Diritto europeo

Corte giust. Ue 3^, 25.1.24, causa C-474-22/ Corte giust. Ue 9^, 16.5.24, causa C-405/23/ Corte giust. Ue 8^, 16.1.25, causa C-516/23/ Corte giust. Ue 7^, 6.3.25, causa C-20/24 Il regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004 , istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato. Alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia che equipara la situazione dei passeggeri di voli che hanno subito un ritardo prolungato , vale a dire un ritardo di tre ore o più all'arrivo alla loro destinazione finale, a quella dei passeggeri di voli cancellati, il Giudice tedesco di appello competente ha interpretato l'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento, nel senso che un passeggero che sia stato informato di un ritardo di tre ore o più prima della sua partenza può beneficiare della compensazione pecuniaria prevista agli articoli 5 e 7 del regolamento, anche se non si è presentato in aeroporto. Nel caso di specie, in effetti, un passeggero disponeva di una prenotazione confermata presso un vettore aereo per un volo da Düsseldorf a Palma di Maiorca, ma, ritenendo che il ritardo annunciato di tale volo gli avrebbe fatto perdere un appuntamento di lavoro, decideva di non imbarcarsi. Il volo era poi effettivamente giunto a destinazione con 3 ore e 32 minuti di ritardo. Investita della questione, la Corte federale di Giustizia tedesca ha chiesto in via pregiudiziale al Giudice eurounitario se, per ottenere il diritto a compensazione pecuniaria per un ritardo del volo superiore a tre ore rispetto all'orario di arrivo previsto, il passeggero debba presentarsi all'accettazione, conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), del regolamento sopra citato, all'ora indicata dal vettore aereo, operatore turistico o agente di viaggio autorizzato, e al più tardi quarantacinque minuti prima dell'ora di partenza pubblicata, oppure se, nel caso di un ritardo prolungato – così come nel caso della cancellazione del volo -, tale requisito venga meno. La Corte di Giustizia ha chiarito che l'elemento cruciale che l’ha indotta ad assimilare il ritardo prolungato di un volo all'arrivo alla cancellazione di un volo, attiene al fatto che i passeggeri di un volo con ritardo prolungato subiscono, al pari dei passeggeri di un volo cancellato, un danno che si concretizza in una perdita di tempo irreversibile , pari o superiore a tre ore, che può essere risarcito unicamente con una compensazione pecuniaria. Pertanto, in caso di cancellazione di un volo o di ritardo prolungato di un volo all'arrivo alla sua destinazione finale, il diritto alla compensazione pecuniaria previsto all'articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 261/2004 è intrinsecamente connesso all'esistenza di tale perdita di tempo pari o superiore a tre ore. Orbene, un passeggero che non si è recato all'aeroporto, in quanto disponeva di elementi sufficienti per concludere che il volo sarebbe arrivato alla sua destinazione finale solo con un ritardo prolungato, non ha, con tutta probabilità, subito una siffatta perdita di tempo. La perdita di tempo non è infatti un danno generato da un ritardo, ma costituisce un disagio , al pari di altri disagi inerenti alle situazioni di negato imbarco, di cancellazione del volo e di ritardo prolungato e che accompagnano tali situazioni, come la mancanza di comfort , la temporanea privazione di mezzi di comunicazione normalmente disponibili o il fatto di non poter condurre in modo continuativo i propri affari personali, familiari, sociali o professionali. Ne deriva che l’ art. 3, par. 2, lett. a), del regolamento 261/2004 va interpretato nel senso che, per beneficiare della compensazione pecuniaria di cui all’art. 5, par. 1, e all’art. 7, par. 1, di tale regolamento, in caso di ritardo prolungato del volo, ossia un ritardo di tre ore o più rispetto all’orario di arrivo originariamente previsto dal vettore aereo, un passeggero del trasporto aereo deve essersi presentato in tempo utile all’accettazione o, se si è già registrato online , deve essersi presentato in tempo utile all’aeroporto presso un rappresentante del vettore aereo operativo. Il danno individuale può essere peraltro compensato con il “ risarcimento supplementare ” disciplinato dall’art. 12 del regolamento n. 261/2004, il quale