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Abuso del processo e onere di diligenza dell'Ufficio

aggiornamento a cura di Alma Chiettini, Giudice tributario • giu 12, 2021

Cassazione Civile, Sez. V, 1 giugno 2021, n. 15209

Abuso del processo - Finalità estranee o contrarie a quelle apprestate dall’ordinamento per la tutela della posizione sostanziale della parte - Casistica.


La pronuncia merita di essere segnalata perché affronta il caso di un ricorso in cui l’Amministrazione finanziaria ha lamentato l’abuso dello strumento processuale da parte di un contribuente che aveva introdotto un ricorso per revocazione della sentenza di primo grado al solo asserito fine di precostituirsi la possibilità di addurre la tardività dell’appello proposto dall’Ufficio, abuso che sarebbe stato confermato dal fatto che il rimedio processuale della revocazione era stato, in seguito, dichiarato inammissibile.

La Corte di Cassazione ha innanzitutto ribadito che “la notificazione della sentenza e la notificazione dell’istanza di revocazione” sono “strumenti equivalenti per la decorrenza del termine breve di impugnazione”; e ciò perché se la conoscenza della sentenza per effetto della notificazione al difensore (art. 285 c.p.c., in relazione all’art. 170 c.p.c., comma 1) si realizza tramite la consegna da parte dell’ufficiale giudiziario della copia integrale della stessa, è evidente che quando il difensore della parte esercita per conto di questa il diritto di impugnazione, il notum facere relativo alla sentenza, idoneo al decorso del termine per impugnare, si realizza a maggior ragione nel momento in cui alla redazione dell’atto di impugnazione segue l’esternazione nel processo con effetti per tutte le sue parti tramite la notificazione dell’impugnazione (art. 51, artt. 64 e ss. c.p.t.).

Ha quindi concluso affermando che non vi era stato abuso processuale da parte del contribuente poiché, accanto all’effetto vantaggioso di riduzione del termine di impugnazione, vi era stato un concorrente difetto di normale diligenza dell’Ufficio, che aveva appellato oltre il termine breve di sessanta giorni dalla notifica del ricorso per revocazione della sentenza di primo grado.

La Corte di legittimità ha colto altresì l’occasione per precisare cosa si intende per “abuso del processo”.

Premesso che il principio del giusto processo, espresso dal comma 1 dell’art. 111 della Costituzione, non consente più di utilizzare, per l’accesso alla tutela giudiziaria, “metodi divenuti incompatibili con valori avvertiti come preminenti ai fini di un efficace ed equo funzionamento del servizio della giustizia, ed impedisce, perciò, di accordare protezione ad una pretesa priva di meritorietà e caratterizzata per l’uso strumentale del processo, con la conseguenza, che le norme processuali devono essere vanno interpretate in modo da evitare lo spreco di energie giurisdizionali”, sono stati ricapitolati gli approdi giurisprudenziali più significativi in tema di abuso degli strumenti processuali: 

- la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria di una determinata somma di denaro, dovuta allo stesso soggetto in forza di un unico rapporto obbligatorio (Sez. Un., n. 23726 del 2007); 

- il frazionamento della tutela giurisdizionale da parte dell’unico danneggiato, mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l’azione extracontrattuale di danno derivante da un unico fatto illecito (Cass. n. 28286 del 2011); 

- il frazionamento della tutela giurisdizionale in tema di licenziamento, mediante la proposizione di due distinti giudizi lamentando, in uno, solo vizi formali e, nell’altro, vizi di merito, con conseguente disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto (Cass. n. 4867 del 2016); 

- il mancato uso della nomale diligenza nell’iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito secondo i parametri individuati nella legge, così ponendo in essere, mediante l’eccedenza del valore dei beni rispetto alla cautela, un abuso del diritto della garanzia patrimoniale in danno del debitore (Cass. n. 6533 del 2016); 

- in materia tributaria, nei casi di definizione delle liti tributarie pendenti, in presenza di elementi dai quali emerga, in modo evidente e inequivoco, il carattere meramente fittizio e artificioso della controversia principale, instaurata, nonostante la palese tardività, al solo fine di creare il presupposto per poter fruire del beneficio (Cass. n. 18445 del 2016 e n. 210 del 2014).

In definitiva, sussiste “abuso del processo allorquando lo strumento processuale viene azionato per conseguire finalità estranee o addirittura contrarie rispetto a quelle per cui l’ordinamento appresta lo strumento di tutela per la posizione sostanziale della parte”.




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