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Subappalto e contratti pubblici: libera concorrenza ed esigenze di tutela sociale

di Federico Smerchinich • ott 16, 2021

PREMESSA

a cura della Redazione

Il subappalto è quel contratto di diritto privato che consente all’appaltatore di affidare ad un soggetto terzo l’esecuzione di parte dell’opera datagli in appalto. Secondo il disposto dell'art. 1656 del codice civile, "l'appaltatore non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente". Quando però questo accordo "interno" e "derivato" interferisce con la contrattualistica pubblica, vengono a crearsi delle criticità sotto il profilo della trasparenza e della concorrenza nelle gare, che esulano dai profili schiettamente civilistici e devono fare i conti con il rischio concreto di far subentrare nei contratti con la Pubblica amministrazione, e nei benefici che ne scaturiscono, anche soggetti diversi, “non graditi” o comunque non idonei sotto molteplici profili (anche di tutela dei lavoratori) rispetto a quelli che prima facie si presentano come candidati appaltatori. Per tale motivo, il d.lgs. n. 50/2016, nel suo testo originario (art. 105), ha limitato la possibilità di ricorrere al subappalto fino al 30% delle opere da eseguire, con previa indicazione di una terna di subappaltatori a cui ricorrere nel caso di aggiudicazione. 

Tali previsioni, che avevano l’obiettivo di porre un argine al dilagare della prassi del subappalto, sono state fonti di innumerevoli questioni interpretative, e hanno creato un contenzioso rilevante dinanzi al Giudice amministrativo e alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, specialmente con riferimento alla legittimità del limite quantitativo prestabilito per legge, ex art. 105 del codice dei contratti pubblici. 

Finalmente, dopo un iter lungo e tortuoso, dal prossimo primo novembre entra in vigore un pezzo importante della nuova disciplina prevista in materia.  Ma facciamo un passo indietro.

La procedura di infrazione.

Il 24 gennaio 2019, la Commissione europea ha trasmesso al Governo italiano una lettera di costituzione in mora nell'ambito della procedura di infrazione n. 2018/2273, con la quale ha contestato all'Italia l'incompatibilità di alcune disposizioni dell'ordinamento interno (in larga parte contenute nel decreto legislativo n. 50 del 2016) in materia di contratti pubblici, rispetto a quanto disposto dalle direttive europee relative alle concessioni (direttiva 2014/23), agli appalti pubblici nei settori ordinari (direttiva 2014/24) e agli appalti pubblici nei settori speciali (direttiva 2014/25).

Successivamente, il 27 novembre 2019, la Commissione europea ha indirizzato all'esecutivo una lettera di costituzione in mora complementare, rilevando che i problemi di conformità sollevati in precedenza non erano ancora stati risolti, e individuando ulteriori disposizioni della legislazione italiana non conformi alle citate direttive.

Il Governo italiano ha comunicato l'intenzione di apportare modificazioni alla legislazione vigente, al fine di adeguare la disciplina nazionale a quella europea, fornendo elementi di informazione e di chiarimento rispetto a taluni profili di incompatibilità che a suo giudizio non avrebbero necessitato di ulteriori interventi normativi.

All’incompatibilità con la normativa europea eccepita dalla Commissione europea del divieto di subappaltare più del 30 per cento di un contratto pubblico, il legislatore ha risposto con il decreto legge n. 32/2019 (cosiddetto "sbloccacantieri"), il quale ha innalzato la soglia massima del subappalto dal 30% al 40% fino al 30 giugno 2021, nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici.

Si era previsto, in particolare, che il subappalto dovesse essere indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non potesse superare la quota del 40 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Tali disposizioni hanno operato in deroga all'articolo 105, comma 2, del codice medesimo, il quale pure prescrive la necessità di indicare il subappalto nel bando di gara, ma fissa la soglia massima del subappalto nella misura del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.

Tuttavia, nella messa in mora complementare, la Commissione europea ha osservato che tale modifica non sarebbe stata sufficiente a rendere l'ordinamento nazionale conforme a quello europeo, sia perché si trattava di una modifica solo temporanea, sia perché un limite al subappalto del 40%, pur essendo meno restrittivo, era da considerarsi comunque incompatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea.

In effetti, su questo specifico aspetto erano già intervenuti i Giudici europei in sede di pronuncia su una questione pregiudiziale sollevata dal TAR Lombardia, con la sentenza del 26 settembre 2019 nella causa C-63/18 (Vitali SpA contro Autostrade per l'Italia SpA), per chiarire la portata del diritto dell'UE in materia di appalti pubblici, con particolare riferimento al regime del subappalto.

Il Tribunale meneghino ha chiesto alla Corte se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del TFUE, l' articolo 71 della direttiva 2014/24, il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio di diritto dell'Unione europea di proporzionalità, ostino all'applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell'articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo n. 50/2016, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.

La Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato che la criticità del limite quantitativo del ricorso al subappalto (come regolato dall'ordinamento italiano) si ricollega alla sua applicazione indipendentemente dal settore economico interessato, dall'appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall'identità dei subappaltatori, e al fatto che la disciplina italiana non lascia spazi a valutazioni caso per caso da parte della stazione appaltante, e ciò anche qualora questa sia in grado di verificare l'identità dei subappaltatori interessati, e ove si accerti che il limite non risulta necessario al fine di contrastare le infiltrazioni criminali nell'ambito dell'appalto in questione.

Invero, il contrasto al fenomeno dell'infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell'ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti, ma, anche supponendo che una limitazione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare tale fenomeno, una restrizione come quella prevista dal codice dei contratti pubblici sarebbe da considerarsi “eccedente” rispetto a quanto necessario al raggiungimento dell’obiettivo.

Con il decreto legge n. 32 del 2019 il legislatore nazionale ha disposto anche la sospensione transitoria (originariamente fino al 31 dicembre 2020) dell'applicazione del comma 6 dell’art. 105 del codice dei contratti pubblici, ovvero delle disposizioni che stabiliscono l'obbligatorietà della indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta, qualora gli appalti di lavori, servizi e forniture siano di importo pari o superiore alle soglie comunitarie di cui all'articolo 35 del codice dei contratti pubblici o, indipendentemente dall'importo a base di gara, riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa.

La Commissione europea ha in ogni caso osservato che tale sospensione non avrebbe potuto essere considerata una soluzione alla questione sollevata nella lettera di costituzione in mora, in quanto tale sospensione è solo temporanea.

Sulla materia è intervenuta anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) la quale, il 4 novembre 2020, ha inviato una segnalazione sui limiti di utilizzo del subappalto in cui ritiene opportuna una modifica normativa volta a:

- eliminare la previsione generale e astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile;

- prevedere l'obbligo in capo agli offerenti, che intendano ricorrere al subappalto, di indicare in sede di gara la tipologia e la quota parte di lavori in subappalto, oltre all'identità dei subappaltatori;

- consentire alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all'utilizzo del subappalto che siano proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguire e adeguatamente motivati in considerazione della. struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell'identità dei subappaltatori.

Nelle more dell’approvazione della legge di delegazione europea 2019-2020, il d.l. n. 77/2021, entrato in vigore il primo giugno 2021 - in occasione della traduzione in norme dei processi di realizzazione dei progetti PNRR e PNC -, ha colto l’occasione per ottemperare ai diktat della Commissione europea e della Corte di Giustizia, prevedendo modifiche importanti all’intera disciplina del subappalto, e sopprimendo la norma del d.l. n. 32 del 2019 che aveva innalzato la soglia massima del subappalto dal 30% al 40%.

Alcune criticità rimangono tuttavia sul tappeto.


La disciplina del subappalto dopo il d.l. n. 77/2021

a cura di Federico Smerchinich

Il legislatore, con l’art. 49 d.l. semplificazioni bis, è intervenuto sulla disciplina del subappalto dichiarando apertamente in sede di relazione illustrativa l’intento di volere superare le criticità emerse nella procedura di infrazione n. 2018/2273, ed implicitamente di volersi adeguare alle pronunce della Corte di Giustizia sull’argomento (v. ad es. 26 settembre 2019, C-63/18 o 27 novembre 2019, C-402/18). 

La prima osservazione che si può fare è di tipo sistematico. Infatti è naturale chiedersi come mai la norma è stata inserita nel “pacchetto” semplificazione dedicato dal d.l. n. 77/2021 al PNRR e PNC (precisamente tra gli artt. 48 e 50), se poi tale disposizione modifica in via strutturale il subappalto per tutte le procedure e non solo per quelle finanziate con i nuovi fondi europei. Un’ipotesi potrebbe essere quella di aver valorizzato il subappalto come disciplina che allo stesso tempo riguarda la procedura di affidamento (come appunto quelle previste dall’art. 48) e quella di esecuzione (regolata dall’art. 50).

Entrando nel dettaglio della norma, l’art. 49 ha rimodellato l’art. 105 d.lgs. n. 50/2016 con una tecnica legislativa del tutto particolare, che ha previsto alcune modifiche ad effetto immediato ed altre ad effetto posticipato, ponendo forse le prime basi a futuri interventi normativi. 

Infatti la norma prevede, modificando il comma 5 dell’art. 105, che fino al 31 ottobre 2021 (una specie di “periodo cuscinetto”) la soglia per concedere il subappalto non possa superare il 50% dell’importo delle opere da eseguire, mentre dal 1° novembre 2021 sarà abrogato l’intero comma 5 (l’applicazione del comma 6 sulla terna di subappaltatori è stato sospeso fino al 2023, in attesa di definitiva abrogazione con la legge di delegazione europea 2019-2020, in fase di approvazione).