presuppone che la domanda sia fondata sul diritto nazionale o sul diritto internazionale. Un volo in partenza dall'aeroporto di Colonia-Bonn, e con destinazione Kos, subiva un ritardo di 3 ore e 49 minuti all'arrivo, a causa principalmente del fatto che, da un lato, il volo precedente aveva già subito un ritardo di 1 ora e 17 minuti per via di una carenza del personale addetto alla registrazione dei passeggeri, e, dall’altro, il carico dei bagagli nell'aereo era stato rallentato in quanto anche il personale del gestore del secondo aeroporto, responsabile del servizio, era in numero insufficiente. Secondo la società ricorrente, che aveva acquisito i diritti di alcuni passeggeri ad ottenere la compensazione pecuniaria, il ritardo del volo in questione non avrebbe potuto essere giustificato alla luce di circostanze eccezionali , ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004. D’altra parte, per il Giudice del Land tedesco investito della questione, risultava risolutivo della causa proprio lo stabilire se la carenza di personale del gestore dell'aeroporto di Colonia-Bonn, addotta dal vettore aereo come causa del ritardo prolungato del volo, configurasse o meno una «circostanza eccezionale» ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004. Infatti, in caso di risposta affermativa a tale questione, il vettore aereo medesimo non avrebbe dovuto essere tenuto a offrire alcuna compensazione pecuniaria alla ricorrente, in quanto la parte del ritardo del volo di cui trattasi che le sarebbe stata imputabile non avrebbe raggiunto le 3 ore. Investita della relativa questione pregiudiziale, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha innanzitutto premesso che, in forza dell' articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 261/2004 , i passeggeri interessati da un volo che abbia subito un ritardo di almeno 3 ore all'arrivo alla sua destinazione finale non hanno diritto a una compensazione pecuniaria se il vettore aereo operativo è in grado di dimostrare che il ritardo prolungato è dovuto a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004. Sotto questo profilo, la nozione di «circostanze eccezionali», ai sensi dell'articolo sopra richiamato, designa eventi che, per la loro natura o per la loro origine, non sono inerenti al normale esercizio dell'attività del vettore aereo interessato e sfuggono all'effettivo controllo di quest'ultimo, condizioni che sono cumulative e il cui rispetto deve essere oggetto di una valutazione caso per caso. D’altra parte, dice la Corte, “ occorre ricordare che gli eventi la cui origine è «interna» devono essere distinti da quelli la cui origine è «esterna» a tale vettore aereo. Rientrano così in tale nozione, nell'ambito del verificarsi degli eventi cosiddetti «esterni», quelli che derivano dall'attività del vettore aereo e da circostanze esterne, più o meno frequenti nella pratica, ma che un vettore aereo non controlla in quanto trovano origine in un fatto naturale o in quello di un terzo, come un altro vettore aereo o un soggetto pubblico o privato che interferisca nell'attività aerea o aeroportuale ”. In conclusione, sono queste le coordinate in base alle quali il giudice del rinvio deve decidere se il ritardo prolungato del volo di cui trattasi fosse effettivamente dovuto a circostanze eccezionali, posta la necessità ulteriore di valutare, alla luce degli elementi di prova forniti dal vettore aereo interessato, se quest'ultimo abbia dimostrato che tali circostanze non avrebbero potuto essere evitate anche se fossero state adottate tutte le misure del caso e che esso ha adottato le misure adeguate alla situazione in grado di ovviare alle conseguenze di quest'ultima, “ salvo acconsentire a sacrifici insopportabili per le capacità della sua impresa nel momento pertinente ”. Alcuni soggetti avevano effettuato una prenotazione presso un vettore aereo per voli andata e ritorno da Francoforte sul Meno a Denpasar (Indonesia), con scalo a Doha, nell’ambito di una campagna promozionale di detto vettore aereo operativo, volta a consentire ai professionisti del settore sanitario di effettuare prenotazioni di voli, pagando soltanto le tasse e i diritti relativi a tali prenotazioni. I voli oggetto della prenotazione venivano peraltro cancellati e il vettore aereo interessato non garantiva il