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Spigolature 4. Diritto senza Giustizia?

Sergio Conti • dic 16, 2022

Facendo seguito al precedente numero di “Spigolature”, nel quale si segnalavano le tesi di Natalino Irti sul fenomeno del “nichilismo giuridico”, si continua sul tema, proponendo la lettura di un articolo del filosofo Vittorio Possenti: “Nichilismo giuridico? Una sfida al diritto”.

Il testo – che è stato pubblicato sulla “Rivista telematica Politica.eu  2018” ed è reperibile all'indirizzo http://www.rivistapolitica.eu/nichilismo-giuridico-una-sfida-al-diritto/ ) - riassume i termini del fenomeno, rilevandone le criticità, concludendo con un giudizio negativo sulla sua capacità di assicurare la “giustizia” (critiche che erano state più diffusamente svolte nel volume Nichilismo giuridico. L’ultima parola? Soveria Mannelli 2012).

Nel nichilismo giuridico assistiamo all’eclissi del Diritto ed alla egemonia della Legge e del potere legislativo. La legge, diventando l’espressione della volontà dello Stato, può lasciare fuori la voce del Diritto. Ogni monismo è un assolutismo: la storia concreta del diritto è una storia di dualismi, il monismo conduce alla sopraffazione”...

...“Nel nichilismo giuridico il diritto diventa dunque legalità positiva. Tale svolta implica l’esclusione di ogni ordinamento reale preesistente alla decisione normativa e che questa dovrebbe rispettare, non instaurandolo ma restaurandolo. Alla consegna del diritto alla volontà che non riconosce criteri esterni a se stessa, consegue che il diritto nichilista esprime il linguaggio della volontà con la sua illimitatezza aperta ad ogni possibilità e ad ogni scelta che si manifestano poi nell’incessante produzione giuridica, le cui regole esistono solo perché gli uomini vogliono che esistano. Poiché la volontà degli umani vuole e disvuole, desidera e allontana, ama e odia, niente è stabile, tutto è revocabile e mutabile. Ciò che è stato posto può con pari ragione essere tolto: e là dove non vi è alcun senso autentico, vi possono essere infiniti sensi. Il senso fattualmente scelto non sarà vero e buono, ma soltanto scelto, ossia voluto ed eventualmente imposto con la violenza. Tolto il riferimento essenziale all’atto di ordinamento della ragione ed alla giustizia, il diritto difficilmente si difende dal confondersi con la violenza. Alte risuonano in proposito le celebri parole di Agostino: Remota justitia, quid sunt regna nisi magna latrocinia? (De civitate Dei, l. IV, c. 4)".



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