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Garanzie per il contribuente dopo una verifica fiscale presso la sede di lavoro

aggiornamento a cura di Alma Chiettini • mar 12, 2022

Cassazione Civile, Sez. V, 24 febbraio 2022, n. 6071


L’art. 12 della l. n. 212 del 2000 (statuto dei diritti del contribuente) disciplina i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali presso la propria sede, e quindi i casi di accessi, ispezioni e verifiche eseguite nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali. L’articolo, per quanto qui interessa, prevede la redazione di un processo verbale delle operazioni di verifica (comma 4); stabilisce che, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo al contribuente, questi può comunicare osservazioni e richieste entro sessanta giorni; conclude affermando che “l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza” (comma 7).

La giurisprudenza della Corte di legittimità ha avuto molte occasioni per pronunciarsi su tale disciplina e queste sono le conclusioni oramai consolidate in materia:

- la disposizione è posta a tutela del contribuente ogniqualvolta vi sia stata un’intromissione autoritativa nei luoghi di sua pertinenza, per cui tale intromissione è controbilanciata dalla garanzia del contradditorio come prevista dal comma 7;

- l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, decorrente dal rilascio al contribuente del verbale di chiusura delle operazioni, determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus; nondimeno, “il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio” (Cass. civ., Sez. Unite, 29.7.2013, n. 18184);

- le garanzie fissate dal comma 7 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; militano univocamente in tal senso il dato testuale della rubrica dell’articolo, il disposto del comma 1 e la circostanza che l’intera disciplina risulta palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco (Cass. civ., Sez. Unite, 9.12.2015, n. 24823);

- ne consegue che la disposizione trova applicazione anche nei casi in cui l’accesso sia avvenuto presso la sede non del contribuente ma della persona che detiene le scritture contabili e sua mandataria, perché sussiste l’onere del contribuente di collaborare con l’Ente verificatore (Cass. civ., sez. V, 16.11.2021, n. 34586);

- la procedura e le relative garanzie si applicano, data la loro valenza generale e per il fatto che le disposizioni si riferiscono a “organi di controllo in genere”, anche agli accessi eseguiti da operatori degli enti locali e delle società a cui gli enti impositori affidano in concessione compiti di accertamento e riscossione delle imposte, ivi inclusi i compiti strumentali di rilevazione di dati necessari alla determinazione della base imponibile (Cass. civ., sez. V, 28.3.2019, n. 8654);

- non è richiesta né la dimostrazione di un pregiudizio subito dalla parte privata né alcuna prova di resistenza perché nell’ordinamento tributario la prova di resistenza è necessaria, ai fini dell’invalidità dell’atto, solo se non esiste una norma che espressamente impone il contraddittorio preventivo (Cass. civ., Sez. Unite, 9.12.2015, n. 24823); ma non è questo il caso, posto che l’obbligo di far decorrere il termine dilatorio di sessanta giorni prima di emettere un provvedimento di accertamento, salvi solamente i casi di urgenza, significa che “il Legislatore, nel comminare la nullità dell’atto impositivo in caso di sua violazione, ha operato una valutazione ex ante del rispetto del contraddittorio che assorbe a monte la prova di resistenza” (Cass. civ., sez. V, 15.6.2021, n. 16867; id., sez. VI - 5, 1.2.2022, n. 3004);

- quanto ai casi di urgenza, particolare e motivata a cura dell’Amministrazione procedente in applicazione del principio di vicinanza della prova, essi non possono in alcun modo essere individuati nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa, perché trattasi di termine gestibile e programmabile dall’Amministrazione stessa; 

- all’opposto, sono stati individuati come idonei casi di urgenza l’emersione di nuovi fatti nel corso di procedimenti penali svolti nei confronti di terzi, il grave stato di insolvenza del contribuente (dato che il trascorrere del tempo rende difficoltoso il recupero del tributo), le reiterate condotte penali tributarie del contribuente, l’elevata entità degli importi accertati per la quale sono applicabili le misure cautelari dell’ipoteca e del sequestro conservativo (Cass. civ., sez. V, 12.8.2021, n. 22750; id., sez. VI, 29.10.2021, n. 30784, e la giurisprudenza ivi citata);

- non è un valido caso di urgenza la tardiva segnalazione giunta alla Direzione Provinciale da parte della Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate, perché ciascuna Direzione è organo della stessa Amministrazione e tale evenienza rientra nelle responsabilità dell’Ente impositore (Cass. civ., sez. V, 21.4.2021, n. 10476);

- non è neppure un valido caso di urgenza la tardiva comunicazione all’Agenzia delle Entrate del processo verbale di constatazione da parte della Guardia di Finanza, di modo che l’Ente accertatore non sia fattualmente nella condizione di poter assolvere all’onere di far trascorrere i sessanta giorni prima di emettere l’avviso di accertamento perché il termine decadenziale quinquennale per l’emissione dello stesso è prossimo alla scadenza, in quanto gli operatori militari appartengono a un corpo di polizia chiamato istituzionalmente a “cooperare” con l’Ufficio delle imposte ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 52 e 63 del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2 del d.lgs. n. 68 del 2001 (Cass. civ., sez. V, 11.1.2022, n. 498; id., sez. V, 10.2.2022, n. 4242);

- fa eccezione solo il caso in cui la Guardia di Finanza, ai sensi del secondo periodo del terzo comma dell’art. 33 del d.P.R. n. 600 del 1973, previa autorizzazione dell’Autorità giudiziaria, utilizza e trasmette all’Ufficio delle imposte documenti, dati e notizie acquisiti nell’esercizio di poteri di polizia giudiziaria (Cass. civ., sez. V, 18.10.2021, n. 28730);

- a identica conclusione deve pervenirsi qualora, a seguito di un accesso nei locali del contribuente, il processo verbale di constatazione non sia stato notificato, pur ricorrendone i relativi presupposti, e in seguito sia stato notificato l’avviso di accertamento, atteso che l’omissione della notifica del verbale “osta alla decorrenza del termine dilatorio” (Cass. civ., sez. V, n. 6071 del 2022, qui segnalata).

Quest’ultima pronuncia ha così colto l’occasione per ribadire che il comma 7 dell’art. 12 va interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente, ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.


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