riavvio successivo dei passeggeri alle stesse condizioni e per la stessa destinazione. Gli interessati chiedevano pertanto al Giudice nazionale competente un risarcimento per la violazione, da parte di tale vettore aereo operativo, del suo obbligo di assistenza risultante dall’ articolo 8, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 261/2004 . Nell’ambito di tale causa, il giudice del rinvio si è interrogato, in primo luogo, sull’applicabilità, nel caso di specie, del predetto regolamento, qualora si debba ritenere che un passeggero viaggia gratuitamente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004, quando deve pagare unicamente le tasse sul trasporto aereo e i diritti aeroportuali. La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha risposto al quesito pregiudiziale affermando che l' art. 3, par. 3, del regolamento n. 261/2004 va interpretato nel senso che un passeggero non viaggia gratuitamente quando, per effettuare la propria prenotazione, abbia dovuto pagare esclusivamente tasse sul trasporto aereo e diritti. Inoltre, secondo i Giudici eurounitari, l'art. 8, par. 1, lett. c), va interpretato nel senso che esso non richiede, ai fini della sua applicazione, l'esistenza di un nesso temporale tra il volo cancellato e il volo di riavviamento desiderato da un passeggero, potendo tale riavviamento verso la destinazione finale essere richiesto in condizioni di trasporto comparabili a una data successiva, a seconda delle disponibilità di posti. Un vettore aereo che propone voli charter aveva concluso con un operatore turistico un contratto, nell'ambito del quale il vettore aereo ha fornito all'operatore voli specifici in date particolari, per i quali l'operatore stesso ha poi venduto biglietti ai passeggeri interessati, dopo averne pagato preventivamente i prezzi Alcuni di questi passeggeri hanno partecipato a un viaggio «tutto compreso», che includeva un volo in partenza da Tenerife, con destinazione Varsavia; il contratto relativo al viaggio «tutto compreso» era stato concluso tra altra società, a nome di tali passeggeri, e l'operatore turistico che aveva acquistato preventivamente i biglietti. Tale volo aveva accusato un ritardo all'arrivo di più di 22 ore. Per dimostrare la propria legittimazione ad agire per ottenere un risarcimento dei danni connessi al ritardo del volo in questione, i passeggeri in questione avevano presentato copie delle carte d'imbarco per tale volo. Tuttavia, il vettore aereo aveva negato la compensazione pecuniaria a tali passeggeri, in quanti gli stessi non avrebbero dimostrato di essere in possesso di una prenotazione confermata e pagata per il volo suddetto. Infatti, secondo il vettore de quo , il viaggio «tutto compreso» di detti passeggeri sarebbe stato pagato dall'operatore turistico a condizioni preferenziali , cosicché i medesimi passeggeri avrebbero viaggiato gratuitamente o a tariffa ridotta, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 261/2004, il che escluderebbe il diritto a una compensazione a norma di tale regolamento. Investita della questione pregiudiziale, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha stabilito che l’art. 2, lett. g), e l’art. 3, par.2, lett. a), del regolamento n. 261/2004 vanno interpretati nel senso che la carta d’imbarco può costituire un titolo che attesta che la prenotazione è stata accettata e registrata dal vettore aereo o dall’operatore turistico, cosicché si può ritenere che il passeggero in possesso di tale carta possieda una “prenotazione confermata” per il volo di cui trattasi, in una situazione in cui non venga dimostrata alcuna particolare circostanza anomala. In particolare, l’art. 3, par. 3, del regolamento va interpretato nel senso che non si può ritenere che il passeggero viaggi gratuitamente o a una tariffa ridotta non accessibile, direttamente o indirettamente, al pubblico, ai sensi di tale disposizione, quando, da una parte, l’operatore turistico paga il prezzo del volo al vettore aereo operativo conformemente alle condizioni di mercato e, dall’altra, il prezzo del viaggio “tutto compreso” è pagato a tale operatore non da detto passeggero, ma da un terzo. Spetta a tale vettore aereo dimostrare, secondo le modalità previste dal diritto nazionale, che detto passeggero ha viaggiato gratuitamente o ad una tariffa ridotta.

