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Giurisprudenza italiana (6/2023)

Carmine Spadavecchia • ago 05, 2023

in tema di espropriazione:

- Cass. SSUU 12.1.23 n. 651 (Giurispr. it. 6/2023, 1257 s.m.): 

Nelle controversie soggette ratione temporis al TU 327/2001, l’esecuzione del decreto di esproprio, con l’immissione in possesso del beneficiario dell’espropriazione, mediante redazione di apposito verbale nel termine perentorio di due anni (art. 24, comma 1) costituisce condizione sospensiva di efficacia del decreto di esproprio, con la conseguenza che tale decreto, se non tempestivamente eseguito, diventa inefficace e la proprietà del bene si riespande immediatamente in capo al proprietario, perdendo rilevanza la questione dell’usucapione, fatto salvo il potere dell’autorità espropriante di emanare una nuova dichiarazione di pubblica utilità entro i successivi tre anni (art. 24, 7° comma), cui dovrà seguire l’emissione di un nuovo decreto di esproprio, eseguibile entro l’ulteriore termine di due anni di cui all’art. 24, 1° comma; nel caso in cui il decreto di esproprio sia tempestivamente eseguito, con la tempestiva redazione del verbale di immissione in possesso, ma il precedente proprietario o un terzo continuino ad occupare o utilizzare il bene, si realizza una situazione di mero fatto non configurabile come possesso utile ai fini dell’usucapione. 

Nelle controversie soggette al regime normativo antecedente all’entrata in vigore del TU 327/2001, nelle quali la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta prima del 30 giugno 2003, nel caso in cui al decreto di esproprio validamente emesso – che è idoneo a far acquisire al beneficiario dell’espropriazione la proprietà piena del bene e ad escludere qualsiasi situazione di fatto e di diritto con essa incompatibile – non sia seguita l’immissione in possesso, la notifica o la conoscenza effettiva del decreto comportano la perdita dell’animus possidendi in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto sul bene – se egli continui ad occuparlo – si configura come una mera detenzione, con la conseguenza che la configurabilità di un nuovo periodo possessorio, invocabile a suo favore ad usucapionem, necessita di un atto di interversio possessionis da esercitare in partecipata contrapposizione al nuovo proprietario, dal quale sia consentito desumere che egli abbia cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio. Resta fermo il diritto dell’espropriato di chiedere la retrocessione totale o parziale del bene 

- (commento critico di) Alessandra Quarta, Effetti del decreto di esproprio e situazioni possessorie. L’ultima parola della Cassazione (Giurispr. it. 6/2023, 1258-1263) 

- (commento di) Vito Amendolagine, Le Sezioni unite sull’usucapibilità di un bene espropriato per pubblica utilità (Giurispr. it. 6/2023, 1263-1273) 


in tema di impiego pubblico (polizia di Stato):

- Ad. plen., 29.3.23 n. 12, pres. Maruotti, rel. Di Matteo (Giurispr. it. 6/2023, 1243-5): L’inidoneità attitudinale sopravvenuta non rientra nelle previsioni di cui all’art. 1 DPR 339/1982 (che riguarda il diverso caso di sopravvenuta inidoneità al servizio per motivi di salute) e di conseguenza non dà luogo al passaggio del dipendente della Forza di Polizia ad altrui ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato, ma è causa di cessazione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 129 TU impiegati civili dello Stato. Il dubbio di costituzionalità di tale disciplina, come pure di eventuale contrarietà al diritto euro-unitario, è manifestamente infondato.


in materia edilizia (distanze legali):

- Cass. 2^, 30.3.23 n. 8987 (Giurispr. it. 6/2023, 1232-4): La potestà legislativa delle regioni è limitata alla materia dell’assetto del territorio (Corte cost. 41/2017, 231/2016). 

La disciplina delle distanze fra costruzioni, che trova la sua collocazione nel codice civile, e in particolare negli artt. 873 e 875, attiene in via primaria e diretta ai rapporti tra proprietari di fondi finitimi: essa pertanto rientra nella materia dell’ordinamento civile, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, il che rende illegittima l’eventuale previsione contenuta in una legge regionale che deroghi alla disciplina statale delle distanze tra fabbricati al di fuori dell’ambito della competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio. 

