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CONSUMAZIONE DEL POTERE DI IMPUGNAZIONE E NUOVA NOTIFICAZIONE DI RICORSO INVALIDO

ago 13, 2022

Posto che vi è mera irregolarità sanabile, con conseguente applicabilità del regime di cui all’art. 44, comma 2, Cod. proc. amm., nel caso di un ricorso notificato privo di firma digitale, il ricorrente può anche – in alternativa alla “regolarizzazione” per ordine del giudice - provvedere direttamente a rinotificare l’atto con firma digitale, in applicazione dei principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale amministrativa (art. 1 Cod. proc. amm.) e di ragionevole durata del processo (art. 2, comma 2 Cod. proc. amm.).

In tal caso, il termine per il deposito del ricorso, di cui al combinato disposto degli artt. 94, comma primo e 45 Cod. proc. amm., andrà fatto decorrere dalla data dell’effettiva notifica dello specifico atto concretamente depositato, nel momento in cui ad essere depositato sia soltanto uno dei due ricorsi notificati.

qualora invece gli atti depositati siano due, occorre rispettare il principio di consumazione del potere di impugnazione, ai sensi di quanto stabilito dall'art. 358 c.p.c., e nei limiti di applicazione di tale norma (Adunanza Plenaria n. 6 del 2022)



Ai sensi dell’art. 358 Cod. proc. civ., “L'appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge” (cosiddetto principio di consumazione del potere di impugnazione).

Si è rilevato peraltro, in giurisprudenza, che - qualora l’atto invalido sia oggettivamente inidoneo a consumare il diritto di impugnazione -, la parte può proporre una nuova impugnazione sostitutiva della precedente, seppur a due condizioni: la prima è che i termini per l’appello non siano già decorsi e la seconda è che non sia stata già emessa una sentenza dichiarativa dell'inammissibilità o dell’improcedibilità della prima impugnazione proposta.

Il principio in esame trova un presupposto logico nel divieto di frazionamento delle impugnazioni ed è affermato da costante giurisprudenza di legittimità nell’ambito del processo civile: comporta, in estrema sintesi, che l’impugnazione di una parte, una volta ritualmente proposta, preclude alla stessa di formulare in un successivo momento degli altri profili di gravame o di riproporre le stesse censure, anche se il relativo termine non sia ancora scaduto, attraverso un nuovo atto di impugnazione.

Quest’ultimo, quindi, se proposto, andrà dichiarato inammissibile e della validità o invalidità dell’impugnazione si dovrà giudicare avuto riguardo esclusivamente al primo atto.

A tale regola si farebbe eccezione in un solo caso, ossia quando il primo atto di impugnazione notificato presenti dei vizi che lo rendano addirittura inammissibile o improcedibile: in questo caso l’atto sarebbe oggettivamente inidoneo a consumare il diritto di impugnazione, ragione per cui sarebbe possibile per la parte proporre una nuova impugnazione sostitutiva della precedente, a condizione ovviamente che i relativi termini non siano decorsi e non sia nel frattempo intervenuta una sentenza dichiarativa dell'inammissibilità o improcedibilità della prima impugnazione proposta.

D’altra parte, condicio sine qua non affinché un giudice possa dichiarare l’inammissibilità o improcedibilità del gravame – o, più in generale, pronunciarsi su di esso – è che quest’ultimo venga iscritto a ruolo, ossia depositato presso la Segreteria (o Cancelleria) del giudice medesimo.

Deposito che, nel caso del processo amministrativo, ai sensi dell’art. 45 c.p.a., segue la notifica alle controparti e solo successivamente al quale può parlarsi di litispendenza, essendo la litispendenza, in tal caso, l’effetto di una fattispecie complessa, i cui co-elementi possono ritenersi costituiti dalla notifica e dal deposito: la sola notifica quindi, non seguita dal tempestivo deposito del ricorso, è inidonea a provocare la litispendenza.

Sotto altro, concorrente profilo, per evidenti ragioni logiche e giuridiche, in tanto può parlarsi di “consumazione” del potere di impugnazione, in quanto alla proposizione del (primo) gravame la medesima parte processuale ne abbia fatti seguire degli altri, ossia uno o più ulteriori gravami che siano non solo – ovviamente – successivi al primo, ma anche in tutto o in parte diversi da questo, quanto a petitum o a causa petendi.

Diversamente argomentando, non potrebbe parlarsi di nuovi atti di appello – solo relativamente ai quali può porsi il problema della persistenza o meno, in capo all’appellante, del potere di proporli in aggiunta al primo – ma solo, quanto ad effetti concreti, di rinnovazione degli incombenti processuali (notifica e deposito) relativi al medesimo atto, idonei non certo a modificare l’oggetto del giudizio – aspetto che il principio in esame mira in qualche modo a regolamentare – bensì, al più, a sanare eventuali vizi di carattere formale e/o processuale degli stessi.



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