Corte giust. Ue 2^, 30.1.25, sentenze emesse nelle cause C-510/23 e C-511/23 / Corte giust. Ue, Sezione Grande, 28.1.25, causa C-253/23 La Corte di Giustizia ha risolto, con differenti pronunce emesse in pari data, una questione di massima che ha collegato due diverse vicende, in materia di sanzioni antitrust . In un primo procedimento, una società che fornisce servizi di traghettamento nello stretto di Messina ha subito un provvedimento sanzionatorio dall'AGCM, a seguito di segnalazione di un consumatore che lamentava i prezzi eccessivamente esosi di tali servizi e chiedeva l'avvio di un'indagine. In particolare, l'Autorità Antistrust italiana ha constatato, sulla base dell'articolo 3 della legge n. 287/90, l'esistenza di un abuso di posizione dominante da parte di tale società a causa dell'imposizione di prezzi eccessivi per il servizio di traghettamento di veicoli nello stretto di Messina, intimandole di cessare tale pratica in futuro e, tenuto conto della gravità dell'infrazione, irrogandole una sanzione pecuniaria pari a quasi quattro milioni di euro. La società sanzionata ha contestato il provvedimento dell'AGCM dell'11 aprile 2022 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, giudice del rinvio, invocando, in particolare, la tardività dell'avvio della fase istruttoria in contraddittorio del procedimento che ha dato luogo a tale provvedimento. In un secondo procedimento, secondo la contestazione formulata dall’Autorità, la società Trenitalia (operando quale professionista ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. b), cod. cons.), nell’offerta del servizio di trasporto passeggeri, avrebbe omesso di rendere evidenti ai consumatori alcune opzioni di viaggio. In particolare, l’utente, procedendo ad una ricerca per l’acquisto dei biglietti ferroviari sul sito internet aziendale, sull’ app dedicata oppure presso le biglietterie automatiche presenti nelle stazioni, non otterrebbe tutte le possibilità di viaggio: nel dettaglio, il sistema di ricerca restituirebbe principalmente le soluzioni con treni a mercato , omettendo le coincidenti soluzioni orarie con treni regionali, maggiormente economiche. Anche in questo caso, a fronte dell'irrogazione di una rilevante sanzione pecuniaria (pari a 5 milioni di euro) per pratica commerciale scorretta , il provvedimento lesivo è stato impugnato dinanzi al Tar per il Lazio, con deduzione, tra le altre doglianze, della violazione dell’ art. 14, legge 24 novembre 1981, n. 689 , avendo l’Autorità avviato il procedimento per l’accertamento dell’illecito consumeristico oltre il termine (perentorio) di novanta giorni previsto dalla citata disposizione, con la conseguente decadenza dal potere di accertare la violazione. Secondo il Giudice eurounitario, investito della questione pregiudiziale dal Tribunale amministrativo italiano, in entrambi i casi, la normativa sovranazionale in materia (in particolare, l’ articolo 4, paragrafo 5, e l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, oltre che gli articoli 11 e 13 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno) ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito di un procedimento diretto all’accertamento di una pratica anticoncorrenziale condotto da un’autorità nazionale garante della concorrenza, o comunque nell'ambito di un procedimento diretto all’accertamento di una pratica commerciale sleale: - da un lato, impone di avviare la fase istruttoria in contraddittorio del procedimento entro un termine di 90 giorni dalla conoscenza degli elementi essenziali della violazione (potendo peraltro questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell'illecito), mediante la comunicazione degli addebiti all’impresa interessata; - dall’altro, ne sanziona l’inosservanza con l’annullamento integrale del provvedimento finale, nonché con la decadenza dal potere di avviare una nuova procedura d’infrazione riguardante la stessa pratica. La normativa eurounitaria sopra citata deve infatti essere letta alla luce del principio di effettività, mentre l'interpretazione sostenuta dal Consiglio di Stato, secondo cui i