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La grande "allucinazione". Incentivi edilizi, frodi e moneta parallela

mar 02, 2023

Ha fatto recentemente scalpore l’intervento del Governo “a gamba tesa”, con il decreto-legge n. 11 del 16 febbraio 2023, sulla disciplina relativa alla cessione o sconto in luogo delle detrazioni fiscali introdotta per il cosiddetto “superbonus 110%” e per alcuni altri specifici interventi edilizi (tra cui recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica e recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna) dagli artt. 119 e 121 del d.l. n. 34 del 2020.

In poche parole, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha vietato, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto del 16 febbraio scorso, lo sconto in fattura o comunque la cessione a terzi, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione prevista in materia di bonus edilizi, del credito (d'imposta) spettante per i lavori eseguiti, contemporaneamente impedendo alle amministrazioni pubbliche di rendersi cessionarie di tale credito.

Sembra che questo “blocco” repentino avrà effetti pesantissimi sulle famiglie, sulle imprese e su tutta la filiera delle costruzioni.

Ma perché allora il Governo è intervenuto così bruscamente su una misura tanto gradita al “popolo edilizio”, e che ha goduto effettivamente, dal 2020 in poi, di una stagione d’oro, incidendo positivamente anche sul PIL?

Leggendo il preambolo del decreto-legge n. 11 del 2023, si nota che è stata ritenuta “la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre ulteriori e più incisive misure per la tutela della finanza pubblica nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche in materia edilizia”.

Tradotto: occorre mettere in sicurezza i conti pubblici, perché nei cassetti fiscali della Agenzia delle Entrate ci sarebbero ben 110 miliardi di euro di crediti di imposta derivanti dai bonus edilizi (importo destinato ad aumentare), pronti ad essere compensati con corrispondenti debiti tributari e previdenziali.

Un potenziale disastro per l’erario. Da subito.

La circolazione di tali crediti di imposta ha generato inoltre una gigantesca truffa ai danni dello Stato, con l’introduzione di una sorta di moneta parallela non sempre basata su transazioni effettive.

Ma facciamo un passo indietro.

Tutto è cominciato con il cosiddetto superbonus edilizio.

Il superbonus è l’agevolazione fiscale disciplinata dall’articolo 119 del decreto legge n. 34/2020 sopra citato, che consiste in una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1 luglio 2020 per la realizzazione di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica e al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici. Tra gli interventi agevolati rientra anche l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.

La legge di bilancio 2022 ha prorogato l’agevolazione, prevedendo scadenze diverse in funzione dei soggetti che sostengono le spese ammesse.

In particolare, il superbonus spetta nella misura del 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023, in quella del 70% per le spese sostenute nel 2024 e in quella del 65% per le spese sostenute nel 2025 per i condomini e le persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte e professione, per gli interventi su edifici composti da due a 4 unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche.

Sono compresi gli interventi effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all’interno dello stesso condominio o dello stesso edificio, nonché quelli effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione.

La particolarità dell’incentivo sta in due aspetti.

Innanzitutto, la detrazione stabilita in partenza è del 110%: lo Stato, cioè, restituisce più di quanto è stato effettivamente speso.

In secondo luogo, in alternativa alla detrazione, è stato per lungo tempo possibile beneficiare del superbonus optando o per un contributo anticipato sotto forma di sconto praticato dai fornitori o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante.

E' stato probabilmente sulla base di un malinteso presupposto post-pandemico di buona fede, o comunque nella speranza della costruzione di un nuovo patto di lealtà tra cittadino e Stato, che il Governo Conte II, nel suo cosiddetto decreto rilancio (il più volte citato d.l. n. 34 del 2020) aveva deciso di immettere un fiume di denaro pubblico nel settore edilizio, senza preoccuparsi di proteggerlo da chi avesse prima e meglio capito come “mungere” illecitamente lo Stato durante l’emergenza, e senza calcolare l'impatto a regime sui conti pubblici.

Come visto, infatti, l’art. 121 del citato decreto-legge aveva disposto che, per tutta una serie di interventi (spese per l’efficienza energetica, recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, ecc.), le più che favorevoli detrazioni concesse dallo Stato avrebbero potuto essere fruite dai beneficiari anche tramite un credito d’imposta da cedere ad altri soggetti, senza però stabilire presidi di garanzia (ad es.: visti di conformità) né limitazioni sul numero di cessioni e sulla natura soggettiva dei cessionari. 