In tale ottica, quindi, l’intervento derogatorio del legislatore regionale è consentito solo allorquando i fabbricati insistono su di un territorio che può avere specifiche caratteristiche rispetto ad altri, per ragioni naturali e storiche; con la conseguenza che la disciplina che li riguarda, e in particolare quella dei loro rapporti nel territorio stesso, esorbita dai limiti propri dei rapporti interprivati e tocca anche interessi pubblici, la cui cura è affidata anche alle Regioni perché attratta all’ambito di competenza concorrente del governo del territorio. 

In base all’art. 9 DM 1444/1968 - dotato di particolare efficacia precettiva e inderogabile, in quanto richiamato dall’art. 41-quinquies L 17.8.1942 n. 1150, e come poi disposto dall’art. 2-bis TUE (DPR 6.6.2001 n. 380), è legittima la previsione regionale di distanze in deroga a quelle stabilite dalla normativa statale solo se inserite in strumenti urbanistici funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio. Di conseguenza, deve reputarsi legittima la previsione regionale di distanze in deroga a quelle stabilite dalla normativa statale, solo “nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”, e quindi se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio poiché a loro legittimità è strettamente connessa agli assetti urbanistici generali e quindi al governo del territorio, non, invece, ai rapporti tra edifici confinanti isolatamente considerati.


in materia edilizia (demolizione):

- Cons. Stato VI 17.3.23 n. 2769, pres. Simonetti, est. Ravasio (Giurispr. it. 6/2023, 1380 s.m.): È legittima l’ordinanza di rimozione di opere abusive diretta al nudo proprietario, dovendosi considerare che questi si trova in una condizione giuridica che gli consente di attivarsi per recuperare il pieno godimento dell’immobile e provvedere direttamente alla rimozione delle opere abusivamente realizzate, potendo, in particolare in caso di opposizione dell’usufruttuario, agire in giudizio a tale scopo. 

- (nota di) Paolo Patrito, Ordinanza di demolizione dell’immobile abusivo e legittimazione passiva del nudo proprietario (Giurispr. it. 6/2023,1380-1383) 


in tema di strade (regime giuridico):

- Cass. 2^, 3.4.23 n. 9157 (Giurispr. it. 6/2023, 1231-2) In linea di principio, per quanto concerne le strade, il regime della proprietà non può che essere quello generale di cui all’art. 840 c.c., con estensione usque ad sideras et ad inferos della relativa proprietà, da nulla risultando che alla proprietà pubblica si applichi, sul punto, un regime diverso da quello della proprietà privata (Cass. 3882/1985). Rimane tuttavia fermo che l’art. 840 c.c. si riferisce al sottosuolo, nel significato comune della parola, che indica lo strato sottostante alla superficie del terreno, ossia la zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiale del piano di campagna (Cass. 6587/1986; 632/1983). La nozione, quindi, non comprende l’area di sedime sottostante una strada pubblica in corrispondenza di un ponte o di un viadotto. In questo caso, qualora la proprietà pubblica del suolo non risulti positivamente, si tratta di stabilire se sia operante la presunzione iuris tantum di demanialità delle aree accessorie alle strade pubbliche, quali pertinenze stradali (cfr. quanto all’area di sedime sottostante a un viadotto autostradale e alla zona immediatamente contigua, Cons. Stato n. 905/1991). Secondo consolidati principi giurisprudenziali, tale presunzione, che dottrina e giurisprudenza desumono dall’art. 22 L 2248/1865, opera tradizionalmente sulla base di due presupposti. Il primo di natura spaziale: occorre che l’area che si vorrebbe demaniale sia contigua o quantomeno comunicante con la strada pubblica (Cass. 4975/2007). Il secondo di natura funzionale, nel senso che, in più, occorre che integri la funzione viaria (Cass. 8876/2011; Cass. 238/2004). In presenza di tali presupposti sorge una presunzione iuris tantum di demanialità dell’area, come tale vincibile dal privato.


sul danno causato dalla PA (giurisdizione):

- Cass. SSUU 13.4.23 n. 9837 (Giurispr. it. 6/2023, 1227-7): La domanda proposta da uno studente nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, per il risarcimento del danno psichico subito a seguito dell’esclusione, in virtù di formali provvedimenti del consiglio di classe e del dirigente scolastico, dalla partecipazione a una gita scolastica, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo.


sul danno arrecato dalla PA:

- Cons. Stato VII 27.3.23 n. 3094, pres. Lipari, est. Francola (Giurispr. it. 6/2023, 1245-6): Come statuito da Ad. plen. 8/2022, per procedere all’accertamento dell’illegittimità degli atti adottati dalla PA è sufficiente che il soggetto che si dichiara leso alleghi un interesse ai fini risarcitori (art. 34, 3° comma, c.p.a.), anche laddove sia stato emanato un provvedimento successivo a lui favorevole che faccia venir meno l’interesse all’annullamento. Va altresì confermato il carattere extracontrattuale della responsabilità da attività illegittima della PA (non potendo configurarsi un rapporto obbligatorio nell’ambito di un procedimento amministrativo: Ad. plen. 7/2021), con le conseguenze che ne derivano in punto di quantificazione del danno e di identificazione del nesso causale. [Nella specie, si denunciava come illegittimo l’operato di un istituto scolastico per non avere articolato le prove d’esame in modo compatibile con le particolari condizioni di un minore. Il CdS ha per un verso rilevato come mancasse la prova del nesso di causalità fra operato dell’A. ed evento dannoso (i.e.: il mancato superamento, in prima battuta, dell’esame di Stato), in quanto la mancata presentazione del minore alla prima sessione di esame, per scelta dei genitori, non consentiva di stabilire ex post se, attraverso una diversa modalità di espletamento, lo stesso avrebbe potuto superare la prova stessa. Per altro verso ha ritenuto non provata una condotta amministrativa colposa: ciò in quanto il dirigente scolastico aveva in più occasioni tentato di prospettare modalità di svolgimento della prova di esame compatibili con la situazione del minore, ricevendo soltanto rifiuti ovvero proposte alternative di svolgimento non praticabili sulla base della disciplina di settore]


in tema di processo amministrativo (rimessioni alla Plenaria):

- Ad. plen. 19.4.23 n. 13, pres. Maruotti est. Neri (Giurispr. it. 6/2023, 1241-2): Laddove l’ordinanza di rimessione proponga quesiti all’Adunanza plenaria senza avere preventivamente vagliato i diversi motivi del ricorso per revocazione (motivi, questi ultimi, da cui, nel caso di specie, avrebbe dovuto cominciare l’esame del ricorso per revocazione, perché l’eventuale accoglimento di uno, o di entrambi, avrebbe reso superflua la pronuncia sul primo motivo di ricorso dal quale è scaturita la rimessione all’Adunanza plenaria), si rende necessaria la restituzione degli atti alla sezione competente affinché esamini prioritariamente tali motivi. (In sintesi, la questione nascente da un contrasto giurisprudenziale non va deferita all’Ad. plen. laddove il giudizio possa essere definito aliunde) (Fattispecie relativa a un provvedimento di esclusione dalla gara per la gestione di tratte autostradali)


in tema di processo amministrativo (revocazione):

- Cons. Stato III 13.4.23 n. 3756, pres. Greco, est. Marra (Giurispr. it. 6/2023, 1242-3): Il mancato esame di un motivo di ricorso già assorbito dalla decisione di primo grado e riproposto in appello con semplice memoria ex art. 101, 2° comma, c.p.a. può essere addotto quale errore di fatto revocatorio ex art. 106 c.p.a.


in tema di processo amministrativo (legittimazione a ricorrere):

- Corte giust. Ue 10^, 9.2.23, causa C-53/22 (Giurispr. it. 6/2023, 1374, solo massima): L’art. 1, par. 3, Direttiva 89/665 non osta alla normativa di uno Stato membro che non consente a un operatore, al quale sia impedito di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per il motivo che non soddisfa una delle condizioni di partecipazione previste dal bando di gara di cui trattasi, e il cui ricorso contro l’inclusione di tale condizione in detto bando di gara sia stato respinto con una decisione passata in giudicato, di contestare il rifiuto dell’amministrazione aggiudicatrice interessata di annullare la decisione di aggiudicazione di tale appalto pubblico a seguito della conferma, con decisione giurisdizionale, che tanto l’aggiudicatario quanto tutti gli altri offerenti avevano partecipato a un accordo costitutivo di una violazione delle regole di concorrenza nello stesso settore interessato dalla procedura di aggiudicazione di detto appalto pubblico. 