procedimenti condotti dall’Agcm in materia di tutela dei consumatori sono soggetti al rispetto del citato art. 14 della L n. 689/81 - in forza del quale l’Autorità, a pena di decadenza dal suo potere sanzionatorio, è tenuta ad avviare la fase istruttoria entro tre mesi -, comporta l'applicazione di un termine che implica un rischio sistemico di impunità e di lesione all’indipendenza dell’autorità garante. Il 31 marzo 2020 una società operante in Germania ha proposto dinanzi al Tribunale del Land di Dortmund, giudice del rinvio, un’ azione collettiva per il risarcimento dei danni contro il Land sulla base dei diritti al risarcimento che le erano stati ceduti da 32 segherie stabilite in Germania, in Belgio e in Lussemburgo. Al Land è stato contestato di avere uniformato, quantomeno nel periodo compreso tra il 28 giugno 2005 e il 30 giugno 2019, i prezzi dei tronchi di conifere per sé stesso nonché per altri silvicoltori stabiliti in detto Land, in violazione dell’ articolo 101 TFUE ( decisione/intesa restrittiva della concorrenza ). L'Autorità federale garante della concorrenza tedesca ha peraltro indagato su tale prassi e ha adottato, nel 2009, una decisione non definitiva sulla questione . Le segherie interessate hanno conseguentemente provato ad ottenere dal Land, attraverso la società a cui hanno ceduto il proprio diritto ritenuto leso, il risarcimento del danno che ritengono di aver subito per tutta la durata dell’intesa restrittiva a causa del prezzo, asseritamente eccessivo, al quale esse hanno acquistato il legname tondo proveniente da tale Land. Dinanzi al giudice del rinvio, il Land ha contestato sia la fondatezza del ricorso sia la legittimazione ad agire della società acquirente dei crediti risarcitori, anche perché le cessioni dei titoli sarebbero state nulle, ai sensi del diritto nazionale, in quanto l'autorizzazione posseduta dalla società acquirente non le consentirebbe di perseguire il recupero di crediti risultanti da danni causati da una presunta violazione del diritto della concorrenza. Non offrendo dunque il diritto tedesco alcun mezzo di ricorso giurisdizionale equivalente all’azione di recupero collettiva che consentirebbe di garantire l’effettiva attuazione del diritto al risarcimento nelle cause in materia di intese, l’effettività del diritto al risarcimento del danno causato da un’intesa restrittiva non sarebbe garantita, in particolare, per quanto attiene ai danni di lieve entità riguardanti un numero elevato di soggetti danneggiati. Infatti, in una simile ipotesi, l’importo individuale del danno sarebbe talmente lieve da indurre i singoli a rinunciare a far valere il diritto al risarcimento conferito loro dal diritto dell’Unione. La Corte di Giustizia si è pronunciata nel senso che, in caso di diritto al risarcimento del danno causato da un’intesa anticoncorrenziale, può costituire violazione del diritto Ue una normativa nazionale che impedisca un’azione di recupero collettiva. La violazione si realizza sicuramente quando la mancata previsione in un dato settore di un’altra azione collettiva che raggruppi le pretese individuali dei soggetti danneggiati si accompagni alla circostanza che l’esercizio di un’ azione individuale per il risarcimento del danno si riveli impossibile o eccessivamente difficile , con violazione, di conseguenza, del principio di effettività dei rimedi giurisdizionali . D'altra parte, il diritto UE conferisce a tutti i soggetti danneggiati da una violazione del diritto della concorrenza il diritto di chiedere il pieno risarcimento del danno. Un’azione per il risarcimento del danno può essere proposta sia direttamente dalla persona che beneficia di tale diritto, sia da un terzo al quale tale diritto è stato ceduto. Tuttavia, il diritto dell’Unione non definisce le modalità di esercizio: spetta, quindi, a ciascuno Stato membro stabilirle nel rispetto del principio di effettività e il giudice nazionale è tenuto a verificare se l’interpretazione del diritto interno che vieta il risarcimento dei danni causati da un’intesa attraverso un’azione collettiva soddisfi il requisito di effettività.