A sua volta, l’art. 122 dello stesso decreto aveva disposto che i beneficiari dei crediti d’imposta introdotti per fronteggiare l’emergenza economica seguita alle misure restrittive dettate dall’emergenza epidemiologica potevano optare per la cessione, anche parziale, di tale credito ad altri soggetti, anche qui senza alcuna regola.

Si è innescato così un meccanismo fraudolento su larga scala.

Secondo un’indagine della Guardia di Finanza, la truffa era iniziata sfruttando il “bonus locazione” e individuando aziende in crisi o sull’orlo del fallimento che avessero in corso contratti di locazione.

I truffatori entravano in queste società per assumerne la guida, ottenevano dall’Agenzia delle Entrate, come previsto dal bonus, l’erogazione del 60% dell’ammontare dell’affitto sotto forma di credito d’imposta e cedevano tale credito a una società compiacente che a sua volta lo rivendeva, ad un valore nominale inferiore, a un’ulteriore società, non necessariamente consapevole del primo illecito. Il credito, una volta “ripulito”, poteva essere utilizzato dall’azienda acquirente come detrazione sulle tasse da pagare.

Allargando le maglie della truffa, e sfruttando la complicità di professionisti del settore, i truffatori sparsi per la penisola avevano cominciato a dichiarare lavori di ristrutturazione, a volte anche all’insaputa dei proprietari degli immobili coinvolti, che non erano mai stati eseguiti.

Stesso sistema. Acquisizione di credito di imposta sui lavori e cessione, indiscriminata e a catena, di tale credito.

Nel linguaggio intercettato degli imbroglioni di turno, i soldi sono diventati panzerotti, e il coronavirus una vittoria al superenalotto, così come fu all’epoca, per gli imprenditori che ci ridevano su, il terremoto che distrusse L’Aquila. 

Secondo il Direttore dell’Agenzia delle Entrate - Agenzia che per lungo tempo non ha goduto di alcun potere di intervento preventivo sulla cessione di questo tipo di crediti -, il sistema dei bonus edilizi all’italiana aveva generato, nel novembre del 2021, un valore di almeno 4,4 miliardi di crediti d’imposta inesistenti.

Il Governo Draghi ha provato a correre ai ripari, dopo un primo intervento volto ad allineare la procedura su visti di conformità e asseverazioni di tutti i bonus edilizi a quella già prevista in materia di superbonus edilizio, mediante il cosiddetto decreto sostegni ter.

Tale decreto (d.l. n. 4 del 27 gennaio 2022) aveva infatti stabilito che il beneficiario delle detrazioni fiscali per gli interventi previsti dalla normativa sui bonus poteva ancora optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, ma tale credito non poteva poi successivamente essere nuovamente ceduto, con nullità dei contratti di cessione del credito conclusi in violazione di questo divieto.

Ma questo decreto è stato superato in corsa, seppure per un breve periodo, da un ulteriore decreto legge (il n. 13 del 25 febbraio 2022), intervenuto, secondo lo stesso comunicato stampa del 18 febbraio 2022 – visionabile sul sito istituzionale del Governo -, “per sbloccare il processo di cessione del credito dei bonus edilizi che ha subìto un rallentamento a seguito delle indagini in corso”.

La disposizione prevedeva che sarebbe stato possibile cedere il credito per tre volte e solo in favore di banche, imprese di assicurazione e intermediari finanziari, e che lo stesso non poteva formare oggetto di cessioni parziali successivamente alla prima comunicazione dell'opzione all'Agenzia delle entrate. A tal fine, era stato introdotto un codice identificativo univoco del credito ceduto per consentire la tracciabilità delle cessioni.

Di fatto, era stata autorizzata la possibilità di due ulteriori cessioni del credito, dopo la prima, ma soltanto se effettuate a favore di banche e intermediari autorizzati.

