loro volta non si prestano ad essere usate per gli stessi impieghi cui il principio attivo è preordinato, nulla vieta che uno specifico mercato possa corrispondere alla classe IV o V dell’ATC index.

Il limite fondamentale dell’utilizzo della classificazione ATC, per quanto riguarda la sostituzione dei farmaci, risiede proprio nel fatto che tale classificazione non tiene in alcun conto dell’efficacia clinica dei farmaci (intesa come capacità di evocare un certo effetto clinico) e della loro tollerabilità.

Nel caso di specie, quindi, la sezione specializzata ha valorizzato il fatto che, con riferimento all’Avodart, l’ausiliario del Ctu ha riconosciuto la parziale inadeguatezza dell’utilizzo della classe III dell’ATC, confutando anche sotto tale profilo le difese di GSK: l’ausiliario ha, infatti, osservato che i farmaci Alfuzosina, Tamsulosina, Terazosina, e Silodosina, benché appartenenti allo stesso sottogruppo terapeutico farmacologico di Dutasteride (terzo livello della classificazione ATC, G04C), non costituiscono effettivi sostituti di Dutasteride, in quanto sono dotati sia di un meccanismo d’azione diverso (blocco dei recettori alfa-1 adrenergici), sia di effetto terapeutico distinto (facilitazione della minzione per rilassamento del tessuto prostatico). In quest’ottica, tali molecole sono da considerarsi come rimedi complementari piuttosto che alternativi a Dutasteride, tanto da rilevare la presenza in commercio, nel periodo 2012-2015 ed oltre, di un’associazione Dutasteride-Tamsulosina, volta proprio a sfruttare eventuali effetti di potenziamento reciproco fra i due principi attivi.

Inoltre, le sostanze Repentina e Pigelina contenute in sostanze naturali non possiedono, secondo l’ausiliare, attività terapeutica definita, a dispetto del fatto che siano incluse come farmaci di classe C, al terzo livello ATC, G04C.

Il Ctu ha ritenuto che l’unica alternativa ad Avodart® all’epoca disponibile fosse Proscar®, una specialità contenente Finasteride, un farmaco dotato di un meccanismo d’azione simile.

Secondo il Tribunale di Venezia, nel caso dei prodotti farmaceutici, la scelta del farmaco viene compiuta dal medico, mentre il consumo dello stesso è in capo al paziente: la titolarità della domanda appartiene al paziente – consumatore cui è riferibile il bisogno terapeutico e del quale il medico è un mediatore tecnico. In questo senso la domanda espressa dal paziente, quando si rivolge alla farmacia per l’acquisto del farmaco, è una domanda mediata e vincolata dalla scelta precedente compiuta dal medico, a cui il paziente si attiene.

La valutazione del grado di sostituibilità tra prodotti farmaceutici deve quindi considerare i criteri seguiti dal medico nel prescrivere un determinato farmaco, il quale prescinde nella sua scelta dal costo del trattamento, essendo guidato invece dall’uso terapeutico. Anche i prezzi perdono la propria funzione di canalizzazione dei consumi.

Il mercato rilevante è determinato dalla patologia e quindi dalla prescrizione che il medico decide di effettuare al fine di ottenere un più adeguato trattamento della malattia, sulla base dell’efficacia clinica del farmaco e della sua tollerabilità.

Nell’odierna fattispecie, viene però in rilievo il segmento di mercato costituito dal rapporto grossista farmacista in quanto la condotta asseritamente lesiva di GSK avrebbe impedito il dispiegarsi di una concorrenza effettiva nel rapporto tra farmacisti e grossisti.

La sostituibilità dei medicinali è regolata dalla Convenzione Nazionale, stipulata tra Federfarma e le Regioni, il cui testo è stato reso esecutivo con il D.P.R. 8 luglio 1998.

Il farmacista può sostituire, in caso di urgenza, una specialità medicinale con altra specialità medicinale che, pur se fabbricata da altro produttore, sia identica dal punto di vista del principio attivo, della composizione, della formulazione e che non abbia un costo per il paziente superiore a quello della specialità da sostituire.

Inoltre, qualora esistano sul mercato preparati equivalenti (in questo caso equivalente va inteso come preparato commercializzato con il nome del principio attivo, cioè il “farmaco generico” comunemente inteso), e nel caso che la prescrizione del medico sia “libera”, il farmacista può fornire tali equivalenti, previa specifica richiesta di consenso (verbale) da parte del paziente.

