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Accertamento fiscale e preclusioni processuali

aggiornamento a cura di Alma Chiettini, Giudice tributario • mag 12, 2021

Cassazione Civile, Sez. V, 21 aprile 2021, n. 10507

Attività di accertamento fiscale – Poteri dell’Ufficio – Richieste di notizie e di esibizione di dati, atti, documenti, libri, registri – Successiva preclusione probatoria – Limiti – Interpretazione restrittiva e costituzionalmente orientata.


La norma generale sui poteri dell’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento e, per quanto qui interessa, sui correlati obblighi del contribuente è contenuta nell’art. 32, comma quarto, del d.P.R. n. 600 del 1973 ai sensi del quale “le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta”. L’unica deroga prevista, a favore del contribuente, è disciplinata dal successivo comma 5 in base al quale “le cause di inutilizzabilità previste dal [precedente] comma non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”.

Su questo peculiare dettato normativo – che introduce una significativa preclusione amministrativa e processuale (vedasi Corte costituzionale 7.6.2007, n. 181, e 3.3.2015, n. 26) – la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha avuto occasione di precisare che l’invito a fornire dati, notizie e chiarimenti assolve alla “funzione di assicurare - in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria - un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, sì da evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, rimanendo legittimamente sanzionata l’omessa o intempestiva risposta con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa. Tale inutilizzabilità consegue automaticamente all’inottemperanza all’invito, non è soggetta alla eccezione di parte e può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado di giudizio” (Sez. VI, 1.10.2020, n. 20954)

Con la pronuncia in epigrafe la Corte di Cassazione ha ulteriormente precisato che la disciplina in esame deve essere “interpretata in modo restrittivo” e che ciò comporta che siano inutilizzabili in sede amministrativa e, soprattutto, processuale solamente i documenti “espressamente richiesti dall’Ufficio”, in quanto “la norma deve essere interpretata in coerenza con il diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione e con il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione”.

Pertanto, in presenza di richieste documentali generiche, di domande di esibizione di documenti non indicati dall’Ufficio in modo puntuale, la preclusione in esame non opera.

Nel caso di specie, l’Amministrazione aveva chiesto copia del libro giornale, copia del registro IVA acquisti, copia del libro inventari nonché la documentazione relativa a un’operazione oggetto di ripresa fiscale. In sede processuale la contribuente aveva prodotto ulteriori documenti a propria difesa che non erano stati specificamente chiesti dall’Ufficio e, precisamente, due consulenze di parte, un mastrino di contabilità, la scheda contabile relativa all’operazione contestata, estratto del libro dei cespiti ammortizzabili, del bilancio 2003, della dichiarazione ICI, delle ricevute di pagamento ICI.

Il Giudice di legittimità ha così concluso che la nuova documentazione era sicuramente producibile e utilizzabile in sede processuale non essendo precluso dalla disposizione legislativa del testo unico sull’accertamento. Peraltro, non sussisteva alcun divieto ostativo alla produzione di quei documenti in appello perché l’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992 consente la produzione anche nel giudizio di appello di qualsiasi documento, pur se già disponibile in precedenza.



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