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Esempio VII - Controversia in materia di Documento Unico di Regolarità Fiscale

mag 18, 2021

SI CONSIGLIA DI PROVARE A SVOLGERE LA MOTIVAZIONE E IL DISPOSITIVO IN AUTONOMIA PRIMA DI ESAMINARE LA SOLUZIONE OFFERTA


TRACCIA

Nel dicembre 2019 l’Agenzia delle Entrate ha notificato a Delta S.r.l. tre distinti avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta 2012, 2013 e 2014, avverso i quali la società ricorrente ha interposto ricorso avanti la competente Commissione Tributaria provinciale, tuttora pendente, senza che risulti ancora fissata l’udienza per la decisione sull’istanza di sospensione formulata dalla società Delta.

A fronte della richiesta di rilascio del c.d. “D.U.R.F.” (Documento Unico di Regolarità Fiscale) ex art. 17 bis, d.lgs. del 28 luglio 1997, n. 241 (così come introdotto dalla l. n. 157/2019) l’Agenzia delle Entrate ha emesso, nell'ottobre 2020, provvedimento di diniego rilevando che non sussistevano i requisiti previsti dall’articolo 17 bis, comma 5, d.lgs. n. 241 del 1997, in presenza di iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000, per i quali i termini di pagamento erano scaduti ed erano ancora dovuti pagamenti o non erano in essere provvedimenti di sospensione.

Delta S.r.l., successivamente, ha presentato all’Agenzia delle Entrate un’istanza di sospensione in via amministrativa degli importi iscritti a ruolo oggetto degli atti impugnati avanti alle Commissioni tributarie.

L’Agenzia delle Entrate, con provvedimento di novembre 2020, ha respinto l’istanza, rappresentando che  il 20 ottobre 2020 era stato emanato il D.L. n. 129, il cui art. 1, comma 1, lett. a) aveva differito la sospensione legale della esigibilità delle pretese fiscali, in fase riscossiva, al 31 dicembre 2020. L’operare, pertanto, di tale sospensione legale avrebbe comportato, secondo l'Agenzia, il difetto di attualità del c.d. periculum in mora sino a fine anno, anche considerando che, in forza della richiamata normativa (articolo 29 del D.L. n. 78 del 2010), in linea generale l’esecuzione forzata da parte dell’agente della riscossione restava comunque sospesa per un periodo di centottanta giorni dall'affidamento e che, anche a seguito della comunicazione di presa in carico inviata dall’agente al debitore, non era previsto un termine di versamento.

Successivamente, Delta S.r.l. ha, quindi, chiesto nuovamente l’emissione del DURF, sostenendo che l'affidamento a ruolo delle somme portate dai tre avvisi di accertamento originari (impugnati dinanzi alla Commissione tributaria) non avrebbero determinato, in quel momento, l’insorgenza di un debito scaduto in capo alla Società, di conseguenza ostativo al rilascio del DURF.

L’Agenzia delle Entrate, peraltro, con provvedimento del dicembre 2020, ha nuovamente omesso di rilasciare una certificazione positiva: l’Amministrazione, pur prendendo atto della sospensione ex lege, ha affermato che la sospensione delle azioni di recupero, cautelari ed esecutive, dei carichi affidati alla riscossione,  non impedendo in ogni caso al contribuente di versare autonomamente quanto dovuto, non avrebbe rilievo ai fini della verifica di sussistenza dei requisiti per il rilascio di un certificato ex art. 17 bis.

Avverso tale ultimo atto la società ricorrente ha proposto impugnazione con ricorso giurisdizionale ritualmente notificato e depositato, domandandone l’annullamento e chiedendo che fosse ordinato all’Agenzia delle Entrate di emettere il Documento Unico Regolarità Fiscale da lei richiesto ed a questa intestato, con validità di 4 mesi dalla data di emissione.

