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Alle Sezioni Unite il vaglio di legittimità della cartella di pagamento priva di motivazione sulle modalità di calcolo degli interessi

di Paolo Nasini • nov 23, 2021

Breve nota a Cass. civ., ord., sez. V, 05-11-2021, n. 31960, Pres. CHINDEMI, Est. De Masi


IL CASO

Il ricorso in cassazione è stato fondato, per quanto in questa sede di interesse, sulla asserita violazione, da parte della CTR, dell’art. 3, l. n. 241 del 1990 e dell’art. 7, l. n. 212 del 2000, in ragione della ritenuta nullità della cartella di pagamento priva di adeguata motivazione in quanto non esplicitante le modalità di calcolo degli interessi richiesti sulla somma dovuta a titolo di imposta.

Tale problematica, peraltro, è stata declinata da parte ricorrente, anche in ragione, della ritenuta violazione dell'art. 24 Cost., in quanto, mancando un prospetto analitico degli interessi applicati, non sarebbe dato ai contribuenti verificare e, quindi, contestare la correttezza della somma a tale titolo richiesta.

Entrambe le predette censure pongono, infatti, sia pure sotto prospettive differenti, la questione dell'obbligo di motivazione della cartella di pagamento, ai sensi dell’art. 7, l. n. 212 del 2000, relativamente ad interessi richiesti per ritardato pagamento di tributi.

La cartella non recherebbe indicazioni sufficienti (giorni, tassi d'interesse, imponibile, aliquote, ecc.) al fine di verificare la correttezza delle somme iscritte a ruolo e si appunta sul fatto che nell'atto impugnato "viene riportato solo l'importo totale degli interessi applicati (e) non un prospetto analitico anche sintetico, che spieghi modalità, tassi e criteri seguiti nella loro determinazione".

Nella pronuncia impugnata la C.T.R. del Lazio aveva affermato che "le somme indicate in cartella corrispondono a quelle riportate nell'originario avviso di liquidazione, convertite in Euro e maggiorate degli interessi dovuti per legge, quindi, al tasso legale" ed inoltre che "non risulta dimostrato che l'ufficio abbia richiesto un tasso superiore a quello di legge, o abbia calcolato interessi su interessi (cd. anatocismo), come adombrato dal ricorrente in udienza".

Quindi, la Commissione aveva ritenuto legittima la cartella di pagamento perché il metodo seguito dall'Amministrazione finanziaria per la liquidazione degli accessori risulta agevolmente controllabile dal contribuente, essendo la misura degli interessi applicati predeterminata dalla legge, per cui la liquidazione stessa si risolve in una operazione matematica, di natura tipicamente riscossiva.

Inoltre, è stato valorizzato il fatto che la cartella di pagamento, riproduttiva del ruolo, richiama l'avviso di liquidazione prodromico, esplicita le ragioni della debenza dei tributi ("revoca benefici fiscali L. 6 agosto 1954, n. 604"), ed indica l'atto notarile presentato alla registrazione ("atto notaio C. del (OMISSIS) n. (OMISSIS)") cui la pretesa fiscale si riferisce, in tal modo rendendone conoscibili i presupposti di fatto e di diritto.

La cartella informa pure che "Per ogni giorno di ritardo vanno aggiunti gli interessi di mora (calcolati a partire dalla data di notifica della presente cartella e i maggiori costi del servizio di riscossione)", che "le spese di notifica rappresentano il costo del servizio di notifica della cartella di pagamento svolto dall'Agente della riscossione (normativa di riferimento: D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, comma 7 ter)", che sono dovuti dal destinatario dell'atto anche "i compensi del servizio di riscossione (o aggio di riscossione)" in misura diversa (4,65% e 9%) a seconda che il pagamento intervenga entro la scadenza o in ritardo, ed ancora che "gli interessi di mora sono dovuti dal contribuente, in aggiunta alle somme iscritte a ruolo, qualora non effettui il pagamento entro SESSANTA giorni dalla data di notifica" e fino al giorno dell'effettivo pagamento, ed infine che "il tasso di interesse applicato viene determinato con apposito atto normativo (normativa di riferimento D.P.R. n. 602 del 1973, art. 30, e norme correlate)".