La nuova formulazione dell’art. 105, sia nella parte già in vigore che in quella che diverrà operativa dal novembre 2021, dispone, in particolare, oltre all’impossibilità di cedere il contratto, anche il divieto di affidare a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni, nonché l’esecuzione della prevalenza delle prestazioni o lavorazioni rientranti nella categoria prevalente e dei contratti ad alta intensità di manodopera. Al riguardo, si ponga l’attenzione al dato letterale e all’utilizzo delle parole “prevalenza delle prestazioni o lavorazioni di categorie prevalenti”, che sembra introdurre un limite implicito al subappalto, ricadendosi dunque in quelle problematiche ostative alla concorrenza che la Corte di Giustizia ha tentato di eliminare.

Inoltre, è prevista la possibilità per le Stazioni appaltanti di indicare nella lex specialis di gara, dietro adeguata motivazione, quali determinate prestazioni e lavorazioni dovranno necessariamente essere eseguite dall’aggiudicatario; nella pratica, il legislatore affida al Giudice, in sede di eventuale contenzioso, l’onere di verificare se nel caso concreto i limiti imposti dalla Stazione appaltante risultino proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguire, oltre che adeguatamente motivati in considerazione della struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell'identità dei subappaltatori, posto che l’intenzione è quella di conformarsi alle pronunce della Corte di Giustizia che hanno imposto la soppressione di ogni sorta di limite “preconfezionato” e generale al subappalto. 

Interessante collegare quanto detto con la modifica apportata al comma 7 dell’art. 105, secondo cui deve essere il subappaltatore a dimostrare l’assenza di cause di esclusione ex art. 80 d.lgs. n. 50/2016 e non più l’appaltatore, con conferma di oneri ancora più stringenti per il primo.

Molto rilevante ed innovativa, poi, la modifica del comma 8, con la previsione della responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore, che introduce una vera innovazione su cui saranno da valutare gli effetti pratici dal lato civilistico. Sempre in tale ottica di responsabilizzazione del subappaltatore, viene precisato al comma 14 che egli debba assicurare gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti dal contratto di appalto, oltre che l’applicazione dei contratti collettivi, al fine di riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente.

In altre parole la norma, per come viene strutturata ora, aumenta l’accessibilità del subappaltatore alla procedura di affidamento del contratto, ma rende altresì più rigorose le sue responsabilità ai fini dell’esecuzione del contratto stesso (quasi rendendo sconveniente ricorrere al subappalto).

Osservazioni critiche.

Volendo avanzare alcune considerazioni sulla disciplina del subappalto. come riformata dall’art. 49 d.l. n. 77/2021, la prima osservazione è che non sembra trovare giustificazione, soprattutto in termini intertemporali, la scelta di limitare per una manciata di mesi il subappalto al 50%, se poi comunque tale soglia viene a scomparire. Viene da chiedersi perché sia stato deciso il 50% senza risolvere subito la questione sui limiti, creando invece diversi regimi intertemporali con possibili (scontate) nuove questioni di legittimità della soglia.

Pare invece ragionevole, in ottica di apertura della concorrenza, consentire un maggiore ricorso al subappalto in sede di partecipazione alla procedura, mentre alcuni dubbi riguardano il rafforzamento della responsabilità del subappaltatore in sede esecutiva.

Dall’altra parte, si ritiene che la possibilità che il d.l. n. 77/2021 concede alle Stazioni appaltanti, di individuare determinate prestazioni e lavorazioni che possono essere eseguite solamente dall’aggiudicatario, necessiti di essere ulteriormente approfondita, probabilmente in sede giurisprudenziale, al fine di comprendere se questo potere rischi di concretizzare delle disparità tra gli operatori partecipanti alla procedura. In tale ipotesi sarà fondamentale comprendere quanto intensa ed approfondita dovrà essere la motivazione a giustificazione della scelta, mentre non è chiaro in quali casi sia necessario il previo parere delle Prefetture, il cui coinvolgimento va nella direzione di una sorveglianza più “stretta” su una determinata tipologia di prestazioni “a rischio infiltrazione”.

Un dubbio, già anticipato, che si pone all’attenzione del lettore, permane sull’utilizzo da parte del d.l. 77/2021 all’art. 49 c. 1 lett. b) n. 1 del riferimento alla “prevalenza delle categorie prevalenti”. 

