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IMU, nucleo familiare e abitazione principale

aggiornamento a cura di Alma Chiettini • gen 29, 2022

Cassazione Civile, Sez. V, 17 gennaio 2022, n. 1199


L’esenzione per l’abitazione principale dall’imposta municipale propria trovava disciplina:

- fino al 31 dicembre 2019, nell’art 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011;

- dall’1 gennaio 2020 al 20 dicembre 2021 nell’art. 1, comma 741, della l. n. 160 del 2019.

Entrambe le disposizioni prevedono che:

- l’imposta IMU non si applica al possesso dell’abitazione principale (e delle sue pertinenze) sempreché non classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (abitazioni di tipo signorile, ville e castelli, palazzi artistici o storici, immobili che, se adibiti ad abitazione principale, fruiscono comunque di un’aliquota ridotta);

- per abitazione principale si intende l’unica unità immobiliare nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente;

- se i componenti del nucleo familiare hanno stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile.

L’interpretazione di queste norme ha generato contenzioso soprattutto nei casi, sempre più frequenti, di coniugi, non legalmente separati, residenti sia in immobili diversi dello stesso comune sia in comuni differenti. 

La Corte di Cassazione ha da tempo assunto una precisa posizione che è stata ribadita da recenti pronunce, fra cui la sentenza che qui si segnala, la quale ha anzitutto ricordato che l’interpretazione delle norme di agevolazione fiscale deve essere necessariamente rigorosa e che non è consentita la loro estensione ai casi non espressamente previsti, perché trattasi di norme di natura eccezionale che costituiscono una deroga al principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53 della Costituzione. 

Nel merito, è stata riaffermata la regola generale secondo cui l’esenzione in esame “richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente nell’immobile, ma altresì che vi risiedano anagraficamente”. Ciò significa, in pratica: 

a) anzitutto, che l’abitazione principale deve essere costituita da una sola unità immobiliare; se vengono utilizzate come abitazione principale più unità immobiliari distintamente iscritte in catasto, esse vanno assoggettate separatamente a imposizione, ciascuna per la propria rendita, e il contribuente può scegliere quale di esse destinare ad abitazione principale con applicazione dell’agevolazione; le altre, invece, vanno considerate come abitazioni diverse da quella principale con l’applicazione dell’aliquota deliberata dal comune per tali tipologie di fabbricati; in sintesi, il contribuente non può applicare le agevolazioni per più di un’unità immobiliare, salvo il caso di loro accatastamento unitario;

b) per abitazione principale si intende l’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente; il legislatore ha voluto sia collegare i benefici dell’abitazione principale e delle sue pertinenze al possessore e al suo nucleo familiare, sia unificare il concetto di residenza anagrafica e di dimora abituale, individuando come abitazione principale solo l’immobile in cui le condizioni previste dalla norma sussistono contemporaneamente;

c) ciò che assume rilevanza per beneficiare dell’agevolazione è la residenza della famiglia e non quella dei singoli coniugi (difatti, l’art. 144 c.c. prevede che i coniugi possono avere esigenze diverse ai fini della loro residenza individuale);

d) per cui, nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, l’aliquota e la detrazione per l’abitazione principale e per le relative pertinenze devono essere uniche per nucleo familiare, indipendentemente dalla dimora abituale e dalla residenza anagrafica dei rispettivi componenti: ciò comporta che solo uno degli immobili può beneficiare delle agevolazioni per l’abitazione principale.

Lo scopo di tali norme è evitare comportamenti elusivi in ordine all’applicazione delle agevolazioni, soprattutto per impedire che, nel caso in cui i coniugi stabiliscano la residenza in due immobili diversi nello stesso comune, ognuno di loro possa usufruire delle agevolazioni dettate per l’abitazione principale e per le relative pertinenze. In particolare, la ratio della previsione normativa è quella di impedire un uso strumentale, non essendo ipotizzabile che due coniugi, a meno che non siano separati di fatto, risiedano e dimorino abitualmente in due appartamenti situati nel medesimo comune. In simile evenienza solo uno dei due immobili beneficerà dell’esenzione e, precisamente, quello che rappresenterà l’abitazione principale del nucleo familiare. Se, ad esempio, nell’immobile in comproprietà fra i coniugi, destinato all’abitazione principale, risiede e dimora solo uno dei coniugi – non legalmente separati – poiché l’altro risiede e dimora in un diverso immobile, situato nello stesso comune, l’agevolazione non viene totalmente persa, ma spetta solo ad uno dei due coniugi” (Cass. Civ., Sez. V, 17 giugno 2021, n. 17408).

