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AIFA e Istituto superiore di sanità sono insindacabili?

di Sergio Conti, Presidente TAR a riposo • ott 07, 2022

Riflessioni su una recente sentenza del Consiglio di Stato in materia di obbligo vaccinale


Si parla di discrezionalità tecnica (G. Barone v. discrezionalità in Enc. Giur. Treccani p.8) “allorché l'amministrazione giunga alla decisione impiegando categorie tecniche o – come altri dice – cognizioni specialistiche, cognizioni cioè che non siano proprie della generalità dei soggetti di una comunità.”

Gli ordinamenti giuridici sono sensibili all’irrompere delle conoscenze tecniche e, sempre più spesso, le norme fanno riferimento esplicitamente (o implicitamente) alle regole della tecnica e del sapere proprio di altre scienze, al fine di trarne gli elementi utili per comporre gli interessi coinvolti nella fattispecie concreta disciplinata.

Va rammentato che le discipline specialistiche - in ragione della maturazione delle conoscenze acquisite, dello stadio di sviluppo raggiunto o per la stessa caratteristica degli elementi di fondo su cui si basano - possono presentare diverse caratteristiche. 

Una classica suddivisione è quella che distingue le c.d. scienze esatte (matematica, fisica, chimica, ecc.) da quelle sociali o inesatte (economia, sociologia, psicologia, letteratura, arte, ecc.). Le prime sarebbero connotate da un elevato grado di precisione, al punto che di solito esprimerebbero ‘certezze’ non discutibili e ‘universalità’ dei risultati, mentre le seconde sarebbero contraddistinte dalla ‘opinabilità’ delle conclusioni a cui pervengono.

Peraltro tali definizioni, sotto il profilo epistemologico (o, più precisamente, gnoseologico),  sono state, da tempo, superate – ancorché esse siano però ancora dominanti nella “cultura comune” e proprio da tale presupposto non più riconosciuto trae linfa il dibattito politico/giornalistico - dato che, per le scienze esatte, si è dimostrata, alla luce di successive scoperte, la fallacia di talune leggi ritenute fino allora assolutamente esatte e invece dimostratesi (in via sperimentale o in via astratta deduttiva o induttiva) erronee (o perlomeno imprecise).

In conclusione, qualora si debba fare riferimento alle discipline specialistiche, non è possibile ritenere apoditticamente la validità assoluta di alcune e la fallibilità di altre, mentre si dovrà più correttamente effettuare una ponderata valutazione, caso per caso, a seconda della natura della regola tecnica che viene in considerazione e del suo collocarsi nel contesto della decisione amministrativa da assumersi.

Semmai è possibile distinguere – indipendentemente dalla tipologia di scienza presa in considerazione – regole tecniche la cui applicazione consente di pervenire a risultati verosimili e regole tecniche in grado di fornire soltanto risultati plausibili (più o meno probabili).

Va da ultimo rilevato che, per le sue caratteristiche peculiari, quella medica non è definita come scienza ma come arte (a partire dal giuramento di Ippocrate), dato che unisce elementi della scienza con l'approccio empatico del medico rispetto al paziente, ognuno dei quali è diverso dagli altri (essendo notorio che terapie che giovano ad un soggetto non hanno effetto su di un altro).


La sentenza del Consiglio di Stato Sez. 3, n. 1381 del 28.2.2022.

Con tale pronuncia iI Consiglio di Stato ha respinto l’appello di una infermiera del SSN avverso la sentenza di primo grado, recante il rigetto del ricorso proposto avverso il provvedimento di accertamento di elusione dell'obbligo vaccinale emanato nei suoi confronti.

Partendo dal presupposto che buona parte delle questioni poste (cfr. p. 5) “ricalcano quelle già esaminate nel giudizio definito da questa sezione con la pronuncia n. 7045 del 20 ottobre 2021”, il Collegio ha operato ampio richiamo “alle argomentazioni già sviluppate nella pronuncia di ottobre (ex art. 88 comma 2 lett. d) c.p.a.)”, riservando un “più specifico sforzo motivazionale” ai ”profili di novità”.

Nel rinviare sulla questione complessiva della costituzionalità dell’obbligo vaccinale a quanto osservato nel precedente articolo pubblicato su questo sito il 19 gennaio 2022 *, va qui brevemente esaminata una questione di grande rilievo posta alla base di questa sentenza.