Quindi, nel caso di specie, il Tribunale di Venezia ha evidenziato che:

- il principio attivo contenuto nell’Avodart è costituito dal Dutasteride;

- il principio attivo era coperto da brevetto europeo fino al 19.7.2017 e quindi per tutto il triennio oggetto di causa.

- l’unica alternativa esistente era costituita dal Proscar, che pure costituito da un principio attivo diverso il Finasteride, aveva il medesimo meccanismo di azione e simile efficacia clinica;

- come detto Dutasteride non era sostituibile con i farmaci Alfuzosina, Tamsulosina, Terazosina, e Silodosina, e con le sostanze Repentina e Pigelina si è dato già conto sopra;

- il mercato rilevante nei rapporti tra grossista e farmacista era allora identificabile solo con la specialità Avodart, in quanto il Proscar non poteva essere fornito dal farmacista al paziente su sua autonoma decisione, ma solo a seguito di mutamento di prescrizione da parte del medico curante.

Il Giudice ha, quindi, confutato la tesi dei ctp di GSK – secondo i quali il mercato rilevante di Avodart coinciderebbe con il terzo livello ATC esarebbe costituito da 8 principi attivi e da una combinazione di farmaci prodotti da oltre 50 cause farmaceutiche – in quanto la stessa può valere – per altro solo in parte – esclusivamente se si valuta la domanda espressa dal paziente e non invece quella formulata dal farmacista.

Al riguardo, il Seretide, i cui principi attivi sono Salmetarolo Xinafoato e Fluticasone, ha goduto di copertura brevettuale sino al 7.9.2013 [5], sicché il Tribunale ha distinto due periodi:

- gennaio 2012- settembre 2013 in cui era attivo il brevetto; i principi attivi del Seretide erano contenuti anche nella specialità Alifluss prodotta da Menarini, oggetto di co-marketing; in caso di urgenza, il Seretide era sostituibile direttamente dal farmacista con una specialità medicinale terapeuticamente equivalente in quanto identica (Aliflus®);

- ottobre 2013 – febbraio 2015 in cui erano stati immessi sul mercato sia farmaci equivalenti del Seretide, sia farmaci aventi principi attivi diversi, ma efficacia clinica sostanzialmente analoga, quali Foster, Symbicort, Flutiformo e Leventair. Il Seretide era sostituibile direttamente con un farmaco equivalente in caso di ricetta libera.

Pertanto, in ragione dell’unicità ed insostituibilità della prescrizione del medico, che individua il farmaco maggiormente idoneo alle esigenze del paziente, il Collegio ha ritenuto Avodart non fungibile, in quanto non sostituibile da generici per l’intero triennio preso in esame.

Seretide, invece, fino a settembre 2013 era sostituibile solo con Alifluss, da settembre 2013 anche con farmaci generici.

Così delineato il mercato di riferimento, quindi, il Tribunale ha accertato la ricorrenza di un abuso di posizione dominante da parte di GSK.

Tale fattispecie consiste nel comportamento dell’impresa in posizione dominante che, utilizzando mezzi diversi da quelli propri di una normale politica concorrenziale fondata sul merito e sulle qualità delle prestazioni, incide sulla struttura di mercato e ne riduce il livello di concorrenzialità a proprio vantaggio.

Secondo una giurisprudenza ormai consolidata, di matrice comunitaria, la dominanza si sostanzia in “una posizione di potenza economica, grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione e ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei concorrenti, dei clienti e, in ultima analisi, dei consumatori.” (Corte di Giustizia 14 febbraio 1978 n. C- 27/76).

Il Tribunale ha ricordato che, per poter qualificare in termini di pratiche scorrette le condizioni che vengono imposte da parte dell’impresa in posizione dominante– ad es. rifiuto a contrarre o la sussistenza di un impedimento oggettivo a che un concorrente possa entrare nel mercato - è necessario che ci sia questo ulteriore criterio discriminatorio, ossia che l’impresa stabilisca criteri dissimili per prestazioni che sono in realtà assolutamente equivalenti.

Nel caso di specie, in cui GSK deteneva, nel triennio preso in considerazione, una posizione dominante rispetto alle due specialità medicinali Avodart e Seretide (fino a settembre 2013), il Tribunale si è posto il problema di valutare se la suddetta società abbia abusato della sua posizione dominante fornendo quantitativi dei due farmaci a SFM in misura ridotta dell’80, 90% rispetto alla domanda dell’attrice.

