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Ordinanze regionali restrittive della circolazione e "seconde case"

Roberto Lombardi • mar 20, 2021

T.A.R. per la Toscana, sentenza n. 334 pubblicata il 5 marzo 2021


IL CASO

Il presidente della Regione Toscana, con l’ordinanza n. 3 del 22 gennaio 2021, intitolata “Ulteriori misure per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid 19. Disposizioni per il rientro alla propria residenza, domicilio, abitazione”, aveva ordinato, ai sensi dell’articolo 32, comma 3 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica, che il rientro presso la propria residenza, domicilio o abitazione in Toscana dalle zone classificate gialle, arancioni e rosse fosse consentito solo per coloro che hanno sul territorio regionale il proprio medico di medicina generale o il pediatra di famiglia.

Unica eccezione a tale divieto, “i rientri motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, per motivi di salute o di studio”.

Dalla motivazione dell’ordinanza, si evinceva che la disposizione fosse stata condizionata da tre presupposti valutativi:

- ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 2 del 2021, dal 16 gennaio 2021 al 15 febbraio 2021 (con norma la cui efficacia temporale è stata poi estesa fino al 27 marzo 2021) era vietato ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute, e ad eccezione del rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione (sempre consentito);

- il riferimento al domicilio, all’abitazione e alla residenza si sarebbe prestato ad essere applicato, nel senso di permettere alle persone che rientrano in Toscana di recarsi anche nelle "seconde case" per motivi non di effettiva necessità, in quanto tale riferimento ricomprende anche le fattispecie abitative saltuarie e non stabili;

- in tale contesto, in relazione alla necessità di realizzare una compiuta azione di prevenzione, l’assunzione immediata di ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica avrebbe imposto di individuare (ulteriori) idonee precauzioni per fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività, e tali precauzioni sarebbero consistite nello stabilire, a tutela della salute collettiva, che i soggetti che rientrano in Toscana dalle zone gialla, rosse e arancioni abbiano sul territorio regionale il proprio medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta.

Alcuni cittadini “interessati” a recarsi nelle seconde case in Toscana, pur non avendo in quel territorio il proprio “medico di famiglia”, hanno impugnato l’ordinanza de qua, e il Tribunale di primo grado, pronunciandosi ad esito dell’esame della domanda cautelare, ha definito l’intero giudizio con sentenza in forma semplificata, accogliendo la proposta domanda di annullamento.

LA SOLUZIONE

La ratio della disposizione del provvedimento impugnato, secondo quanto emerso in giudizio, sarebbe stata quella di evitare un sovraccarico del servizio sanitario regionale, per evitare che le persone ospiti nelle seconde case, in caso di necessità, fossero costrette, in assenza dell’assistenza e del filtro del medico di base, a rivolgersi direttamente al pronto soccorso dell’ospedale di zona.

Il TAR Toscana ha disatteso la tesi difensiva della Regione ricordando che l’art. 1, comma 16, del d.l. n. 33 del 16 maggio 2020 (convertito dalla legge 14 luglio 2020, n. 74) riserva, di regola, allo strumento del d.P.C.M., previsto dall’art. 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, eventuali interventi limitativi della circolazione delle persone tra le varie Regioni italiane, e che le disposizioni limitative della libera circolazione delle persone, incidendo su un diritto costituzionalmente garantito (art. 16 della Costituzione), possono, in base alle suddette fonti normative, essere adottate con ordinanza regionale, solo in presenza di ragioni di straordinaria necessità ed urgenza e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente in determinate aree, e sempre che si tratti di interventi destinati a operare nelle more dell’adozione di un nuovo d.P.C.M..

Tali interventi devono essere inoltre giustificati dall' "andamento della situazione epidemiologica sul territorio”, ovvero dalla necessità di fronteggiare situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario proprie della Regione interessata.

L’ordinanza regionale è stata conseguentemente annullata, in quanto il Tribunale ha ritenuto che non fosse stata emanata nel rispetto delle citate disposizioni e che comunque non sussistessero, rispetto al momento di adozione dell’ultimo d.P.C.M, situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario nel territorio regionale, tali da dovere giustificare, per motivi di urgenza, un intervento, da parte del presidente della Regione Toscana, ulteriormente limitativo della circolazione delle persone sul territorio nazionale.

In effetti, il provvedimento regionale impugnato è intervenuto solo pochi giorni dopo l’adozione del d.P.C.M. del 14 gennaio 2021, che già aveva tenuto conto dell’evolversi in tutte le Regioni dell’epidemia in corso, ed è stato volto a introdurre una disciplina intesa a derogare la regolamentazione degli spostamenti verso le "seconde case" stabilita dal Governo centrale, senza però alcuna motivazione a supporto dell’introduzione della misura sopra descritta, e, in ogni caso, senza che fosse stata condotta una preliminare istruttoria sull’evoluzione in ambito regionale della situazione sanitaria, ovvero sul raggiungimento di soglie di rischio tali da imporre ulteriori limitazioni alla libera circolazione delle persone nelle more dell’adozione di un successivo d.P.C.M..

Al riguardo, occorre rammentare che, al di là dei “paletti” specifici fissati dalla normativa nazionale in materia di emergenza pandemica (e che il TAR ha ritenuto violati), in linea teorica, i limiti alla libera circolazione sul territorio nazionale possono essere stabiliti soltanto dalla legge (statale), in via generale per motivi di sanità o di sicurezza, ai sensi dell’art. 16 della Costituzione, mentre la singola Regione non può adottare provvedimenti "che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni", secondo quanto previsto dall’art. 120 della Costituzione.

Il presidente della Regione Toscana, peraltro, ha utilizzato lo strumento normativo "eccezionale" dell’art. 32 della L. n. 833 del 1978, che lo facoltizza ad emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa alla Regione o a parte del suo territorio comprendente più Comuni.

Tuttavia, tali ordinanze non paiono potere derogare a rigidi e tassativi principi costituzionali quali sono quelli stabiliti dall’art. 16 e 120 della Costituzione, che vanno inequivocabilmente nelle direzione di precludere alla singola Regione anche solo la possibilità di stabilire regole di accesso e circolazione “discriminatorie” nei confronti di alcune categorie di cittadini.

Diversamente, stabilire regole “limitative” uguali per tutti, e/o “dettagliare”, nei limiti del consentito, norme stabilite dal legislatore nazionale, alla luce di dati sanitari aggiornati e che depongano per un pericolo non fronteggiabile se non con misure eccezionali e immediate, potrebbe rimanere una strada percorribile dal decisore regionale, previa adeguata motivazione.

L’ordinanza annullata è sembrata infine scontare un mancato approfondimento del concetto di “rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione”, che il legislatore nazionale ha previsto come motivo legittimo e non derogabile dello spostamento da una Regione all'altra (“è comunque consentito il rientro…”), ma che l'ente regionale interessato potrebbe se del caso subordinare ad obblighi di comunicazione – anche ai fini di “verifica” della sussistenza effettiva della condizione di “rientro” –, tali da consentirgli di individuare (e fronteggiare) l’aumento di rischio sul proprio territorio, in connessione con l’aumento dei soggetti che vi circolano in un determinato periodo.


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