Se tale dato è da interpretare come “la maggior parte delle prestazioni e lavorazioni delle categorie prevalenti” (quindi più del 50%) forse si potrebbe intravedere una sorta di velata ed implicita limitazione in sede esecutiva al subappalto, ammissibile di fatto solo per alcune tipologie di prestazioni. Una soluzione che, se letta con malizia, rischierebbe di limitare in ogni caso il subappalto sotto una certa soglia, spostando dal momento della partecipazione a quello dell’esecuzione il momento in cui tale limite diviene operativo.

Al riguardo, quanto all’obbligo del subappaltatore di rispettare gli standard del contratto stipulato dall’appaltatore, pare concreto il rischio che si possa aprire un nuovo ambito di contenzioso avente ad oggetto una specie di giudizio di anomalia sull’organizzazione lavorativa alle dipendenze del subappaltatore e i contratti collettivi nazionali applicabili ad essa. In tal caso, benché il riferimento parametrico sembrerebbe essere solo al contratto di appalto, forse la norma è da intendere nel senso che gli standard esecutivi prendono a riferimento il contratto, mentre per la questione dell’inquadramento lavorativo possa doversi fare riferimento alla lex specialis di gara (per quanto non specificato). 

In tal modo potrebbero aggirarsi i dubbi (legittimi) in termini di riparto di giurisdizione, spostando la valutazione sul CCNL applicato dal subappaltatore alla fase dell’aggiudicazione piuttosto che a quella esecutiva, gestendo la questione come una verifica di anomalia davanti al giudice amministrativo ed evitando il ben più lungo contenzioso civile, che comunque sarà inevitabile nei rapporti tra committente, appaltatore e subappaltatore, alla luce dell’aumento degli obblighi esecutivi e organizzativi, e della nuova previsione di responsabilità solidale. 

Insomma, dalla lettura della norma sul subappalto come rimodulata dal d.l. n. 77/2021 scaturisce l’impressione che il legislatore sembri disincentivare implicitamente il ricorso al subappalto, dando un’apparenza di innovazione ed apertura in fase partecipativa, per poi appesantirne il regime esecutivo. Fino ad oggi, il soggetto che decide di presentarsi come subappaltatore è un operatore economico non in grado di gestire da solo tutto l’affidamento e pertanto preferisce ricevere in subappalto solo l’esecuzione di una certa parte dell’opera da realizzare. Allo stesso modo, l’aggiudicatario che appalta una fetta di esecuzione è probabilmente una piccola-media impresa che, pur potendo aggiudicarsi l’intero affidamento, poi non riesce ad eseguire da sola tutte le opere e quindi esternalizza in subappalto l’esecuzione di una parte del tutto. In questo schema il contratto “derivato” funziona come grimaldello per consentire alle imprese più piccole di partecipare ad affidamenti “fuori portata”, facendosi aiutare o aiutando altre imprese. 

Ed una delle carte vincenti del modello appena rappresentato (rispecchiante la formulazione dell’art. 105 d.lgs. n. 50/2016 ante d.l. n. 77/2021) è che l’appaltatore principale si accolli i rischi e responsabilità nei confronti del committente, rimandando ad un contratto di subappalto di diritto privato la regolazione dei rapporti con il subappaltatore. 

Diversamente, dopo la modifica del d.l. n. 77/2021, il subappaltatore è solidalmente responsabile verso il committente e deve rispettare gli standard del contratto di appalto, ivi inclusi quelli relativi all’organizzazione dei lavoratori, con un innalzamento delle sue responsabilità dirette e dei costi di gestione.

Spingendo il ragionamento alle sue estreme conseguenze, la nuova normativa, ponendo sull’eventuale subappaltatore una serie di responsabilità ed obblighi esecutivi particolarmente stringenti, sembra avvantaggiare le strutture imprenditoriali “all inclusive” che possono, tramite i diversi reparti al proprio interno, gestire tutte le prestazioni e categorie di esecuzione richieste dall’affidamento, senza necessità di ricorre al subappalto. Dall’altra parte, in questo quadro, le piccole e medie imprese potrebbero non avere più interesse a partecipare come subappaltatori in affidamenti che si presentano più costosi e meno vantaggiosi (oltre che più rischiosi), con la conseguenza che i potenziali aggiudicatari, che non riescono ad eseguire da soli tutte le parti dell’opera e rischiano di non reperire più imprese disposte a subappaltare parte dell’esecuzione, avranno difficoltà ad aggiudicarsi l’affidamento. Insomma, una direzione opposta a quella volta ad incentivare le piccole e medie imprese, come vorrebbe, ad esempio, lo small business act di matrice europea.

Alla luce di questi ragionamenti, in sede di interpretazione normativa sarà necessario tenere conto degli effetti economici e dei risvolti sul mercato che la nuova disciplina del subappalto rischia di creare, al fine di evitare la definitiva esclusione di alcuni operatori dal mercato.

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