Peraltro, la materia del contendere investe unicamente gli interessi applicati nella misura di Euro 35.168,21 sui tributi dovuti (imposta di registro e ipocatastali), stante l'incontestabilità del relativo accertamento per effetto del giudicato tributario sul prodromico avviso di liquidazione, che ha revocato i benefici della piccola proprietà contadina, in relazione all'atto di compravendita stipulato in data.


L'ORDINANZA DELLA CORTE

La quinta sezione della Corte ha sottolineato come le argomentazioni della CTR siano conformi  all'indirizzo giurisprudenziale di legittimità secondo il quale è legittimo il riferimento al calcolo degli interessi maturati ex lege ove sia incontestata la sorte capitale (proveniente dal precedente atto impositivo o da dichiarazione dello stesso contribuente) e il periodo per il quale sono maturati gli interessi, risolvendosi la determinazione degli accessori in una mera operazione matematica, che consente il raffronto con i tassi determinati ex lege, per la quale non ricorre l'obbligo di specifica motivazione.

In particolare tale orientamento valorizza:

- il fatto che, laddove nella cartella vi sia il richiamo alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta ed al conseguente periodo di competenza, il criterio di liquidazione degli interessi è predeterminato ex lege e la relativa applicazione finisce per essere una mera operazione matematica, con conseguente sufficienza della motivazione (si vedano, in senso conforme, Cass., Sez. V, 27 marzo 2019, n. 8508; Cass., Sez. V, 8 marzo 2019, n. 6812; Cass., Sez. VI, 7 giugno 2017, n. 14236);

- il mero richiamo all’atto impositivo è sufficiente a far ritenere assolto l’onere motivazionale, il contribuente trovandosi già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, anche ai fini del controllo (meramente aritmetico) della esattezza delle somme richieste (come nel caso) per "interessi.., per ritardato o omesso pagamento" sulle imposte indicate in detto atto impositivo (si veda, al riguardo, Cass., Sez. V, 15 aprile 2011, n. 8613);

- il contribuente è sempre e comunque in grado di controllare quale sia il tasso di interesse applicato, perché, anche qualora manchi l'emissione del decreto ministeriale che determina annualmente la misura degli interessi di mora computabili dalla notifica della cartella fino alla data del pagamento, il tasso viene determinato ex lege sulla base del tasso fissato dall'ultimo decreto pubblicato, che resta efficace fino alla deliberazione del nuovo provvedimento (si vedano, Cass. n. 9764/2021, nonché Cass., Sez. V, 6 agosto 2020, n. 16778);

- in forza dell’art. 20, d.p.r. n. 602 del 1973 [1], il "tasso... annuo" degli interessi è noto e conoscibile perché determinato con provvedimento generale, e i limiti temporali di riferimento (dies a quo e dies ad quem) necessari per il calcolo sono anch'essi fissati in elementi cronologici ben individuati ("giorno successivo a quello di scadenza del pagamento" e "data di consegna... dei ruoli", rispettivamente), sicché, nell'ipotesi in cui vengano richiesti gli interessi e le sovrattasse per ritardato o omesso pagamento il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l'effetto che l'onere di motivazione può considerarsi in questi casi assolto dall'Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima (Cass., trib., 18 dicembre 2009 n. 26671; Cass., n. 8613/2011) [2]

- in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la Corte ha espresso il principio per cui "la cartella di pagamento, nell'ipotesi di liquidazione dell'imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, costituisce l'atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere motivata; tuttavia, nel caso di mera liquidazione dell'imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente medesimo nella propria dichiarazione, nonchè qualora vengano richiesti interessi e sovrattasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l'effetto che l'onere di motivazione può considerarsi assolto dall'Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima". (Cass. n. 26671/2009).

La Corte, d’altronde, dà conto di un altro indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale:

- la cartella esattoriale fondata su una sentenza passata in giudicato deve essere motivata nella parte in cui mediante la stessa venga anche richiesto per la prima volta il pagamento di crediti diversi da quelli oggetto dell'atto impositivo oggetto del giudizio, come quelli afferenti gli interessi per i quali deve essere indicato, pertanto, il criterio di calcolo seguito (Cass. n. 21851/2018, n. 28276/2013).