A fondamento del ricorso la società ricorrente, asserendo preventivamente la sussistenza della giurisdizione dell’intestato TAR, ha dedotto il seguente, articolato motivo:

- l’Agenzia delle Entrate avrebbe violato l’art. 17 bis, d.lgs. n. 241 del 1997, in quanto il rilascio del DURF è connesso all’esecutività dell’iscrizione a ruolo e alla possibilità per l’Agente della Riscossione di agire coattivamente per la riscossione di quanto dovuto ex art. 1, comma 1, lett. C), d.p.r. n. 602/1973; per contro, l’esecutività degli avvisi di accertamento notificati alla ricorrente risulterebbe sospesa per effetto dell’art. 68, d.l. n. 18/2020, che concerne tanto i termini per i versamenti diretti che quelli per la riscossione, di modo che la circostanza che il contribuente possa adempiere spontaneamente sarebbe irrilevante, poiché la normativa in materia di Documento di Regolarità Fiscale riconnette il rilascio del predetto certificato alla verifica che non siano decorsi i termini per l’esecuzione coattiva della pretesa tributaria, e non alla possibilità giuridica di provvedere al versamento.

Si è costituita in giudizio con memoria di stile l’Agenzia delle Entrate e la causa è stata trattenuta definitivamente in decisione.



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Il candidato/la candidata rediga la sentenza nella parte in diritto e nel dispositivo. Il ricorso va risolto seguendo l’ordine logico di trattazione in tutti i profili di rito, anche sollevabili d’ufficio dal giudice adito, e nel merito, pure se uno dei profili in rito fosse assorbente.


MOTIVAZIONE E DISPOSITIVO


DIRITTO


1. E’ necessario, in via pregiudiziale e di ufficio, valutare se sussiste la giurisdizione di questo Tribunale.

La società ricorrente parte infatti dall’assunto – preventivamente illustrato negli scritti difensivi – che la causa petendi della sua azione afferisca ad un interesse legittimo, dimostrando così di avere affrontato e risolto, in senso coerente con la scelta di adire il TAR, la questione di ammissibilità connessa al possibile difetto di giurisdizione. 

2. La legge 19 dicembre 2019, n. 157, di conversione del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, (“Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”), ha introdotto, nel d.lgs. 28 luglio 1997, n. 241 (contenente <<norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni>>), l’art. 17 bis - recante <<ritenute e compensazioni in appalti e subappalti ed estensione del regime del reverse charge per il contrasto dell'illecita somministrazione di manodopera>>- ai sensi del quale, per quanto di interesse ai fini del presente giudizio:

- in deroga alla disposizione di cui all'articolo 17, comma 1, i soggetti di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, residenti ai fini delle imposte dirette nello Stato, ai sensi degli articoli 2, comma 2, 5, comma 3, lettera d), e 73, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200.000 a un'impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, sono tenuti a richiedere all'impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute di cui agli articoli 23 e 24 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, 50, comma 4, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e 1, comma 5, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, trattenute dall'impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell'esecuzione dell'opera o del servizio. Il versamento delle ritenute di cui al periodo precedente è effettuato dall'impresa appaltatrice o affidataria e dall'impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità di compensazione (comma 1);

- al fine di consentire al committente il riscontro dell'ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese, entro i cinque giorni lavorativi successivi alla scadenza del versamento di cui all'articolo 18, comma 1, l'impresa appaltatrice o affidataria e le imprese subappaltatrici trasmettono al committente e, per le imprese subappaltatrici, anche all'impresa appaltatrice le deleghe di cui al comma 1 del presente articolo e un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell'esecuzione di opere o servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell'opera o del servizio affidato, l'ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente (comma 2);

- nel caso in cui alla data di cui al comma 2 sia maturato il diritto a ricevere corrispettivi dall'impresa appaltatrice o affidataria e questa o le imprese subappaltatrici non abbiano ottemperato all'obbligo di trasmettere al committente le deleghe di pagamento e le informazioni relative ai lavoratori impiegati di cui al medesimo comma 2 ovvero risulti l'omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, il committente deve sospendere, finche' perdura l'inadempimento, il pagamento dei corrispettivi maturati dall'impresa appaltatrice o affidataria sino a concorrenza del 20 per cento del valore complessivo dell'opera o del servizio ovvero per un importo pari all'ammontare delle ritenute non versate rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, dandone comunicazione entro novanta giorni all'ufficio dell'Agenzia delle entrate territorialmente competente nei suoi confronti. In tali casi, è preclusa all'impresa appaltatrice o affidataria ogni azione esecutiva finalizzata al soddisfacimento del credito il cui pagamento è stato sospeso, fino a quando non sia stato eseguito il versamento delle ritenute (comma 3);