Il Ministro dell'Economia e delle Finanze Franco, intervenendo in Parlamento il 3 marzo 2022 ai fini di "informativa del Governo sui bonus edilizi", dopo avere platealmente riconosciuto che il meccanismo introdotto dal Governo Conte II - e a lungo conservato dal Governo Draghi - aveva di fatto creato un mercato dei crediti non regolamentato e trasformato il relativo credito d'imposta in una sorta di titolo circolante, ha testualmente riferito che "il potenziamento delle agevolazioni edilizie e la facilitazione della cessione dei crediti di imposta miravano ad accrescere la qualità e l'efficienza energetica del patrimonio abitativo, e a sostenere il settore delle costruzioni. (...) L'intervento per le cessioni ha tuttavia consentito l'emergere di condizioni particolarmente permeabili a comportamenti illeciti. L'esito delle frodi e il potenziale danno per l'erario derivante dalle false cessioni ha assunto proporzioni estremamente rilevanti (...). La rilevanza e la diffusione delle frodi (...) ha imposto a tutela dei conti dello Stato e dei contribuenti l'attivazione di contromisure volte a contrastare e a prevenire i comportamenti illeciti, e contestualmente a consentire ai cittadini onesti di fruire della misura agevolativa".

Tuttavia, in sede di conversione del decreto-legge n. 4 del 2022, il decreto-legge n. 13 è stato abrogato; la disciplina finale stabilita dalla L. n. 25 del 28 marzo 2022 è stata allora la seguente, nel suo aspetto più rilevante: i soggetti che usufruiscono (o hanno usufruito) delle agevolazioni in materia edilizia tra il 2020 e il 2024 avrebbero potuto optare, in alternativa alla detrazione fiscale, o per uno sconto sul corrispettivo dovuto ai fornitori o per la cessione del credito d’imposta generato dalle agevolazioni stesse; il credito d’imposta scaturito dallo sconto effettuato dai fornitori o direttamente attribuito a chi aveva sostenuto la spesa edilizia avrebbe poi potuto essere ceduto per una sola volta a soggetti terzi (qualsiasi soggetto terzo), e per un massimo di altre due volte a banche e intermediari finanziari autorizzati. 

La contromisura studiata dal Governo Draghi non è però evidentemente bastata, se poi l’attuale esecutivo è dovuto intervenire ancora una volta, vietando sic et simpliciter sconto in fattura e cessione del credito, e lasciando "vivere" la sola detrazione dall'imponibile fiscale su base pluriennale.

La massa di crediti confluita nei cassetti fiscali dell’Agenzia delle Entrate era divenuta ormai insostenibile, nel lungo periodo. Secondo recenti dichiarazioni del Ministro dell'Economia Giorgetti, il rosso nei conti pubblici sul fabbisogno di gennaio e febbraio del corrente anno (i detentori dei crediti di imposta hanno cominciato a non pagare le tasse dovute, portando tali crediti in compensazione) è dovuto in parte all'impatto diretto del debito fiscale contratto dallo Stato per gli incentivi fiscali concessi secondo le modalità "imprudenti" stabilite nel 2020 e in parte al fatto che nell'ultima nota di aggiornamento del documento di economia e finanza era stata sottovalutata la "forza" di utilizzo da parte dei beneficiari dei crediti di imposta acquisiti. Giorgetti ha parlato di "effetto allucinogeno" dei bonus edilizi e contemporaneamente l'ISTAT ha ritoccato al ribasso i dati della crescita del Paese nel 2022, con un deficit che si attesta all'8% contro le stime governative del 5,6%, precisando che sul nuovo calcolo avrebbero avuto un peso decisivo proprio i famigerati crediti di imposta derivanti dai bonus edilizi.

Sull'altro versante, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale e in particolare sui crediti di imposta in esame, è stato rivelato che dal novembre 2021 a oggi le investigazioni della guardia di finanza hanno consentito di sottoporre a sequestro preventivo crediti d'imposta inesistenti per oltre 3,7 miliardi di euro. Tali crediti fiscali “falsi” avrebbero indebitamente ridotto debiti fiscali “veri”, con conseguente diminuzione ingiustificata delle entrate erariali.

Ma è plausibile che, come sempre accade in questi casi, il numero dei crediti inesistenti non sequestrati - perché non rintracciati o non più rintracciabili - sia almeno il triplo.

E adesso?