A giudizio del Giudice di prime cure - anche se non si può contestare il diritto di un’impresa, pure se dominante, di pianificare la produzione secondo le proprie esigenze industriali o commerciali -, la decisione di limitare la produzione, se può risultare priva di apprezzabili conseguenze qualora attuata da un’impresa operante in regime di concorrenza, può rivelarsi nociva quando a porla in essere sia un’impresa che, sul mercato del prodotto considerato, detenga una posizione di rilievo o addirittura dominante.

L’impresa dominante che rifiuti di contrarre, in tal senso, finisce per impedire, unilateralmente, l’accesso di altre imprese al mercato, limitando gli sbocchi a danno dei consumatori.

Se, in linea di massima, si riconosce il diritto di ogni impresa, anche dominante, di scegliere i propri partner commerciali e quello di disporre liberamente dei propri beni, tuttavia la limitazione di tali diritti richiede una rilevante giustificazione, sorretta da esigenze obiettive e meritevoli di tutela.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza comunitaria il rifiuto da parte di un’impresa che detiene una posizione dominante sul mercato di un dato prodotto di soddisfare gli ordinativi inoltrati da un vecchio cliente costituisce abuso di posizione dominante, qualora senza alcuna giustificazione oggettiva, tale condotta elimini la concorrenza di un operatore commerciale (Cass. civ. sentenze 6 marzo 1974 cause riunite 6/73, 7/73 Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents /Commissione, 14 febbraio 1978 C 27/76 United Brands Continentaal/Commissione).

Ancora, spetta al giudice stabilire il carattere normale degli ordinativi anche alla luce delle precedenti relazioni commerciali intrattenute dall’impresa produttrice con il proprio cliente (Corte di Giustizia Europea cause riunite C- 468/06, C 478/06 Sot.. Lélos kai Sia e altri c. Glaxosmithklinie).

Esaminando le modalità di allocazione dei farmaci seguite da GSK nel territorio nazionale, il Tribunale ha riscontrato che GSK, una volta individuati, attraverso il sistema denominato European Allocation System (EAS), i quantitativi massimi di ciascun farmaco che ritiene opportuno allocare per ogni Paese membro, si serve dell’algoritmo Trade Dynamics elaborato da IMS, al fine di determinare le massime forniture allocabili di ciascun farmaco ai magazzini dei diversi grossisti, tramite un allineamento delle forniture al fabbisogno espresso nelle singole aree dalla popolazione [6].

Dalla CTU disposta in corso di causa, d’altronde, è emerso che, se per un verso il sistema Trade Dynamics non può ritenersi di per sé discriminatorio, d’altra parte, il risultato finale della stima dipende dalle informazioni immesse e le informazioni trasmesse da GSK a IMS sono di per sé idonee a determinare l’esito delle stesse [7].

GSK fornisce a IMS i dati relativi “alle vendite ai magazzini (ex-factory) per ogni singolo prodotto relative agli ultimi tredici mesi”: pertanto, se un magazzino ha effettuato vendite limitate per un periodo, riceverà per il futuro un ridotto quantitativo di farmaci.

Può verificarsi, quindi, il caso in cui un magazzino venga rifornito per un periodo di un farmaco in quantitativi ridotti ed effettui conseguentemente delle vendite ridotte, che andranno poi a costituire lo storico sul quale parametrare le proiezioni di vendite future senza neppure che GSK debba manipolare le informazioni che trasmette [8].

Il Tribunale ha sottolineato che GSK, nel corso del giudizio, non ha consentito al Ctu di raccogliere documentazioni o informazioni aggiuntive direttamente da IMS al fine di verificare le modalità di interazione tra le due imprese GSK e IMS, posto che il sistema informativo Trade Dynamics si basa sulla combinazione di diverse informazioni, tra cui il numero di forniture nel trimestre precedente e i dati forniti da GSK [9].