- in caso di inottemperanza agli obblighi previsti dai commi 1 e 3, il committente è obbligato al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata all'impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice per la violazione degli obblighi di corretta determinazione delle ritenute e di corretta esecuzione delle stesse, nonché di tempestivo versamento, senza possibilità di compensazione (comma 4);

- gli obblighi previsti dal presente articolo non trovano applicazione qualora le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici di cui al comma 1 comunichino al committente, allegando la relativa certificazione, la sussistenza, nell'ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista dal comma 2, dei seguenti requisiti: a) risultino in attività da almeno tre anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito nel corso dei periodi d'imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell'ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell'ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime; b) non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione… (comma 5);

- a decorrere dalla data di applicazione della presente disposizione, la certificazione di cui al comma 5 è messa a disposizione delle singole imprese dall'Agenzia delle entrate e ha validità di quattro mesi dalla data del rilascio (comma 6).

2.1. La disposizione legislativa che precede, derogando al precedente art. 17, comma 1, in materia di versamenti e compensazioni sugli appalti, introduce alcune misure volte a garantire, con specifico ed esclusivo riguardo al settore degli “appalti, subappalti e affidamenti” con prevalente utilizzo di manodopera di valore superiore a 200.000 euro, un controllo più intenso ed effettivo del corretto adempimento, da parte delle imprese appaltatrici, aggiudicatarie o affidatarie, degli obblighi sulle stesse gravanti relativamente al versamento delle ritenute che le stesse devono operare sui redditi da lavoro dipendente erogati.

Proprio per garantire l’effettività del controllo da parte del committente in ordine al rispetto della suddetta disciplina in materia di versamento delle ritenute, i commi da 1 a 3 prevedono degli obblighi/oneri di comunicazione documentale a carico degli imprenditori, che, a seconda della dimensione dell’azienda, possono anche risultare molto gravosi.

In termini strettamente derogatori agli stringenti e potenzialmente gravosi obblighi che precedono, quindi, il legislatore ha previsto l’istituto oggetto del presente giudizio ovvero il certificato che l’impresa appaltatrice/aggiudicataria/affidataria deve allegare alla comunicazione di cui al comma 5, nel quale deve essere attestata la sussistenza dei requisiti specifici previsti dal suddetto comma alle lettere a) e b) sopra richiamate.

2.2. Si tratta, sinteticamente, di una certificazione di regolarità fiscale: di qui l’espressione DURF o “Documento Unico di Regolarità Fiscale”, da taluni anche già ridenominato, evocativamente, “DURC fiscale”.

Infatti, l’analogia con l’istituto del “DURC” – dichiarazione unica di regolarità contributiva – si giustifica in quanto ne condivide la sostanziale ratio, quella di offrire alla committenza la certificazione (nel caso del DURC da parte degli Enti previdenziali) della regolarità nei versamenti, nel caso del DURC, dei contributi previdenziali da parte dell’impresa appaltatrice/aggiudicatrice/affidataria.

Dal punto di vista, quindi, dell’ambito di efficacia del DURF, la finalità di certificazione della regolarità fiscale che lo stesso garantisce, allo stato, può dirsi strettamente limitata ai contratti indicati nel comma 1 che precede.

Per quanto concerne, invece, la natura e le caratteristiche di tale “documento”, esso costituisce il risultato di un’attività di “certificazione” da parte dell’Agenzia delle Entrate: un atto pubblico, cioè, "certativo" di una serie di dati di fatto, puntualmente indicati dalle citate lettere a) e b) che precedono, che l’Agenzia delle Entrate è tenuta a “mettere a disposizione” delle singole imprese.

