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Brevi note sull’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 – inserito dall’art. 34 d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111

dai principi dell'Adunanza Plenaria • mar 06, 2021

Il nuovo istituto dell’acquisizione ex nunc di un bene utilizzato senza titolo per scopi di interesse pubblico assolve alla funzione di ricondurre a legalità le (nel passato frequenti) situazioni connotate dall’utilizzazione, da parte della pubblica amministrazione, del bene immobile di un privato per scopi di interesse generale, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità.

In sostanziale recepimento dei principi elaborati dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 2/2005, il legislatore ha, a tal fine, configurato un procedimento ablatorio sui generis, caratterizzato da una precisa base legale e da peculiari e autonomi presupposti, semplificato nella struttura (uno actu perficitur), complesso negli effetti (che si producono sempre e comunque ex nunc), il cui scopo non è (e non può essere) quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall’amministrazione (perché altrimenti integrerebbe una espropriazione indiretta, per ciò solo vietata), bensì quello autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione delle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che giustificano l’acquisizione del bene utilizzato al patrimonio indisponibile in funzione del mantenimento dell’opera pubblica realizzata (o, comunque, delle modificazioni apportate al bene) sine titulo. L’interesse pubblico prevalente, sorretto da attuali ed eccezionali ragioni, deve emergere necessariamente da un percorso motivazionale – rafforzato, stringente e assistito dalle garanzie partecipative rigorose delineate dalla legge n. 241/1990, con particolare riferimento ai procedimenti amministrativi che sfociano in provvedimenti discrezionali – basato sull’emersione di ragioni attuali ed eccezionali che dimostrino in modo chiaro che l’apprensione coattiva si pone come extrema ratio, dovendo in particolare essere dimostrato, in modo specifico e concreto, che non sono ragionevolmente praticabili soluzioni alternative.

Con ciò, la norma attribuisce alla pubblica amministrazione il potere, valutati gli interessi in conflitto, di disporre l’acquisizione (al patrimonio indisponibile) dell’immobile appartenente al privato e utilizzato senza titolo, in presenza dei presupposti e alle condizioni da essa stabiliti, e disciplina la misura dell’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale conseguente alla perdita definitiva del bene, valutato al valore venale (al momento del trasferimento, alla stregua del criterio della taxatio rei, senza che, dunque, ci siano somme da rivalutare ma, in ogni caso, tenuto conto degli ulteriori parametri individuati dagli artt. 33 e 40 d.P.R. n. 327/2001), maggiorato della componente non patrimoniale (dieci per cento senza onere probatorio per l’espropriato), e con salvezza della possibilità, per il proprietario, di provare ulteriori autonome voci di danno (cfr., in tal senso, la ricostruzione dell’istituto nella sentenza n. 2/2016 dell’Adunanza plenaria, la quale, peraltro, è intervenuta su una fattispecie specifica di ottemperanza a un giudicato amministrativo relativo a una vicenda acquisitiva ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, al diverso fine di chiarire l’ampiezza dei poteri del commissario ad acta).

La pubblica amministrazione – all’esito della valutazione delle circostanze e comparati gli interessi in conflitto secondo i criteri previsti dal comma 4 dell’art. 42-bis – è posta dinanzi all’alternativa, oggetto di valutazione provvedimentale, o di disporre l’acquisizione o di restituire l’area al proprietario previo ripristino dello stato anteriore (affrontando le spese di demolizione e di ripristino).

Nello specifico contesto procedimentale e provvedimentale delineato dall’art. 42-bis, la misura della restituzione previa rimessione allo stato pristino dell’immobile illegittimamente occupato e trasformato non può essere ricondotta al mero obbligo di natura civilistica conseguente alla lesione del diritto di proprietà e, dunque, a un mero effetto legale della determinazione di non acquisire l’immobile, ma costituisce espressione di una specifica volontà provvedimentale. Infatti, in sede di bilanciamento dei contrapposti interessi privati e pubblici, ed attesa la necessità di motivare in ordine all’assenza di ragionevoli alternative alla adozione del provvedimento di acquisizione (tra le quali rientra la restituzione del bene previa rimessione in pristino), dovranno essere prese in considerazione anche le specifiche circostanze in tesi ostative all’alternativa restitutoria, quali, ad esempio, eventuali costi eccessivi e sproporzionati rispetto al valore del bene illegittimamente modificato.

Tale circostanza, peraltro, costituisce soltanto uno dei possibili elementi valutativi, da solo insufficiente a giustificare l’acquisizione, restando primario e prioritario quello relativo alla sussistenza di ragioni attuali ed eccezionali di prevalenti esigenze pubbliche, e non bastando un mero riferimento generico ad eccessive difficoltà ed onerosità dell’alternativa a disposizione dell’amministrazione. L’inestricabile interdipendenza reciproca delle valutazioni da porre a base dei diversi esiti procedimentali e provvedimentali comporta che l’eventuale concreta restituzione del bene previa riduzione in pristino, disposta all’esito di siffatta valutazione, non può che costituire espressione dell’esercizio della funzione attribuita alla pubblica amministrazione in materia espropriativa nel contesto dello speciale procedimento ablativo all’esame, sebbene contenutisticamente coincidente con l’obbligo restitutorio di stampo civilistico.

Sotto altro profilo, il dovere dell’amministrazione di far venir meno la occupazione sine titulo, ossia di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto non incisa dall’occupazione medesima (in primis, attraverso la restituzione previa rimessione in pristino), costituisce espressione del principio generale di legalità dell’azione amministrativa (particolarmente stringente nel settore espropriativo, ai sensi dell’art. 42, secondo e terzo comma, Cost.), nella specie convogliata nella procedura speciale quale delineata dall’art. 42-bis, nonché espressione dei principi di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.). Deve pertanto ritenersi la sussistenza di un obbligo di provvedere ex art. 2 l. n. 241/1990 sull’istanza del proprietario volta a sollecitare il potere di acquisizione ex art. 42-bis (o, in alternativa, a disporre la restituzione del bene), fermo restando il carattere discrezionale della valutazione rimessa alla pubblica amministrazione sul merito dell’istanza.

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