Si dice non senza fondamento che la misura drastica operata dal Governo creerà due rilevanti problemi, al di là delle possibili conseguenze negative sull’indotto edilizio.

Innanzitutto, senza cessione del credito i bonus diventano appetibili soltanto per i soggetti molto ricchi (tra quelli che pagano le tasse, ovviamente), perché, per evitare l’incapienza fiscale, ovvero l’impossibilità di utilizzare tutta la detrazione nel caso di imposta lorda inferiore all'importo della detrazione stessa, servono redditi imponibili alti.

In secondo luogo, si aggrava e non di poco la situazione dei crediti incagliati, ovvero di quei crediti bloccati nei cassetti fiscali, in quanto non riescono ad essere ceduti al sistema bancario, che ha nel frattempo raggiunto i limiti di acquisto.

D’altra parte, con il varo del decreto legge che, di fatto, ha messo fine a qualsiasi possibilità di cedere i crediti, seppur prevedendo un regime transitorio per chi, in data antecedente il 17 febbraio 2023, ha già avviato i lavori, il blocco previsto dal Governo Meloni ha probabilmente assestato il colpo di grazia su un settore che già da molte settimane risultava in forte affanno.

Infatti, a seguito delle tante disposizioni anti frode che sono state emanate nei mesi scorsi, il mercato delle cessioni dei bonus era andato via via rallentando per paura, da parte dei cessionari, di essere, loro malgrado, coinvolti in operazioni fraudolente.

Contemporaneamente, la moltiplicazione a dismisura dei lavori edilizi avviati su tutto il territorio nazionale ha saturato, come detto, le capacità di acquisto dei crediti da parte dei principali soggetti acquirenti, ovvero gli intermediari finanziari e bancari.

Il decreto legge n. 11 ha cercato di delimitare normativamente il perimetro di responsabilità solidale da parte dei cessionari dei crediti, in modo da dar loro un margine di certezza e, quindi, incoraggiarli a riprendere gli acquisti, ma le misure in esso contenute sono allo stato ritenute insufficienti da parte delle categorie interessate. [1]

Continuano invece a brindare tutti coloro che hanno preso soldi dalla cessione di crediti fasulli, perché basati su lavori mai effettuati e anzi quasi sempre costruiti a tavolino e solo “sulla carta”. 

Si dice che è necessario porre un argine al fenomeno della monetizzazione dei crediti fiscali che si è venuto a creare con la trasformazione degli incentivi fiscali in una sorta di moneta parallela, ma non si indica come sbrogliare la matassa che tale fenomeno ha creato.

Di certo, la strada non può essere l’acquisto dei crediti in questione da parte delle pubbliche amministrazioni – come pure ha provato a fare la Regione Sardegna, ad esempio -, possibilità che è stata infatti stroncata sul nascere dalle nuove norme. [2]

E’ passato ormai più di un decennio dalla crisi dei mutui subprime americani del 2007 (a cui seguirono il famoso "big short" e una spaventosa recessione planetaria), ma l’insegnamento sui pericoli della cartolarizzazione dei crediti a rischio non è stato evidentemente recepito fino in fondo qui da noi.

Quello che tuttavia più stupisce – e che non finirà mai di stupire – è come sia possibile che ancora oggi un amministratore pubblico avalli pratiche così rischiose senza tenere conto degli effetti di tali pratiche sulla spesa collettiva (quella cioè che grava su ciascuno di noi), e senza prevenire con meccanismi di controllo razionali e di buon senso l’avidità dei parassiti dello Stato.





[1] L'ANCE (Associazione nazionale costruttori edili) ha fatto rilevare che i "crediti incagliati" ammonterebbero a circa 19 miliardi di euro, e che gli stessi, se non pagati, metteranno a rischio almeno 115 mila cantieri di ristrutturazione di case già avviati, 32 mila imprese e 170 mila lavoratori.

[2] E' notizia dell'ultima ora la possibile introduzione, in sede di conversione del decreto-legge n. 11 del 2023, di alcune deroghe che vadano incontro ai soggetti più colpiti dal blocco della cedibilità del credito di imposta quali i cosiddetti "incapienti", e alle situazioni di maggiore interesse sociale ("sismabonus" e interventi su case popolari).


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