2.3. Si tratta, quindi, come nel caso del DURC, di una dichiarazione di scienza che si colloca tra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso.

3. Come per esso, quindi, la situazione giuridica vantata dall’impresa richiedente il Durc nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e che si ritiene lesa da una certificazione negativa erronea o non veridica integra una posizione di diritto soggettivo, non incidendo direttamente o indirettamente su di essa l’esercizio, da parte della P.A., di poteri pubblicistici tali da incardinare la giurisdizione del Giudice amministrativo ai sensi degli artt. 7 e 133 c.p.a. (circa la giurisdizione del Giudice ordinario relativamente all’accertamento della regolarità contributiva ai fini del rilascio del Durc, si veda Cass. civ., sez. lav., 03 marzo 2021, n. 5825)

La contestazione circa l’erroneità e, quindi, la non veridicità contenuta nell’atto pubblico di cui sopra, laddove venga promossa in via principale, per mezzo, cioè, di un giudizio specificamente ed esclusivamente finalizzato a censurare tali vizi della certificazione, deve, pertanto, rivestire le forme del giudizio per querela di falso, ai sensi degli artt. 221 e ss. c.p.c., la cui decisione spetta al Giudice ordinario.

Ai sensi dell’art. 8, comma 2, c.p.a., infatti, la “risoluzione dell’incidente di falso” resta riservata all’autorità giudiziaria.

3.1. Rimane fermo, per contro, l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze n. 6 e n. 10 del 2016 (ribadito dalla giurisprudenza successiva), secondo il quale, nell’ambito dei giudizi afferenti procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture da parte di soggetti tenuti al rispetto delle regole di evidenza pubblica, il giudice amministrativo può conoscere, senza travalicare i limiti della propria giurisdizione, la questione relativa alla sussistenza del requisito della regolarità contributiva, senza che occorra l'espressa impugnazione del DURC, oggetto solo di un sindacato incidenter tantum ai sensi dell'art. 8 c.p.a.

Si tratta di insegnamento che, come sottolineato anche dallo stesso Consiglio di Stato, anche se affermato con riferimento ai documenti di regolarità contributiva rilasciati dagli enti previdenziali, è applicabile pure con riferimento alle certificazioni di regolarità fiscale rilasciate dall'Agenzia delle Entrate e va qui ribadito, anche in coerenza con il conforme indirizzo espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui nelle controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture da parte di soggetti tenuti al rispetto delle regole di evidenza pubblica, poiché la produzione della certificazione che attesta la regolarità contributiva dell'impresa partecipante alla gara di appalto (c.d. "durc") costituisce uno dei requisiti posti dalla normativa di settore ai fini dell'ammissione alla gara, appartiene alla cognizione del giudice amministrativo verificare la regolarità di tale certificazione.

3.2. Nel caso di specie, ove la contestazione della regolarità del DURF non si iscrive nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto una procedura di gara, ma è assunta in via principale ed esclusiva, la società ricorrente contestandone l’erroneità e non veridicità, non è invocabile il sindacato “incidenter tantum” da parte dell’intesto TAR, il quale, pertanto, non può che declinare la propria giurisdizione.

4. Così definita la “pars destruens” del ragionamento in ordine al riparto di giurisdizione, d’altronde, occorre accertare quale sia l’Autorità giudiziaria effettivamente titolare del potere di decidere sulla controversia in questione.

Infatti, a differenza del DURC, che involge profili contributivi come tali afferenti alla materia lavoristica e previdenziale, comunque di spettanza del giudice ordinario, il DURF presuppone la sussistenza di un rapporto tributario e concerne l’adempimento dei relativi obblighi.

Quindi, si tratta, comunque, di una certificazione che si inserisce in un ambito “tributario”.

4.1. A questo proposito, ai sensi dell’art. 2, d.lgs. n. 546 del 1992 ss.mm.ii. (recante disposizioni sul processo tributario) <<1. Appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica; 2. Appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale. Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie [relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall' articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, e del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie] attinenti l'imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni; 3. Il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio>>.