- in particolare, "con riferimento alla cartella di pagamento emessa per un debito riconosciuto in una sentenza passata in giudicato, il richiamo alla pronuncia giudiziale e all'atto impositivo su cui la stessa è intervenuta, risulta idoneo ad assolvere all'onere motivazionale solo limitatamente alla parte del credito erariale fatto valere interessato dall'accertamento, divenuto definitivo, compiuto dal giudice, ma non anche alle altre ulteriori voci di credito che non sono state in precedenza richieste; - infatti, relativamente a tali voci, è con la cartella di pagamento che, per la prima volta, viene esercitata la pretesa impositiva, con la conseguenza che il criterio utilizzato per la loro individuazione e quantificazione deve essere ivi esplicitato e posto a conoscenza del contribuente; - in applicazione di tali principi, deve concludersi che la cartella di pagamento emessa per un debito riconosciuto in una sentenza passata in giudicato deve essere motivata in ordine al criterio utilizzato per la quantificazione degli interessi richiesti per la prima volta con tale atto, dal momento che il contribuente dev'essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi medesimi (cfr. Cass., ord., 22 giugno 2017, n. 15554; Cass. 21 marzo 2012, n. 4516; Cass. 9 aprile 2009, n. 8651);" (Cass. n. 21851/2018 cit.);

- con la sentenza n. 17767/2018 la Corte ha evidenziato che, nel caso ivi esaminato, "il debito scaturiva da una sentenza definitiva della Commissione tributaria centrale (vedi l'incipit della sentenza impugnata), e secondo il superiore principio di diritto la semplice pubblicazione dei tassi d'interesse secondo le modalità previste nel lungo periodo considerato (28 anni) non consentiva al contribuente di comprendere i diversi metodi di calcolo applicati negli anni, ovvero i tassi d'interesse operanti nei periodi considerati, così obbligando il medesimo contribuente ad attingere aliunde le nozioni giuridiche necessarie per ricostruire il metodo seguito dall'ufficio";

 - in analoga controversia, la Corte ha confermato la decisione del giudice d'appello, favorevole alla tesi del contribuente, sul rilievo <<che nella cartella viene riportata solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza essere indicato come si è arrivati a tale calcolo, non specificando le singole aliquote prese a base delle vane annualità, essendo l'accertamento riferito all'anno d'imposta 1976, concernendo dunque un periodo di 35 anni, ed hanno ritenuto, perciò, che l'operato dell'ufficio era ricostruibile "attraverso difficili indagini dovute anche alla vetustà della questione" che non competevano ai contribuente che vedeva così, violato il suo diritto di difesa. Tale ratio decidendi, secondo cui il computo degli interessi è criptico e non comprensibile anche in ragione del lungo periodo considerato, non è incisa dal solo richiamo al D.P.R. n. 602 dei 1973, art. 20, venendo in rilievo non la spettanza degli interessi, ma, proprio, il modo con cui è stato calcolato il totale riportato nella cartella>>. (Cass. n. 15554/2017, ma anche n. 5416/2021 e n. 8611/2009).

Conseguentemente, la quinta sezione, pur considerando le peculiarità delle fattispecie scrutinate e quindi la necessità di differenziare l'obbligo di motivazione a seconda del contenuto prescritto per ciascun tipo di atto, ha ritenuto sussistere le condizioni per la rimessione della causa alle Sezioni Unite, stante l'esigenza di ottenere l’enunciazione di un principio di diritto, in funzione nomofilattica rispetto a questione variamente risolta dalla Sezione e che è destinata a riproporsi in numerose controversie.



[1] In forza del quale, Sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione ed al controllo formale della dichiarazione od all'accertamento d'ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, gli interessi al tasso del cinque per cento annuo. Nel caso in cui le imposte o le maggiori imposte sono dovute in esecuzione di accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli interpretative a carattere generale previste dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni sui redditi, gli interessi di cui al periodo precedente si applicano a decorrere dalla data dei predetti accordi​.

[2] Principio affermato con riferimento all'obbligo di motivazione degli atti tributari, previsto...per la cartella di pagamento.



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