- (commento di) Luigi Tarantino, Corte di giustizia e Consiglio di Stato sulla legittimazione a ricorrere: un dialogo complicato (Giurispr. it. 6/2023, 1374-1380) 


in tema di locazione (avviamento):

- Cass. 3^, 21.7.22 n. 22826 (Giurispr. it. 6/2023, 1281 T): In tema di locazione di immobile ad uso non abitativo, la clausola contenente la rinuncia preventiva, da parte del conduttore, all’indennità di avviamento è nulla, ancorché sia stata pattuita a fronte della riduzione del canone, ai sensi dell’art. 79 L 392/1978, potendo il medesimo conduttore rinunciare alla detta indennità solo successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina è preordinata. 

- (commento critico di) Francesco Trifone, Ancora in tema di negoziabilità dell’avviamento commerciale nella locazione (Giurispr. it. 6/2023, 1282-1285) 


in tema di prescrizione:

- Cass. 3^, 13.4.23 n. 9883 (Giurispr. it. 6/2023, 1224-5): Se il fatto illecito è considerato dalla legge come reato, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nello stesso termine di prescrizione del reato se quest’ultimo si prescrive in un termine superiore ai cinque anni, mentre si prescrive in cinque anni se per il reato è stabilito un termine uguale o inferiore, nel qual caso il termine di prescrizione dell’azione civile decorre dalla data di consumazione del reato e non assumono rilievo eventuali cause di interruzione o sospensione della prescrizione relative al reato, essendo ontologicamente diversi l’illecito civile e quello penale (SU 1479/1997). Gli istituti della sospensione e dell’interruzione della prescrizione relativi all’illecito penale si applicano solo nel caso di azione civile esercitata e conclusa in sede penale, non di azione volta in sede civile (ancorché preceduta dalla costituzione di parte civile nel processo penale (CP 38773/2011)


in tema di fallimento (società a partecipazione pubblica):

- Cass. 1^, 28.3.23 n. 8794 (Giurispr. it. 6/2023, 1234-6): Le società di capitali a totale partecipazione pubblica che esercitano attività commerciale sono assoggettabili a fallimento anche se affidatarie di servizi d’interesse pubblico o se gestiscano beni di natura demaniale; non è appropriato, come argomento contrario, il riferimento alla figura dell’organismo di diritto pubblico, che è stata introdotta dalla normativa comunitaria e interna in tema di appalti pubblici con la specifica finalità di individuare i soggetti, anche diversi dalle Pubbliche Amministrazioni, tenuti, nella scelta del contraente, all’applicazione delle regole di evidenza pubblica; con particolare riguardo alle società in house, e non per conferire a detti organismi uno statuto societario diverso da quello civilistico comune. (Fattispecie relativa alla Viareggio Patrimonio s.r.l. n liquidazione, interamente partecipata dal Comune di Viareggio) 


in tema di fallimento (dalla legge fallimentare al codice della crisi):

- Marina Spiotta (a cura di), Codice della crisi: tra novità e dubbi (ir)risolti (I parte) (Giurispr. it. 6/2023, 1425-1484)

--- Un labirinto di Cnosso chiamato Codice della crisi. Quale via per il moderno Teseo?, Marina Spiotta (1425)

--- La nuova configurazione del Codice della crisi e gli interessi protetti, Alberto Jorio (1429)

--- Le nuove clausole generali nel Codice della crisi, Paolo Montalenti (1434)

--- L’accesso agli strumenti di regolazione della crisi: alcuni profili problematici, Oreste Cagnasso (1438)

--- Assetti organizzativi, amministrativi e contabili in cerca di contenuto, Giulia Garesio (1443)

--- Misure protettive e cautelari: riflessioni sulla strumentalità nei diversi contesti procedimentali, Luca Boggio (1450)

--- CNC e concordato semplificato: dal presupposto (oggettivo) alla prospettiva (liquidativa), Luca Jeantet (1469)

--- Enti locali e transazione fiscale. L’ultima chimera alla prova del cram down, Andrea Jonathan Pagano (1477)

--- Considerazioni in tema di composizione negoziata e imprese minori, Riccardo Russo (1480)


in tema di abuso d’ufficio:

- Lorenzo Pellegrini (a cura di) Abuso d’ufficio e diritto vivente (Giurispr. it. 6/2023, 1414-1424) 



c.s.


 

Q.I.

Stupidità è insistere sempre (Albert Camus)

La curiosità è l’anima degli intelligenti (Goethe)


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