La norma che precede, poi, deve essere letta in combinato disposto con l’art. 19 che precisa quali atti possono formare in concreto oggetto di ricorso avanti al Giudice Tributario ovvero: <<a) l'avviso di accertamento del tributo; b) l'avviso di liquidazione del tributo; c) il provvedimento che irroga le sanzioni; d) il ruolo e la cartella di pagamento; e) l'avviso di mora; e-bis) l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni; e-ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni ; f) gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell'art. 2, comma 2; g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti; h) il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari; h-bis) la decisione di rigetto dell'istanza di apertura di procedura amichevole presentata ai sensi della direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio del 10 ottobre 2017 o ai sensi degli Accordi e delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni di cui l'Italia è parte ovvero ai sensi della Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/436/CEE; i) ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie. 2. Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l'indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della commissione tributaria competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell'art. 20. 3. Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo>>.

4.2. Ciò che non è ricompreso nell’ambito di applicazione del suddetto combinato disposto, pertanto, (e fatti salvi i casi di giurisdizione del giudice amministrativo, nel caso di specie, come detto, non sussistente) pertiene alla giurisdizione del Giudice ordinario come emerge, indirettamente, dal disposto dell’art. 9, comma 2, c.p.c., ancorché dettato in materia di riparto della competenza e non di giurisdizione.

5. Ebbene, nel caso che ci occupa, in primo luogo, va ribadito che l’azione esperita da parte ricorrente, essendo volta a contestare l’erroneità e la non veridicità della certificazione facente prova fino a querela di falso, va sussunta, come detto, nell’ipotesi di cui all’art. 221 c.p.c. la cui giurisdizione spetta al giudice ordinaria in considerazione della testuale previsione del comma 3 dell’art. 2, d.lgs. n. 546 del 1992 che precede.

In secondo luogo, il certificato in questione non rientra comunque tra gli atti impugnabili ex art. 19 richiamato, sicché, comunque, andrebbe dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

5.1. In conclusione, pertanto, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, e la giurisdizione del Giudice ordinario.

Ai sensi dell’art. 11, comma 2, c.p.a., quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato.

6. Anche se il rilevato profilo di rito è da ritenersi assorbente, occorre in ogni caso esaminare il merito della questione sostanziale sollevata dalla ricorrente.

6.1. Nella prospettiva di Delta S.r.l., l’Agenzia delle Entrate avrebbe violato l’art. 17-bis del d.lgs. n. 241 del 1997, in quanto il rilascio del DURF sarebbe connesso all’esecutività dell’iscrizione a ruolo e alla possibilità per l’Agente della Riscossione di agire coattivamente per la riscossione di quanto dovuto ex art. 1, comma 1, lett. c) del d.p.r. n. 602/1973.

Tale esecutività sarebbe stata sospesa, quanto agli avvisi di accertamento notificati alla ricorrente, per effetto dell’art. 68, d.l. n. 18/2020.

L'assunto del ricorrente è corretto, dal momento che la normativa in materia di documento di regolarità fiscale riconnette il rilascio del predetto certificato alla verifica che non siano decorsi i termini per l’esecuzione coattiva della pretesa tributaria (in relazione alla comunicazione al committente di non avere "iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi (...) per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione"), di modo che la circostanza che il contribuente possa adempiere spontaneamente sarebbe irrilevante, a fronte di una norma, come l'art. 68 del d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2020, secondo cui erano sospesi, al momento dell'adozione del provvedimento impugnato, i termini dei versamenti, anche derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione.

D'altra parte, l'Agenzia delle Entrate non ha dedotto in giudizio nessun argomento di segno contrario rispetto alla ricostruzione operata dalla ricorrente.

7. Attesa la novità e la particolarità delle questioni oggetto di causa le spese di lite devono essere integralmente compensate.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per ____ (Sezione _____), definitivamente pronunciando sul ricorso dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo e la giurisdizione del Giudice ordinario.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in ______ nella camera di consiglio del giorno _______ con l'intervento dei magistrati:



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