Si è, quindi, rammentato come la Corte di Cassazione abbia più volte affermato che <<nelle cause relative alle violazioni agli artt. 2 e ss. l. 10 ottobre 1990, n. 287, il giudice non può decidere la causa facendo piana applicazione del principio dell’onere della prova; tenuto conto dell’asimmetria informativa esistente tra le parti nell’accesso alla prova, l’attore dovrà fornire seri indizi dimostrativi della fattispecie denunciata come idonea ad alterare la libertà di concorrenza e a ledere il suo diritto di godere del beneficio della competizione commerciale, mentre dovranno trovare applicazione estensiva gli strumenti di indagine e conoscenza attribuiti al giudice ed in particolare la consulenza tecnica d’ufficio, al fine di esercitare, anche officiosamente, quei poteri d’indagine, acquisizione e valutazione di dati e informazioni utili per ricostruire la fattispecie anticoncorrenziale denunciata>>[10].

In questo senso, il Tribunale ha ritenuto che il diniego opposto da GSK vada apprezzato ai sensi dell’art. 116, 2° comma c.p.c, in danno a GSK, e unitamente ad ulteriori circostanze, avendo la suddetta società sostanzialmente impedito al Ctu di acquisire i dati rilevanti a poter svolgere adeguatamente l’incarico affidatogli.

Dalla consulenza, quindi, è emerso che:

- nel triennio di riferimento 2012-2015 a livello nazionale i farmaci oggetto di causa erano disponibili per i pazienti che ne facessero richiesta;

- i quantitativi forniti da GSK a SFM sono sostanzialmente coincidenti a quelle indicati da IMS come quantitativi massimi allocabili, ma GSK risulta aver consegnato solo il 10% dei quantitativi ordinati;

- non sono emerse le vere ragioni per le quali gli ordinativi di SFM sono stati evasi solo parzialmente, non avendo GSK fornito alcuna giustificazione e/o spiegazione dell’autolimitazione delle forniture a SFM, essendo pacifica la circostanza che GSK ha fornito a SFM prodotti inferiori a quelli ordinati.

Peraltro, il Tribunale ha sottolineato come fosse chiaramente emerso, all’esito dell’attività istruttoria, che la decisione di GSK di seguire le indicazioni di IMS fosse frutto di una libera scelta imprenditoriale di GSK, improntata a discrezionalità, senza che vi fossero elementi per indicare come patologiche ed anomale le richieste di SFM, che miravano a rivendere il prodotto acquistato onde trarne profitto.

Pertanto, il Tribunale ha concluso nel senso che, se è vero, come accertato dal Ctu, che il mercato italiano è sempre stato rifornito da GSK delle quantità necessarie di Avodart e Seretide e che SFM ha ricevuto forniture inferiori anche dell’86% rispetto al proprio fabbisogno, allora è evidente che la differenza tra i prodotti richiesti e quelli forniti è stato oggetto di fornitura ad altri distributori concorrenti di SFM, che hanno potuto soddisfare più celermente la domanda proveniente dai farmacisti, con conseguente distorsione del mercato dei grossisti distributori di farmaci e con danno a carico dell’attore che andrà verificato a mezzo di consulenza tecnica di ufficio, come da separata ordinanza.

In tal senso, se il farmacista, soggetto il quale esprime la domanda una volta che il medico ha effettuato la prescrizione, non poteva sostituire di sua iniziativa le due specialità oggetto di causa con altre (per Seretide ciò vale sino al settembre 2013), appare plausibile che il farmacista che non fosse riuscito a rifornirsi di Avodart o Seretide da SFM si sarebbe rivolto ad altro distributore.

Il Tribunale ha, a tale riguardo, ricordato che il distributore, la cui attività consiste nel procurarsi, detenere, fornire o esportare medicinali in favore delle farmacie e non del pubblico, ai sensi del D.lgs. 538 del 1992, ha i seguenti obblighi: a) detenere i prodotto di cui alla tabella 2 della Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana; b) detenere il 90% delle specialità medicinali in commercio; c) detenere almeno un medicinale preconfezionato prodotto industrialmente per ciascuna delle formulazioni comprese nel formulario nazionale della Farmacopea che risultino in commercio.

I distributori sono tenuti ad eseguire la fornitura nei confronti delle farmacie nel termine massimo di dodici ore lavorative successive alla richiesta.

Tramite la consultazione del sistema informatico, il farmacista è in grado di verificare, prima ancora di inoltrare l’ordine al distributore, se il prodotto è presente nel magazzino del distributore, con la conseguenza che, in mancanza del prodotto, il distributore inoltrerà l’ordine ad un altro distributore più fornito.