A fronte del motivo di appello con il quale la ricorrente lamentava la violazione del diritto di difesa (ex artt. 24 e 111 della Costituzione), sotto il duplice profilo dell’impedimento del contraddittorio e della prova, per essersi il giudice di prime cure rifiutato di prendere in specifica considerazione la documentazione difensiva ritualmente depositata dalla parte ricorrente, e ciò sulla base di una pretesa superiorità delle fonti scientifiche ufficiali, il supremo consesso amministrativo lo ha ritenuto infondato, osservando:

<<L’attendibilità dei dati assunti a base della decisione promana dalla qualificata competenza e dal ruolo istituzionale riconosciuto ad Ema, AIFA e ISS, quali autorità regolatorie della materia alle quali è rimesso il compito di vagliare le risultanze del dibattito scientifico e di trarne le dovute conclusioni. La pretesa di rinnovare in una sede giudiziale il confronto tra diverse tesi scientifiche e di farne arbitro il giudice, non solo muove da un inspiegabile e immotivato sospetto di inattendibilità delle fonti ufficiali; ma, soprattutto, assume come realistica la possibilità che una materia così delicata e tecnicamente complessa possa essere adeguatamente esaminata e governata al di fuori del contesto suo proprio e da soggetti privi di specifica competenza, quando invece è proprio il richiamo alle fonti ufficiali e alle voci più autorevoli del campo medico (come tali riconosciute dal sistema scientifico nazionale e internazionale) a poter garantire una interpretazione oggettiva e univoca dei dati rilevati.

Come già chiarito in sede cautelare, anche un supplemento di indagine in astratto esperibile da questo giudice non potrebbe che fare rinnovato riferimento alle medesime autorità.>>.

In sostanza, il Consiglio di Stato pare escludere la stessa ammissibilità di contestazioni scientifiche su quanto affermato dagli organi tecnici AIFA e Istituto superiore di sanità.

Non è ben chiaro se l'insindacabilità sia riconducibile alla veste soggettiva dell'organo o alla materia trattata, ma la questione non è particolarmente rilevante, dato che la conclusione a cui perentoriamente si perviene è quella che esistano spazi di insindacabilità assoluta.


Un balzo all'indietro

Tali assunti, che si pongono in totale distonia con il quadro giurisprudenziale antecedente, non possono essere condivisi.

Va ricordato, al riguardo, quanto aveva affermato il medesimo Consiglio di Stato nella “storica” sentenza n. 601 del 1999, con la quale è stato (sembrava definitivamente) superato il mito della insindacabilità della c.d. discrezionalità tecnica.

Dopo avere ricostruito il percorso argomentativo seguito dalla sentenza di primo grado, che aveva rigettato le contestazioni svolte dal ricorrente avverso il diniego di riconoscimento della causa di servizio da parte degli organi medico legali (sostenendo che “in mancanza della possibilità di dimostrare con carattere di certezza oggettiva la causa di una "affezione a genesi multifattoriale" quale la cardiopatia ischemica, il procedimento valutativo, il cui contenuto specialistico sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, è correttamente motivato sul valore probabilistico di specifici "fattori di rischio" ed è immune da vizi logici”), il Consiglio di Stato aveva svolto il seguente iter motivazionale.

<<Tali acquisizioni si collocano all'interno di un orientamento - quello della insindacabilità della c.d. discrezionalità tecnica dell'amministrazione - assai diffuso presso il giudice amministrativo, ma che non sembra resistere, anche alla luce di autorevole dottrina, ad una riconsiderazione dell'argomento.

Ciò che è precluso al giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità, infatti, è la diretta valutazione dell'interesse pubblico concreto relativo all'atto impugnato (Cass., 3 novembre 1988, n. 5922; 6 aprile 1987, n. 3309): dunque, del merito dell'atto amministrativo. La c.d. "discrezionalità tecnica", invece, è altra cosa dal merito amministrativo.

Essa ricorre quando l'amministrazione, per provvedere su un determinato oggetto, deve applicare una norma tecnica cui una norma giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta. L'applicazione di una norma tecnica può comportare valutazione di fatti suscettibili di vario apprezzamento, quando la norma tecnica contenga dei concetti indeterminati o comunque richieda apprezzamenti opinabili. Ma una cosa è l'opinabilità, altra cosa è l'opportunità.

La questione di fatto, che attiene ad un presupposto di legittimità del provvedimento amministrativo, non si trasforma - soltanto perché opinabile - in una questione di opportunità, anche se è antecedente o successiva ad una scelta di merito. Ciò è confermato anche dalle acquisizioni della Corte di cassazione, secondo cui "con riguardo alle pronunzie del Consiglio di Stato, l'eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile ai sensi dell'art. 111, 3° comma, Cost. sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, è configurabile solo quando l'indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell'opportunità e convenienza dell'atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell'annullamento, esprima una volontà dell'organo giudicante che si sostituisce a quella dell'amministrazione; con la conseguenza che l'indicato vizio non ricorre quando il Consiglio di Stato indaghi sui presupposti di fatto del provvedimento impugnato (Cass., 5 agosto 1994, n. 7261).

Anzi, il potere di accertare i presupposti di fatto del provvedimento impugnato viene considerato come lo specifico della giurisdizione amministrativa di legittimità, che la differenzia dal giudizio di legittimità che caratterizza il ricorso per cassazione.>>.

Più oltre, nella medesima decisione, il Consiglio di Stato soggiungeva:

<<1.2. Del resto, è ragionevole l'esistenza di una "riserva di amministrazione" in ordine al merito amministrativo, elemento specializzante della funzione amministrativa; non anche in ordine all'apprezzamento dei presupposti di fatto del provvedimento amministrativo, elemento attinente ai requisiti di legittimità e di cui è ragionevole, invece, la sindacabilità giurisdizionale.

Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi, allora, in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell'iter logico seguito dall'autorità amministrativa, bensì invece alla verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo.

Non è, quindi, l'opinabilità degli apprezzamenti tecnici dell'amministrazione che ne determina la sostituzione con quelli del giudice, ma la loro inattendibilità per l'insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo.>>.

Va rammentato che a partire da questa importante decisione si sia radicalmente mutato, in dottrina come in giurisprudenza, l'approccio al tema del c.d. insindacabilità della discrezionalità tecnica. Vi sono stati interventi legislativi che hanno esteso il ricorso alla C.T.U. oltre che alla verificazione per consentire al Giudice amministrativo di controllare l'esattezza dei dati tecnici adoperati dalla amministrazione, sono stati versati fiumi di inchiostro nel disquisire sulle modalità di esercizio del sindacato (debole/forte, estrinseco intrinseco), ma non si è più, per molti lustri, parlato, nella giurisprudenza, di insindacabilità della discrezionalità tecnica.


Le Autorità indipendenti sono però sindacabili.

Sotto altro riguardo, la questione ha punti di somiglianza con quella della sindacabilità degli atti delle Autorità Indipendenti, che solitamente riguardano interessi economici (seppur rilevantissimi) e non incidono direttamente sui diritti (“intangibili”?) della persona umana.

Al riguardo, è pare illuminante riportare alcuni stralci di quanto ha osservato il prof. A. Travi – nello scritto “Il problema generale del sindacato giurisdizionale degli atti delle Autorità indipendenti; il riparto di giurisdizione e il controllo della Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato”, in occasione del seminario di studi del 14 febbraio 2019, reperibile su www.unioneamministrativisti.it - ove viene sottolineato che “la contestazione del fatto pone al giudice un problema di prova, con la conseguenza che, se il fatto contestato è rilevante, è erronea la sentenza che accolga la ricostruzione dell’amministrazione senza dar corso un’istruttoria. Non esiste nel nostro ordinamento una presunzione di verità dell’atto amministrativo, quanto ai fatti enunciati nel provvedimento, neppure se si tratta di provvedimenti di Autorità indipendenti.”

L'illustre autore ritiene che “si deve adottare un criterio rigoroso” e afferma che: “Il giudice, in presenza di contestazioni, per verificare se la soluzione accolta nell’atto [di regolazione] sia ‘corretta’ o ‘attendibile’, deve accertare innanzi tutto se essa sia oggettivamente fondata e sostenibile dal punto di vista tecnico. In ogni caso deve esservi un accertamento di ordine tecnico, se il punto è contestato nel giudizio per ragioni concernenti il profilo tecnico. Questa conclusione non discende da opinioni personali, ma è imposta dai principi di parità delle parti e di terzietà del giudice, sanciti dall’art. 111 Cost.”.

Ed ancora, una chiarificazione al tema era stata data, già nel lontano 1968, dal prof. V. Ottaviano (La giurisdizione di merito nella giustizia amministrativa in La giustizia amministrativa - Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione Vicenza 1968 p. 187) che affermava che “il divieto per il giudice di ripetere il processo tecnico che ha già eseguito l'autorità, per verificare se il risultato sia esatto oppure no non ha fondamento nella nostra Costituzione: deve invece essere consentito al giudice di disporre tramite gli stessi organi dell'amministrazione, una nuova valutazione tecnica dei fatti già valutati nel provvedimento o un loro riesame alla stregua di eventuali perizie prodotte dal privato”.

Crediamo che le considerazioni svolte dal prof. Travi non possano che essere condivise e che debbano evidentemente trovare applicazione a fortiori applicazione anche in tema di atti di regolazione di AIFA e ISS.


Qualche osservazione finale.

Parrebbe che quindi esistano per il Consiglio di Stato, spazi di insindacabilità assoluta di organi tecnici dello Stato. O forse di quelli che utilizzano la “scienza”. Rinviando a un ulteriore contributo alcune considerazioni circa l'ascrivibilità alla “scienza” di qualsiasi questione tecnica, il significato del metodo scientifico e il suo divergere dal dogmatismo, e – più in generale - sulla validità assoluta o relativa delle c.d. “Verità scientifiche”, va rilevato che forse l'affermazione perentoria intendeva essere posta al limitato fine del contrasto all'emergenza connessa all'epidemia da Covid 19

Si tratterebbe, in tal caso, di un portato della “cultura dell'emergenza” che pare avere trovato ampi spazi nella dottrina, in primis costituzionalistica, e in ampi settori della giurisprudenza.

I giuristi contemporanei, sino ad ieri occhiuti controllori (giustamente) del debordare del potere nei confronti della persona, si sono improvvisamente trasformati in accaniti sostenitori del principio di necessità, capace di travolgere qualsiasi ostacolo alla realizzazione dell'obiettivo dichiarato (la tutela della salute pubblica), fors'anche i diritti dei consociati sanciti dalla Carta fondamentale.

E' tuttavia da auspicare un ritorno deciso alla tutela giurisdizionale del cittadino, come da Costituzione.


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