Per il secondo profilo, è stato evidenziato come la legge non avesse espressamente disciplinato il caso in cui i coniugi, sempre non separati legalmente, abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili situati in differenti comuni. Ebbene, anche per questa fattispecie è stato osservato che “il nucleo familiare (inteso come unità distinta e automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico” e, pertanto, unica è l’abitazione principale a esso riferibile che può beneficiare dell’agevolazione. Da ciò la “conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisce anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della ‘abitazione principale’ del suo nucleo familiare”. Difatti, “la nozione di abitazione principale postula l’unicità dell’immobile e richiede la stabile dimora del possessore e del suo nucleo familiare, sicché non possono coesistere due abitazioni principali riferite a ciascun coniuge sia nell’ambito dello stesso comune o di comuni diversi”.

È frequente l’ipotesi di coniugi che, per esempio per motivi di lavoro, fissano in differenti, e magari distanti, comuni la loro residenza e la loro dimora abituale. Per cui in siffatte evenienze occorre accertare in quale degli immobili si realizzi “l’abitazione principale del nucleo familiare” in quanto solo questa può beneficiare dell’esenzione. È stato bene sottolineato come non si devono confondere i concetti di “dimora abituale” e di “abitazione principale” (da individuarsi sulla base della coabitazione dei coniugi e della di loro famiglia), tenendo altresì presente che quest’ultima nozione sottintende una preponderanza della destinazione rispetto ad altre, pur possibili, soluzioni abitative. Ciò alla luce della regola di esperienza per cui per ogni nucleo familiare non può esservi che una sola abitazione principale. Il concetto di “abitazione principale” resta quello consolidatosi all’esito dell’elaborazione giurisprudenziale, secondo cui per residenza della famiglia deve intendersi il luogo di ubicazione della casa coniugale, perché è questo luogo a individuare, presuntivamente, la residenza di tutti i componenti della famiglia. In definitiva, l’abitazione principale è solo quella ove il proprietario e la sua famiglia abbiano fissato: - la residenza (accertabile tramite i registri dell’anagrafe);

- la dimora abituale (ossia il luogo dove la famiglia abita la maggior parte dell’anno).

Tale lettura delle sopra riportate disposizioni è l’unica “costituzionalmente orientata perché, diversamente opinando, si realizzerebbe una frattura evidente dei principi costituzionali, sotto il profilo dell’uguaglianza e della capacità contributiva”.

Da ultimo, è necessario segnalare che la lettera b) del comma 741 dell’art. 1 della l. n. 760 del 2019 è stata modificata dall’art. 5 decies del d.l. n. 146 del 2021, introdotto con la legge di conversione n. 215 del 2021, in vigore dal 21 dicembre 2021. Tale novella è intervenuta sul secondo periodo inserendo, dopo le parole: “situati nel territorio comunale” le seguenti: “o in comuni diversi” e aggiungendo, in fine, le seguenti parole: “, scelto dai componenti del nucleo familiare”.

In conclusione il Legislatore ha fatto propria la posizione della giurisprudenza di legittimità e ha definitivamente chiarito che quando i coniugi vivono in immobili distinti, situati sia nel medesimo comune che in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e le relative pertinenze (esenzione oppure applicazione dell’aliquota ridotta) si applicano solo a uno di tali immobili, perché unica è l’abitazione della famiglia che può beneficiarne. Con la novità che l’immobile beneficiario può ora essere “scelto degli stessi componenti del nucleo familiare”. 

Se tale novello intervento normativo ha posto un punto fermo sulla regola per cui i benefici fiscali spettano a una sola unità abitativa, esso è comunque idoneo ad aprire altri fronti applicativi: sia nel caso in cui i componenti il nucleo familiare non concordino nello scegliere l’abitazione per cui chiedere le agevolazioni, sia nel caso in cui le stesse venissero chieste per un immobile dove un coniuge ha sì la residenza, ma dove il suo nucleo familiare non dimora abitualmente.


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