Secondo il Giudice veneziano, quindi, alla luce della disciplina del mercato di distribuzione dei farmaci, in cui è obbligatoria la presenza del distributore all’ingrosso, la contrazione delle forniture di Avodart e Seretide nella misura di oltre l’80% nei confronti di un grossista con cui ha intrattenuto rapporti ultraventennali e ancora pendenti costituisce abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 3 della legge nazionale antitrust [11].

Ancora, il Tribunale ha esaminato le censure attoree che qualificano i comportamenti tenuti da GSK in termini di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c., in quanto la suddetta società si sarebbe avvalsa di criteri contrari ai principi della correttezza professionale, danneggiando SFM.

Il Giudice ha rilevato come le due società siano in rapporto di concorrenza, poiché anche GSK distribuisce i propri prodotti alle farmacie e il suddetto rapporto può sussistere anche tra soggetti di mercato che operano a diversi livelli economici [12], perché ciò che rileva è che entrambe le imprese incidono sulla stessa categoria di consumatori.

Inoltre, ancorché la repressione della concorrenza sleale e quella dell’abuso dominante perseguano scopi diversi, il pregiudizio derivante dall’atto illecito qualificato come atto di concorrenza sleale e come abuso di posizione dominante è lo stesso.

Anche a voler prescindere dalla sussistenza della fattispecie di abuso dominante, secondo il Tribunale, GSK si è avvalsa della propria forza contrattuale per porre in essere le condotte escludenti sopra ricordate [13], idonee ad incidere sulla posizione soggettiva di SFM, senza che tale condotta trovi una qualsivoglia giustificazione oggettiva.

Laddove la condotta non sia riconducibile ad una motivata strategia commerciale o ad una legittima riorganizzazione aziendale, secondo il Tribunale l’ostacolo frapposto all’attività dell’imprenditore rientra nella fattispecie del boicottaggio.

Infine, il Tribunale di Venezia, si è pronunciata sulla richiesta di GSK di procedere al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea ex art. 267, 2° comma TFUE, per la sottoposizione delle seguenti questioni di diritto: <<se gli artt. 102 TFUE, 3.1. 5 e 6 Reg. 1/2003/Ce ed il primato del diritto dell’Unione Europea ostino a che il giudice nazionale definisca il mercato rilevante in modo divergente dalla definizione data dall’autorità nazionale garante della concorrenza; se il procedimento di archiviazione dell’autorità nazionale e il principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri consentano di attribuire all’archiviazione efficacia probatoria al fine di evitare un arricchimento senza causa di parte attrice>>.

Tale richiesta troverebbe giustificazione in quanto, da un lato, il giudizio concerne un’azione di accertamento di abuso di posizione dominante, e, dall’altro lato, la medesima fattispecie è già stata decisa dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, che ha rigettato la domanda di SFM, adottando la medesima definizione di mercato rilevante proposta dalla difesa di GSK.

Diversamente, come sopra detto, il consulente tecnico, nel giudizio definito con la decisione in commento, ha adottato una nozione di mercato rilevante del tutto differente, con il conseguente rischio che la decisione del giudice ordinario diverga dall’accertamento compiuto dall’Autorità preposta, con conseguente vulnus ad un’applicazione uniforme del diritto unionale.

Il Tribunale di Venezia ha sottolineato che i fatti all’origine della controversia sono avvenuti prima della pubblicazione e dell’entrata in vigore della direttiva 2014/104, mentre l’azione di risarcimento del danno dinanzi al giudice nazionale è stata proposta dopo l’entrata in vigore della direttiva, ma prima della scadenza del termine di trasposizione di quest’ultima; il legislatore ha recentemente attuato la direttiva con il D.lgs. n. 3 del 2017; le nuove disposizioni di legge non valgono tuttavia per il passato e neanche per le azioni proposte prima della sua entrata in vigore.

Al giudice civile, quindi, non deriva un vincolo dal mancato accertamento della violazione da parte dell'AGCM nemmeno prospetticamente ai sensi dell’art. 9 della Direttiva 2014/104/UE e dell’art. 7 del d.lgs. 3/2017, pure non applicabili ratione temporis ,come detto, al giudizio in esame.

Né, d’altra parte, precisa il Giudice, è prevista alcuna norma che paralizzi le azioni di risarcimento del danno, non sussistendo alcuna pregiudiziale amministrativa, essendo configurabile la tutela giurisdizionale avanti al Giudice ordinario come autonoma ed alternativa alla tutela amministrativa esperibile avanti all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato ed essendo la prima focalizzata sugli interessi individuali del soggetto leso dall’illecito di diritto antitrust [14].

Peraltro, la decisione di archiviazione dell’AGCM è stata impugnata avanti al Tribunale Amministrativo, posto che le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori, adottati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e non consta sia intervenuta sentenza passata in giudicato che abbia confermato la legittimità della definizione di mercato rilevante prescelta dall’AGCM.


[1] Le norme che pongono l'obbligo di contrarre nei casi di monopolio legale non possono estendersi per analogia ai casi di monopoli di fatto, in quanto nel primo caso esse introducono un limite all'autonomia privata e quindi una deroga ad un principio generale, mentre nel secondo trovano la loro ratio nella natura e nelle modalità dell'attività svolta (si veda, in tal senso, Cass. civ., sez. I , 23 gennaio 1990, n. 355, in Rass. giur. Enel, 1990, 1035).

[2] Come sottolineato dal Collegio nella decisione in commento, la tesi per cui, ai fini dell’individuazione del mercato rilevante, nei rapporti grossisti farmacisti la specialità medicinale oggetto di prescrizione basta a costituire un mercato rilevante, rispetto al quale i produttori di farmaci potenzialmente assumono una posizione dominate, non è isolata (cfr. C. App. Milano ord. 10 novembre 2005; Conseil de la Cuncurrence [commissione francese per la concorrenza] nella decisione n. 04-D-05 Phoenix Pharma 24 febbraio 2004, Epitropi Antagonismou [commissione ellenica per la concorrenza] nella causa C-53/03 Syfait c. Glaxosmithkline).

[3] In questo senso, si veda Case No COMP/M.4007 - Reckitt Benckiser/Boots Healthcare International. L’AGCM è solita riferirsi al quarto livello della classificazione, provv. n. 7337, Servier Italia - Istituto Farmaco Biologico Stroder, in Boll. n. 26 del 1999.

[4] Cons. Stato, sez. VI , 13 marzo 2020, n. 1832, in Rass. dir. farmaceutico, 2020, 3 , 573.

[5] I due principi attivi, Fluticasone propionato e Salmeterolo xinafoato, appartengono rispettivamente alla classe dei cortisonici inalatori e degli agonisti beta-2 adrenergici ad azione topica. L’associazione dei due principi attivi produce un’azione broncodilatatoria ed antispastica sulle vie aeree, dovuta alla stimolazione dei recettori beta-2, oltre che un’azione antiinfiammatoria propria del cortisonico.

[6] Secondo GSK l’algoritmo consente di operare un’efficiente distribuzione dei farmaci e al tempo stesso garantisce l’imparzialità e la non discriminatorietà nella distribuzione dei farmaci oggetto di causa, precludendo a GSK qualsivoglia intervento manipolativo anticoncorrenziale, non essendo da essa modificabili i dati che alimentano l’algoritmo di calcolo, elaborato in via esclusiva da IMS.

[7] Si tratta di un aspetto particolarmente rilevante, anche alla luce del cd effetto persistenza che si genera in ragione delle modalità di funzionamento del sistema.

[8] Tre sono in astratto le ipotesi in cui ciò può accadere: - qualora GSK non venda al grossista tutti i quantitativi di farmaco assegnati a quel magazzino; - qualora la richiesta del grossista superi i quantitativi allocabili per quel farmaco; - qualora un grossista richieda a GSK dei quantitativi del farmaco che GSK rifiuti di fornire. La terza ipotesi concerne il tema oggetto della controversia esaminata dalla decisione annotata, ossia il rifiuto da parte di GSK a fornire i quantitativi del farmaco richiesti dal grossista.

[9] Pertanto, se in un trimestre il numero di pezzi forniti tende a diminuire, continuerà a diminuire anche nel trimestre successivo.

[10] Cass. civ., sez. I , 04 giugno 2015, n. 11564, in Foro it., 2015, 9, I, 2742, con nota di Pardolesi.

[11] Corte App. Milano, ord. 10 novembre 2004

[12] Ad esempio, tra produttore e commerciante di un identico bene.

[13] Ovvero la drastica riduzione delle forniture.

[14] Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2011, n. 2438, in Foro amm. CDS, 2011, 4, 1314.



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